Il 1729 ed i numeri del taxi

Scritto da:  | 2 Maggio 2012 | 4 Commenti | Categoria: Libri, Scacchi e scienza

Ovvero: metodi di studio, due approcci antitetici?!?

Alcuni giorni orsono mi sono casualmente intrattenuto in una chiacchierata con un vecchio amico ordinario di Analisi Superiore presso un prestigioso Ateneo. Alla mia domanda su quale testo mi consigliasse, vista la mia intenzione di rinfrescare le ormai impallidite nozioni universitarie di matematica, non mi ha suggerito quello
che io speravo fosse un semplice testo più che elementare, al massimo per matricole del primo anno. “Vedi Martin -il suo esordio- non occorre tornare su nozioni ormai digerite, stuzzica e alimenta il tuo appetito scientifico con un approccio esplorativo, parti da questo…” e mi ha tirato fuori dal cassetto un bellissimo volume che ho immediatamente assaporato, dopo averne sfogliato le prime pagine, come decisamente inaccessibile al mio limitatissimo palato.
“Back to basics! ho bisogno di questo” la mia modesta replica.
E la discussione si è quindi spostata più sulla metodologia didattica maggiormente adatta per un soddisfacente percorso di approfondimento della materia che non sugli strumenti stessi. Per sintetizzare, questo il dilemma: meglio partire dalle regole, imparare come si tiene il punteggio, quale la posizione migliore da tenere in campo oppure prendere immediatamente in mano la racchetta e provare a dare qualche colpo, alla meno peggio, in una sfida, ancorché proibitiva, con un tennista esperto?!?
Ecco, in medio stat virtus, un approccio ovviamente non esclude l’altro, entrambi possono procedere di pari passo anzi aiutando vicendevolmente il progresso generale, e, rendendomi ben conto che in mancanza di talento non si può diventare né un Yannick Noah né tantomeno un Ramanujan, meglio quindi far di necessità virtù e concentrare le mie già limitate e scarse risorse su come trarre il maggior profitto e diletto dai miei già faticosi sforzi. Così lasciando un attimo da parte concetti astrusi quali quello di “tie-break” e “funzione tendente al limite”, e assodato soprattutto che i miei veri limiti son ben altri, ci terrei a tornare un attimo agli scacchi ove invece m’illudo di poter ancora sparare qualche cartuccia non del tutto bagnata…
Bene, lo scopo del preambolo era solo quello di presentare uno stupendo volume, scritto da un bravissimo didatta ed allenatore, il Grande Maestro Ivan Sokolov, dedicato all’apertura Nimzo-Indiana ed edito dalla prestigiosa casa editrice olandese New in Chess. Già la scelta dell’impianto è indicativa della scelta oculata e saggia dell’istruttore d’esperienza. Un impianto che sarebbe oltremodo riduttivo e semplicistico definire appunto esclusivamente “apertura” dato che racchiude (e prelude) a tanti degli aspetti peculiari della partita: il problema del centro, i Pedoni passati, il concetto di Alfiere buono e Alfiere cattivo e altri importanti temi strategici nonché lo spunto per interessanti motivi tattici e combinativi a questi legati, insomma il viatico giusto per capire a fondo concetti generali comuni ad una vasta gamma di aperture. Non è infatti un caso che tutti i più grandi campioni abbiano incluso nel proprio repertorio e dedicato a questo impianto fondamentale un posto di riguardo. Ecco, per venire al dunque, il grande pregio di un testo come questo è quello di combinare in perfetta armonia entrambi gli approcci a cui accennavamo all’inizio: quello rigoroso e logicamente validissimo di partire dai concetti più semplici, dai cosiddetti elementi, gli atomi sui quali aggregare le molecole della conoscenza, e quello cosiddetto “esplorativo”, quello che suscita la cuoriosità anche dello studioso più acuto ed esperto il cui spirito indagatore è stimolato dall’attenzione suscitata soprattutto da problemi pratici nuovi, originali e la cui soluzione spesso richiede ragionamenti che vanno apparentemente contro la prassi di pensiero vigente.


Ah, e Ramanujan?!? Si racconta che il grande matematico indiano, ormai malato, al ricevere la visita di un suo collega inglese che lo era andato a trovare gli avesse chiesto se per caso si ricordasse il numero del taxi su cui era giunto… Hardy, anch’egli un matematico illustre, rispose: “Oh, mi sembra di ricordare che fosse il 1729, sicuramente un numero insignificante…”
Ramanujan ci pensò su un secondo e replicò: “no, non è poi così insignificante… in fondo è sempre il più piccolo numero positivo rappresentabile come la somma di due cubi positivi in due modi differenti: 1 e 12 in un caso, 9 e 10 nell’altro.


…da allora i numeri che rispettano questa curiosa proprietà son detti numeri del taxi.


avatar Scritto da: Martin (Qui gli altri suoi articoli)


4 Commenti a Il 1729 ed i numeri del taxi

  1. avatar
    Massimo Benedetto 2 Maggio 2012 at 13:40

    Ottima recensione di un ottimo libro scritto da un autorevole grande maestro.
    Prima di decidersi ad acquistare un libro sulle aperture mi permetto di dare un consiglio: accertatevi sempre che l’autore sia uno scacchista di livello internazionale, con un cursus honorum riconosciuto e certificato.
    Altrimenti si corre il rischio di acquistare spazzatura come le monografie di un certo Cyrus Lakdawala (la cosiddetta serie “move by move”;). Un ottimo modo (in antitesi alle intenzioni dell’autore) non solo per imparare come NON giocare un apertura, ma anche per prendere una sonora legnata, qualora si vogliano seguire le raccomandazioni del libro “sulla fiducia”, da un avversario preparato sulle linee secondarie.

    • avatar
      alfredo 2 Maggio 2012 at 19:44

      mi associo ai complimenti , oramai scontati , per martin eden

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      paolo andreozzi 4 Maggio 2012 at 00:13

      eppure anche se non sono in grado di valutare la qualità delle linee consigliate dall’autore, l’approccio didattico della serie “move by move” lo trovo innovativo e davvero divertente. Sono libri che si fanno leggere, e non è cosa da poco, tenuto conto degli argomenti trattati.

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    alfredo 2 Maggio 2012 at 19:41

    su ramunjan consiglio il bel libro di Davd Leavitt ” il matematico indiano”
    l’unico appunto che ho da fare su questo ibro è l’insistenza su un presunto rapporto omosessuale ( di cui non c’è testimone alcuno) tra Hardy e Ramnunjan . Hardy ha anche scritto quello che molti ritengono il piu’ bel libro scritto da un matematico ( Apologia di un matematico) . Certo Hardy era omosessuale , Leavitt lo è . il rapporto tra i due forse solo fantasia letteraria
    Ramunjan era di madras e tutti possono notare una forte somiglianza con Anand ( entrambi Tamil). Il piu’ noto quotidiano di Madras ha fatto una classifica dei piu’ importanti personaggi di Madras del 900
    1 ) anand
    2 ) ramunian
    e il cerchio scacchi matematica si chiude

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