La nascita degli scacchi si perde nella notte dei tempi ed è avvolta da un velo di mistero, fatto di miti e leggende di popoli diversi e lontani. Alcuni ritrovamenti archeologici, avvenuti ad Ur in Mesopotamia, testimoniano l’esistenza di tavolieri, databili attorno al 2300 a.C., con caselle e pedine in tutto simili al nostro gioco. Tutti raffigurano l’antagonismo tra luce e tenebra, tra bene e male, tra due eserciti contrapposti, il Bianco ed il Nero.
l’India è stata la culla di una leggenda assai famosa riguardante la nascita degli scacchi. Essa narra di un ricchissimo re, Iadava, che, dolente per la morte del figlio in battaglia, trascorreva i giorni nel dolore e nel rimpianto, tornando sempre con il ricordo ai tragici momenti che avevano determinato la prematura scomparsa del figlio. Tutti gli affari del regno venivano trascurati ed i dignitari di corte non sapevano più cosa fare per risollevare il re e rendere nuovamente piacevoli le sue giornate. Questa situazione durò fin quando non arrivò alla reggia il giovane bramino Sessa, il quale portò in dono al re il nuovo gioco degli scacchi. Tale gioco appassionò talmente il re, che arrivò a promettere a Sessa qualunque ricompensa desiderasse. Sessa chiese allora un chicco di grano per la prima casella, due per la seconda, quattro per la terza, otto per la quarta e così via, raddoppiando sempre fino alla sessantaquattresima casella della scacchiera. Re Iadava, sorpreso da una tanto singolare richiesta, acconsentì di buon grado, ma quando i suoi ministri ebbero fatto il calcolo, si accorsero che non solo non sarebbero stati sufficienti tutti i granai del regno, ma anzi non sarebbe bastato coltivare più volte l’intera superficie della Terra per ottenere la quantità di grano necessaria!
Infatti, un semplice calcolo, mostra che il numero di chicchi di grano richiesto è pari a:
2^64 – 1 = 835919245474712551424
Nel nuovo gioco i pedoni rappresentano, come è ovvio, la fanteria che, marciando a piedi, fa un solo passo per volta. Le due torri rappresentano le torrette che si usava mettere sopra gli elefanti, le quali, proprio per la loro grossa mole, non cambiano facilmente direzione. La cavalleria è chiaramente simboleggiata dai due cavalli, mentre gli alfieri rappresentano due nobili guerrieri, forti e rispettati. Il re si muove di una sola casella per volta, mentre la regina, simboleggiando il potere conferito dai sudditi al re, può muoversi come e dove vuole.
Io credo che tutti giocatori di scacchi debbano conoscere la storia del gioco. Delle origini, la loro evoluzione, il modo di pensare nel correr del tempo. Non solo la vita di alcuni grandi maestri.
Grazie Matteo!
Grande Matteo! Bellissimo l’articolo ed il modo in cui è stato scritto!
Fa immenso piacere constatare che a qualche giovanissimo, come Matteo Brizzi, piaccia non solo studiare, leggere e giocare, ma anche scrivere.
E constatare come ci riesca così bene.
Scrivere è un piacevole esercizio ed è anche l’arte di colorare i fogli bianchi con conoscenze, sentimenti, immagini, storie, emozioni. Bravo, Matteo.
Complimenti al giovane Matteo. Posso solo augurarti di giocare bene
quanto scrivi. Per l’occasione buone feste a tutti. 😛
Posso garantire che Matteo gioca bene quanto scrive! Ed ha tutte le carte in regola per crescere ancora, per qualità straordinarie non comuni nei quattordicenni di oggi.
Un abbraccio.
Riccardo
D’altronde i giovani di Lucca possono contare su di un istruttore che, in molti, riconoscono essere “piuttosto” preparato 😆
Saremmo sorpresi del contrario!
Grazie a tutti per i commenti! 😉 anche se sono un po esagerati!!!!
Tutti i dilettanti scrivono volentieri. Perciò alcuni di loro scrivono così bene (Friedrich Durrenmatt)
Bravo!
Complimenti!
Avrei una domanda: si sa chi ha coniato il termine “nobil giuoco”?