Aix les Bains: l’irresistibile fascino dei numeri bruti (Parte II)

Scritto da:  | 27 Marzo 2011 | 6 Commenti | Categoria: Campionati, Internazionale

Il numero di partenza di Daniele, nientemeno che il 112, lo relega al Casinò, ossia nella sala secondaria del torneo. Come già ricordato nella prima parte, la regola di Dresda, la cui applicazione è promessa e quasi minacciata dagli arbitri a ogni piè sospinto, impone una presenza anticipata. Così Daniele ed io ci mettiamo in moto intorno alle 14.20 per essere sicuri di trovare un parcheggio. Eh sì, perché se venite in macchina ad Aix les Bains, dovete sapere che  il parcheggio può essere un incubo: ovunque troverete infatti spazi “payant” – il che quando si deve assistere a una partita di scacchi non è esattamente un bell’affare. Per fortuna, era stato Bruno Codenotti ad indicarci la via: “Noi siamo all’Hotel des Fleurs, a due passi dal Centro Congressi, dove c’è anche un parcheggio privato semivuoto. Tu se non sbaglio sei lo zio di Andrea Stella…” Ah, già, certo! Lo zio di Andrea Stella… Ci dirigiamo così verso l’Hotel des Fleurs – non prima di aver incrociato Viorel Bologan intento a salire su un taxi – e, grazie al grado di parentela acquisito, parcheggio senza problemi. A questo punto non resta che attraversare il parco centrale e arrivare verso il Casinò.

Mentre ci accingiamo a tagliare il parco, costeggiando il teatro all’aperto che ne rappresenta il cuore, mi accorgo che sui leggii verdi che accompagnano il cammino sono riprodotte le regole degli scacchi. Già il giorno prima, nei dintorni della stazione, avevo notato che sulle siepi erano poggiati, con evidente cura, alcuni pezzi da giardino, cui facevano da controcanto, un po’ meno raffinato, le numerose locandine pubblicitarie azzurre della manifestazione. Vuoi vedere che questi francesi hanno fatto davvero le cose per bene?

Non faccio in tempo a pensarlo che mi sento chiamare: “Yuriii”. Un sorridente Baadur Jobava ci si fa incontro e abbraccia prima me e poi Daniele, cosicché posso finalmente congratularlo per la recentissima paternità di Isabel. E’ naturalmente in compagnia di un paio di amici GM che prontamente ci presenta. Mentre scambiamo qualche allegra parola passano Nepomnjachtchi e Jakovenko, a pochi metri di distanza sopraggiunge Wojtaszek con l’aria seria di sempre. Pochi passi ed è la volta di Yannick Pelletier e consorte (Sophie Milliet), che si aggregano a noi e ci scortano lungo il cammino. E’ una sensazione strana quella di camminare attraverso il parco, che si trasforma d’improvviso in una specie di enclos dove spuntano Grandi Maestri come funghi: il faccione sorridente di Ivan Ivanisevic, i lenti riccioli mai composti di Jon Ludvig Hammer, l’imponente presenza di Ivan Sokolov, la filosofica andatura di Macieja, il disincantato trotterellare di Dreev, il leggero incedere di Zvjaginsev, l’allegro confabulare di Alsina e Salgado Lopez, le erculee spalle di Smirin, lo stralunato andare di Gustafsson, lo sperduto sguardo di Nyback, l’innamorato passeggio di Erwin e Alina L’Ami, i musicali capelli di Grandelius, il paffuto sorriso di Chatalbashev, l’imperscrutabile sguardo di Tkachev, la bambinesca imponenza di Safarli, il sempre regale aspetto di Gusztav e Judit Polgar, l’immancabile coda di Nisipeanu, l’aristocratica presenza di Vaisser, il paperino avanzare di Lupulescu, la cestistica statura di Smeets, l’energico trotto di Sutovskij, il rispettoso saluto di Navara, la patinata figura di Prié, l’enigmatica smorfia di Romanishin, la venerabile camminata di Beljavksij, e potrei andare avanti così letteralmente per ore tante e tali sono le facce che si stagliavano innanzi a noi mentre muovevano quasi tutte in direzione opposta alla nostra, avendo per meta l’ambito Centro Congressi. Sì, ambito, perché è chiaro che il primo obiettivo per coloro che cominciano al Casinò è trasferirsi il più presto possibile dall’altra parte, mentre per chi dall’altra parte comincia, lo spauracchio è, evidentemente, quello di “finire al Casinò”…

Le prime vetrine che incontriamo lungo il cammino riservano una gradita sorpresa: la città di Aix les Bains ha a tal punto accolto gli scacchi che praticamente ogni esercizio commerciale espone un riferimento al nobil gioco. E così non è difficile scorgere alternanze di cioccolatini bianchi e neri a mo’ di scacchiera, eleganti cavallucci frammisti a magliette polo d’alta classe, pagnotte a forma di pedone e perfino un beatissimo re troneggiante tra reggiseni e perizomi… Tutto a Aix les Bains trasuda di scacchi e parla di noi – una bella sensazione davvero.

Ancora pochi passi e siamo dentro al Casinò Grand Cercle. Fa un certo effetto entrare in una sede di gioco così accogliente, con statue neoclassiche e grande dovizia di lampadari, fauteils, mobili in legno, colonne e belle vetrine. La sala che ci accoglie, dedicata ad Alphonse de Lamartine – il poeta del religioso sentire delle Méditations – è ampia ma anche seminterrata e non molto elevata, e si sviluppa longitudinalmente alla destra e alla sinistra di chi entra, con un ampio spazio di deflusso sia in entrata che alle spalle della lunga striscia di gioco, con un bel bar in legno rossastro poco prima di accedere al disimpegno che porta verso l’esterno. Appena entrati, sulla sinistra, ci sono i servizi, convenientemente all’interno dell’area di gioco. La sensazione, una volta dentro, è purtroppo quella di giocare nell’ennesimo grande albergo. Per fortuna, in pochi passi si è fuori al verde (nell’area appositamente pensata per i fumatori) o di nuovo nelle grandi sali del casinò (off-limits però per i giocatori, costretti a rimanere nell’area di gioco dalle regole degli scacchi). Fermo questo piccolo neo, tutto appare registrato a puntino. A ogni scacchiera è riservato un tavolino da 120 cm di lunghezza, con tovaglie bianche e verdi (griffate BNP) alternate ovviamente a scacchiera. Lo spazio tra un tavolo e l’altro è comodo al punto da consentire agli spettatori di passare tra due sedie e insomma non c’è proprio nulla di cui lamentarsi. L’orario ufficiale è scandito da due bei schermi LCD, dove, dopo l’inizio del turno verranno messe alcune partite in diretta.

In quella sola stanza di sono quasi 200 giocatori, una settantina dei quali Grandi Maestri. Se fossimo ignari che a poche centinaia di metri si stanno affrontando altri duecento giocatori, di cui centro Grandi Maestri e TUTTI, dico TUTTI, con Elo superiore a quelli confinati nella Sala Lamartine, si potrebbe pensare di essere di fronte a un grande torneo. E invece no, siamo di fronte a un torneo eccezionale, i cui numeri fanno impallidire: 393 giocatori complessivi, 42 nazioni rappresentate (sul podio, per numero di rappresentanti, Francia 114, Russia 45 e Germania 26), 167 Grandi Maestri, 69 Maestri internazionali e 33 Maestri FIDE ai quali si aggiunge un manipolo di coraggiosi non titolati che non ha saputo resistere al fascino di misurarsi con questi mostri, in maggioranza francesi ma con temerari dalla Turchia, la Grecia, l’Ucraina, la Germania, la Scozia, Israele, l’Olanda, la Svizzera, la Croazia, la Romania, la Russia, la Slovenia, la Polonia, l’Inghilterra, l’Armenia, la Bosnia Erzegovina e ovviamente anche l’Italia (con Marco Codenotti e Corrado Astengo).

Per qualche strano motivo, l’impressione è più forte di quella che si può avere a un’Olimpiade, dove i giocatori sono ovviamente “raggruppati” secondo le rispettive nazioni e hanno dunque una ovvia tendenza a formare capannelli. Qui ciascuno è per suo conto e a ogni testa corrisponde un aspirante a quei benedetti 23 posti al sole, con un effetto moltiplicativo davvero imponente. Se alle Olimpiadi si percepisce una evidente atmosfera di festa e solidarietà, favorita dal gioco a squadre, qui – al di là dell’ovvia cordialità che in genere regna tra i giocatori – è chiaro che i lupi sono tutti in caccia di prede. Una sensazione normale, direte voi, la stessa che si prova in decine di altri tornei. Già, solo che qui ci sono quasi 240 tra Grandi Maestri e Maestri internazionali. Ovunque ti guardi c’è un assassino della scacchiera pronto a sbranarti per avere la sua chance, per vincere la folle corsa alla Coppa del Mondo.

Per chiudere questa ehm… non troppo breve presentazione del XII Campionato Europeo di scacchi, passo a una descrizione del Centro Congressi. L’avvertenza, per interpretare queste ultime righe, è che mi concentrerò sui pochi aspetti negativi che ho potuto fin qui rilevare, dato che, in generale, la macchina organizzativa sembra muoversi con grande scorrevolezza e competenza – con uno staff  arbitrale che appare all’altezza della situazione.

Naturalmente al Centro Congressi il piatto forte è il palco dove trovano alloggio le prime 20 scacchiere, ordinatamente disposte su tavoli singoli su un palco alle cui spalle è montato uno schermo sul quale vengono proiettate quattro partite per volta. Purtroppo, per qualche strano motivo le prime 10 file circa dell’emiciclo degradante dal quale possono assistere gli spettatori sono riservate a “Giornalisti e Ufficiali ECU”. Una scelta incomprensibile visto che gli spettatori si contano sulle dita di due mani, gli ufficiali ECU sono in numero di due e di giornalisti fin qui non c’è che traccia sparuta (l’immancabile Leontxo Garcia, Jean-Pierre Mercier, forse il sottoscritto e poi il nulla). Il risultato è che i pochi curiosi si affacciano per qualche minuto, si siedono comodamente sulle poltroncine imbottite vivacemente colorate dell’aula magna, e poi, vista l’impossibilità di capire quello che sta succedendo su una qualsiasi scacchiera, se ne tornano presto ai loro computer per seguire le partite in Internet. E’ pur vero che Mercier si adopera in ogni modo per fare dell’animazione nell’atrio, perfino chiedendo a me di tenere una simultanea, ma credo sia davvero poco per attirare e convincere i visitatori…

Nelle altre due sale, poste rispettivamente al primo e al secondo piano, l’ingresso è perfino interdetto agli spettatori dopo i dieci minuti iniziali di prammatica (un lascito del penoso “affaire Feller”, sebbene gli arbitri lascino entrare gli ospiti regolarmente muniti di cartellino di identificazione, il che mi dà il privilegio di seguire le partite di Daniele dal vivo anche quando non sono trasmesse in diretta). Se nella seconda sala lo spazio per le trenta scacchiere è ampio e l’atmosfera tutto sommato accogliente grazie ai toni caldi della sala, nella terza, popolata da 50 scacchiere, l’impressione è ben diversa. Lo spazio tra i tavoli è nullo, quello tra scacchiere quasi, e tutt’intorno ci si muove a fatica. Non riesco a togliermi l’idea che questo sovraffollamento si sarebbe dovuto evitare anche a costo di scendere al di sotto dell'”estetico” numero di 100 scacchiere al Centro Congressi, destinandone un numero maggiore al Casinò. Si registra infatti il paradosso che le condizioni di gioco sono assai migliori nelle ultime 100 scacchiere che non tra la 50 e la 100… Per dare un’idea della difficoltà con cui si gioca nella terza sala, all’inizio del terzo turno, gli arbitri hanno chiesto scusa ai giocatori del lato ovest della sala per aver abbassato le tendine sintetiche della vetrate, e quindi ridotto la luminosità, per evitare che il progressivo calar del sole li cuocesse vivi come era capitato agli sfortunati che avevano occupato le loro stesse posizioni nei primi due turni.

Scendendo nuovamente al pian terreno, devo registrare ancora la totale inadeguatezza dell’area riservata agli addetti ai lavori, dove fanno certo mostra di sé alcuni bei tavolini con scacchiere in legno e metallo, ma dove mancano i necessari strumenti di lavoro, come scrivanie, computer collegati a Internet, cancelleria e via discorrendo. In pratica, si tratta di un’area VIP “aperta” ai giornalisti, ma che non consente a questi ultimi di svolgere bene il proprio lavoro. D’altronde, se c’è una pecca seria da registrare in un’organizzazione che mi pare nel complesso ottimamente riuscita (credetemi, è difficilissimo fa funzionare come un orologio una macchina così grande) è proprio la comunicazione, lasciata in stato di semiabbandono. Per darvi un’idea di quanto sia fallimentare l’apparato comunicativo del torneo – al di là dell’evidente “povertà” del bollettino ufficiale, condensato in una misera paginetta davvero priva di spunti – il Grande Maestro Misho Cebalo, chiamato a fare da commentatore ufficiale, si aggira come un’anima in pena tra le sale del torneo in cerca di qualcuno a cui spiegare almeno una partita, visto il desolante vuoto che caratterizza l’introvabile sala dove dovrebbe svolgere il suo lavoro.

Così, con mia grande gioia, ci siamo visti costretti a rinverdire la vittoriana usanza del “tè delle cinque”, che Misho ed io ci offriamo a turno discettando di tutto e niente con reciproco diletto. Un modo inatteso per lasciarsi tentare dall’irresistibile fascino dei numeri bruti…

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6 Commenti a Aix les Bains: l’irresistibile fascino dei numeri bruti (Parte II)

  1. avatar
    Martin Eden 27 Marzo 2011 at 21:13

    Stupendo… sembra di esser lì anche noi. Spero che Yuri riesca a trovar il tempo, e soprattutto le energie, per regalarci altri affreschi sensazionali come questo anche durante il resto del torneo… 😉

  2. avatar
    alfredo 28 Marzo 2011 at 02:40

    Complimenti davvero Yuri
    Abbiamo forse scoperto uno scrittore che sa parlare di scacchi come pochi.
    un abbraccio
    tuo avshalom

    • avatar
      jazztrain 28 Marzo 2011 at 07:04

      Una delle doti poco conosciute di Yuri Garrett, quando non si lascia prendere dalla vis polemica, è il raffinato senso dell’umorismo. Credo che sia questo “il segreto” del meritato successo dei suoi reportages. Chapeau Yuri!

  3. avatar
    alfredo 28 Marzo 2011 at 11:16

    una delle nosre qualità è il senso dell’umorismo
    dicono niente i nomi dei fratelli Marx e di Woody Allen
    possiamo perdere tutto ma non quello
    alcune delle piu’ strepitose barzellette nacquero nei lager.
    un mod di sopravvivere alla barbarie anche quello…
    avshalom

  4. avatar
    Claudio Mercandelli 28 Marzo 2011 at 18:27

    La descrizione della passeggiata fra i giardini attorniati da GM è leggendaria… credo che chiunque ami il nostro gioco e al di là della sua forza di gioco senta gli SCACCHI battere al posto del cuore non possa far altro che provare forti emozioni leggendo quelle righe…

  5. avatar
    alfredo 29 Marzo 2011 at 18:37

    Dopo aver letto questo articolo mi è venuta in mente una idea che lancio agli amici di Soloscacchi. Mi piacerebbe fosse fatta una classifica sui più bei libri che abbiano avuto come argomento gli scacchi (non tecnici, quindi) io avrei in mente una decina di titoli…
    Mi piacerebbe molto, e i nomi degli scrittori in lizza sarebbero veramente di primo livello, anche super GM della scrittura!

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