Scacchi e processi

Scritto da:  | 29 Giugno 2012 | Un commento | Categoria: Curiosità, Zibaldone
Una delle “cause scacchistiche” più divertenti fu senza dubbio quella discussa nel 1916 a Londra, a proposito della quale chi legge dovrebbe comprendere la sottile distinzione tra “mistake” e “blunder”, che è all’incirca quella che corre tra “errore” e “cappella”.
I fatti: il 26 giugno 1915 Gunsberg, nella sua rubrica scacchistica del (London) Daily Telegraph, scrive sotto il titolo “The Hostile Series”: “Nè Huxley nè Todhunter, sebbene essi abbiano dottamente discettato sulle medie casuali, hanno dedicato particolare attenzione al problema delle serie negative. La faccenda è degna di attenzione da parte di matematici e filosofi. L’istinto è molto spesso una guida più infallibile di quanto possano essere matematici e filosofi. Il giocatore di bridge, o qualunque altro giocatore, che smette di giocare quando sente che le serie negative stanno per verificarsi, fa la cosa giusta. In questo momento, abbiamo la sensazione di essere vittime di una serie negativa riguardante i nostri problemi. Come sia accaduto che per molti mesi non abbiamo avuto un solo problema scorretto e che improvvisamente sia spuntata una serie di doppie soluzioni, non riusciamo a spiegarlo, se non con il regola re verificarsi di serie negative”.
Non l’avesse mai scritto! Una settimana più tardi, sull’ Evening News del 3 luglio, nella periodica column scacchistica, compariva il seguente commento: “Una meravigliosa scusante per l’aver commesso cappelle (blunders) è stata accampata da un sapiente scrittore del mondo scacchistico. Pare che egli abbia pubblicato più problemi scorretti del solito, visto che quasi ogni problema apparso nella sua rubrica per un certo periodo aveva come minimo due soluzioni; ed egli conclude così: ‘In questo momento abbiamo la sensazione di essere vittime di una serie negativa riguardante i nostri problemi. Come possa essere improvvisamente accaduto che si sia verificata una serie di soluzioni alternative non riusciamo a spiegarlo'”.
Apriti cielo! Isidor Gunsberg citò immediatamente in giudizio per diffamazione l’autore di questo commento, Alfred Willian Foster, ed i due, con relativi avvocati, si trovarono faccia a faccia in aula nel dicembre del 1916.
La difesa esordì negando che le parole incriminate fossero diffamatorie, e l’avvocato di Gunsberg, Sylvain Mayer, ribattè con una lunga lista di giornali ai quali Gunsberg aveva collaborato come commentatore scacchistico, aggiungendo che Gunsberg aveva lodato i solutori che avevano scoperto una doppia soluzione di un problema pubblicato sul Daily Telegraph. Aggiunse inoltre che è impossibile evitare di pubblicare occasionalmente problemi con una doppia soluzione, citando il caso di un “magnifico” problema di Blackburne la cui doppia soluzione venne rilevata 42 anni dopo la sua pubblicazione. L’avvocato Mayer proseguì affermando che la percentuale di problemi con doppia soluzione sul Daily Telegraph nel corso del 1915 non era insolita, e che si erano verificati tre casi di errori di stampa.
Per insistere sul tono diffamatorio del commento, Mayer fece rilevare che, in tale commento, le parole “per molti mesi non abbiamo avuto un solo problema scorretto” fossero state omesse. Gunsberg, chiamato a testimoniare, affermò che la percentuale di problemi scorretti pubblicati in altri giornali era maggiore di quella verificatasi sul Daily Telegraph.
A questo punto entrò in azione, controinterrogando Gunsberg, Hume Williams, l’avvocato della difesa, e chiese se otto degli undici problemi apparsi in un certo periodo fossero scorretti, e Gunsberg se la cavò rispondendo che tra di essi figuravano tre errori di stampa.
Intervenne il giudice a proposito di uno degli errori di stampa e chiese spiegazioni: “Perchè un Pedone bianco non potrebbe essere un Cavallo bianco?”
L’avvocato della difesa trasalì, e dichiarò: “Vostro Onore dovrebbe fare attenzione, Vostro Onore scandalizza gli esperti di scacchi”.
Quando, nel corso del controinterrogatorio, Gunsberg disse che “una serie negativa” significa una serie sfortunata e che egli stesso era stato vittima di una tale serie al torneo di Montecarlo, l’avvocato Williams osservò: “Lei non mi stupisce, signor Gunsberg, ma potrebbe stupire gli esperti di scacchi”, e l’aula scoppiò in una risata collettiva.
Gunsberg concluse la sua testimonianza affermando che la sua sfortuna fosse stata la comparsa di un gruppo di problemi scorretti, e che nessuno comunque può garantire la correttezza di un problema scacchistico. Negò di aver commesso cappelle (blunders) affermando che a volte erano stati pubblicati problemi senza soluzione e che tali problemi avevano divertito gli scacchisti quanto quelli dotati di una soluzione. “Avranno comunque resistito parecchio tempo” fu il sarcastico commento dell’avvocato della difesa ed i presenti non poterono fare a meno di ridere fragorosamente.
Il testimone successivo fu Benjamin Glover Laws, il curatore della sezione problemistica della British Chess Magazine, una autentica autorità in materia, e le sue dichiarazioni risultarono favorevoli a Gunsberg. Dopo aver dichiarato la sua stima nei confronti di quest’ultimo, Laws disse che occorrevano mesi, a volte anni, per costruire un problema, e parecchi giorni per controllare se esso contenesse errori. Un problema premiato veniva spesso esaminato da centinaia di persone. Alcuni problemi premiati, concluse Laws, sebbene ideati da eminenti compositori, erano stati trovati scorretti dopo parecchi anni, ed era impossibile evitare fatti del genere.
Il giudice Bray intervenne: “E’ come un giudice che commette un errore giudiziario. Non si può definire una cappella (blunder)” e nuovamente l’aula scoppiò a ridere.
Anche Guest, noto giocatore britannico e compositore di problemi, curatore della rubrica scacchistica del Morning Post per 33 anni, disse che la pubblicazione di problemi scorretti era inevitabile. Egli stesso, nei cinque anni precedenti, aveva pubblicato 260 problemi dei quali 21 erano risultati scorretti, e concluse con la frase: “Otto sviste non costituiscono una cappella (blunder)”.
Venne poi chiamato a testimoniare nientemeno che l’allora settantacinquenne Blackburne, il quale affermò di conoscere Gunsberg da una cinquantina d’anni e proseguì dicendo non essere una cappella (blunder) il fatto di pubblicare problemi con doppia soluzione, e che egli stesso aveva fatto tale cosa. Ricordò un problema da lui composto nel 1874, esaminato per giorni da lui stesso e da quattro esperti e giudicato corretto; due anni prima del processo uno scacchista del Devonshire aveva trovato una seconda soluzione. Nemmeno in questo caso l’avvocato della difesa si trattenne: “Una lunga vita sebbene viziosa” commentò, suscitando l’ilarità del pubblico, e proseguì chiedendo a Blackburne se non fosse imputabile a trascuratezza il fatto che una seconda soluzione fosse facilmente individuabile.
Blackburne rispose di non aver esaminato i problemi in discussione e che le soluzioni alternative (cooks) erano abitualmente più difficili da trovare di quella contemplata dal compositore.
Il testimone successivo fu Herbert Jacobs, noto giocatore londinese, e nel corso del controinterrogatorio l’avvocato Williams ebbe nuovamente l’occasione di suscitare le risate del pubblico. Chiese a Jacobs per quale motivo una Torre non fosse la stessa cosa di un Cavallo. “La Torre è una torre” fu la sbalordita risposta del testimone, al che il giudice intervenne: “Avvocato Williams, vorrebbe forse fingere di non saperlo?” e Williams ribattè: “Vostro Onore non deve usare il termine ‘fingere’, potrei querelare Vostro Onore”.

Isidor Gunsberg

Fu infine la volta di Foster a salire sul banco dei testimoni. Come sue credenziali portò la carica di presidente del Circolo Scacchistico dell’Università di Cambridge e vicepresidente del Circolo Scacchistico dell’Università di Oxford e dichiarò, a motivazione di quanto aveva scritto, di essere rimasto “divertito e sorpreso nello scoprire che un esperto di scacchi potesse considerare gli scacchi alla stregua di un gioco di fortuna”. Il giudice domandò: “Ne fu scandalizzato?” e Foster rispose: “Ne fu scandalizzata la mia coscienza scacchistica”. Disse poi di non aver motivo di acrimonia nei confronti di Gunsberg e di aver voluto soltanto lanciare una battuta un po’ scherzosa senza, inoltre, fare nomi. Dichiarò poi che quattro degli otto problemi scorretti erano dei “due mosse” e quattro dei “tre mosse”, e che una soluzione alternativa di uno dei “due mosse” poteva essere facilmente individuata.
“Chi è più importante, il giocatore o il problemista?” domandò il giudice, e Foster rispose: “Completamente diversi”.
Infine Tinsley, altro noto giocatore britannico, per oltre dieci anni curatore della rubrica scacchistica del The Times, dichiarò che di circa 3000 problemi da lui pubblicati il cinque per cento era risultato scorretto, e che la scorrettezza di otto problemi su dodici doveva imputarsi unicamente a superficialità nell’esaminarli.
Il verdetto giunse il 13 dicembre 1916.
Gunsberg vinse la causa e Foster venne condannato al pagamento di 250 sterline per diffamazione. Una trentina d’anni dopo il famoso problemista Kipping ricordava: “Quando lo vidi dopo il verdetto stava soffregandosi le mani e sperava che qualcun altro lo diffamasse, così da poter campare di rendita per alcuni anni”.
avatar Scritto da: Paolo Bagnoli (Qui gli altri suoi articoli)


Un Commento a Scacchi e processi

  1. avatar
    Fabio Lotti 29 Giugno 2012 at 11:16

    … :-)!!!

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