Giallo Scacchi

Scritto da:  | 6 Dicembre 2010 | 7 Commenti | Categoria: Zibaldone

Qualche tempo fa sono riuscito, insieme all’amico Mario Leoncini, a coronare un sogno che tenevo nel cassetto da molto tempo, cioè a coniugare le mie due grandi passioni della vita: gli scacchi e il giallo. Ne è nata una antologia “Giallo Scacchi- Racconti di sangue e di mistero”, Ediscere 2008, di trentuno racconti gialli in cui è protagonista proprio il nobil giuoco. A questa impresa hanno partecipato numerosi scrittori di alto livello come Sabina Marchesi, l’autrice del racconto qui presentato. Ringrazio l’editore Valerio Luciani che ha creduto in tale iniziativa e ringrazio “Soloscacchi”, per avermi dato l’opportunità di ricordare ai lettori questa importante pubblicazione.

“Il gioco degli scacchi è lo sport più violento che esista” Garry Kasparov

Ci siamo. Oggi è il giorno. Ho comprato il normografo, mesi fa, in un altro quartiere. No, niente paura. Nessuna telecamera in negozio. Nessuna ricevuta da firmare. Chi vuoi che compri un normografo usando la carta di credito? Solo un pazzo. Pazzo, che bella parola. E come la usano bene quei capoccioni lì, alla Scientifica. Mostro, si legge sui giornali. Bella parola anche quella. Davvero. Ma ne diranno di cose, anche su di me. Li fregherò. Oh, se li fregherò. Ho studiato sugli stessi volumi su cui hanno sudato loro. Ho analizzato gli stessi casi che loro fingono di capire. Del resto, cosa volete che ne sappiano? Se non hai mai desiderato uccidere, non puoi capire.

Ecco il blocco di carta, bianco, nuovo, appena aperto. Anche qui ho applicato la massima prudenza, carta dozzinale, che si vende in tutte le catene di supermercati, blocco Pigna, la marca più venduta, confezione in cellophane, che trattiene le impronte tanto poi la butti via. Mai toccare la carta con le mani, attenzione a poggiarla su superfici incontaminate, quelli sarebbero capaci di analizzare pure le macchie di marmellate o gli aloni di unto, illudendosi di trovare una traccia per arrivare fino a me. Ma non ce la possono fare. Non con me. Del resto, in tutti i giochi, dipende solo dalla stoffa dell’avversario che ti trovi di fronte. Tavolo disinfettato, carta esente da impronte, guanti in lattice. Lo stesso tipo che ho usato per quella là. Guanti per uso domestico, che si vendono in tutti gli empori, in confezione da 100 pezzi. E la scatola con gli altri guanti poi l’ho buttata subito. Ma non nel mio quartiere sia chiaro. Non sia mai che ne trovino dello stesso tipo in casa mia. O nella pattumiera del mio palazzo. E adesso via, il normografo e si va in scena. Già me li vedo. Ah, dice il grande esperto, doppia spaziatura in cima al foglio, vuol dire che è un insicuro. L’uso del normografo? Vuol dire che è un indeciso. Le lettere spaziate? Significa che possiede una cultura medio alta, ma che è anche un ossessivo, un tipo assillante, con una cura maniacale per i particolari. Ecco ci siamo. Un’altra parola magica. Maniaco. Infine ci arriveranno, per loro sarò maniacale. Ci penserò io a condurli verso la combinazione perfetta, quella che li disorienterà. Pazzo, Maniaco, Mostro. Sui testi è spiegato chiaro. Omicida seriale organizzato, disorganizzato, impulsivo, compulsivo. Basta infilare una sequenza diversa e li metti subito sotto scacco. Quando non sanno come catalogarti, in quale casellina infilarti, allora ti dichiarano Pazzo. E una definizione è andata, come nelle parole crociate. Mostro? Ma quella è la più facile, basta uccidere con fantasia. Quando non capiranno perché l’hai fatto, perché hai infierito, perché hai scavato nelle carni, parleranno di ferocia, di raptus, di delirio incontrollabile, di senso di inferiorità da compensare con la violenza e la distruzione, e mi chiameranno Mostro. Dunque è chiaro, no? Cura ossessiva dei particolari, uguale Maniaco. Scompaginamento della sequenza classica, uguale Pazzo. Efferatezza gratuita nell’atto, uguale Mostro. E’ tanto facile che pare quasi assurdo che ci caschino. Ma ci cascheranno. Garantito. Dunque ecco il testo. Anche qui una finezza. Ve la spiego, così imparate qualcosa. Se prendi un blocco nuovo, bello morbido, e lo adagi su una posizione piana, bella liscia, hai una superficie perfetta per un’impronta da contatto. Allora cosa fai? Prendi un foglio, sottile, di quelli da carta per le fotocopie, lo posi sul blocco, un po’ di sbieco se no il trucco si capisce, e ci scrivi sopra il testo con una mina dura, magari un H3. Ecco. Il gioco è fatto. Naturalmente lo devi pasticciare un poco, scriverlo con esitazione, fingere delle cancellazioni, mimare delle pause, staccare la matita dal foglio come per far capire che ti sei fermato a pensare. Sempre coi guanti, mi raccomando… Insomma funziona così. Lasciate che vi mostri, per una volta, anche l’altra parte della scacchiera. Il giocatore avversario cosa fa, in quel laboratorio candido, con indosso un camice tutto inamidato, fresco, pulito e sbarbato come un bambino al primo giorno di scuola? Voi avete fatto la mossa d’apertura. Un omicidio perfetto. E lui allora, con quale mossa deve rispondere? Pare quasi di sentire il lavorio del suo cervello che si arrovella. Non potrebbe mai ammettere di essere seduto a un tavolo con un giocatore di livello superiore, questo no. Dunque deve contrattaccare, muovere le sue pedine sulla scacchiera con abilità, studiare le mosse e poi ribattere. Certo, sa di avere dinanzi un avversario degno, un cervello superiore, un fine intelletto. Dunque ecco che prende la lettera anonima, che, s’intende, deve essere costruita. Insomma artificiale, contraffatta, composta col normografo, che denoti chiaramente la famosa “cura ossessiva dei particolari”, quella che a loro piace tanto. La mette sotto una lampada in trasparenza e, meraviglia delle meraviglie, scorge i segni che avete vergato in precedenza. La bozza, la lettera di prova, la brutta copia, posata sopra così di traverso, che si legge una parola sì e una no, come per caso. Che stupido, penserà allora. Non sapeva forse che appoggiando il foglio sul blocco noi, a luce radente, avremmo trovate le tracce? A luce radente, sì, perché si potrebbe anche fare passando la mina di una matita, questa volta morbida, magari una B2, strofinando sopra i segni, per far emergere lettere e parole altrettanto chiaramente, ma loro non lo farebbero mai, questo, a rischio di inquinare una prova. Vogliamo scherzare? Loro muoiono dalla voglia di portarmi in tribunale, per fare la loro porca figura e poi chi se ne  frega. Tanto lo sanno già che arriverà uno psichiatra, un alto luminare, un perito forense, a testimoniare quanto sfortuna ho avuto nella vita, a rintracciare nel mio passato traumi insanabili di cui, c’è da scommetterci, perfino io ignoro l’esistenza. Insomma a confezionarmi, senza nemmeno che sia io a chiederlo, un alibi psicologico tale che a mala pena mi daranno dieci anni, con la condizionale s’intende, con le attenuanti, s’intende, e il beneficio del dubbio. Insomma alla fine sarò fuori ancor prima di esser dentro. Sempre che mi prendano, però. Ma prima la dovranno vincere questa partita, che è ancora tutta da giocare. Quindi, dicevamo, la loro prima mossa. Ecco, date retta a me, guarderanno in trasparenza, vedranno i segni della bozza e diranno, liscio come l’olio, potrei anche scommetterci. Diranno: “Visto?”. Sì, diranno proprio così, guardandosi uno con l’altro, terribilmente compiaciuti della loro estrema scaltrezza. “Ha prima scritto in brutta, ha fatto delle prove, e solo dopo a usato il normografo. Ciò significa che è al tempo stesso un ossessivo e un insicuro, il suo atto denota una cura maniacale dei particolari.” Che vi avevo detto?  Liscio come l’olio. Vedrete se non è quello che diranno. E poi andranno a farsi un caffè per complimentarsi del loro intuito. Si batteranno  vicendevolmente grosse pacche entusiastiche sulle spalle. Ma di questo ne riparleremo, non preoccupatevi. Ce ne saranno di cose da dire, a fine partita. Dunque ecco il testo. Attenzione. Guanti, normografo, bocca stretta e sigillata che se cade una goccia di saliva sono guai. E occhio ai peli. Dopo, vi consiglio di spazzolare il foglio con un pennellino, prima di imbustare. Quelli da un bulbo pilifero sarebbero capaci di tirarci fuori un codice fiscale. Ecco. Ora ci sono. E’ perfetto.  Falso e suggestivo come se fosse vero. Ma leggiamo insieme, e poi ditemi se non è perfetto. Come la finzione, così artefatta che ti convince meglio della realtà.

Egregio Signore, Architetto, Dottore o chiunque tu sia. Ti consiglio d’ora in avanti di soffrire di amnesia, se non vuoi fare la fine di Maria Pia. Trovarti e farti fuori a San Bartolomeo in Galdo sarà semplice anche non conoscendoti. I colleghi del settore operativo di Benevento sono stati così gentili a dirmi del tuo colloquio. Appena ho detto di essere il Comandante della Stazione CC di Napoli. Anche io, del resto, devo tenermi informato. Sono sicuro che sai molto di più. Facciamo quattro partite a scacchi, una per taluna delle tre con cui divideva l’appartamento, l’ultima per te. Ogni sconfitta una morte. Io ho i bianchi. Cominciamo. B due in B tre. Contatto io. By By. Lei farà da arbitro. Cerchi di contattare un quotidiano per la pubblicazione della partita ogni sabato.”

Oh, impazziranno. Garantito che impazziranno. Vorreste sentirli? Ve li posso citare a memoria, senza nemmeno consultare i testi. Del resto, ho  studiato quasi quanto loro, non per vantarmi. Ecco cosa diranno. State pronti a prendere appunti, mi raccomando.

Ha un’età compresa tra i 50 e i 60 anni, cultura medio superiore, forse laureato. Cura eccessiva per i particolari, è un ossessivo e un assillante, preferisce scrivere i numeri non con le cifre ma con le lettere (B due in B tre), usa le maiuscole per indicare un grado gerarchico e una posizione sociale (Signore, Architetto, Dottore), come chi è abituato a riconoscere l’autorità gerarchica. E’ un insicuro. Prima di scrivere col normografo ha compilato una bozza a mano e dovendo iniziare la partita sceglie il bianco e contemporaneamente dichiara l’apertura dell’alfiere accanto alla regina sulla casella nera: l’apertura classica di un fianchetto di donna. Ma il messaggio ha chiaramente un significato di aggressività e di delirio di potenza, di non scoprire il re (se stesso) e di avere accanto, almeno all’inizio, la regina (la madre). Nella vita è un indeciso con un’alta opinione di se stesso ma al medesimo tempo mostra un esagerato rispetto per le autorità (Comandante scritto con la maiuscola, CC indicato come acronimo), chiaramente uno che tende a identificarsi in un gruppo di potere (economico o sociale) all’interno del quale si sente al sicuro. Forse un professionista o un manager. Non esente da un certo senso dell’umorismo, avendo cercato la rima nella prima frase (chiunque tu sia/Maria Pia) con l’illusione di essere un intelletto superiore (vedi la finezza di dichiararsi all’oscuro della reale identità del testimone con le ingenue frasi –chiunque tu sia- e –anche non conoscendoti-). Per contro si ipotizza la frequentazioni con le forze di polizia o con gli organi di stampa, per l’accenno chiaro a un fatto non accessibile alla grande informazione perché tenuto riservato. Dunque un professionista nell’ambito giuridico o negli ambienti della magistratura. Di formazione classica comunque, visto che rifiuta l’uso dell’elisione. (“di amnesia”, invece che “d’amnesia”). Probabilmente di origini toscane, come si deduce dall’uso della parola “talune” di impronta tipicamente regionale. Tendente alla perdita di controllo se posto sotto tensione come si deduce dalla ripetizione della parola contatto/contattare verso la fine del testo. Segno evidente che nonostante le ripetute prove non è riuscito a tenere sotto controllo la situazione. Nella vita è un indeciso che non riesce proprio a imporsi: lo dimostrano la doppia spaziatura lasciata all’inizio della lettera, lo stesso uso del normografo, l’aggressiva apertura scacchistica con la regina (la madre) accanto all’alfiere e il saluto americanizzato -by-by- la cui grafia corretta è comunque -bye bye-. Ha conoscenza diretta, se non di frequentazione, della persona che ha testimoniato su Maria Pia Serenelli, ma, per non scoprirsi e non mettersi al centro dell’attenzione, finge di non conoscerla e lo dichiara pubblicamente, gratificandosi della propria furbizia (trovarti, sarà semplice, anche non conoscendoti). Dichiara di essere un uomo delle forze dell’ordine, ma è invece altamente probabile che abbia un rapporto di frequentazione con gli uomini delle forze dell’ordine o in alternativa con l’ambiente e i conoscenti della vittima”

Capito che roba? Ancora non ho messo fuori il naso e già credono di sapere tutto di me. Gli manca solo il numero della tessera sanitaria e il mio gruppo sanguigno. Già anche lì gliel’ho combinata bene. Mica uno scherzo da poco. L’esame del DNA. Sapete no? Per loro è come la cartina di tornasole, se vanno in partita con quello ti mettono sotto scacco e non c’è strategia che tenga. Dopo è finita. Ma finita davvero. Proprio su questo, conto. Ma ora lasciatemi andare. Devo impostare la lettera prima che qualcun altro mi smonti tutta la messa in scena. E niente saliva sul francobollo, mi raccomando. Mica vorrete che io abbia lavorato invano… Il lavoro è lavoro per tutti quanti, va rispettato. Anche  il mio.

(ANSA) – BENEVENTO, 24 OTT – Potrebbe essere un impotente o un uomo con turbe sessuali l’assassino che l’8 febbraio scorso, in un residence universitario, ha ucciso con 17 coltellate la studentessa Maria Pia Serenelli. Queste le principali risultanze della perizia psicologica della squadra antimostro, la quale, però, ha escluso che possa trattarsi di un «serial killer». Chi ha ucciso la Serenelli, secondo la perizia della squadra antimostro, avrebbe agito sotto l’impulso del momento. In particolare, l’analisi psicologica ha evidenziato come l’omicida sia una persona con profonde turbe caratteriali di tipo sessuale. Probabilmente ha agito dopo una sua manifestazione di impotenza. Gli inquirenti comunque continuano nelle indagini, senza escludere alcuna ipotesi. Gli inquirenti, inoltre, stanno sempre vagliando l’ambiente famigliare della vittima, l’ambito dei suoi affetti e quello universitario. La vicenda ha avuto grande interesse nazionale quando un anonimo con una lettera inviata ai carabinieri sfidò gli inquirenti a una «mortale» partita a scacchi. Infatti, dopo avere annunciato una mossa di apertura (B2 in B3), minacciò di uccidere un’ altra studentessa se, alla data stabilita come ultimatum, non fosse stata accettata la sfida.

E così ci siamo. Solo un povero impotente. Un Pazzo, Maniaco, Mostro e Impotente. Mica male però. Non vi avevo detto forse che si sarebbero subito affannati per trovarmi a tutti i costi delle attenuanti di tipo psicologico? Uniti e compatti, non una sola voce fuori dal coro. Del resto perché mai dovrebbero pensare qualche altra cosa quando ho curato minuziosamente tutti i dettagli? Casella dopo casella, sono arrivati proprio dove volevo che arrivassero. Ma non è finita qui, sentite questa.

Particolarmente atroci, poi, sono apparse le modalità con cui la donna era stata uccisa. Il delitto era avvenuto nel primo pomeriggio dell’8 febbraio, un giovedì. L’assassino aveva avuto un rapporto sessuale con lei, che si era quindi appartata in bagno; qui l’uomo l’aveva raggiunta e, mentre era seduta sul bidet, l’aveva colpita al capo sei volte con un oggetto contundente, probabilmente una statuetta dalla forma figurata, fino a sfondarle il cranio. Poi l’aveva spinta con violenza contro la vetrata della doccia e le aveva sferrato 17 coltellate alla schiena con un’arma da taglio dalla punta lunga e sottile, probabilmente un coltello a serramanico, uno stiletto o un punteruolo”.

Visto come sono stati bravi? Hanno indovinato quasi tutto. Tranne una cosa. E io che vi avevo detto? Liscio come l’olio.

*****

“Vi dico che non può essere stato mio marito. Lui non c’entra nulla. Sarebbe incapace di un atto del genere. Nemmeno se gravemente provocato, con una studentessa poi, ma sapete che mio marito ha quasi 59 anni? Via…”

“Così secondo lei sarebbe tutta un’assurdità, vero?”

“E me lo chiede pure? Ma certo. State prendendo una cantonata. E bella grossa, questa volta. Pensateci bene, prima. Se sbagliate che scriveranno poi i giornali?”

“Signora, minacciare non serve, il Gip ha già firmato l’incriminazione e le prove ci sono tutte”

“Prove? Ma quali prove? Andiamo, non lo dica nemmeno per scherzo. Che prove vuole che siano? La studentessa uccisa frequentava uno dei corsi di mio marito. E allora? Sono centinaia i ragazzi che frequentano i sui corsi. Centinaia…”

“Sì, naturalmente. Ma tutte e tre le ragazze che dividono l’appartamento con la Serenelli, guarda caso, hanno seguito anche loro le stesse lezioni.”

“Bella prova. Tutte dello stesso corso di laurea, tutte dello stesso anno. Mi pare normale no?”

“Forse, Signora, forse. Ma abbiamo anche altro”.

“Ma mi faccia il piacere. Non mi dica che avete seguito quelle sporche insinuazioni sui giornali. Lo sapete che abbiamo anche sporto querela no? Proprio qui, da voi, siamo venuti. Che vergogna, parlare di mio marito come di un satiro. Accusarlo di rapporti illeciti con le sue studentesse. E io che pensavo che la magistratura fosse un’istituzione ancora rispettabile in un paese che va allo sfascio come il nostro. Ma via. Ma l’avete guardato bene mio marito? Avete letto il suo certificato di nascita? 59 anni. Un professore di matematica, alle soglie della pensione. Vi pare possibile? Davvero, vi conviene cercare altrove, ve lo dico io”

“Signora, senta, suo marito gioca o non gioca a scacchi?”

“Beh? E che è un delitto adesso? Certo gioca a scacchi, tutti i giovedì. Ha vinto anche una coppa, quest’anno. Al torneo del circolo. E allora?”

“E allora Signora, che mi direbbe se le raccontassi che da almeno sei mesi, al circolo degli  scacchi, non l’hanno più visto? Evidentemente andava da qualche altra parte, il giovedì. Del resto anche un testimone ce l’ha confermato. In almeno un’occasione è stato visto con la Serenelli…. sa, spesso i parenti sono gli ultimi a sapere….”

“Non si sprechi, Ispettore, a fare il comprensivo con me, guardi, che non è proprio il caso. Anche se fosse, siamo sposati da quasi trent’anni, può anche darsi che sentisse il bisogno di avere uno spazio tutto per sé. Senza che necessariamente ci sia qualcosa di male, che crede? Capita in tutte le coppie.”

“Appunto, Signora, appunto. E’ quello che dico io, capita in tutte le coppie.”

“Insomma, basta. Quel giovedì forse non era al circolo, va bene. Sicuramente avrà una spiegazione. Chiedetegli dov’era allora e poi controllate. Non capisco cosa ci sia di tanto difficile.”

“Glielo abbiamo chiesto, infatti. Ha detto che è stato a passeggiare sotto i platani. Ma nessuno l’ha visto, e nessuno si ricorda di lui. Non è un granché come alibi.”

“Beh, non ci vedo niente di strano. Mio marito è un filosofo, un contemplativo, un pensatore, e anche un tipo anonimo del resto. Può anche darsi che nessuno lo abbia notato, ma questo non prova che lui non fosse effettivamente là dove vi ha detto di essere”.

“Sì, signora. D’accordo. Ma abbiamo trovato l’arma del delitto, lo sa? Proprio in casa vostra.”

“Ah sì? E dove? Magari in cucina… Un bel coltello insanguinato o una mannaia… Ma mi faccia il piacere. Mio marito in cucina non sa nemmeno dove sia l’interruttore della luce, si figuri se riesce a trovare il cassetto delle posate.”

“No, signora. Non il coltello, l’altra arma, quella contundente. Il trofeo di scacchi. La statuetta di Sissa, il bramino. Proprio come diceva il referto del medico legale, una statuetta sagomata. Sulla mensola del camino. Suo marito l’ha lavata bene, ma agli ultravioletti le tracce di sangue si vedono ancora. Non si scappa, signora. Lei non sa quanto mi dispiace, ma è stato proprio lui. Se ne faccia una ragione. Del resto corrisponde anche il DNA.”

“Quale DNA? Quello della vittima, dice?”.

“No, Signora, quello rilevato dallo sperma. Di suo marito. Nel preservativo. Sulla scena del delitto. E’ una prova inconfutabile. Si affidi a un buon avvocato, non c’è altro da fare. Si consigli con i suoi familiari, dovete cominciare a pensare al processo, adesso. Mi dia retta. I giochi sono chiusi”

“Sperma? Preservativo? Ma mio marito oramai, guardi, glielo posso anche dire senza vergogna, ecco, negli ultimi tempi era diventato impotente. Altro che sesso con le ragazzine. Del resto abbiamo anche i certificati medici per provarlo. Sa? Lui non si voleva rassegnare, ma oramai, cosa vuole, a una certa età è normale. Del resto, per due come noi, sposati da tanti anni, il sesso non ha più tutta questa importanza, non crede?”.

“Lo sappiamo, Signora, sappiamo tutto. Proprio per questo è successo. Li faccia vedere all’avvocato i certificati medici, tanto non c’è altro da fare. Serviranno per le attenuanti.”

*****

Bene. E allora? Che mi dite? Non sono stata brava? E mio marito a dirmi che ero troppo ignorante, per stare con uno come lui, un Professore Universitario. Solo la licenza media e nessuna aspirazione a migliorare. Proprio per questo, alla fine, ho cominciato a frequentare la biblioteca. Per “acculturarmi”. Come mi diceva sempre lui. Brontolone e depresso. Ecco cos’era. Non gli stava bene mai niente, e alla fine pure impotente era diventato. Non bastava che per colpa del suo sperma debole e malaticcio non avessimo nemmeno potuto aver figli. No. Non bastava che per trent’anni, nulla e dico nulla, di quel che facessi io gli andava mai bene. No. Pure depresso doveva diventare. Tutto il santo giorno in poltrona a guardare la televisione, che fuori ci fosse il sole o che piovesse.  E poi dava della pigra e ignorante a me. E lui allora cosa faceva, di tutte le sue giornate? Nulla.  Nemmeno più a scacchi giocava. E dire che io, per tirarlo su, alla fine mi ero pure messa a studiare i manuali, per fare due partite con lui la sera. Avevo imparato i primi rudimenti, certo, le aperture di base, poi avrebbe dovuto essere lui a insegnarmi. Invece niente. “Via, Anna, lascia stare. Sei patetica”. Così mi ha detto. Patetica. A me. A me? Quando era lui a correre dietro a quelle ragazzine, così giovani che avrebbero anche potuto essere sue figlie. E loro ci stavano pure, ci stavano. E per forza, poi. Ai tempi miei le lauree si prendevano coi prosciutti, con le famiglie appresso che mandavano salumi, latte d’olio, insaccati e formaggi, conserve, barattoli di sottaceti e i fruttini alla pasta di mandorle, e anche qualche bustarella, si capisce, almeno chi poteva. Ma oggi le ragazze sono più sveglie e fanno da sé. Una bella scopata col professore, che tanto non costa niente, e via un trenta all’esame. Un’altra scopata col relatore, che almeno lì si divertono pure, e via un centodieci con la lode. Così si fa presto, dico io, a farsi una “cultura”. No? E comunque lo devo ringraziare, a mio marito. Forse non so ancora parlare “elegante” come parla lui, ma in biblioteca di cose ne ho imparate parecchie. Ci fossi andata prima. A saperlo. Comunque all’inizio c’ero andata solo per studiare le mosse degli scacchi.  Capirete, lo vedevo così depresso, sempre con quell’aria da cane bastonato, che strascinava le ciabatte su e giù per il corridoio, che mi sono detta “Anna, devi far qualcosa”. E così ho imparato a giocare, da principiante certo, ho studiato le partite che hanno fatto epoca, ho imparato a distinguere le aperture di base da quelle più sofisticate, quelle degli scacchisti “veri”. Volevo sorprenderlo, insomma. Fargli vedere che mi ero applicata, che insomma l’avevo fatto per lui. Non che lui abbia apprezzato, s’intende. Ma poi, a furia di andarci, in biblioteca, mi sono appassionata. C’erano così tanti libri. Romanzi d’avventura, gialli, polizieschi. Proprio quei libri che mio marito ha sempre odiato. Diceva che erano “roba da donnette”. Capirai, il grande intellettuale, lui, la sua filosofia e la sua matematica. Che poi se a casa gocciolava un rubinetto non sapeva manco da che parte cominciare. E quanto si sbagliava invece. Che di cose da imparare anche dai gialli ce ne sono, ah, se ce ne sono. La camera chiusa, l’alibi, il delitto perfetto, i rilievi sulla scena del crimine, le indagini, le prove indiziarie, gli interrogatori, i referti autoptici. Ma su una cosa invece aveva ragione, i libri, quando ti appassioni, sono come le ciliegie, uno tira l’altro. Dai gialli sono passata ai polizieschi, dai polizieschi ai testi di criminologia, dai testi di criminologia a quelli di psicologia. Serial killer, assassini, pazzi, maniaci, mostri, profili psicologici, perizie … Ah, se ne ho imparate di cose. Certo, un conto era leggere, un conto progettare. E poi ancora, un conto era progettare, un conto realizzare. Chi aveva mai ucciso, prima? Anche se il sangue non mi fa impressione, un conto è scannare un agnello, un conto un essere umano. Ma quella troia, no. Quella era tutto, meno che un essere umano. Sapete? Quando sono andata lì, ha pensato che volessi salvare il mio matrimonio. “Non si preoccupi Signora, che il suo Professore glielo rendo subito, tanto lo sa che come amante vale pochino… A me serve solo per l’esame, che in matematica se no un trenta mica lo piglio. Capirà, poi mi si rovina la media, che mi serve per la borsa di studio.” E intanto si faceva il bidet, davanti a me, quella sporca piattola. Sì, proprio una piattola, una definizione azzeccata. Avete capito bene. C’è scritto bello chiaro sul dizionario della biblioteca “Piattola: pidocchio (Phtirus pubis) parassita dell’uomo, che si annida specialmente nella regione inguinale”. Insomma un pidocchio del pube. Altro che storie. I libri hanno sempre ragione, del resto. Alla fine, dicevo, quella, a rispondermi così mi ha fatto pure un favore, perché mi sono talmente arrabbiata che insomma, a cose fatte, quella strage m’è venuta proprio bene. Avete letto no, cosa dicevano i giornali? E adesso che mio marito è in carcere, la gente mi compatisce e mi porta rispetto. Tutti pronti ad aiutarmi, anche quelli che prima nemmeno mi rivolgevano la parola. Tutti a dire: “Povera Signora, chissà che colpo sarà stato per lei.” Certo potevo uccidere lui, sarebbe stato lo stesso. Ma poi la pensione me la davano per metà, con la reversibilità e tutto il resto, ci perdevo un sacco di soldi. Così invece è diverso. Del resto, non occorra mica essere un Professore di Matematica, per saper fare due conti come Cristo comanda.

Nota dell’autore – Il racconto è liberamente ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1996, il Caso del Killer degli Scacchi, l’omicidio irrisolto di una prostituta in un residence di Ancona.

Sabina Marchesi Vive a Roma, si occupa di Letteratura, Scrittura Creativa e Criminologia. Come giornalista e critico letterario è curatrice della Guida Giallo Noir e Fantasy Fantascienza del network Dada Supereva, come criminologa si occupa del blog di Notitia Criminis per BlogoSfere, collabora con numerose testate, portali e riviste specializzate del settore, tra cui «Inchiostro», «Scienza e Paranormale», «I fatti del mese»,«Detective Magazine», «Il Carabiniere», «Sherlock Magazine», «Kult Underground», «Thriller Magazine», «Progetto Babele» e «Il Rifugio degli Esordienti». È docente per i corsi estivi di Scrittura Creativa per conto del Comune di Roma presso la Biblioteca Corviale e di Analisi Testuale per il Centro Intelligence Interforze presso il Reparto Informazioni e Sicurezza dello Stato Maggiore della Difesa.
Socio e Fondatore del gruppo romano di scrittori del Mystery, Roma Giallo Factory

avatar Scritto da: Fabio Lotti (Qui gli altri suoi articoli)


7 Commenti a Giallo Scacchi

  1. avatar
    Blueknight 6 Dicembre 2010 at 11:47

    Non ho ancora letto il libro, ma la copertina è davvero bellissima (d’altra parte, un libro del 2088 non poteva che essere all’avanguardia… 😉 )

  2. avatar
    Luca Monti 6 Dicembre 2010 at 12:02

    Blueknight, non è intrigante solo la copertina 😛 .
    Sono racconti ben costruiti e altrettanto ben scritti.

  3. avatar
    jazztrain 6 Dicembre 2010 at 14:52

    Le avventure dell’ispettore Morphy! :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

  4. avatar
    Fabio Lotti 6 Dicembre 2010 at 15:57

    Errore madornale nella data di pubblicazione (può essere corretto?). O forse un disperato tentativo di sopravvivere al Destino… :)
    Comunque sia un grazie a tutti.

  5. avatar
    Mandriano 6 Dicembre 2010 at 15:57

    …sul genere in Versilia si legge “Il commissario Mezzasalma”. Ispettore di polizia appassionato di scacchi. Lo consiglio. 😉

  6. avatar
    Zenone 6 Dicembre 2010 at 19:21

    Ottimo il consiglio di Mandriano. Facciamo uscire dall’anonimato il Commissario “Mezzasalma”. Chi fosse incuriosito può scaricare le puntate di “Mezzasalma” sul sito del Circolo Scacchistico della Versilia: http://scacchiversilia.altervista.org
    Andare nella pagina dei download poi scaricare liberamenti i giornalini del circolo!

  7. avatar
    Mezzasalma 7 Dicembre 2010 at 19:14

    :oops: Accidenti. Non posso, non posso. Sono occupatissimo. Devo risolvere il nuovo caso prima che esca il nuovo giornalino!! E manca solo dieci giorni. Non posso. Accidenti.

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