Ricordo del maestro Werner E. Kunerth (1907 – 1991)

Scritto da:  | 15 Aprile 2011 | 16 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri

Ci eravamo attardati, quella sera di ottobre, nel magico salone del Casinò, tradizionale teatro di gioco, fin quasi, ultimi, ad esserne cacciati via.

Per questo motivo fummo anche gli ultimi a prender posto a tavola, per la cena, nell’accogliente e calda sala del nostro albergo. Abitudine, questa di essere ultimi e tardivi, alla quale noi “ragazzi del Sud” abbiamo sempre avuto, lo riconosco, serie difficoltà a derogare.

“Salute, Maestro Kunerth, com’è andata la partita ?”

L’anziano signore, seduto al tavolino di fianco al nostro, alzò con lentezza il mento da un invitante piatto di canèderli in brodo, tolse gli occhialetti, scosse brevemente il capo spostando i suoi ancora folti capelli bianchi e, allargando appena la mano sinistra, ci fece capire che non c’era stato nulla da fare contro il forte maestro slavo capitatogli in sorteggio al primo turno.

L’indomani sera, prima di andar via dalla sala di gioco, scorgemmo un mezzo punto a fianco del suo nome e fummo lieti, a cena, di rivolgergli la stessa domanda della sera prima:

“Salute, Maestro Kunerth, oggi pomeriggio è andata meglio, eh ?”

“Ja, ja, occi remis … remis, …. penepenepene occi, danke”.

Tutti lo chiamavano Maestro Kunerth, mai Signor Kunerth o Herr Kunerth, non solo i giocatori, ma anche il personale dell’hotel.

Mi spiegò la signora Marchi, la squisita proprietaria dell’albergo ospitante, che lui, tedesco, classe 1907, ci teneva molto al titolo, che era un affezionato del Torneo di Arco di Trento ed era abituale cliente dell’Hotel, con la moglie, da parecchi anni.

La signora Kunerth, infatti, non giocava a scacchi, ma era attratta da un’altra nota specialità della zona, la cosiddetta “traubenkur” o “cura dell’uva”.

Lui era piuttosto schivo e taciturno e non sembrava amasse parlare molto di sé e della sua vita. La signora Marchi ci aveva al riguardo preavvisato … “… ma ragazzi, mi raccomando, eh, non fategli troppe domande ….”

E pertanto noi, che navigavamo senza infamia e senza lode nei vari tornei di rango inferiore, ci sentivamo un poco intimiditi, anche a causa della differenza d’età, per poter imbastire audaci conversazioni, tecniche e non, con lui.

Certo, oggi tempi e abitudini sono molto diverse, ma una trentina d’anni fa bastava un Maestro (e mica ce n’erano tanti in giro!), specie se d’una certa età, per sentire quello che si poteva chiamare “timore reverenziale”.

Nei due giorni successivi vedemmo che Gino Piccinin, il grande arbitro, aveva segnato altri occhiali sul tabellone a fianco del suo nome e quindi tralasciammo, dopo il saluto di rito, complicate osservazioni, anche per evitare che il Maestro, a cena con la sua signora e sempre assai riservato e distaccato, venisse inutilmente distolto da conversazioni probabilmente più liete di quelle scacchistiche.

Finalmente un nuovo mezzo punto c’indusse, dopo un altro turno e dopo aver concordemente magnificato la deliziosa cucina regionale e l’accoglienza familiare dell’albergo ristorante “Marchi”, a ritornare sull’argomento-gioco, ritenendo di trovarlo di buon umore.

Effettivamente era così e sembrava che il Maestro Kunerth avesse anche intenzione di superare la sua consueta riservatezza. Ci offrì un bicchierino del suo liquore preferito, un estratto di prugna che la signora Marchi preparava con le sue mani secondo una ricetta tradizionale che lei diceva essere del celebre pilota Caproni, e iniziò a commentare la giornata: “nein, nein, io vicino-vicino vincere occi, ma non vincere .. non vincere, io zeitnot occi … io troppo tòpo spinto petone acca ”.

Il Maestro ci confessò poi, verso la fine del torneo, che era dispiaciuto di essere costretto a giocare il Magistrale, perché lui era ben conscio di non poter più competere alla pari con tanti giocatori troppo preparati e giovani: si sentiva fisicamente non più all’altezza e avrebbe gradito un torneo distinto per gli “over 65 o 70”: così proprio non gli pareva giusto, no. Oppure, ancor meglio, si poteva prendere a misura il punteggio Elo, ed in questo modo, almeno, avrebbe giocato in Prima Nazionale.

Era il 1980 allora, io tornai spesso ad Arco negli anni successivi e fu sempre piacevole il torneo, piacevole il soggiorno e piacevole incontrare, tra gli altri, il Maestro Kunerth, seduto a cena rigorosamente allo stesso tavolo, pur inevitabilmente sempre più nelle parti basse della classifica del torneo magistrale.

Piacevole e rilassante, dopo le fatiche di ogni turno, era su tutto percorrere alla sera i pochi minuti di strada che separavano il Casinò e il Viale delle Palme dall’albergo, respirare profondamente ed alzare lo sguardo ben al di là dei caratteristici comignoli, verso un inimitabile sperone roccioso color verde e avorio, di cipressi e di roccia, spesso illuminato dalla luna oltre che da alcuni sparuti lampioni. Erano pochi minuti di strada, ma troppo belli per non farli diventare tanti ed intensi.

Quasi alla sommità dello sperone, duecentocinquanta metri a picco sui tetti gialli delle vecchie case, s’innalzano ancor oggi i pochi resti del Castello di Arco, ovvero due delle più antiche torri, la Torre della Campana (o Renghèra) e la Torre Grande, che per secoli hanno costituito un baluardo insormontabile a difesa degli invasori e della natura.

Si dice della prima che fosse addirittura opera dei Goti (6° secolo), mentre l’imponenza della Torre Grande, edificata dai signori d’Arco nel 13°, ammaliò il grande pittore fiammingo Durer, che la immortalò per sempre. Il complesso fortificato cadde nel 1703 ad opera delle truppe francesi del generale Vendome, che lo distrussero, purtroppo quasi completamente, a colpi di mortaio.

Per fortuna il comune acquisì nel 1982 il Castello dall’ultima erede dei conti d’Arco ed intraprese qualche anno dopo una meritoria opera di radicale restauro, consolidando le torri, rimettendo in luce l’antica strada, alcune mura perimetrali, due grandi cisterne e la magnifica sala degli affreschi.

Indovinate cosa raffigurano questi affreschi ? Scene di gioco (non poteva essere diversamente!), con dame e cavalieri ….

Già nel 1981 Werner Eberhardt Kunerth era da solo in albergo, vuota la sedia della sua signora. Ci disse che lei non stava troppo bene, non poteva viaggiare e quindi era rimasta a casa, a Murnau, cittadina della Baviera dove vivevano, ma che lui non poteva fare a meno degli scacchi, che gli scacchi gli sarebbero stati vicini per sempre, anche se il suo destino era ormai quello di arrabattarsi nelle ultime scacchiere del “Magistrale”.

Ricordo che quell’anno nel Magistrale trionfò a mani basse il GM Lev Alburt, statunitense ex Unione Sovietica, con il perentorio risultato di 7,5 su 8, con l’unica patta lasciata al giovane pesarese Rombaldoni e con un punto e mezzo di vantaggio sul secondo, il noto slavo Ljubisavljievic.

Una sera di qualche anno dopo, credo fosse il 1984, riuscimmo ad intrattenerci assai a lungo con il maestro Kunerth dopo la cena, approfittando della forte pioggia che c’impediva la solita passeggiata notturna per i vicoli del Rione Stranforio e poi lungo le rive vorticose del Sarca, una passeggiata che ci conduceva di solito fin verso il ponte dove un tempo sorgeva la casa, ora demolita, di uno dei grandi nomi della storia di Arco, il celebre pittore Giovanni Segantini.

Un tavolino e una scacchiera erano liberi in saletta ed approfittammo della disponibilità del Maestro a raccontarci qualcosa d’importante del suo passato di giocatore.

Del resto, non solo il nostro rapporto si era fatto un po’ più confidenziale col trascorrere degli anni, ma, dalli e dalli, anche il nostro gruppetto di amici aveva acquisito qualche titolo sul campo e potevamo vantare fra di noi persino un giovane “candidato maestro”.

Ogni conversazione con Kunerth, questa come e più di altre, era caratterizzata dal fatto che si scivolava quasi immediatamente verso i tornei, le partite e l’analisi delle partite. Egli preferiva evitare argomenti di discussione che non fossero quelli di routine sul tempo atmosferico o sul menu del giorno o sui liquori alla prugna. E del resto noi non ci adoperammo mai troppo per cercarne di altri, avendo capito come le scorribande del generale Vendome o la storia della contessa Giovanna Odorico d’Arco, ultima erede della nobile famiglia, non lo coinvolgessero più di tanto.

Beh, ma qualche bella partita, tanti anni prima, il nostro amico Kunerth doveva averla pur giocata e vinta. E il titolo di Maestro, alla metà del secolo ventesimo, non era poi così poco. Eravamo, di conseguenza, più che curiosi.

Mettemmo i pezzi a posto sulla scacchiera, altresì fiduciosi che quella sera, così ben impegnato, si sarebbe anche astenuto dall’affumicare la saletta, come di solito accadeva, con i suoi terribili sigari.

Ho memoria di un tuono lungo e profondo che scosse proprio in quel momento la vallata del Sarca, immediatamente seguìto da dieci rintocchi del vicino campanile.

Negli occhi del Maestro mi parve di notare all’improvviso una luce diversa dal solito, ma anche diversa da un attimo prima, mentre allungava, molto incerto, la mano verso il pedone bianco di Re, spingendolo di due caselle. “Io colori pianki …”

Ma subito si arrestò, aprì la scatola dei sigari, cominciando a maneggiarne uno, senz’accenderlo. Guardava il sigaro e guardava la scacchiera, la scacchiera e il sigaro, come per ricordare meglio, qualcosa o qualcuno, o come per attendere un “si continui pure lo stesso” da parte di un immaginario, titolato arbitro.

Seguirono parecchi secondi di riflessione e silenzio, poi iniziò a mostrare la partita “Molti anni fa mio antaconista essere Crande Maestro Pocoljupov. Ia, lui cuì ciuocare … e5 …, e5 Ruy Lopez”.

Ecco la partita.

W. Kunerth – E. Bogoljubov, Lublino (?) 1942

1.e4 e5 2.Cf3 Cc6 3.Ab5 a6 4.Aa4 Cf6 5.0-0 Ae7 6.Te1 d6 7.c3 Ad7 8.d4 0-0 9.Cbd2 exd4 10.cxd4 Te8 11.Ac2 Ag4 12.Cf1 Cd7 13.Ae3 d5 14.e5 Cb6 15.h3 Ae6 16.a3 Dd7 17.Dd3 g6 18.Cg3 f5 19.Cg5 Cd8 20.Ab3 c6 21.Tac1 Rg7 22.Cxe6+ Cxe6 23.Dd2 a5 24.Ce2 a4 25.Aa2 h5 26.Cf4 Th8 27.Cx6+ Dxe6 28.Ag5 h4 29.Af6+ Axf6 30.exf6+ Dxf6 31.Db4 Cc4 32.Axc4 dxc4 33.Te7+ Rh6 34.Txb7 Thd8 35.Txc4 c5 36.Dd2+ g5 37.Txc5 Ta6 38.Tcc7 Th8 39.Tf7 Dc6 40.Tg7 f4 41.Dd3 1-0

Seppi poi un giorno che quel torneo si svolse fra l’11 ed il 24 ottobre del 1942 e in realtà fu giocato in tre diverse città, Varsavia, Lublino e Cracovia. Fu primo Alekhine (7,5 su 10), davanti al giovane Klaus Junge (7) e a Bogoljubov (6,5). Seguirono Samisch, Keller, Brinckmann, Kieninger, Kunerth, Weill, Roepstorff e Zollner. Kunerth, che allora aveva 35 anni, vinse anche con Kieninger, ma fu sconfitto da Alekhine e Keller e compromise un buon piazzamento perdendo con gli ultimi due classificati.Il maestro non ci disse invece, né quella sera né mai, di una sua vittoria che scoprii molto tempo dopo. Oggi penso che forse preferì non mostrarla per una forma di rispetto verso il suo illustre competitore, Paul Keres. Questa, infatti, fu l’incredibile miniatura di cui si sta parlando, un Gambetto di Re.

Paul Keres – W. Kunerth, 1936 (per corrispondenza)

1.e4 e5 2.f4 exf4 3.Cc3 (una continuazione oggi praticamente sparita e che non ha quasi mai portato fortuna al bianco) Dh4+ 4. Re2 d5 5.Cxd5 Ag4+ 6.Cf3 Cc6 7.d4 O-O-O 8.c3 f5 9.Dd3 Cf6 10.Cxf6 gxf6 11.Axf4 fxe4 12.Dxe4 Ah6 0-1

Il Maestro Kunerth neppure volle allora ricordarci di aver avuto fra i suoi avversari anche un giovanotto che un giorno sarebbe divenuto tanto famoso, ma tanto, tanto più famoso di Bogoljubov e Keres messi assieme.

La partita cui mi riferisco non è tecnicamente irreprensibile, ma è il caso ugualmente di ripresentarla, visto il nome del conduttore dei neri.

Werner E. Kunerth – Karol Wojtyla, Cracovia 1938

1. e4 c5 2. Cf3 d6 3. d4 cxd4 4. Cxd4 Cf6 5. Cc3 a6 6. Ag5 e6 7. f4 Ae7 8. Df3 Dc7 9. O-O-O Cbd7 10. g4 b5 11. Axf6 Cxf6 12. g5 Cd7 13. f5 Ce5 14. Dg3 Ad7 15. Ah3 b4 16. Cce2 Tc8 17. fxe6 Axe6 18. Axe6 fxe6 19. Cf4 Cf7 20. Cfxe6 Da5 21. Rb1 g6 22. h4 De5 23. Dd3 Da5 24. Cg7+ Rd7 25. Dh3+ Rc7 26. De6 Rd8 27. Dxf7 1-0

Se oggi qualcuno mi potesse dare l’opportunità di tornare qualche volta per dieci minuti indietro nel tempo, ecco, credo che la curiosità mi spingerebbe a spendere alcuni di quei dieci minuti per volare a Cracovia 1938 ad osservare un po’ di quella partita e di quei due contendenti.

Vidi per l’ultima volta il gentile e discreto Maestro Kunerth nell’autunno 1986, ultimo mio breve soggiorno all’Hotel Marchi. Successivamente, l’unico mio contatto con lui fu lo scambio, in occasione delle principali festività, di qualche biglietto o lettera d’auguri.

Mi dispiace, oggi, non aver saputo coltivare di più quella conoscenza fino alla fine: forse, chissà, un giorno Herr Kunerth avrebbe potuto decidere di esaminare e valutare insieme alcune più significative e complicate varianti, alcuni più lunghi e difficili momenti … e tentare di scrutare in fondo alla mente di undici (o quasi) giocatori di scacchi germanici che nell’ottobre dell’anno 1942 hanno condiviso e concluso uno strano torneo in tre diverse località di Polonia e senz’alcun giocatore di Polonia.

E anche mi dispiace non aver più ritrovato alcune fotografie, immagini e appunti, di quelle serene e non dimenticate settimane trentine. Ma vi tornerò senz’altro, perché “dame e cavalieri” della magnifica sala degli affreschi sono ancora lì a giocare (ai dadi?) e ad attendermi.

Werner Eberhardt Kunerth si spense nel 1991.

In questa rarissima fotografia del 1951 da sinistra a destra: Machade, Bogoljubov, Kunerth e Hanke.

Dal libro di Antonino Faraci “I 50 anni del Festival Internazionale Scacchistico di Imperia 1959-2008″ la  foto  “I coniugi Kunerth vengono premiati per la loro fedeltà e simpatia dal presidente Giuseppe Lucidi e dall’arbitro Pietro Tonna.”

avatar Scritto da: Marramaquís (Qui gli altri suoi articoli)


16 Commenti a Ricordo del maestro Werner E. Kunerth (1907 – 1991)

  1. avatar
    jazztrain 15 Aprile 2011 at 07:16

    Fantastico articolo, che storia avvincente!!

  2. avatar
    Martin Eden 15 Aprile 2011 at 07:24

    Sì, davvero strepitoso… Bravissimo come sempre il nostro Marramaquís!
    Colpisce anche la foto finale, probabilmente una delle ultime di Bogoljubov che morirà appena un anno più tardi…

  3. avatar
    Luca Monti 15 Aprile 2011 at 08:42

    Sempre ben raccontati i racconti di Marramaquis.Werner Kunerth parte
    cipò anche a Imperia diverse volte.Immagino che oltre alla incantevo
    le Baviera,amasse anche il nostro paese.Complimenti ancora.

  4. avatar
    Bilguer74 15 Aprile 2011 at 09:48

    Complimenti davvero, Marramquis, splendido pezzo. Come giustamente fatto osservare da Luca Monti, Kunerth era solito prendere parte anche al torneo di Imperia. Nel bel libro di Antonino Faraci “I 50 anni del Festival Internazionale Scacchistico di Imperia 1959-2008” a pag. 69 troviamo una foto di cui riporto la didascalia: “I coniugi Kunerth vengono premiati per la loro fedeltà e simpatia dal presidente Giuseppe Lucidi e dall’arbitro Pietro Tonna.”

    • avatar
      cserica 15 Aprile 2011 at 10:24

      grazie Bilguer, abbiamo messo la foto nell’articolo

  5. avatar
    cserica 15 Aprile 2011 at 10:20

    Marramaquis ha la mano dello scrittore, e non della persona che scrive di scacchi, questo era già evidente dagli articoli passati…
    Il maestro Kunerth giocò sempre molto poco, ed indubbiamente il suo torneo migliore fu proprio quello di Lublino del 1942.
    Una pagina preziosa di storia degli scacchi…

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    Mongo 15 Aprile 2011 at 11:09

    Gran bel ‘pezzo’. Ottimo lavoro Marramaquis.

  7. avatar
    Fabio Lotti 15 Aprile 2011 at 11:49

    Bei ricordi!

  8. avatar
    alfredo 15 Aprile 2011 at 21:29

    Splendido pezzo, di quelli che come si suol dire personalmente mi mandano in brodo di giuggiole.
    Ho qualche dubbio sull’autenticità della partita con Woytila. Era già cosi’ sviluppata la teoria della Najdorf nel 1938?
    Ho visto alcuni studi attribuiti a Woytila ma non sono mai stato convinto. La partita mi ricorda un po’ una partita attribuita a Stalin che poi fu dimostrato essere falsa dal MI Pytel sulla base di analisi che mostravano che alcune mosse erano entrate nella pratica molti anni dopo
    Non ricordo questo giocatore. Chiedo invece agli amici di Soloscacchi se ricordano una simpatica ed elegante figura che non perdeva un torneo come spettatore negli anni ’60 e ’70. L’ingegnere Merlin di Rovigo. Ricordo una grande festa per i suoi 80 anni con la presenza di molti giocatori e una simultanea di Toth al tempo campione italiano.

    • avatar
      Bilguer74 17 Aprile 2011 at 18:16

      Ciao Alfredo,
      ricordo bene l’ingegner Merlin, col quale nonostante una differenza d’età di 80 anni, ho incrociato i pezzi. Parlerò anche di lui in un pezzo che dovrebbe uscire a breve qua su Soloscacchi.

  9. avatar
    pigreco 16 Aprile 2011 at 00:17

    Una storia e un ricordo molto belli e ben scritti.
    Da ex-giovane candidato maestro mi ha fatto un piacere immenso leggere dei tornei di Arco di Trento, della signora Marchi e del maestro Kunerth, con cui ho avuto il piacere di giocare ad Arco, appunto, nel 1986 (mi pare). Vinsi la partita, ma più per stanchezza fisica del Maestro, che per effettiva superiorità.
    Come è vero quando dici che in quegli anni bastava il titolo di “Maestro” per per suscitare rispetto…
    Grazie Marramaquìs.

  10. avatar
    Carlo 16 Aprile 2011 at 00:38

    Marramaquis, come promesso sono entrato e devo dire che sei proprio bravo. I miei complimenti

  11. avatar
    Marramaquìs 16 Aprile 2011 at 07:31

    Grazie a tutti per le parole di stima, in particolare a Martin Eden. Senza di lui avrei lasciato per sempre in fondo ad un cassetto ricordi e pensieri. E grazie a Bilguer per aver trovato quella bella foto con i coniugi Kunerth.

  12. avatar
    Uno a cui Piace ogni tanto giocare 16 Aprile 2011 at 08:53

    Ricordo bello, lievemente nostalgico e rispettoso di figure minori, almeno nella loro storia agonistica, ma vere di questo mondo. Mi adopererò anch’io per vivere emozioni ed esperienze di questo tipo.
    Gli scacchi, è una considerazione esagerata ma sentita di un appassionato, possono dare un contributo di eternità meno futile a tante vicende quotidiane: quando mi siedo alla scacchiera, mi accorgo, se non troppo concentrato, che il tempo passa, sì, ma che non poteva essere impiegato meglio!

  13. avatar
    franco 16 Aprile 2011 at 15:57

    😉 ciao Marramaquis come vedi ci sono arrivato da solo.. e per me è molto.
    complimenti anche da parte mia per il tuo racconto molto coinvolgente anche per un profano degli scacchi, e poi la partita con un futuro papa per il tuo amico sarà stato un ricordo particolare!
    presto sarò a Riva e andrò ad Arco a mangiare alla Lega la “carne salada coi fasoi” e mi ricorderò di te e del Maestro.
    ciao Franco

  14. avatar
    grazia 18 Aprile 2011 at 00:04

    E’ un bellissimo racconto e tu sei veramente bravo a raccontare.
    Mi ha sempre affascinato il gioco degli scacchi, ma occorre tanta pazienza,
    Ho sempre pensato che fosse un gioco prettamente maschile o almeno lo fosse stato.
    Un abbraccio Grazia

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