Intervista a Daniele Vocaturo

Scritto da:  | 14 Febbraio 2011 | 3 Commenti | Categoria: Le Interviste

Se lo scorso anno è giunto terzo a Wijk aan Zee, quando il torneo si chiamava “Corus”, quest’anno Daniele ha vinto in solitaria il torneo Tata Steel Chess Tournament, con mezzo punto di vantaggio sul secondo e un punteggio convincente: 9 su 13!

Il successo, per Daniele, non è arrivato dalla mattina alla sera. È piuttosto il risultato del duro lavoro di anni, grazie al sostegno del suo manager Yuri Garrett e del suo allenatore Mihail Marin. Alti e bassi, momenti tristi e felici, un carico tremendo di lavoro, passione per il gioco, determinazione, speranze e illusioni sono tutti elementi presenti nella carriera di Daniele. Noi vediamo solo la cima dell’iceberg, lo splendido risultato dei suoi sforzi, che culmina nel suo stile d’attacco e nella tendenza a ricercare combinazioni.

Nessuno però sa veramente quanti sforzi e sacrifici abbia dovuto affrontare per raggiungere i suoi obiettivi. Sotto il cappellino, sotto l’apparente calma e il controllo della situazione, in Daniele si agita un mondo intero di emozioni e sentimenti.

Nelle sue vene scorre sangue italiano, forse un altro motivo per quel gioco così spettacolare. Certo non dobbiamo lasciarci guidare dagli stereotipi, ma non posso dimenticare la sincerità, l’onestà, l’apertura e la franchezza che Daniele ha manifestato nel corso delle nostre conversazioni. La cultura italiana non è fredda, cinica, mummificata; è una cultura pulsante, frutto dell’interazione emotiva dei suoi abitanti, le cui influenze ho potuto avvertire mentre aspettavo in sala stampa accanto al suo manager e al suo allenatore. A fine giornata sarebbe poi arrivato Daniele, con un punto in tasca o forse no, ma a prescindere dal risultato una cosa era chiara: semplicemente adora questo gioco!

Forte di carattere, caloroso, amichevole generoso e “bestiale” alla scacchiera, Daniele non può permettersi di lasciarsi trasportare dalle emozioni. E con la sua squadra sempre al suo fianco, la strada del successo ora gli si spalanca innanzi.

Hai mai pensato prima che avresti vinto il Gruppo C?

Devo ammettere che purtroppo, quando si parla di tornei, tendo a essere abbastanza pessimista. Se fossi stato da solo, non avrei mai aspirato a quel traguardo! Per mia fortuna però avevo accanto il mio manager Yuri Garrett e il mio allenatore Mihail Marin… Mi hanno insegnato che quel che la mente può concepire e credere si può anche ottenere! È evidente che hanno svolto un ruolo davvero molto importante per questo successo e quindi vorrei avvalermi di quest’occasione per ringraziarli ancora una volta.

L’ultimo turno a Wijk aan Zee è stato pieno di tensione. In partita hai forse pensato che la vittoria nel torneo ti stava sfuggendo dalle mani?

Sì, ad un certo punto ho capito che avevo fatto un errore e stavo già pensando che alle volte la vita può essere così ingiusta… Penso che questa partita riveli un aspetto importante degli scacchi: basta un attimo per fare una differenza enorme, quella che passa tra la vittoria e un torneo deludente. Stavolta però la fortuna mi è giunta in soccorso proprio all’ultimo istante e per questo oggi sono qui a rilasciare quest’intervista!

Daniele, perché indossi sempre un cappellino mentre giochi?

Non è questione di superstizione, anche se, a ben pensarci, l’ultima volta in cui non l’ho messo è stato proprio quando ho perso contro di te! :p Magari dovrei crederci! (NdR Daniele parla del secondo turno di Bratto 2010; devo essere onesta e ammettere di essere stata un po’ fortunata) :)

A dire il vero, la prima volta che misi il cappellino fu perché non avevo dormito la notte e quindi non apparivo in grande forma… :) Poi però mi resi conto che era molto utile perché limita lo sguardo solo alla scacchiera e quindi riuscivo a concentrarmi meglio. La partita in questione la persi, ma, come potete immaginare, fu per tutt’altro motivo!

A Wijk aan Zee è stato molto utile, perché spesso il pubblico ti guarda come se fossi un alieno (o forse è semplicemente una mia impressione)… Io sono piuttosto timido e per questo motivo ritengo che il cappellino mi “protegga” contro tutto questo.

Ora sei tornato in Italia. La gente si è accorta del tuo risultato? Ti invitano alla televisione o alla radio?

Purtroppo gli scacchi non sono granché popolari in Italia. Ultimamente le cose stanno migliorando, ma siamo ancora ben lontani da quello che sperano tutti gli scacchisti italiani.

Ad ogni modo, nella zona in cui abito tutti sanno della mia passione per gli scacchi e quindi spesso mi fermano per la strada chiedendomi di raccontare loro qualche aneddoto dal torneo che ho appena finito di giocare. Spero che questo successo porti più attenzione verso gli scacchi e che i nostri sforzi contribuiscano a portare ulteriore motivazione e a far crescere il movimento scacchistico nel nostro paese. Devo dire che i mass media non fanno la fila per farmi domande… ma ho grande fiducia nel lavoro del mio manager, che è sempre in grado di muoversi nella giusta direzione, perfino in situazioni complicate.

Caruana è il più forte giocatore italiano. Lavori anche con lui o solo con Mihail Marin?

Di tanto in tanto tento di lavorare con alti Grandi Maestri, ma il mio allenatore e punto di riferimento è il Grande Maestro Mihail Marin. Mi trovo bene con lui, non solo come allenatore ma anche come persona.

Non ho mai lavorato con Caruana, sebbene abbiamo un buon rapporto. Voglio precisare che in occasione degli incontri a squadre Fabiano è molto gentile e spesso ha condiviso informazioni importanti con la squadra.

Credo anche che la mancanza di condivisione tra i giocatori italiani (che ho invece apprezzato in altri paesi come la Romania, l’Olanda e altri ancora) sia direttamente associabile alla nostra cultura italiana, e si manifesta anche in altri campi, non solo negli scacchi.

Ricevi aiuti dalla Federazione italiana oppure hai uno sponsor?

Non ho uno sponsor che contribuisca finanziariamente alla mia carriera. Quindi reinvesto quello che guadagno dagli scacchi. La federazione sta tentando di fare qualcosa, dandomi una borsa di studio di 5000 euro annuali, con i quali copro una parte delle mie spese.

Per il momento penso soprattutto a migliorare il mio potenziale piuttosto che a massimizzare i profitti, ma è chiaro che a lungo termine questo piano andrà rivisto.

Quali sono le tue ambizioni per il futuro e a quali tornei parteciperai prossimamente?

Non è facile rispondere adesso a questa domanda. Dovrò sedermi al tavolo con la mia squadra per pianificare i nuovi obiettivi e le migliori strategie per raggiungerli. Di certo Wijk aan Zee B sarà molto importante per me.

Tra pochi giorni partirò per il forte open Aeroflot di Mosca, dove spero solo di salvare la pelle e che la momentanea euforia non condizioni troppo negativamente il mio gioco.

Studi ancora?

Dopo il liceo ho deciso di dedicarmi agli scacchi per un anno. Mi sono diplomato con buoni voti, ma era ovvio che gli scacchi erano la mia passione. Negli ultimi due anni ho fatto buoni progressi, il che mi ha motivato a prolungare il progetto.

Ho molti amici che devono superare molte barriere nel tentativo di trovare un lavoro decente, nonostante abbiano studiato all’Università, e in Italia si sente parlare solo di fuga di cervelli… Questo è stato un grande incentivo a prendere la decisione che ho preso e sono sicuro che chiunque amerebbe avere un lavoro che di fatto è anche la sua passione.

Sei figlio unico? E perché gli scacchi?!

Ho due sorelle e una di esse giocava a scacchi con ottimi risultati! Purtroppo ha spesso di giocare, ed è un peccato perché penso che avesse talento.

Io ho sempre amato il gioco e l’atmosfera dei tornei… Quando ho cominciato a crescere e a poter viaggiare e visitare posti splendidi, il gioco mi ha affascinato perfino di più. La passione per gli scacchi cresceva e a un certo punto ha cominciato a far capolino in me il sogno di diventare uno scacchista professionista.

Quindi vuoi vivere di scacchi oppure pensi di applicarti anche in altri campi?

La vita è ancora lunga ed è ben possibile che là fuori mi aspettino molte sorprese. Al momento però sono molto felice e vorrei che le cose non cambiassero.

Hai mai pensato di abbandonare gli scacchi?

Ci sono stati dei momenti in cui ho pensato di farlo, ma il più significativo è stato circa tre anni fa, quando i miei risultati furono disastrosi. Era diventato dolorosissimo andare alla scacchiera e poi riprendermi dalle molte sconfitte che subivo: era un enorme sforzo dal punto di vista dell’energia mentale. Devo però essere onesto e ammettere che a quel tempo mi piaceva fin troppo fare festa e quindi non ero molto concentrato sui tornei.

Poi ad un certo punto tutto è tornato al suo posto: ho incontrato il mio manager Yuri Garrett, che mi ha fatto conoscere Marin e mi ha fatto capire che a volte divertirsi un po’ di meno può essere una decisione saggia. :)

Ricordi ancora il momento in cui hai deciso di dedicarti più seriamente agli scacchi?

Quasi per magia, dopo il periodo disastroso di cui ho detto, ho fatto la mia prima norma di Grande Maestro. Fu allora che l’idea di diventare professionista prese ancor più corpo.

Di quale risultato sei più orgoglioso?

Senza dubbio la vittoria al Tata Steel Chess di Wijk aan Zee di quest’anno. La tradizione, le sensazioni, le emozioni che ho provato lì difficilmente si provano altrove.

Ricordi un momento divertente o imbarazzante della tua carriera scacchistica che vorresti condividere con noi?

Ne ho tanti! :) L’ultimo è stato appena una settimana fa. Stavo giocando contro l’olandese Jan Willem De Jong e, incredibilmente, ho commesso un errore dopo sole tre mosse! Il risultato è che in meno di dieci mosse avevo praticamente perso e il mio re era a spasso per la scacchiera. In quel momento ho visto diversi grandi giocatori dei tornei A e B che si avvicendavano alla mia scacchiera nel tentativo di leggere del formulario cosa avessi combinato! Mi sentivo in pieno imbarazzo e avrei voluto nascondermi sotto il cappellino!

Quali paesi ti sono piaciuti di più durante i tuoi viaggi?

Senza dubbio l’Argentina, che ho visitato in occasione del Campionato mondiale U20.

Ho trovato una mentalità e uno stile di vita molto diversi rispetto a quelli europei. Mi sono innamorato del paese e spero di avere presto l’occasione di tornarci!

Come descriveresti il tuo stile alla scacchiera?

Estremamente aggressivo, forse perfino troppo! Come nell’ultima partita di questo torneo, in cui ho complicato una posizione che non lo richiedeva affatto. Per fortuna, il mio allenatore mi sta trasferendo quelle basi posizionali che ovviamente mi sono sempre mancate.

Sotto potete vedere una partita di Daniele, che personalmente trovo molto bella e illustrativa del suo stile Suppongo che la partita sia piaciuta molto anche al suo avversario, Hillarp Persson Tiger, perché ha consentito a Daniele di dargli matto alla scacchiera, per coronare appieno la sua concezione scacchistica!

Qui la partita analizzata per esteso dal nostro mitico cserica

[Traduzione dell’intervista a cura di Yuri Garrett]

Qui il blog ufficiale di Alina L’Ami e qui una sua breve nota biografica.

avatar Scritto da: WGM Alina LAmi (Qui gli altri suoi articoli)


3 Commenti a Intervista a Daniele Vocaturo

  1. avatar
    Luca Monti 14 Febbraio 2011 at 11:49

    Che interessante intervista.Ad un certo punto con Daniele vagamente
    presago dei “dolori russi” 😥 di questi giorni!

  2. avatar
    Del Ponte 14 Febbraio 2011 at 22:41

    Vocaturo fa benissimo a seguire la strada del professionismo scacchistico. Avere la possibilità di fare un lavoro che corrisponde alla propria passione è una delle più grandi fortune della vita.

    Tutti noi nasciamo con dei talenti particolari, ed è nostro dovere specializzarci nell’attività che riusciamo a fare meglio.

    Per fare un esempio contrario, credo che un giocatore come Sergio Mariotti abbia sbagliato a non dedicarsi a tempo pieno agli scacchi e a continuare a lavorare in banca, perchè in questo modo ha sprecato in parte il proprio grande talento.

    Saluti

  3. avatar
    Marramaquìs 15 Febbraio 2011 at 06:25

    Mi sento di dare a Vocaturo il medesimo, identico consiglio : non farti cogliere da quelle che tu chiami le “sorprese” della vita, imponi tu alla tua vita professionale le scelte che oggi ti dettano la passione e le capacità.
    Sarà sicuramente meglio pentirsi per aver fatto una scelta di questo tipo che per non averla fatta. Auguri !

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