Leggendo la recensione che avete pubblicato oggi è venuta anche a me la voglia di scriver una lettera per Babbo Natale, o meglio per tutti gli amici scacchisti… ma il titolo della mia lettera sarebbe: “uno scacchista in crisi!”
Vi sarà capitato mille volte e vi chiedo, dopo vent’anni di gioco, mi sta passando la voglia, esiste un modo per non abbandonare il gioco?
Le ho provate un po’ tutte, ma forse quando senti come “fatica” la preparazione ad un torneo, quando ti dici, non ho tempo perché devo fare altro, è proprio arrivato il momento di smettere…
Qualche esperienza di sopravissuti che sono riusciti a riprendere?
Caro Danilo, a te ed a tutti quelli come te vorrei dire che per esempio un libro come quello di cui ho parlato nella mia modesta recensione che hai citato può solo farti ritornare ad amare gli scacchi. Impegnarsi per insegnarli in qualche scuola o nel circolo della tua città può essere un altro modo di vedere gli scacchi e compatibilmente con i propri impegni personali può aiutarti a fare riaccendere la fiamma.
Io ho attraversato un periodo burrascoso: trasloco, lavoro, la figlia che cresce sempre più e motivi di salute; soffrivo tanto a non giocare tornei o anche a non poter passare un oretta con un buon libro su qualche apertura. Poi tutto si è sistemato ed ora mi faccio i miei 2/3 tornei all’anno. Gli scacchi sono come il fumo, solo che non fanno male!! Smettere è difficile, se non impossibile.
Vent’anni di gioco, vent’anni trascorsi con un hobby come gi scacchi, ovvero con qualcosa che è sicuramente più che un semplice hobby non si possono buttar via per colpa di quella che magari un po’ superficialmente ci vien d’istinto chiamare “stanchezza”, o come dici tu “fatica”.
Può darsi che nel tuo caso siano i risultati che stentano ad arrivare a generarti questo stato di frustrazione o di delusione a cui hai accennato e che in tanti abbiam provato almeno una volta nel corso delle nostre esperienze in campo scacchistico.
Da un lato sentiamo il bisogno di migliorare, di approfondire… dall’altro ci rendiamo spesso conto che stiamo disperdendo le nostre energie in tentativi senza meta, vagando di qua e di là nello sconfinato campo che sono gli scacchi. Si passa da un libro all’altro, poi si prova il computer, ci si dà sotto con l’attività agonistica, coi tornei a ripetizione per far esperienza ricominciando senza posa in una sorta di circolo vizioso sovente senza sbocco, tra miglioramenti microscopici alternando alti e bassi che non portano certo serenità di spirito e diletto interiore.
Mah… difficile trovare una ricetta adeguata e universale, la panacea non esiste. Se solo posso permettermi un modesto suggerimento ti inviterei semplicemente a riconsiderare il tuo rapporto con gli scacchi soprattutto dal punto di vista estetico. Applicati solo a quello che di essi ti attrae e ti piace maggiormente, senza curarti troppo di ciò che invece ti costa sforzo e fatica. Se per esempio tutti dicono che bisogna sapere e aperture ma per memorizzare varianti e sottovarianti poi ti accorgi che trascuri moglie e famiglia e che in ufficio hai la testa alla Scheveningen piuttosto che alle urgenze del momento, ecco fregatene alla grande! Dedicati solo a quello che ti piace di più, siano semplici finali di Pedoni piuttosto che seguire i tornei senza affanno di sorta. Dammi retta e vedrai che l’appetito di scacchi come per magia tornerà da solo, non solo: noterai con esso anche un miglioramento della qualità del tuo gioco… ecco, forse il più bello e misterioso dei segreti di questo gioco è soprattutto questo, che si tratta prima di tutto di un gioco…
Tienici informati e facci sapere come va…
Con simpatia 😉
Ho totalmente abbandonato gli scacchi (TOTALMENTE) per circa un quarto di secolo, fino a quando, una decina di anni fa, l’infaticabile Graziano Ottolini mi piombò a casa e mi convinse ad iscrivermi ad un piccolo torneo a Vanzaghello (uno dei miliardi di tornei che Graziano organizza ogni anno). Lo vinsi abbastanza facilmente, imbattuto, e la voglia mi tornò. Ricordo che giocai aperture polverose (mi riferisco alla memoria) e difese vetuste, ma la voglia tornò, eccome! Oggi, per motivi di salute, sono confinato su Internet (ChessCube) e mi diverto VERAMENTE giocando lampo e semilampo.
Prova…
Ciao Danilo.
Aggiungo una mia riflessione, forse un poco ovvia, alle esperienze di Mongo, Ferdinand e Bagnoli.
A parer mio la passione per gli scacchi può durare per tutta la vita se si riesce a tenerla separata dalla semplice passione per l’attività di torneo e per il gioco vivo.
Io ho partecipato a numerosi tornei fra il 1981 ed il 1988, da allora nemmeno uno.
Non mi è stato più possibile, e in parte anche per i tuoi stessi motivi.
Ma non ci sono state crisi né rimpianti.
Eccomi infatti ancora qui con voi a parlare e sognare di scacchi.
Vedi, la passione per il nostro gioco la si può vivere in modi diversi, ma sempre ugualmente affascinanti.
Tempo per gli scacchi ci sarà sempre, se vorrai trovarlo, tornei o non tornei.
Conosco persone che non hanno mai giocato un solo torneo FSI nella loro vita, ma che da quarant’anni a questa parte si prodigano, ogni settimana, con straordinario impegno, nell’insegnare scacchi ai bambini.
Un altro caro amico (ciao Emilio!) conosce poco del gioco, perché non ha mai avuto troppe possibilità di praticarlo, ma ne è rimasto talmente affascinato da aver deciso di dedicare uno spazio del suo bar, di recente aperto a Roma in zona Casilino, agli amanti degli scacchi: due scacchiere, due tavolini, alcuni libri esposti in bacheca (libri che lui stesso non ha trovato ancora il tempo di leggere).
Sono persone eccezionali, queste, ammirevoli, perché hanno compreso che il loro amore per gli scacchi non può trovare realizzazione necessariamente o soltanto attraverso il raggiungimento di risultati individuali.
Penso che riuscire a trasmettere ad altri (specie se giovanissimi) passione, conoscenze, o semplicemente opportunità, sia qualcosa di altrettanto importante e gratificante.
Pertanto, Danilo, nessuna crisi in nessun caso, d’accordo?
Mi è successo in trent’anni di aver abbandonato il gioco un paio di volte; la prima volta non giocai per circa tre anni, la seconda volta in occasione della nascita di mio figlio lasciai un’altra volta per altri tre-quattro anni, ma poi tornai sempre alla scacchiera; ora pur avendo diradato molto l’attività agonistica mi sono “riciclato” come istruttore, un lavoro che mi dà ottime soddisfazioni.
Ti consiglio di prenderti un anno sabbatico, poi vedrai che la voglia di giocare ti ritorna 😉
Se si gioca in torneo con spirito di puro passatempo, senza voler ottenere nessun risultato particolare tranne quello di divertirsi giocando, è improbabile avvertire stanchezza o ripulsa.
Diversamente, giocare tornei può essere impegnativo se si affronta la prova con spirito agonistico. In questo caso è doveroso mantenersi allenati tra un torneo e l’altro, prepararsi specificatamente prima del torneo, smaltire quantità industriali di adrenalina durante il torneo, e dopo studiare le partite che si sono giocate, alla ricerca della perfezione 😉 .
Alla lunga può stancare.
Però gli scacchi sono tanto altro:
– si può dare una mano nella gestione di un Circolo;
– si può dare una mano nel gestire un Comitato provinciale o regionale;
– si può provare a organizzare tornei;
– si possono dare lezioni dei fondamenti a principianti e bambini;
– si può giocare sul web;
– si può scrivere di scacchi;
– si può leggere di scacchi;
– si può provare il telegioco;
– si può provare l’arbitraggio;
– si può provare a costruire scacchiere in legno, da regalare agli amici;
– si possono provare la problemistica o la studistica, come solutore e/o creatore;
– si può cazzeggiare sugli scacchi su un blog 🙂
Gli scacchi sono come una bella amante (Larsen) che pero’non ti lascia se tu non vuoi. E quando vuoi te la puoi riprendere. Dove la trovi una compagna cosi’?
Immagine efficace ed elegante che rende benissimo l’idea del nostro rapporto con questo “maledetto” gioco.
grazie a tutti,
gli scacchi sono anche…
rimanere in contatto con amici come voi.
ps.
voglio anch’io l’amante di Jas Fasola 😉