Schliemann, le lingue e gli scacchi

Scritto da:  | 21 Novembre 2010 | 3 Commenti | Categoria: Libri

“Ho guardato fisso negli occhi Agamennone”

Antefatto
1970 Finale del Campionato URSS, la mossa è al Bianco. Valutare la spinta 6.d5

Il Nero ha appena giocato 5...Cf6

Fatto
Studiare gli scacchi… Sì, d’accordo, ma come? Questa è spesso la domanda che chi desidera migliorare pone prima di tutto a sé stesso e, auspicabilmente, in seguito al proprio maestro.
Personalmente ho già avuto occasione di ripetere più volte che l’opinione di un’esperto è sempre l’ammaestramento migliore in quanto commisurata alle esigenze personali, ai nostri difetti, alle nostre caratteristiche individuali e pertanto l’occhio allenato di un didatta è ovviamente lo strumento migliore per aiutarci a capire di cosa abbiamo bisogno e come indirizzare nel modo più proficuo possibile il nostro percorso formativo in ambito scacchistico.
I libri vengono dapresso e semmai contemporaneamente. O meglio sarà proprio il maestro a consigliarci quali fanno per noi ed il modo più adatto per servircene.
Il pregio e, forse il limite più grande di tanti libri, è per natura intrinseca legato al fatto che questi sono sì anch’essi il frutto della saggezza e dell’esperienza di illustri didatti ma sono inevitabilmente indirizzati ad una platea di allievi e lettori di natura spesso eterogenea, evidentemente allargata e quindi il possibile beneficio generale sovente comporta un percorso di apprendimento più lento, difficile e tortuoso.
Per quanti di noi non si trovano nella comoda condizione di poter usufruire di un maestro personale ci sono appunto i libri… per fortuna!
Ma come e quali studiare? Facile smarrirsi negli sconfinati scaffali delle librerie scacchistiche… sconfinate, torno a ripetere: per fortuna! Libri ne vengon scritti di tutti gli argomenti, ne abbiam già parlato, inutile dilungarsi. Quel che mi preme invece osservare, in questa modesta serie di recensioni, è come farne il miglior uso possibile, comprarli tutti sarebbe peggio che non averne nessuno, ingenerando questo solo ulteriore confusione e frustrazione, quel tipico senso di smarrimento di fronte alla cultura e letteratura scacchistica che, ahimè, noi scacchisti comuni mortali tanto bene abbiamo assaporato almeno nelle fasi iniziali di approccio al gioco.
Ma veniamo al punto… studiare gli scacchi, imparare gli scacchi è in certo qual senso come apprendere una lingua straniera, una lingua che un bel giorno, possibilmente oggi stesso, dovremo barcamenarci a destreggiare sulla scacchiera, pena la sconfitta o senonaltro il minor diletto tratto dal gioco…
Certo, si può seguire il percorso tradizionale: l’abecedario, i rudimenti della grammatica, poi la sintassi, il lessico e possibilmente tanta pratica…
Chi di noi infatti non ha seguito questo classico percorso per apprendere un po’ di inglese, un po’ di francese o un’altra lingua amata? A scuola ci hanno insegnato che questo è il metodo e, per carità, non sarò certo io, dal basso delle mie modeste capacità, ad evidenziarne i difetti o i possibili miglioramenti. Anche con pedissequa aderenza a tale programma di studio il beneficio, ancorché lento, è tuttavia assicurato purché adeguatamente accompagnato dalla necessaria pazienza e dalla dovuta applicazione.
L’esempio forse più splendente di figura storica che ha elaborato un personale e riuscitissimo metodo di apprendimento delle lingue straniere è stato il grande Heinrich Schliemann, scopritore di Troia e antesignano del metodo moderno di apprendimento delle lingue. Un metodo basato sulla pratica viva e diretta di queste. Sostanzialmente esse non vanno considerate come una serie di regole, da mandar giù in sequenza una dopo l’altra.
Tale metodo, ineccepibile in astratto, è invece nella pratica il sistema migliore per aumentar vieppiù la fatica dell’allievo e diminuirne la soddisfazione interiore. Prendete invece un libro della lingua che desiderate imparare, possibilmente scritto da uno scrittore come si deve, nativo della lingua che desiderate un giorno padroneggiare (Joseph Conrad forse unica eccezione per l’inglese) e iniziate a leggerlo… per arrivare in fondo alla prima pagina ci metterete un tempo che forse vi sembrerà un’infinità… sarete più sul vocabolario che non sul libro stesso… non mollate! Trascrivete su un quaderno le parole nuove col relativo significato e cercate di memorizzarle. La lettura della seconda pagina sarà probabilmente meno lunga e onerosa della prima e via via sempre più facile, paragrafo dopo paragrafo, capitolo dopo capitolo, libro dopo libro… Vi assicuro che già al terzo o al quarto libro avrete una conoscenza della nuova lingua che inizialmente non avreste mai immaginato, ed una acquisita facilità di lettura e comprensione della nuova lingua del tutto incredibile e insperata. Per la lingua parlata stesso identico discorso: radio e dischi, dischi, film e radio… audiolibri ancora meglio!
Ma mi fermo qui e torno agli scacchi… studiare una sola fase della partita, sovente su un trattato generale, su una voluminosa monografia, ha il solo effetto di costringerci, presto o tardi, a mollar lì il deprecato libro, per ripetere poi il diabolico percorso con altro simile libro. E questo soprattutto in fatto di aperture, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è purtroppo la cosa che capita più spesso e più nociva in assoluto: difficilmente ne impareremo davvero una bene, con le idee, i piani, i concetti che ne stanno alla base. Le relazioni con le altre aperture affini, in termini di strutture pedonali, di disposizione, relazione e valorizzazione dei pezzi, di principi strategici… tutto andrà purtroppo in certo qual modo deteriorato e svilito.
Non fate così, studiate invece le partite dei grandi giocatori, in principal luogo quelle in cui i maestri hanno affrontato e punito giocatori più deboli: è dagli errori propri e altrui che si migliora, non dai successi, spesso effimeri e relativi.
“Play over the games” è il succo di tutto, l’illuminante consiglio, ripetutomi in tante chiacchierate, che Stuart Wagman si limitava a darmi, proprio egli che possedeva quegli “sconfinati scaffali di libreria scacchistica” di cui dicevamo all’inizio…
E come tutto questo avesse quel sapore intensamente Schliemanniano l’ho sperimentato da ragazzo quando ho avuto la fortuna di imbattermi in un raro volumetto  scritto in lingua italiana o quasi… (si trattava infatti di una traduzione nella nostra lingua di una madre-lingua russa) edizioni Raduga, autore il grandissimo Jakov Nejstadt e per titolo un affascinante e misterioso “Catastrofi in apertura”. Argomento: le aperture illustrate in base a degli errori tipici esemplarmente sfruttati e puniti da un gioco corretto. Quegli errori che ogni principiante si trova naturalmente a commettere nel proprio percorso agonistico e la cui esperienza è il metodo migliore per trar profitto da essi onde non più ripeterli.
Son passati tre decenni buoni da quando scoprii con gioia quel libretto dalla copertina rigida denso di preziosi consigli pratici tratti da partite realmente giocate e non frutto di aride e inarrivabili analisi “di laboratorio” tra i comodi agi delle scrivanie casalinghe.
Nel frattempo son stati pubblicati altri utili libri ispirati a questo approccio ma la summa di tutto, aggiornato coi nostri tempi, è uno splendido doppio volume a cura del prestigioso editore zurighese Olms dal titolo: “222 Opening Traps after 1.e4” e “222 Opening Traps after 1.d4” in cui l’attenta e precisa penna di due autori del calibro dei Grandi Maestri Rainer Knaak e Karsten Müller affronta in modo pratico e convincente l’ampia problematica dell’apprendimento delle aperture mediante esempi, classici e recenti, ove è di fatto l’errore la chiave di lettura dell’esempio. Come riconoscerlo, come sfruttarlo, come provocarlo: la mossa apparentemente normale e la trappola.
“A scacchi vince chi commette il penultimo errore” recita un vecchio adagio e tale errore è bene non commetterlo men che meno proprio all’inizio della partita, in apertura, ancor meglio se non siamo noi a commetterlo ma ci troviamo invece dalla parte di chi ne riesce a trarre profitto.
In sintesi una lettura avvincente e assolutamente utile per gli appassionati che desiderano avanzare a tappe spedite nell’affascinante percorso del miglioramento del gioco e delle proprie conoscenze.

Postfatto, anzi… misfatto
Il Bianco (Vladimir Doroshkevich) si decise a giocare 5.d5 calcolando la seguente variante:

6…exf3 7.dxc6 fxg2 8.cxd7+

Posizione dopo 8.cxd7+ ...scacco!

Cattura con scacco! Sfuggì tuttavia al Bianco che il suo avversario (Vladimir Tukmakov) non avrebbe replicato con 8…Axd7, come egli aveva erroneamente supposto, ma con la sorprendente 8…Cxd7 rimandendo con un pezzo di vantaggio. Doroshkevich abbandonò. Otto mosse in tutto e fine delle trasmissioni!

avatar Scritto da: Martin (Qui gli altri suoi articoli)


3 Commenti a Schliemann, le lingue e gli scacchi

  1. avatar
    carla ramos 21 Novembre 2010 at 15:03

    😀
    quanti consigli utili..grazie.

  2. avatar
    lancillotto 22 Novembre 2010 at 23:28

    Non ho mai posseduto “Catastrofi in apertura” ma un mio amico CM me ne parlava male, come di un libro inutile, ma probabilmente non riusciva a vederlo sotto l’ottica descritta in questo articolo, lo vedeva come una raccolta di partite perse per banalità dove non c’era niente da imparare.
    Possiedo invece il primo degli altri due citati, è uscita nel 2010 l’edizione italiana della Prisma Editori dal titolo “Trappole in apertura nelle partite con 1.e4”.
    Posso dire però che non l’ho ancora aperto, ma appena lo farò l’approccio sarà seguendo i consigli di questo articolo.

  3. avatar
    Luciano 24 Novembre 2010 at 15:02

    Mi è appena giunto il catalogo Prisma 2011 in cui è annunciata la pubblicazione dell’edizione italiana del 2° libro che sarà, ovviamente, intitolato “Trappole in apertura nelle partite con 1.d4”.

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