Melody Amber: cieca …mente

Scritto da:  | 10 Marzo 2011 | 19 Commenti | Categoria: Internazionale, Tornei, Zibaldone

La prima edizione dell’Amber è stata giocata nel 1992 a Roquebrune, in Francia: l’idea del torneo venne al signor  Joop van Oosterom, per festeggiare la nascita della sua primo genita, Melody Amber per l’appunto. Quell’anno si giocò solo il torneo rapid che fu vinto da Ivanchuk (unico giocatore ad aver poi partecipato a tutte le altre edizioni del torneo). E’ dall’anno successivo, il 1993, che il torneo si disputa con la formula attuale, che lo ha reso un torneo più unico che raro: un doppio girone all’italiana nel quale i GM in gara giocano l’uno contro l’altro prima con una partita rapid e poi con una sfida alla cieca. Dopo Roquebrune, toccò a Monaco ospitare il torneo sino al 2008, poi Nizza e quest’anno in occasione della XXesima edizione, l’ultima, si tornerà a giocare a Monaco (dal 12 al 24 marzo). L’ultima edizione, come al solito organizzata dalla Fondazione Max Euwe della quale van Oosterom ne è il presidente mecenate, vedrà ai nastri di partenza tutti i migliori giocatori del momento: Carlsen (il numero due in lista Fide), Anand (campione del mondo), Aronian, Kramnik (ex-campione del mondo), Topalov (ex-campione del mondo), Grischuk, Ivanchuk, Karjakin, Gelfald, Nakamura (vincitore dell’ultimo WaZ), Gashimov (vincitore dell’ultima edizione del torneo di Capodanno di Reggio Emilia) e Giri. Nel 2010 a vincere furono ad ex-aequo Carlsen ed Ivanchuk.

“Scusa Mongo, ma cosa c’entra la foto di un arciere con il torneo Amber?”

L’arciere ritratto nella foto sopra è un atleta cieco….

“…Slovacco?”

No, cieco e basta… Insomma, non vedente. E’ Massimo Oddone, uno dei migliori arcieri non vedenti del pianeta.

Metà del torneo, l’Amber,  i giocatori sono obbligati a giocarlo alla cieca, impresa assai difficile, ma non impossibile; giocare alla cieca richiede soprattutto concentrazione e buona conoscenza della scacchiera.

Anni fa, quando già avevo vinto il titolo di campione italiano di tiro con l’arco, dopo aver letto ‘Lo Zen ed il tiro con l’arco’ decisi di fare una ‘scommessa’ con un collega, poi divenuto amico, per l’appunto cieco… cioè non vedente: “Max, scommettiamo che ti insegno a tirare con  l’arco?”

Il buon Max, dapprima perplesso, ci pensò un po’ su e poi ‘guardandomi’ dritto negli occhi mi disse: “Ok, mi interessa. Quando si incomincia?”

Quell’anno, tutti i giovedì sera, eravamo ad allenarci ad Asti: sole, pioggia, neve, nebbia, niente riuscì a fermarci e così riuscii a vincere la mia scommessa. Mi ricordo un aneddoto spassoso di quell’andi rivieni tra Alessandria ed Asti: quando c’era nebbia dicevo sempre a Max “Io non vedo niente… Forse è meglio che guidi tu. Sei più esperto di me nella guida alla cieca!!“. L’anno dopo girarono uno spot pubblicitario sfruttando la mia idea, al volante c’era il mitico Ray Charles. Ray imparò a giocare a scacchi, quando già aveva perso la vista, nell’ospedale dove si era fatto ricoverare per disintossicarsi dall’eroina.

Ora basta con le mie chiacchiere e lascio volentieri la parola a Max…

“Ciao a tutti, sono Massimo Oddone,  alessandrino di 45 anni, non vedente dall’età di 22, quando una atrofia bilaterale ai nervi ottici mi obbligò a cambiare radicalmente vita, passando dalla normalità di uno studente qualunque ad un nuovo inizio nel mondo della cecità.

Non per questo mi sono perso d’animo, accompagnato e supportato sia nei momenti quotidiani che nelle decisioni importanti dai miei genitori, punto di riferimento fondamentale nella vita famigliare. Non ho mai cercato le scelte più facili e forse più scontate, come ad esempio il lavoro o lo sport. Frequentai l’unico corso in Italia per programmatori informatici per non vedenti presso l’istituto dei ciechi “F.Cavazza” di Bologna, grazie al quale ho ottenuto il lavoro presso un centro elaborazioni dati in provincia di alessandria, ricoprendo una mansione impegnativa ma senz’altro gratificante.

Anche il rapporto con il tiro con l’arco non è certo usuale nell’ambito dei non vedenti, ma questa non è stata una scelta né voluta né cercata, anzi, quasi frutto del caso.

La scintilla iniziale è scaturita grazie ad un collega disabile, il Mongo, che in quel periodo tra fine anni ’80 ed inizio ’90, per praticare questo sport, cominciò a frequentare il G.S.H. Pegaso di Asti, dato che Alessandria non era in quel periodo dotata né di attrezzature accessibili né di associazioni sportive per disabili. La neonata Pegaso Asti, invece,  era un’associazione di volontari disabili e non, con lo scopo di favorire la pratica sportiva nel mondo dei portatori di handicap.

Fu proprio lui a portarmi alla Pegaso, facendo con me una scommessa da matti: ”Ma i ciechi possono tirare con l’arco? “ mi disse, ed aggiunse: ”Scommettiamo, sono convinto che tu ce la possa fare!”.

È così che arrivai anch’io alla Pegaso, incontrando subito un’atmosfera di amicizia e famigliarità, e soprattutto Fausto Trinchero, da sempe addetto al settore arceria, ed ora attuale presidente del sodalizio astigiano.

Ne mio caso si è partiti dal nulla, arco in mano ed il suggerimento verbale per aggiustare la posizione e la mira. D’altronde, in quegli anni il movimento del tiro con l’arco per ciechi era ancora allo stadio embrionale, anche se soprattutto in Francia si erano già mossi i primi passi. Non esisteva però di sicuro un manuale che insegnasse né come diventare arcieri né  tanto meno come diventare istruttori.

Un passo dopo l’altro, un tentativo dopo l’altro, si provarono tutte le possibili soluzioni. Scartammo fin da subito il cosiddetto “free style”, ovvero il tiro assistito dal suggerimento vocale dell’istruttore: troppa dipendenza tra arciere non vedente ed istruttore. Sviluppammo invece il concetto fondamentale che ci ha poi sempre fatto da guida: se il tiro con l’arco è uno sport basato sul concetto del mirare, e non sull’acutezza visiva, anche l’arciere non vedente deve poter avere a sua disposizione un mirino fruibile ed utilizzabile con le proprie possibilità sensoriali, che lo renda indipendente ed autonomo nelle scelte dall’aiuto pur sempre e comunque necessario della guida.

Si provò quindi un sistema di mira sonar, che emetteva un segnale acustico quando la direzione della freccia collimava con il centro del bersaglio. Lo scartammo dopo qualche tentativo, perché troppo dispendioso dal punto di vista fisico se applicato all’arco olimpico, cioè quel tipo di arco che viene mantenuto teso dall’arciere senza alcun aiuto meccanico, come invece avviene negli archi a carrucole, o compound.

Lo stadio successivo fu il mirino tattile,che si rivelò ben presto essere l’uovo di colombo: facile da realizzare e da tarare, capace di trasmettere le sensazioni giuste di sensibilità e di autonomia decisionale. Una pedana a terra come riferimento stabile della corretta posizione dei piedi sulla linea di tiro, ed accanto a questa un trepiede fotografico sulla cui sommità si trovava un piccolo puntale che poteva muoversi nelle quatrro direzioni, alto, basso, destra e sinistra. Lo si sfiorava con un punto a scelta del dorso della mano che regge l’arco,ed il gioco è fatto!  Sembra facile, ma occorrono sensibilità,  concentrazione e capacità di conoscere e memorizzare le proprie reazioni  fisiche per fare sempre lo stesso gesto, avere la stessa  sensazione e lo stesso risultato.

Intanto il movimento italiano cresceva con analoghe esperienze e risultati in altri gruppi, con i primi meeting di incontro e scambio, arrivando così al primo campionato sperimentale di tiro con l’arco per non vedenti, nel 1999 a Firenze. Da quel momento, anche gli enti di governo dello sport per disabili, la F.I.S.D. , cominciarono ad interessarsi alla nuova realtà che fino ad allora avevano ignorato, se non osteggiato. Il passo successivo fu il riconoscimento ufficiale, la possibilità della categoria non vedenti di accedere ai campionati italiani di tiro con l’arco per disabili nel 2001. Finalmente, dopo anni di lavoro oscuro e sommerso, si poteva uscire allo scoperto senza essere guardati come fenomeni da baraccone o pazzi visionari. Ricordo ancora con emozione e gioia il primo campionato italiano indoor a cui ho partecipato, a Cavareno (Tn) nel marzo del 2001: l’adrenalina era alle stelle quando Fausto ed io sentimmo risuonare le note dell’inno di Mameli, ma era ancora nulla quando a fine gara, vinsi la mia prima medaglia d’oro.

Da quel momento ho partecipato a tutte le edidzioni dei campionati italiani, indoor ed open, ed i risultati hanno premiato gli sforzi ed il costante impegno di questi anni: un bronzo, due argenti e 12 ori su 16 in totale. E ciò che più conta, l’apprezzamento da parte dei tecnici e dei dirigenti del Comitato Italiano Paralimpico della metodologia e della tecnica adottata per le caratteristiche di realizzabilità  e per la garanzia di autonomia ed indipendenza dell’arciere non vedente.

Il 2005 è stato l’anno della svolta e di un ulteriore progresso dal punto di vista tecnico. Si comincia a Marina di Massa a fine gennaio con un meeting internazionale preparatorio all’evento più importante della stagione, che già si profilava all’orizzonte: il campionato mondiale, in programma a Massa dal 25 settembre al 3 ottobre 2005, il primo mondiale a cui erano ammessi anche i non vedenti.  Era la prima occasione per me di confrontarmi con la realtà francese, inglese e belga, che soprattutto nel primo caso poteva vantare una tradizione ed un seguito ben diversi dalla situazione italiana. Questo incontro fu importante in quanto portò ad una standardizzazione degli ausili tecnici ed alla formalizzazione di una prima bozza di un regolamento riconosciuto da ogni nazione. Il risultato di questo meeting fu comunque abbastanza scontato, e vide il francese Gabriel Noel vincere con un buon distacco davanti all’inglese Roger Evans ed al sottoscritto. Da quel momento ad Asti si è lavorato costantemente sul fronte del miglioramento del mirino   tattile.

Tale ausilio infatti cambierà radicamente rispetto alla prima versione già descritta, sostituendo la pedana a terra con una sbarra orizzontale a “T”, dalla cui testa si alza un’asta verticale sulla cui sommità è montato il mirino da arcieri vero e proprio. La differenza, ovviamente, sta nel fatto che tale mirino non si traguarda con la vista ma si sfiora il puntino tattile su di esso fissato con il dorso della mano che regge l’arco. Nel frattempo, ad Alessandria, cominciava una efficace e fattiva collaborazione con la società arcieristica “ASD arcieri città della paglia”, in particolare con il presidente Federico Panico, avente lo scopo di affinare la tecnica di tiro. Questo rapporto che prosegue tuttora, anzi è cresciuto, con la piccola ma grande soddisfazione di essere inserito alla pari in un gruppo sportivo per i cosiddetti “normodotati”.

Il mondiale di Massa fu un evento che mai scorderò: per me era già un risultato essere stato convocato al mondiale, come riconoscimento della validità del lavoro svolto sin dall’inizio, ritrovandomi di fronte ai team esteri ben  più blasonati. Si cominciò con un girone di qualificazione composto da 4 manches,  ognuna di 36 frecce ad una distanza di 30 metri, con bersagli di dimensione diversa, cioè 40, 60, 80 e 122 cm; ciò per simulare le distanze diverse utilizzate nelle gare ufficiali, cioè 30, 50, 70 e 90 m. Il risultato alla fine di quella lunga ed assolata giornata fu soddisfacente ed inaspettato, in quanto ero in testa alla classifica;  il giorno successivo, i primi otto dettero vita agli scontri ad eliminazione diretta, sulla base di 12 frecce a 30 metri. Non avevo mai provato esperienze del genere, con la tensione che comporta uno scontro diretto così breve e bruciante. Il quarto di finale andò via liscio, mentre nella semifinale con l’inglese Evans si dovette ricorrere a due spareggi al cardiopalma, ma alla fine il risltato fu positivo e mi garantì l’accesso alla finale contro il belga Van Le Becken. Domenica 2 ottobre 2005, di buon mattino, ci fu la finale,  su 4 volè di 3 frecce ciascuna: la prima in sostanziale parità, la seconda e la terza in vantaggio crescente e la quarta ed ultima badando al sodo, a non sbagliare, concludendo con il punteggio di 48 a 36.

A quel punto l’emozione e la gioia furono grandi ed incontenibili per tutto il team italiano che si strinse in un caldo abbraccio intorno a me, festeggiando anche l’altro italiano in gara, Lorenzo Biava, che nel fratempo aveva conseguito la medaglia di bronzo.

È stato un momento indimenticabile quando, sotto una pioggerella autunnale salivamo sul gradino più alto del podio accompagnati dalle note dell’inno di Mameli, ed a ripensarci mi emoziono ancora. Fu un momento di gioia e di soddisfazione grande per tutti, ripensando al cammino fatto insieme in tanti anni, che ci ripagava in un istante dell’impegno e della costanza, noi che ci sentivamo già realizzati di essere stati convocati!

La mia storia finisce qui, non mi sento di fare dei bilanci ora, ma vorrei concludere soltanto con un pensiero: credo di poter affermare che la pazza scommessa fatta con  l’amico Mongo, che diede il via alla mia avventura, sia stata davvero vinta, dimostrando che il tiro con l’arco per ciechi è una realtà in crescita nel mondo dello sport per disabili, ed alla portata veramente di tutti.”

Ehi Max, vuoi scommettere che ti insegno a giocare a scacchi?….”

avatar Scritto da: Mongo (Qui gli altri suoi articoli)


19 Commenti a Melody Amber: cieca …mente

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    Marramaquìs 10 Marzo 2011 at 06:49

    Meraviglioso, magico Mongo !

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    cserica 10 Marzo 2011 at 07:14

    fantastico!
    Mongo, io sono qui a Marina di Massa, alla prossima gara avvisatemi 😛

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      Mongo 2 Maggio 2011 at 10:18

      cserica: Max gareggierà sabato 08/05/11 proprio vicino a dove risiedi tu: campo sportivo La Comasca
      via Ronchi ang. via Como
      54100 Ronchi (MS)
      Inizio gara: mattino ore 10:00, pomeriggio ore 14:30.

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        cserica 2 Maggio 2011 at 11:30

        sabato 7 o domenica 8 ??
        se non ho impegni vado di sicuro a vederlo

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          Mongo 2 Maggio 2011 at 14:11

          scusa, la gara è solo domenica 08/05. E’ uno spettacolo emozionante, garantito. ;o)

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    Luca Monti 10 Marzo 2011 at 10:08

    Mongo e Max,siete due grandissimi ❗

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    Zenone 10 Marzo 2011 at 10:59

    Sì, lo so,scusatemi,sono sempre il solito:

    “Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono”.

    E’ un passaggio fonamentale del libro “Cecità” del premio Nobel Saramago (1995, in Italia Ed. Einaudi 1996). Un’epidemia si diffonde in una città e l’INDIFFERENZA generale impedisce di VEDERE che tutti sono colpiti da questa malattia che impedisce di VEDERE.
    Non conoscevo nulla di questo sport e ringrazio entrambi, autore del pezzo e protagonista, per avermelo fatto conoscere…Non è così lontano dagli scacchi, no?
    Splendide le foto!
    Grazie.

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      Mongo 10 Marzo 2011 at 18:38

      “Incapaci di vedere col pensiero
      voi vi affidate in tutto agli occhi”

      E’ l’inizio di MEMENTO, poesia di Antonio Brescia tratta dal suo libro (2005, LibroItaliano)
      ——————————–
      In effetti hanno molto in comune, seppure siano all’apparenza ben diversi: la concentrazione, l’avversario, le tre fasi (apertura-centropartita-finale/ancoraggio-mira-rilascio) e soprattutto Cuore!!

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        Zenone 12 Marzo 2011 at 09:23

        Poesia per Poesia vorrei segnalarti/vi la “Poesia dei doni” di Borges (lirica troppo lunga da riportare ma che potete sentire
        http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=RVF6t_hLWpg#at=16). Borges nel 1955 viene nominato direttore della Biblioteca Nazional ed era praticamente cieco. Un duro supplizio che Borges vive come “il segno di una superiore ironia” (commenti di Roberto Paoli – Borges POESIE ed. BUR 1977, pagg.317, €10,40)

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    Mallow 10 Marzo 2011 at 12:14

    Grandi! Ma il finale dell’articolo è improponibile.
    Hai insegnato a Max a tirare con l’arco perchè eri molto bravo, ma non puoi insegnargli a giocare a scacchi perchè non sei proprio capace…

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      Mongo 10 Marzo 2011 at 16:41

      Quella scommessa la vincerò, caro Hober!!!
      Prima imparo io (!?) e poi tocca al buon Max. ;o)

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    cristina buzio 10 Marzo 2011 at 14:52

    io che conosco direttamente Max so che è un grande, independentemente dai suoi successi sportivi. Bravo !

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      Mongo 10 Marzo 2011 at 16:42

      Max non è un grande, è solo immenso!!!
      😉

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    Pietro il cantapoesie 10 Marzo 2011 at 18:50

    Conosco i 2 guerrieri,Richi e Max.Due esempi straordinari di forza e coraggio,quello che manca a questo mondo per rinascere.Ho avuto il piacere di averli nel mio spettacolo Poesia&Riabilitazione.Loro hanno riabilitato il pubblico seppur per un attimo.
    Cari amici miei posso solo dirvi…grazie per esistere.

    Pietro il cantapoesie.

  8. avatar
    Fabio Lotti 10 Marzo 2011 at 21:19

    Io mi sono anche un po’ commosso. Diciamo che è colpa dell’età.

  9. avatar
    carfox 11 Marzo 2011 at 12:35

    Chapeau!

  10. avatar
    Lilly 11 Marzo 2011 at 22:55

    Ciao Mongo, ciao Max, nel leggere questo articolo mi sono commossa, pensando che, quando abbiamo fondato il G.S.H. PEGASO nel lontano 1989,eravamo inesperti, ma con tanta voglia di fare. E’ emozionante assaporare il gusto della vittoria di persone che hanno dato il massimo (Max) per arrivare ad ottenere certi risultati.
    Grazie di cuore a tutti gli atleti e alle persone che ci sono state vicine in tutti questi anni.
    Vi voglio un mondo di bene !
    Lilly

  11. avatar
    Mongo 25 Marzo 2011 at 00:51

    A vincere quest’ultima edizioni sono stati Carlsen (nel torneo rapid) e Aronian (nel torneo alla cieca). Quest’ultimo ha vinto, infine, la combinata.

  12. avatar
    Tamerlano 16 Dicembre 2014 at 20:20

    Ho letto soltanto adesso questo bellissima esperienza di vita e di amicizia; non saprei quale dei tanti commenti fare miei, intanto, faccio i complimenti a Max, al suo istruttore ed a Mongo: bravissimi !

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