i Re degli scacchi: José Raúl Capablanca

Scritto da:  | 20 Settembre 2012 | 12 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri

A onor del vero la prima esternazione che mi è sorta spontanea dal cuore, dopo avere letto la vita e le avventure scacchistiche del mito José Raúl Capablanca (1888-1942), può essere benissimo condensata in due sole parole “Qué suerte!, che culo!”. Mi perdonino i Lettori e il Direttore di questa nobile Rivista della caduta di stile: oggi in Italia di Sgarbi ne basta uno e avanza: Non ne ho potuto, però, fare a meno, credetemi, anche perché il Nostro se lo merita davvero e non sono stato il solo ad accorgermene.

Sentite un po’ cosa ne pensa il mai dimenticato Esteban Canal: “Capablanca nacque certo in un giorno di festa e di tripudio! Cantavano gli angeli nelle alture e le muse danzavano intorno alla casa un gaio girotondo, mentre la dea fortuna gli preparava i regali: bellezza, ricchezza, salute, intelligenza, tutto ben dosato e senza eccedere; soltanto il cartoccio della saggezza era un po’ bucato…” (E. Canal “Il virtuoso Capablanca” in “Esteban Canal” di A. Zichichi. Messaggerie Scacchistiche, Brescia 1991, pag.102).

“Ci mancava che fosse anche saggio!” griderà inviperita l’Invidia che alberga nei comuni mortali. Comunque sia, a dispetto della nostra contrarietà, seguiamone la storia.

Capablanca nasce a Cuba il 19 novembre 1888 da una bella fanciulla dell’aristocrazia coloniale e da un ex ufficiale spagnolo dedicatosi a pompar quattrini dalle piantagioni. L’incontro con gli scacchi avviene quasi per magia, come in una fiaba ed è lo stesso Capablanca a riferirlo in uno stile semplice e nitido, degno del suo gioco “Non avevo ancora compiuto cinque anni quando entrai per caso nello studio di mio padre e lo trovai intento a giocare con un signore. Prima di allora non avevo mai assistito ad una partita di scacchi: i pezzi mi interessarono e il giorno seguente tornai a fare da spettatore. Il terzo giorno, mentre osservavo il gioco, mio padre- un dilettante di scarsissimo talento- spostò il Cavallo da una casa bianca ad un’altra del medesimo colore. L’avversario, evidentemente non migliore, non se ne accorse. Alla fine mio padre vinse la partita, ma io incominciai a ridere e ad accusarlo di avere imbrogliato. Dopo una breve sfuriata, durante la quale fui quasi cacciato dalla stanza, mostrai a mio padre l’errore che aveva commesso. Alla sua domanda su come facessi a conoscere gli scacchi, risposi che ero in grado di batterlo. Egli replicò che era impossibile, visto che non ero neppure capace di sistemare i pezzi correttamente. Misurammo le nostre forze e fui io a vincere. Questi furono i miei inizi.” (J.R. Capablanca “La mia carriera scacchistica”, Prisma, Roma 1990, pag 15).

Notate un po’ i segni del fato e i primi indizi sulla natura di Capablanca: egli entra “per caso” nello studio di suo padre, si accorge al “terzo giorno” del movimento impossibile del Cavallo, gli vien che ridere, si direbbe oggi, accusa il padre e alla domanda su come poteva conoscere gli scacchi non offre un briciolo di risposta, signori miei, ma è già pronto a dargli una lezione. Un bel carattere, non c’è che dire.

Al circolo di scacchi dell’Avana si accorgono presto di che pasta è fatto il ragazzo e smettono di concedergli qualche stupido vantaggio. Rimane solo uno a tenergli testa: Corzo. E’ inevitabile battaglia. Si prepara leggendo un libro sui finali che doveva essere davvero illuminante se lo porterà ai risultati che tutti conosciamo. Dopo avere ricevuto due colpi niente male, capisce il suo gioco e lo stende con cinque patte e quattro vittorie diventando, a tredici anni, campione di Cuba. Nel 1905 entra per la prima volta in quel grande tempio degli scacchi che era il Manhattam Chess club, a New York dove riesce in breve tempo a primeggiare con i più forti e a ridicolizzare gli avversari nel gioco lampo. Non soddisfatto, nell’inverno 1908-1909 decide di compiere un viaggio attraverso gli Stati Uniti per farsi “conoscere” un po’ meglio. “Al ritorno a New York, marzo 1909, la mia grande forza, ormai divenuta a tutti evidente, vennero intrapresi i preparativi per l’incontro che doveva segnalarsi come il più grande trionfo della mia carriera scacchistica”.

Chi è, dunque, colui che con enfasi neppure celata, darà una così grande soddisfazione al nostro Capablanca? Si tratta, come scritto nel profilo su Tarrasch, di quello spilungone di Frank Marshall che era stato sonoramente battuto sia dal Dottore di Norimberga che da Lasker. Il campione americano era un ottimo giocatore di torneo temuto da tutti per i suoi attacchi alla baionetta ma evidentemente non era nato per gli scontri individuali a largo raggio. Viene ancora una volta strapazzato con un roboante +8=14-1 senza che Capablanca, stando a quel che riferisce, avesse sfogliato un libro sulle aperture. Per indurlo a togliere tale difetto ma, dati i risultati conseguiti mi viene il dubbio che fosse un pregio, doveva poi essere, molti anni dopo, l’”interesse” per una giovane giocatrice alla quale vuole offrire il sostegno della sua preziosa competenza. Da qui lo studio lo studio delle fasi iniziali della partita e da qui la naturale scoperta che “…le mie idee erano, per quanto potevo vedere, pienamente corrette” a dimostrazione che l’umiltà è dote rara nei Grandi.

Comunque sia il successo su Marshall gli permette, unica eccezione la sua, di partecipare al torneo di San Sebastiano del 1911al quale erano ammessi solo quei giocatori che avevano ottenuto almeno due terzi posti in precedenti tornei internazionali. Bernstein protesta vivamente e il Destino vuole che venga battuto proprio da Capablanca che riceve il premio Rothschild per la più bella partita del torneo. Non contento arriva primo davanti a Rubinstein e Vidmar.

Poi è un continuo girare il mondo, soprattutto in Europa, avvantaggiato dal fatto di lavorare nel ministero degli esteri di Cuba, un continuo mietere allori e successi nei tornei più prestigiosi e nei matches individuali fino all’incontro con Lasker per il campionato del mondo che si svolse all’Avana nel 1921. Il succo dell’incontro può essere così condensato “Baffetto-Lasker il Lottatore” fu sconfitto da “Apollo-Capa il Pensatore”. Si sono trovate diverse spiegazioni a tale risultato: la relativa età avanzata del campione del mondo che allora aveva 52 anni; la mancanza di allenamento, i disagi del clima e dell’ambiente ecc…, ma la Nemesi della Storia era pronta questa volta a favorire l’Artista piuttosto che l’Opportunista, come era successo con Tarrasch. Lasker, inoltre, pur elogiando la straordinaria forza del suo rivale, ne aveva individuato anche i limiti dichiarando che “Nel suo stile non si trova nessuna chiara traccia di una comprensione generale, per così dire filosofica, delle posizioni…Se gli scacchi si esaurissero nel solo calcolo, superare Capablanca sarebbe impossibile… Ma poiché l’antico gioco degli scacchi ha conservato una sua validità, è evidente che esiste anche una componente di speculazione intellettuale. Da questo punto di vista è possibile superare Capablanca senza eccessive difficoltà”. Ora battere il campione cubano era già un’impresa, batterlo “senza eccessive difficoltà” diventava, tenendo conto anche della necessaria pressione psicologica, pura e semplice presunzione. Che fu giustamente punita.

Dopo il match vittorie e piazzamenti a Londra, New York, Mosca fino allo scontro titanico con Alexander Alekhine per il titolo mondiale a Buenos Aires nel 1927 che parve essere guidato dalla mano di un abile regista di thrilling con improvvisi colpi di scena a favore dell’uno o dell’altro giocatore. Il cubano non resse fino in fondo lo sforzo eccezionale e dovette abdicare al suo regno con un pur sempre onorevole -6+3=25. Ma non fu l’inizio di un inevitabile declino. Le città di Berlino, Budapest, Ramagate, Barcellona, Hastings, New York, Mosca, Nottingham, Parigi, stanno ancora a ricordarci la gloria di Capablanca che ebbe successi, fama e una straordinaria corrispondenza d’amorosi sensi con il gentil sesso.

Qué suerte, ragazzi!

Oltre ad esprimere il solito sentito e doveroso ringraziamento alla prestigiosa rivista L’Italia Scacchistica, nonché all’amico Fabio, desidero giusto aggiungere pochissime parole per segnalare due ottimi volumi di recente pubblicazione dedicati alla figura del grande campione cubano. Il primo di essi, edito dalla casa editrice inglese Everyman Chess porta la firma di Cyrus Lakdawala e rappresenta, nel riuscito formato del “move by move”, un’eccellente introduzione alle migliori partite di Capablanca. Il secondo invece è frutto dell’indagine storica di Isaak e Vladimir Linder, figure di assoluto riferimento per quanto riguarda la storia degli scacchi e, a mio modestissimo parere, si tratta di un volume che non può mancare nella biblioteca di qualunque appassionato di scacchi. (M.Ed.)



avatar Scritto da: Fabio Lotti (Qui gli altri suoi articoli)


12 Commenti a i Re degli scacchi: José Raúl Capablanca

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    Jas Fasola 20 Settembre 2012 at 10:30

    Bello, quell’ultima frase pero’… e non ci racconti niente? :mrgreen:

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    Fabio Lotti 20 Settembre 2012 at 09:34

    Essendo un pigrone del Toro, nato addirittura il 1° maggio, lascio i “profili” così come li scrissi per “L’Italia Scacchistica”. Sono benvenuti tutti gli approfondimenti da parte della Redazione e dei lettori. Anche su Capa dongiovannesco… 🙂

    Mi piace 1
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    Luca Monti 20 Settembre 2012 at 09:43

    Nuovo,atteso pezzo ed ennesimo centro di Fabio Lotti.Nella mia
    personale Hit Parade per L’Estate/Autunno 2012,l’autore s’installa
    nelle posizioni di vertice; bravo davvero. Un bel saluto a
    Jas Fasola ed a ogni Lettore.

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    Filologo 20 Settembre 2012 at 09:50

    C’è un celebre aneddoto che fu raccontato molti anni dopo separatamente da Canal e da Flohr, che riguarda Karlsbad 1929: in una delle pause del torneo Capa si intratteneva con una bella signora in una stanza appartata, quando all’improvviso piomba in sala la moglie. Canal viene inviato in fretta e furia a trattenere la sospettosa consorte per dare al marito il tempo di ricomporsi, ma la commedia funzionò male, e probabilmente le ire di Madame si abbatterono sul terzo campione del mondo per tutta la notte. Il giorno dopo, Capa lascia in presa a Saemisch un Cavallo dopo sole dieci mosse: la perdita della partita gli costerà la vittoria nel torneo. Alla spiegazione ufficiale (“credevo di avere già arroccato”;) non crederà mai nessuno.

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    Jas Fasola 20 Settembre 2012 at 10:22

    Saemisch-Capablanca, dove il Nero perde un pezzo per un errore alla nona mossa: http://www.chessgames.com/perl/chessgame?gid=1066901

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    Zenone 20 Settembre 2012 at 11:48

    Per chiarire a Jas:

    “Capa”, Scacchi e Donne

    Delegato sono stato
    dal senese acculturato.
    M’ha pregato pigramente
    di spiegar immantinente,
    cosa leghi scacchi e amore:
    lo dirò senza timore.

    Ma per “Capa” fa’ lo stesso
    forse dire scacchi e sesso.
    Lo sappiamo, quel campione
    era bello come Adone,
    ammaliar con “baciamano”
    non fu quindi un fatto strano.

    Col suo far un po’ sfrontato
    mille donne ha conquistato,
    e giocare alla scacchiera,
    anche se da mane a sera,
    gli ha permesso tuttavia
    d’imparar la strategia.

    I tornei dei tempi andati,
    in hotel altolocati,
    tra signor e belle dame
    degne forse di un reame.
    Una mossa, uno sguardo,
    quel di “Capa” era un dardo.

    Lui colpiva molto forte,
    grazie forse alla sua sorte,
    l’avversario e la consorte,
    l’una al cuore, l’altro a morte:
    lui doveva abbandonare,
    lei è fatta innamorare.

    Or concludo e vi confermo
    Capablanca è punto fermo,
    per gli scacchi er’un prodigio
    per le donne un sortilegio.
    Un amante senza smacco,
    donne e uomini ebbe in scacco!

    Zenone

    • avatar
      Jas Fasola 20 Settembre 2012 at 12:48

      Zenone, qualche anno fa avevo una amica polacca molto simpatica che ogni volta che dicevo qualcosa mi tirava fuori un proverbio… ne sapeva decine, che dico decine, centinaia, che dico centinaia, migliaia…
      Tu sei di un altro livello, crei, pero’ se fai un salto da queste parti forse riesco a farvi incontrare…

      Complimenti e propongo al buon Martin un bel giorno che ci faccia la sorpresa di riportare le tue poesie in alcuni articoli riepilogativi, questa potrebbe andare ad esempio in “I Grandi scacchisti del passato secondo Zenone” 😉

      • avatar
        Zenone 21 Settembre 2012 at 06:06

        Caro Jas, se lo sapesse mia moglie…
        Comunque, grazie!

  7. avatar
    Fabio Lotti 20 Settembre 2012 at 12:58

    Anche io sono d’accordo nel progettare qualcosa per queste poesie. Non possono essere lasciate in qua e là.

  8. avatar
    jazztrain1 20 Settembre 2012 at 16:23

    A proposito, ricordo a Lotti e agli amici di Soloscacchi un pezzo che scrissi tempo fa qui intitolato Quandoque bonus dormitat Capablanca e raccontai del famoso errore nella Saemisch-Capablanca

    http://soloscacchi.altervista.org/?p=18702

  9. avatar
    bart00 23 Settembre 2012 at 21:00

    Lo avrete già visto ma per i pochi sfortunati che non lo conoscono in questo
    film del 1925 abbiamo il grande Capa in carne e ossa:

  10. avatar
    Alessandro Venturini 9 Febbraio 2016 at 12:31

    Grazie Fabio per questa splendida descrizione del “Nostro”!!! Profili unici ed irripetibili come il suo, se conosciuti, sono positivi per tutti, perchè ci aiutano a scrostare la patina di quel pensiero comune che accosta il nostro gioco solo ed esclusivamente a personaggi vecchi, lenti e super riflessivi… Ci sono anche quelli, why not, ma non solo!!!! Un abbraccio e un caro saluto a te e a tutti i lettori.

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