Scacchi e Sonetti

Scritto da:  | 10 Settembre 2010 | 10 Commenti | Categoria: Scacchi e letteratura

E sì, non finiremo mai di ricordare che molti hanno scritto di scacchi ma non tutti sono stati in grado di descrivere il nostro gioco così come i giocatori lo sentono. Lo è stato senza dubbio  Jorge Luis Borges  di cui ho appena riletto con piacere due ben noti, e meravigliosi, sonetti didedicati agli scacchi, tratti dalla raccolta “L’artefice”, ed. Rizzoli, Milano 1963 (traduzione di Francesco Tentori Montalto):

AJEDREZ (SCACCHI)
I
I giocatori, nel grave cantone,
guidano i lenti pezzi. La scacchiera
fino al mattino li incatena all’arduo
riquadro dove s’odian due colori.

Raggiano in esso magici rigori
le forme: torre omerica, leggero
cavallo, armata regina, re estremo,
alfiere obliquo, aggressive pedine.

I giocatori si separeranno
li ridurrà in polvere il tempo, e il rito
antico troverà nuovi fedeli.

Accesa nell’oriente, questa guerra
ha oggi il mondo per anfiteatro.
Come l’altro, è infinito questo giuoco.

II

Lieve re, sbieco alfiere, irriducibile
donna, pedina astuta, torre eretta,
sparsi sul nero e il bianco del cammino
cercano e danno la battaglia armata.

Non sanno che la mano destinata
del giocatore conduce la sorte,
non sanno che un rigore adamantino
governa il loro arbitrio di prigioni.

Ma anche il giocatore è prigioniero
(Omar* afferma) di un’altra scacchiera
di nere notti e di bianche giornate.

Dio muove il giocatore, questi il pezzo.
Quale dio dietro Dio la trama ordisce
di tempo e polvere, sogno e agonia?

Jorge Luis Borges**

Il primo sonetto è fatto per il giocatori ed il gioco: descrizioni perfette che trasudano di emozioni e sensazioni di gioco come la “Torre omerica” e l’ “alfiere obliquo” o la convinzione, che fu già di Bontempelli ne “La donna del Nadir” (1928), che il gioco degli scacchi, da  sempre esistente, non finirà mai (“I giocatori si separeranno li ridurrà in polvere il tempo, e il rito antico troverà nuovi fedeli”).
Incredibile perfezione.
Nel secondo sonetto c’è la spiegazione: come in molti altri scritti ed opere d’arte anche in questa poesia gli scacchi vengono utilizzati come la metafora della vita con la triste conclusione che “ Dio muove il giocatore, questi il pezzo. Quale dio dietro Dio la trama ordisce di tempo e polvere, sogno e agonia?”.
Infine una notazione personale, dato lo pseudonimo che ho scelto: lo scrittore argentino mi è particolarmente caro anche perché, nello spiegare la sua inquietudine filosofica, che traspare nei suoi scritti, rivela che: “Mi appartiene dall’infanzia, da quando mio padre mi rivelò, con l’ausilio di una scacchiera (che era, ricordo, di cedro) la corsa di Achille e della tartaruga”, uno dei paradossi di Zenone di Elea (il movimento non è altro che illusione). Un po’ come il pedone che corre verso l’ottava traversa senza che, incredibilmente, possa essere fermato dai più forti pezzi nemici.

________________
* Omar: Omar Khayyám matematico, astronomo, poeta e filosofo persiano del XI sec., molto amato da Borges.
http://www.superzeko.net/doc_dariochioli_saggistica/DarioChioliOmarKhayyam.html
** Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo, nato a Buenos Aires, 24 agosto 1899 e morto a Ginevra, 14 giugno 1986.

Foto:

in alto, Borges incontra Calvino;

al centro, dipinto  “Scacchi” di Norah Borges, sorella del poeta.

avatar Scritto da: Zenone (Qui gli altri suoi articoli)


10 Commenti a Scacchi e Sonetti

  1. avatar
    Marco 10 Settembre 2010 at 01:48

    Complimenti per la scelta dei sonetti, veramente belli, e per gli acuti commenti.
    Ottima anche l’accoppiata Borges e Calvino. Quest’ultimo in particolare è uno degli autori che più ho amato (quando avevo il tempo di leggere). A tal proposito colgo l’occasione per congratularmi anche per una tua precedente recensione de “Le città invisibili”.
    Sempre validissimi i tuoi interventi!
    Marco Pic

    • avatar
      Zenone 10 Settembre 2010 at 08:26

      Grazie soprattutto a “Soloscacchi”, un blog scacchistico – il solo – che ci permette di osservare il “nostro gioco” da punti di vista sempre diversi e stimolanti.

  2. avatar
    YG 10 Settembre 2010 at 18:36

    Una curiosità: mi ha colpito l’idea della “triste” conclusione.

    La splendida terzina finale…

    Dios mueve al jugador, y éste, la pieza.
    ¿Qué dios detrás de Dios la trama empieza
    De polvo y tiempo y sueño y agonías?

    ..mi pare un vero e proprio concentrato dei temi metafisici di Borges, che da un lato postula l’esistenza di Dio, dall’altro si chiede quale dio chiede a Dio di spostare i suoi pezzi, di polvere e tempo e sogno e agonie – in altre parole la vita quotidiana e il suo eterno protrarsi.

    Più che triste, mi pare splendidamente problematica!

    Ciao!

    • avatar
      Zenone 10 Settembre 2010 at 20:04

      Sì YG, hai ragione. Il termine “triste” non è forse il più corretto per descrivere la “terzina” finale (soprattutto per chi, come te, ha, come vedo, conoscenze superiori alle mie della poetica di Borges). Mi sono forse lasciato trasportare dalle sensazioni ed emozioni che ho provato e provo nel leggere quelle parole. Cioè dall’ansia che mi provoca pensare a quella che tu definisci una “splendida problematica”. Se rifletto poi alle parole di “Omar” :”Noi siamo i pedoni della misteriosa partita a scacchi giocata da Dio. Egli ci sposta, ci ferma, ci respinge, poi ci getta uno a uno nella scatola del nulla”, non posso fare a meno di essere “triste” per la condizione umana. Fortunatamente l’uomo ha gli strumenti per arrivare al termine dell’esistenza senza impazzire: la fede (Spiritualità? Trascendenza?), e la convinzione che il Dio non sia un “dio cattivo”; la razionalità (agnosticismo?), che ci permette di non valutare tutto ciò come un problema (o ammette di non conoscere i termini del problema e non può affrontarlo e risolverlo). In effetti credo che Borges debba essere preso proprio in “blocco”, con la sua “inquietudine” filosofica di cui ho accennato al termine del pezzo, non dimentichiamoci che Borges stesso indicò nella Bibbia, nella Divina Commedia e in Don Chisciotte i libri per lui “irrinunciabili”, più trascendente di così…
      Grazie YG e chiedo scusa a tutti coloro che hanno maggiormente approfondito il pensiero di Borges e che non si riconosceranno in queste mie brevi righe.

  3. avatar
    YG 10 Settembre 2010 at 19:23

    Lo so che sono decisamente fuori tema, ma giacché si parla di Borges (uno dei miei scrittori preferiti), vorrei condividere con i lettori una delle più belle poesie d’amore che abbia letto:

    El Enamorado

    Lunas, marfiles, instrumentos, rosas,
    lámparas y la línea de Durero,
    las nueve cifras y el cambiante cero,
    debo fingir que existen esas cosas.

    Debo fingir que en el pasado fueron
    Persépolis y Roma y que una arena
    sutil midió la suerte de la almena
    que los siglos de hierro deshicieron.

    Debo fingir las armas y la pira
    de la epopeya y los pesados mares
    que roen de la tierra los pilares.

    Debo fingir que hay otros. Es mentira.
    Sólo tú eres. Tú, mi desventura
    y mi ventura, inagotable y pura.

    Trovo splendida l’anafora “Debo fingir” interrotta da quella rasoiata precisa: “Es mentira. Sólo tú eres.” Borges aveva quasi ottant’anni quando scrisse questi per me ineguagliabili versi, che descrivono l’amore nella sua forma più pura, quella che forse solo nell’inverno della vita si può cogliere.

    PS: Purtroppo nonostante una breve ricerca non sono riuscito a ritrovare la traduzione che feci una decina di anni fa. Ho tentato di ricordare quanto possibile a memoria, ma ovviamente gran parte della costruzione metrica è perduta (la traduzione originale era in endecasillabi). Vi prego di scusare le molte imperfezioni.

    Lune, avori, istrumenti, rose,
    lampade e la linea di Dürer,
    le nove cifre e il cangiante zero,
    mi fingo che esistano queste cose.

    Mi fingo che in passato furono
    Persepoli e Roma e che una arena
    arguta misurò la sorte del merlo
    che i secoli di ferro disfecero.

    Mi fingo le armi e la pira
    dell’epopea e i pesanti mari
    che erodono della terra i pilastri.

    Mi fingo che sian altri. E’ menzogna.
    Solo tu esisti. Tu, mia sventura
    e ventura, inesauribile e pura.

    • avatar
      YG 11 Settembre 2010 at 00:15

      ripensamento notturno; credo che nella traduzione originale fosse “il tratto di Dürer”… :)

  4. avatar
    Zenone 11 Settembre 2010 at 13:02

    Sai, penso – ma ancora una volta è un parere peronale – che la traduzione “la linea di Dürer” sia ancora migliore de “il tratto”. Proprio le linee che si intersecano nelle incisioni “Il cavalliere, la morte e il diavolo” (…ancora la morte) e “La Melanconia” sono una caratteristica di Albrecht Dürer. Che ne dici?

    • avatar
      YG 11 Settembre 2010 at 14:39

      E’ probabile che, essendo il termine da te suggerito più fedele all’originale, il mio tentativo di rendere il sonetto più musicale in italiano sia semplicemente un caso di zelo eccessivo.

      Se solo riuscissi a trovare la traduzione di allora, in cui avevo anche rispettato metrica e rime/assonanze (ABBA/ABBA/CDD/CDD) – salvo l’impossibile caso del distico centrale della prima quartina, se non ricordo male… :(

  5. avatar
    Zenone 24 Agosto 2011 at 08:16

    Non c’entra con gli scacchi ma oggi è l’anniversario della nasciata di Borges, così per ricordare e rileggere il suo sonetto “scacchistico”.
    Grazie.

  6. avatar
    Zenone 24 Agosto 2011 at 11:58

    …o forse Borges con gli scacchi c’entra sempre!

    I giusti

    Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
    Chi è contento che sulla terra esista la musica.
    Chi scopre con piacere una etimologia.
    Due impiegati che in un caffè del sud giocano in silenzio agli scacchi.
    Il ceramista che premedita un colore e una forma.
    Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
    Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
    Chi accarezza un animale addormentato.
    Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
    Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
    Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
    Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
    Jorge Luis Borges
    (dal libro “La cifra”;)

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