Nel 1930 Brian Harley, il famoso compositore britannico, scriveva: Un contemporaneo ha trattato la “fortuna” negli scacchi. La faccenda, mi pare, è una questione di termini. Supponiamo che si definisca la fortuna come puro caso, umanamente imprevedibile, sia prima che dopo il fatto in esame. In tale caso non c’è fortuna in una partita di scacchi, poichè l’analisi può in ogni caso trovare il motivo per cui una particolare mossa è buona o cattiva. Si può dire che esiste la fortuna tra i giocatori di scacchi visto che giocano contro ostacoli come il limnite di tempo, la scarsa salute, o altri inconvenienti, compreso il loro temperamento troppo aggressivo o troppo prudente. Ma la mossa perfetta esiste ad ogni momento, e rientra nelle umane capacità trovarla.
Tre anni dopo, Richard Reti scriveva. E’ ben noto che Bogoljubov, proprio come Lasker, è uno di quei Maestri di scacchi che sono dotati di un’eccezionale fortuna. Tale fortuna, tuttavia, non è casuale, ma la conseguenza del metodo di gioco.
Non fu Capablanca che disse “Il bravo giocatore è sempre fortunato”?
la fortuna è una componente essenziale della vita umana e non fa differenza tra scacchi, scuola, lavoro o altre attività (Cesare “offriva” alla dea fortuna ogni mattina appena alzato). Purtuttavia
essa è sempre dietro i migliori! Ricorda: + sei bravo+ sarai forunato. Se un’onda travolge due uomini in mare, spingerà “sotto” il cattivo nuotatore e spingerà verso riva quello + bravo. Quindi anche a scacchi i + bravi sono anche i + fortunati!!
Sia in questo caso che nel caso dei “processi” mi sono divertito a riesumare alcuni fatti (o citazioni) a scopo puramente documentaristico.
Rimango convinto che le argomentazioni di Tomassetti siano fondate, che la citazione di Capablanca sia corretta (così, almeno, credo di ricordare), soprattutto sulla base di alcune cose capitate a me personalmente (negative e positive).
Anche Napoleone diceva di aver bisogno di generali non tanto bravi, ma “fortunati”…