Arcaiche figure a Vico Pancellorum

Scritto da:  | 27 Maggio 2011 | Categoria: Libri

“Un bel giorno, secoli fa, apparve sulle rive africane del Mediterraneo,  un giovane orientale, smilzo e trasognato, carico di anni senza peso, come sono gli anni dei figli degli dei; odorava di tè cinese e di unguenti dell’India e sotto il turbante arabo s’indovinava una fronte d’innamorato di cose inutili.”

“Il trovatello d’Oriente”, Esteban Canal

La storia cominciava a pagina 210. Dallo sguardo illuminista rivolto al futuro di François Philidor, al mento volitivo dell’impetuoso romantico Adolph Anderssen, passando attraverso il genio di Louis-Charles De Labourdonnais. La fonte non può che essere il Dizionario enciclopedico degli scacchi di Adriano Chicco e Giorgio Porreca, vera e propria bibbia che raccoglie le gesta dei profeti del nobil giuoco.

Da lì prendeva le mosse la storia. O forse no. Perché poi scoprivi che Philidor altro non era che “un’aquila in gabbia” di cui non si era potuto misurare la capacità di volo, a fronte di uno stormo di contemporanei dalle ali corte (citiamo ancora Canal, quasi fosse un Dante degli scacchi, perché tale lo consideriamo). Labourdonnais poi si era scornato per tutta la vita contro McDonnel, in un match da incubo, da fare impallidire persino i due “K”, eterni rivali. Restava Anderssen, luminoso vincitore di Londra 1851. Ed a quel punto sentivi che la storia degli scacchi entrava nel vivo.

Perché tutto quello che c’è prima non conta. Regole diverse. Pezzi diversi. Niente tornei, niente partite, memorie confuse, divieti religiosi, roghi e scomuniche, origini incerte, indistinguibili, confuse nelle nebbie del mito. Lo scacchista purosangue tira dritto per la sua strada, colonne traverse diagonali, senza uscire dai binari, senza alzare lo sguardo, senza voltarsi indietro. Si correrebbe il rischio di distrarsi, di perdere tempo, di essere superati da chi sta inseguendo.

Così la pensano in molti. Son scacchi poi quelli? Le rare pagine di riviste scacchistiche dedicate a quel passato remoto vengono saltate a piè pari, magari degnate di un’occhiata distratta in caso di un’accidentale illustrazione, chissà come precipitata all’interno di un contesto con ben altri scopi. Suvvia, pensiamo a giocare!

Non è che gli storici degli scacchi, dal canto loro, abbiano fatto molto per farsi capire. Arroccati nella loro torre d’avorio autoreferenziale, hanno circumnavigato le sessantaquattro caselle, con rari sconfinamenti nel campo del diritto, dell’archeologia o al massimo della letteratura. L’adozione di un linguaggio ostico per tematiche spesso capziose ed imperscrutabili ai più, ha fortificato una muraglia di incomprensione che separa queste due terre confinanti, senza permettere di scavare in quel terreno comune per trovare le radici da cui tutto ha preso vita.

In tal senso i libri di Mario Leoncini hanno dato una scossa. Il merito del Maestro senese, nel solco tracciato da Adriano Chicco prima ed Alessandro Sanvito poi, è stato quello di oltrepassare le colonne d’Ercole per sconfinare nei territori della sociologia, della biologia, della medicina, della psicologia, della religione, della morale, della politica, scoprendo quanto il mondo esterno si sia interessato agli scacchi e come invece gli scacchisti si siano sempre interessati poco a tutto ciò che apparentemente è alieno al loro quadrato.

Dai libri scritti in tandem con il concittadino scacchista-giallista Fabio Lotti (Chi ha ucciso il campione del mondo? – Scacchi e crimine, La diabolica setta di Caissa – Scacchi e sesso, Gialloscacchi), siamo passati poi a Scaccopoli, forse il migliore dei suoi lavori, a Natura simbolica del gioco degli scacchi, per approdare infine ad Arcaiche figure a Vico Pancellorum (Autorinediti, Napoli 2011, pp. 56).

Oggetto di questa ricerca è la Pieve San Paolo di Vico Pancellorum, paesino della Garfagnana, incastonato nella Val di Lima, nei pressi di Bagni di Lucca. L’attenzione di Leoncini è rivolta ad un particolare nel particolare, ovvero le cinque singolari figure scolpite nell’architrave della facciata della piccola chiesa, di cui già si faceva menzione nell’873. Da sinistra a destra incontriamo un Cristo sbarbato e trionfante, un albero, un uomo con una spada (successivamente scalpellato via), una scacchiera colorata, una Madonna con bambino. Chiara è la natura simbolica di queste immagini. L’autore si inerpica quindi in una ricostruzione storica che parte dalla datazione del reperto, onde stabilire a che periodo risale l’architrave, per interrogarsi poi sul significato simbolico, nel tentativo di decodificare le incognite, che velano le arcaiche figure di Vico Pancellorum di un alone di mistero, tale da scomodare persino l’ordine dei Templari. Non è cosa da poco decifrare il senso di questa sequenza di simboli. Considerato che gli scacchi raggiunsero l’Italia con lo sbarco degli Arabi in Sicilia nell’827, la possibilità di trovarsi di fronte ad uno dei più antichi reperti scacchistici della storia è più che verosimile. Ed è bello che questo susciti dibattito ed interesse, come fu per i pezzi di Venafro, datati poi come del 980, o per i pezzi rinvenuti nelle catacombe di San Sebastiano a Roma. Ad altri lasciamo l’onere di scandagliare le ultime novità della Spagnola o della Semislava. Altrettanto importante è per noi, “innamorati di cose inutili”, il lavoro di Mario Leoncini, Arcaiche figure a Vico Pancellorum, che vivamente consigliamo.

avatar Scritto da: Riccardo Del Dotto (Qui gli altri suoi articoli)


4 Commenti a Arcaiche figure a Vico Pancellorum

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    Fabio Lotti 27 Maggio 2011 at 09:35

    Sono doppiamente contento. Per la bella recensione di Riccardo e l’ottimo libro di Mario.

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    tamerlano 27 Maggio 2011 at 17:35

    Complimenti e grazie per la recensione.

    Non ho (ancora) acquistato questo volumetto e lo farò presto e volevo segnalare che del Vico Pancellorum l’ autore già ne parlò in un paio di paginette nel suo “Natura simbolica del gioco degli scacchi” stampato in proprio verso la fine dell’anno scorso.

    Sono parzialmente d’accordo sull’affermazione “Non è che gli storici degli scacchi, dal canto loro, abbiano fatto molto per farsi capire.” ma secondo me è questa la strada giusta da percorrere affinchè si possa diffondere la cultura verso gli scacchi: piccoli ed agili nonchè economici volumetti fosse anche su un solo argomento.

    In questo specifico caso nel caso qualcuno sia ancora indeciso per l’acquisto l’introduzione di Alessandro Sanvito è sinonimo di una garanzia assoluta !
    P.S.
    Non sono l’editore anche se conosco l’autore ed i suoi molteplici scritti forse solo un poco meno di Lotti 😉

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    Giancarlo Cheli 27 Maggio 2011 at 20:56

    😛 Grazie a Riccardo per l’ottima recensione, e a Mario Leoncini un invito a continuare su questa strada di cultura scacchistica. E saluti a tutti e due

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    Bilguer74 1 Giugno 2011 at 16:50

    Grazie Giancarlo! Le tue acute (e argute) osservazioni sono per tutti quanti uno stimolo ed un costante pungolo a cercare sempre di fare del nostro meglio! Anche a te un caro saluto… e magari un arrivederci se verrai (anche nelle vesti di spettatore) al nostro Festival “Città di Lucca”!

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