Un pezzo tragico: l’Alfiere

Scritto da:  | 19 Settembre 2012 | 5 Commenti | Categoria: C'era una volta, Curiosità

Il bell’articolo che segue appare su L’Italia Scacchistica, giugno 1942, pp. 53-54.
Adriano Chicco muove da tre testi letterari o para-letterari: la novella “L’Alfier nero” di Arrigo Boito, i romanzi “Poirot ed i quattro” (“The big four”;) di Agatha Christie e “L’enigma dell’Alfiere” (“The bishop murder case”;) di S. S. Van Dine. Analizza quindi Il ruolo drammatico dell’Alfiere traendone conclusioni plausibili e accattivanti. Al più si potrebbe rilevare come trascuri dettagli che non sembrano collimare pienamente con le sue ipotesi, ad esempio il duplice significato di “bishop”, “alfiere”, ma anche “vescovo”.
Qualche passaggio può urtare la sensibilità di lettori odierni molto “politically correct”. Si tratta però di espressioni di uso del tutto comune all’epoca, e non solo nel tempo fascista, ma pure in quello successivo.


Fra gli aspetti meno noti assunti dai pezzi del gioco degli scacchi, nella fantasia di scrittori e novellieri, va ricordata la parte di “attor drammatico” affidata all’Alfiere. La prima apparizione, in tale veste, di questo pezzo, risale forse al 1867, quando sulla rivista “Il Politecnico” di Milano comparve una novella di Arrigo Boito dal titolo “l’Alfier nero”, nella quale si descriveva una partita a scacchi fra un americano, Giorgio Anderssen, ed un negro, Tom. La novella racconta come, durante il gioco, il temperamento impulsivo dell’uomo di colore prenda a poco a poco il sopravvento sulla calma dell’americano: sì che questi subisce lentamente una specie di allucinazione, che gli fa apparire un Alfiere nero, la cui testa è riattaccata con ceralacca rossa, come un pezzo “segnato”, la cui cattura diviene per lui più importante dello stesso scacco matto.
Ossessionato da questa idea, l’americano si accanisce ad inseguire questo pezzo, che finalmente cattura: ma nella mossa successiva Tom promuove di nuovo ad Alfiere, e matta. Anderssen, sconvolto, uccide il suo avversario con un colpo di pistola: ma nel filo di sangue che scorre dal collo del negro rivede la rossa incollatura dell’Alfiere nero, e impazzisce.

Questa novella rimase per lungo tempo l’unico esempio di sfruttamento dell’Alfiere come maschera tragica: ma la produzione “gialla” dell’ultimo decennio fornì altri due esempi, di gran lunga però inferiori come valore letterario: “Poirot ed i quattro” di Agata Christie e “L’enigma dell’Alfiere” di S. S. Van Dine. Il primo contiene un intero capitolo intitolato: “Un problema di scacchi” nel quale si illustra un insolito sistema omicida, adoperato da un modello delinquente. Costui, conoscendo la passione per gli scacchi di un suo nemico, e la sua predilezione per l’apertura Ruy Lopez, gli offre una partita su una scacchiera d’argento, in cui una casella – e precisamente la casella b5 – era messa in comunicazione, attraverso la gamba del tavolo ed il pavimento, con una corrente elettrica ad alto potenziale. In antecedenza, l’assassino aveva fatto passare un filo di acciaio nell’Alfiere f1. La vittima predestinata inizia naturalmente la partita con le mosse di prammatica 1.e2-e4, e7-e5 2.Cg1-f3, Cb8-c6: ma alla terza tocca con l’Alfiere (3.Ab5) la casella fatale e riceve una scarica elettrica che lo uccide.

Il più notevole della serie, almeno come volume, è però il romanzo di Van Dine, recentemente ripubblicato da Mondadori nella raccolta “Le memorie di “Philo Vance”. Vi si narra di un pazzo criminale che preannuncia i suoi delitti con biglietti firmati “l’Alfiere”, e lascia come segno del suo passaggio un Alfiere nero. Il romanzo contiene naturalmente accenni al gioco ed a celebri giocatori (Alekhine, Rubinstein, ecc.), sui quali però “il tacer fia meglio”.
Ho spesso meditato sul misteriosi motivi che hanno fatto dell’Alfiere il protagonista di queste scene a tinte forti. L’ipotesi più attraente, ma probabilmente meno fondata, ricollega queste manifestazioni all’antica tradizione (raccolta da fra Jacopo da Cessole) che vedeva negli alfieri i giudici, e, nell’Alfiere su casa nera, il Giudice in materia criminale. Ma è un’ipotesi piuttosto romantica. Per le nazioni a lingua francese soccorrono forse motivi idiomatici: quegli stessi che hanno fatto dell’Alfiere il “Fou”, il folle per eccellenza. Ma è una ipotesi solo parzialmente risolutiva.
In conclusione, credo che la supposizione più ragionevole sia quella dettata dal comune buon senso: e cioè, che dovendo scegliere un pezzo che possa simboleggiare una persona umana, e per di più un delinquente, l’Alfiere si presenta, dopo un sommario processo di esclusione, come il solo adatto: essendo questo pezzo lontano così dalla dignità del Re, come dalla mediocrità del Pedone, come dalla fragilità della Donna.
Così accadde, che proprio all’Alfiere toccò la sorte di “tragico” degli scacchi.

Adriano Chicco

avatar Scritto da: Mauro Berni (Qui gli altri suoi articoli)


5 Commenti a Un pezzo tragico: l’Alfiere

  1. avatar
    Zenone 19 Settembre 2012 at 08:36

    Ho in preparazione proprio la recenzione del “giallo” di S.S. Van Dine citato nell’articolo e lo proporrò presto a Martin Eden per conoscere un suo parere. Per questo vorrei intervenire precisando due cose: 1) il titolo del romanzo è “L’enigma dell’alfiere”, ma la firma sui ricordati “biglietti” lasciati dell’assassino è “Il vescovo” (almeno nella traduzione della mia edizione che non è Mondadori) e solo nel prosieguo del “giallo” si capirà che si tratta del pezzo degli scacchi (il primo omicidio infatti non ha niente a che vedere con il nostro gioco, ma riguarda la morte di un appassionato di tiro con l’arco ritrovato con una freccia conficcata in pieno petto); 2)il fatto che il pezzo “Alfiere” sia un protagonista letterario è legata proprio alla diversità di traduzione nelle diverse lingue, da cui si deduce che il pezzo è davvero particolare, sinistro, subdolo, se vogliamo, che si muove in diagonale e per metà della scacchiera. Il suo posizionamento sulla scacchiera (alla sinistra della regina e alla destra del re) ne fa, nell’immaginario collettivo, una sorta di “eminenza grigia”. E la celata con cui viene rappresentato? Non è forse un elemento di mistero sufficiente?
    Ma quest’ultimo è un mio parere.

    • avatar
      Mongo 19 Settembre 2012 at 17:09

      Io, colpito da un alfiere 😉 smisi di tirare con l’arco per capirne, invano, di più.

  2. avatar
    Fabio Lotti 19 Settembre 2012 at 09:09

    Il rapporto giallo-scacchi è la mia passione. Attendo con piacere la recensione di Zenone. Il libro in oggetto è stato anche pubblicato dalla Polillo nella sua bella copertina rossa.

    • avatar
      Zenone 19 Settembre 2012 at 09:44

      Esatto Lotti, è questa l’edizione che posseggo (collana “I bassotti”;), gradito e inaspettato regalo di un amico di circolo.

  3. avatar
    alfredo 27 Settembre 2012 at 22:03

    Vorei aggiungere che questa novella è stata aggiunta alla fine del libro XY ( fandango) di Sandro Veronesi, grande appassionato di scacchi . Arrigo Boito era appassionato di scacchi e conobbe Lasker di passaggio a Amilano e per non perdere questa possibilità rinvio un importante appuntamento .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


CLICCA QUI PER MOSTRARE LE FACCINE DA INSERIRE NEL COMMENTO Locco.Ro

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

La Palestra dei Finali

Chess Lessons from a Champion Coach

Torre & Cavallo - Scacco!

Strategia di avamposti

I racconti del Grifo

57 Storie di Scacchi
2700chess.com for more details and full list

Ultimi commenti

Problema di oggi