Gli Scacchi come metafora della Vita

Scritto da:  | 23 Dicembre 2012 | 18 Commenti | Categoria: Scacchi e scienza, Zibaldone

“Come, we’ll to chess, or draught; there are an
hundred tricks
To drive our time till supper, never fear’t, wench” 1

Women beware Women
Act Two, Scene Two
Thomas Middleton

I miti sorti intorno agli scacchi ci dicono che la loro origine si situa in un punto assai remoto della storia della civiltà e che sono stati considerati uno strumento per tentare di capire il mondo. Per molti secoli sono stati visti come metafora, dalla guerra alla virtù e all’amore spirituale, dall’intelligenza allo studio della mente. Infine gli scacchi sono entrati nel mondo della cultura e dell’arte: compaiono, per esempio, nelle rappresentazioni teatrali (Thomas Middleton, Samuel Beckett), nella narrativa (Stefan Zweig, Samuel Beckett), nei dipinti (Marcel Duchamp, Juan Gris), nelle sculture (Marcel Duchamp, Max Ernst), nella poesia (Thomas S. Eliot, Jean Louis Borges), nella musica (John Cage) e nel cinema (Ingmar Bergman).

Il Teatro Elisabettiano del 1600

Nel teatro Elisabettiano del ‘600, per esempio, gli scacchi hanno avuto un ruolo centrale nel dramma di Thomas Middleton (London, 1580 – Newington Butts, Surrey, 1627), “Women Beware Women” [1] come arma di distrazione e seduzione. Attirando la moglie (Bianca) di Leantio e la madre (Widow) nella casa del Duca di Firenze, Livia intrattiene con una partita a scacchi la madre di Leantio, mentre Guardiano accompagna la nuora Bianca a visitare la casa e la sala dei dipinti. Bianca viene poi avvicinata dal Duca che la sedurrà. Questo episodio verrà poi ripreso da T. S. Eliot (St. Louis, 1888 – London, 1965) che lo cita nella II Parte – “A Game of Chess” – del poema “The Waste Land” [2], dove allude al gioco degli scacchi come un mezzo per distrarre l’attenzione della Widow.

Middleton ha basato la trama del suo dramma su fatti reali. Bianca Capello era stata dapprima l’amante e poi la seconda moglie di Francesco de Medici, Granduca di Toscana. La storia della sua fuga con Leantio che diventerà suo marito, la sua relazione col Duca, la morte del primo marito e il successivo matrimonio col Duca, viene adattata da Middleton per la sua tragedia.

Di Thomas Middleton, drammaturgo Elisabettiano, caratterizzato da un gusto comico e una tagliente ironia, è anche la commedia comico-satirica di forte contenuto politico, “A Game of Chess” [3], rappresentata al Globe Theatre di Londra nel 1624.

The Fat Bishop and the Black Knight

In questa commedia il Re Nero e i suoi uomini, che rappresentano la Spagna e i Gesuiti, sono “checkmated” dal Cavaliere Bianco, il principe Carlo. La satira politica, le cui rappresentazioni avevano all’epoca riempito il Globe Theatre, era poi stata tolta dal cartellone dal Re James I, a seguito delle proteste dell’ambasciatore Spagnolo,

La commedia ha la forma di una partita di scacchi e contiene una vera apertura: il Gambetto di Donna Rifiutato. Invece che con nomi reali, i personaggi del dramma sono presentati con nomi scacchistici, come “Il Cavaliere” Bianco, il “Re” Nero, ecc. Tuttavia gli spettatori avevano immediatamente riconosciuto nella rappresentazione l’allegoria delle relazioni tempestose tra la Spagna (i pezzi neri) e la Gran Bretagna (i pezzi bianchi). Il Re d’Inghilterra James I è il Re Bianco; il Re Filippo IV di Spagna il Re Nero. La rappresentazione teatrale drammatizza i negoziati per il matrimonio del Principe Carlo con la Principessa Spagnola, l’Infanta Maria I, e descrive il viaggio del Principe Carlo (Il Cavaliere Bianco) e Giorgio Villiers, 1° Duca di Buckingham (La Torre Bianca), a Madrid nel 1623. Nel Prologo viene spiegato che la rappresentazione (stage play) è basata sul gioco degli Scacchi, con i Pezzi che rappresentano i nobili e gli statisti. Alla fine della partita lo Scaccomatto verrà dato ai nemici della virtù.

Il Movimento modernista e surrealista

Gli scacchi che compaiono implicitamente o esplicitamente nei lavori di T. S. Eliot e Samuel Beckett (Dublino, 1906 – Parigi, 1989) hanno a che fare dall’inizio fino alla fine della partita con la morte, col “checkmate”, la morte del Re, cioè lo scacco matto, dall’antico Persiano shah (il Re) mat (la morte). Il gioco degli scacchi dunque ha a che fare con una eliminazione o un annichilimento: il Re, che è al centro della partita di scacchi, deve essere ammazzato, mattato, essendo questo lo scopo del gioco. E poiché lo scaccomatto è il punto focale, il gioco deve essere visto nella sua prospettiva, una prospettiva che ha a che fare con un Re che viene ammazzato, cioè col martirio del monarca. Il termine martirio si riferisce a qualcuno che soffre una persecuzione e la morte in vista di una più ampia visione (dal greco martyros: testimone). Esempi di martirio si trovano nei lavori di alcuni modernisti inglesi e irlandesi.2 Nel momento del suo “checkmate”, al culmine del dramma, l’arcivescovo Tommaso Becket nell’”Assassinio nella Cattedrale” di Eliot discerne la realtà della sua condizione che è impersonale e trans-individuale, come capita anche a Tiresia nel poema “The Waste Land”, e a “Murphy”, il protagonista del romanzo di Samuel Beckett, quando viene sconfitto nella partita a scacchi da Mr. Endon.

La sorprendente partita a scacchi tra Murphy e Endon viene descritta nel romanzo “Murphy” di Beckett. In questo romanzo il protagonista inizia a lavorare come infermiere in un ospedale psichiatrico, la “Magione Maddalena della Misericordia Mentale” (Magdalen Mental Mercyseat), e scopre che la pazzia dei pazienti è un’attraente alternativa all’esistenza cosciente. Quest’opera narrativa è un esempio del grande interesse di Beckett per le possibilità artistiche e metaforiche degli scacchi.

Murphy di Samuel Beckett

Verso la fine del libro, Murphy fa una partita a scacchi con un paziente schizofrenico, il “più carino e docile di tutto l’istituto”, Mr. Endon. Murphy, però, non riesce a riprodurre il gioco simmetrico e ciclico del suo avversario, esattamente come è incapace di lasciarsi andare a uno stato di gioia catatonica, quindi abbandona la partita “con lo scacco matto nel cuore” e muore poco tempo dopo. Beckett riferisce la partita con una precisa notazione descrittiva e un commento comico e puntiglioso. La partita è presentata nelle note.3

Questa partita è molto particolare: nessuno pezzo verrà mai catturato nel comune intento di ritornare nella posizione iniziale. E’ chiaro che nessuno dei due giocatori sta giocando per vincere in modo convenzionale. Mr. Endon gioca un tipo di scacchi differente: siamo di fronte a una specie di gioco di scacchi contemplativo e esteticamente meditativo. In certo senso le mosse di Murphy sembrano più utili e dirette verso un obiettivo di quelle del suo avversario, ma in questo nuovo contesto le sue mosse diventano “brutte” (ugly), mentre i pezzi di Mr. Endon si muovono avanti e indietro come in una danza. Dopo aver visto innumerevoli posizioni scacchistiche convenzionali, è strano e divertente vedere una partita dove i pezzi vengono “liberati” dal loro ruolo consueto.

Murphy – Mr. Endon, Magdalen Mental Mercyseat, posizione finale dopo la 43a mossa del Nero

L’artista francese Marcel Duchamp aveva esposto nel 1913 in una galleria d’arte di New York, con scandalo, una serie di oggetti ordinari e strani, come un porta-bottiglie ed altro. Veniva così inaugurata una contro-cultura nichilista e fantasiosa, che presto diventerà un movimento definito come “Surrealismo” nella Parigi degli anni 1920. Ma Duchamp (Blainville-Crevon, 1887 – Neuilly-sur-Seine, 1968) pittore, scultore e scacchista francese, naturalizzato statunitense nel 1955, sapeva quel che voleva esprimere. Secondo lui, l’arte poteva evolvere anche se si trovava in un “impasse”. L’arte agli inizi del 900 era diventata meccanica, ortografica e derisoria, come era avvenuto nel gioco degli scacchi, poiché i maestri dell’epoca, temendo la sconfitta, finivano col fare spesso partite nulle (patte), in accordo con quanto esprimeva il teorico lettone Aron Nimzowitsch, precursore della “rivoluzione ipermoderna” contro il gioco meccanico. Questa rivoluzione era poi proseguita con Richard Reti, che nel 1923 aveva pubblicato “Modern Ideas in Chess”, un testo innovativo, considerato in seguito il manifesto del movimento scacchistico “ipermoderno”, un manifesto in armonia col pronunciamento di Savielly Tartakower: ”Anche gli Scacchi possono mostrare il loro cubismo”. Tartakower aveva poi indicato i giocatori della “Scuola Ipermoderna” – in particolare Gyula Breyer, Richard Reti e Aron Nimzowitsch – come i “Nuovi Filosofi”, che avevano esplorato regioni del pensiero di cui i teorici della scuola classica (Steinitz e Tarrasch) non avevano neppure sospettato l’esistenza.[4]

Tuttavia Duchamp con le sue famose produzioni, come Nudo che scende le scale, Il grande vetro, Fontana, aveva dato un impulso innovativo alla sonnolenta arte mondiale e contribuito a ispirare il movimento Dada, il Surrealismo e l’Astrattismo. Poi la passione per gli scacchi aveva preso il sopravvento, e Duchamp riscopre, attraverso questo gioco, una prospettiva d’una ricchezza fino ad allora inesplorata nelle arti. Una via regale che i Mussulmani avevano intuito più di mille anni prima: l’astrazione. Dopo questa constatazione, l’artista abbandona progressivamente l’atelier di pittura per frequentare assiduamente le sale silenziose e febbricitanti in cui si gioca a scacchi. Duchamp, che nel 1911 aveva dipinto un ”Portrait de joueurs d’échecs”, non esiterà a dichiarare nel 1920: ”Gioco giorno e notte e niente mi interessa maggiormente che trovare la mossa giusta. La pittura mi piace sempre meno”.[5]

Marcel Duchamp “Portrait de joueurs d’echecs”, Oil on canvas – 108 x 101 cm. – 1911, The Philadelphia Museum of Art, Philadelphia, PA, USA

 

Questo ritratto mostra l’interesse dell’artista per il cubismo e definisce la sua tecnica di “demoltiplicazione”. Ogni testa è composta da molti piani sovrapposti successivi, con i pezzi degli scacchi che galleggiano negli spazi indefiniti che li circondano. Il “Ritratto di giocatori di scacchi” è reso in una tavolozza dalla tonalità della terra, che Duchamp sostiene di aver raggiunto attraverso la pittura di luce a gas. Per questa composizione l’artista aveva realizzato sei disegni preparatori e un schizzo di olio, che riflettevano il suo crescente interesse per esprimere l’attività mentale dei giocatori piuttosto che la creazione di ritratti riconoscibili.

In seguito Marcel Duchamp aveva conosciuto a Parigi lo scrittore e drammaturgo irlandese Samuel Beckett, che vi si era trasferito in modo stabile nel 1939, preferendo “La Francia in guerra all’Irlanda in pace”. Beckett era un altro artista dedito al gioco degli scacchi ed era conosciuto a Parigi presso i caffè della Rive Gauche, dove aveva rafforzato la sua amicizia con James Joyce e Marcel Duchamp, con cui giocava regolarmente a scacchi.

Samuel Beckett, era uno degli letterati più influenti del XX secolo e la più significativa personalità di quel genere teatrale e filosofico definito come “Teatro dell’assurdo”. Un genere di teatro dominato dalla credenza che la vita dell’uomo sia senza senso e senza scopo, e dove l’incomunicabilità e le crisi di identità si rivelano nelle relazioni fra gli esseri umani. Samuel Beckett verrà insignito nel 1969 del Premio Nobel per la letteratura “per la sua scrittura che, nelle nuove forme del romanzo e del dramma, e nell’abbandono dell’uomo moderno acquista la sua altezza”. La passione di Beckett per gli scacchi compare in varie sue opere e traspare dall’insieme della sua produzione letteraria e teatrale.

“En attendant Godot” (Aspettando Godot) è la sua più famosa opera teatrale. [6] Questo dramma costruito intorno alla condizione dell’Attesa era stato scritto verso la fine degli anni Quaranta e pubblicata in lingua francese nel 1952, dopo la seconda guerra mondiale, in un’epoca post-atomica. La prima rappresentazione si era tenuta a Parigi nel 1953, al Théâtre de Babylone, sotto la regia di Roger Blin, che per l’occasione aveva rivestito anche il ruolo di Pozzo.

In “Endgame” (Finale di partita) un’opera teatrale in un solo atto scritta in francese da Beckett, e considerata uno dei suoi lavori più significativi, i protagonisti sono Hamm, un anziano signore cieco ed incapace di reggersi in piedi, ed il suo servo Clov, che al contrario non è capace di sedersi. Trascinano la loro esistenza in una casetta in riva al mare, nonostante i dialoghi suggeriscano che in realtà all’esterno della casa non esista più nulla, né mare, né sole, né nuvole. I due personaggi, dipendenti l’uno dall’altro, hanno passato anni a litigare e continuano a farlo durante lo svolgimento dell’opera. Clov vorrebbe continuamente andarsene, ma non sembra esserne capace. In scena sono presenti anche i due vecchissimi genitori di Hamm, che sono privi di gambe e vivono in bidoni della spazzatura situati in primo piano a sinistra. Il titolo è ispirato al modo in cui viene chiamata l’ultima parte di una partita a scacchi, quando sulla scacchiera non sono rimasti che pochissimi pezzi. Beckett era un appassionato di questo gioco ed il rifiuto di Hamm di accettare la fine imminente è paragonato a quello dei giocatori dilettanti che continuano a giocare non accorgendosi dell’inevitabile sconfitta, mentre i professionisti, di fronte ad una chiara situazione di svantaggio, sono soliti arrendersi abbandonando la partita.

Dunque, nel corso del secolo, gli scacchi diventeranno, oltre ad una ricreazione dello spirito, un passatempo prediletto dagli artisti più famosi: Marcel Duchamp, Juan Gris, Max Ernst, Paul Klee, Jean Cocteau, Louis Borges, Stefan Zweig, Vladimir Nabonokov, William Faulkner, Samuel Becket, Ingmar Bergman e John Cage.

Un artista interessante è Juan Gris, nome d’arte di José Victoriano González (Madrid, 1887 – Boulogne-sur-Seine, 1927), importante pittore spagnolo. Il periodo della sua maturazione definitiva era avvenuta tra il 1914 ed il 1918, negli anni in cui Gris si era allontanato dal cubismo analitico per arrivare al cubismo sintetico, diventandone uno degli interpreti più importanti. A differenza dei lavori dello stesso periodo di Picasso e di Braque, il cubismo di Gris è animato da uno spirito scientifico e razionale, che lo porta a un marcato distacco e a un certo intellettualismo classicheggiante. Gris, rifiutando il monocromatismo, dispone sulla tela combinazioni di colori armoniosi e luminosi: in queste zone di colore puro e intenso, l’interesse si sposta progressivamente dal soggetto alla struttura dell’immagine, analizzata e sintetizzata secondo modelli geometrici e matematici. In questo suo modo di dipingere molti critici hanno visto la forte influenza di Matisse su di lui.

Juan Gris – Violino e Scacchiera

Altro importante artista dell’epoca è Max Ernst (Brühl, 1891 – Parigi, 1976) pittore e scultore tedesco. Nel 1909 Ernst si era iscritto all’Università di Bonn per studiare filosofia, frequentando anche corsi rivolti alla psicologia e all’arte degli alienati. Trasferitosi successivamente in Francia, Ernst si era fatto apprezzare nel 1920 dai critici di Parigi, riuscendo ad esporre alcune sue creazioni presso la “Galerie Au Sans Pareil”, e aveva poi conosciuto alcuni esponenti del Surrealismo, come André Breton e Paul Eluard.

Max Ernst – Pezzi di Scacchi

Altra interessante artista è Maria Elena Vieira da Silva (Lisbona, 1908 – Parigi, 1992), pittrice portoghese e allieva di Fernand Léger, che negli anni 1950 era diventata internazionalmente nota per le sue dense e complesse composizioni influenzate dall’arte di Paul Cézanne. Una delle più importanti artiste astratte del dopo guerra, la pittrice si era avvicinata all’Espressionismo astratto e al Surrealismo ed alcuni suoi dipinti sembrano un’allegoria della incessante ricerca della Conoscenza e dell’Assoluto.

Maria Elena Vieira de Silva – Composizione scacchistica

Nel 1943 realizza questa vertiginosa composizione, dove le linee di fuga si annegano in un universo scacchistico e dove gli stessi giocatori si confondono nell’immensa scacchiera. La pittura, un esempio di arte astratta, rappresenta la stessa astrazione in cui si rifugiano i giocatori quando giocano le loro partite. Come le mosse si succedono una dopo l’altra, così la dimensione spazio-temporale è prolungata fuori dal campo visuale.

Un linguaggio universale

Sembra incredibile che il gioco degli scacchi sia durato tanto a lungo, nonostante editti religiosi, barriere linguistiche ed altri tipi di contrarietà e abbia potuto esercitare il suo fascino su culture tanto diverse. La sua resistenza nei secoli, che rappresenta già un risultato di per sé notevole, è la prova evidente che questo “gioco” ha un effetto catalizzante sul cervello umano. Così scopriamo che le persone non solo coltivano la passione per il gioco, ma anche che gli scacchi entrano a far parte della loro vita quotidiana e creativa, come è successo ad artisti, scienziati, psicologi, matematici, politici e teologi.

Nonostante che si dicesse contrario agli scacchi, anche Einstein giocava ed esiste la registrazione di una sua partita (una Ruy Lopez) col suo famoso collega, il fisico Robert Oppenheimer. Lo score della partita è nelle note.4

A. Einstein – R. Oppenheimer, Princeton, USA 1933, Posizione alla 24a mossa del Bianco (Einstein)

Albert Einstein aveva anche detto che “Gli scacchi tengono in catene, imprigionano la mente e il cervello, limitando la libertà anche dei più forti”. [7] Insomma quelle 32 figurine di legno sembrano emettere in modo invisibile una specie di forza magnetica e ipnotica che riesce a piegare anche le più forti volontà. La loro peculiare combinazione di complessità e semplicità hanno un effetto ipnotico straordinario: i pezzi e le mosse sono così elementari che possono essere capiti da un bambino di 5 anni, ma le combinazioni sono così ampie e diversificate che una persona sola non potrebbe mai giocarle o conoscerle tutte, così come non potrebbe mai conoscere tutte le partite che possono vedere la luce sulla scacchiera.

Si è anche detto che gli scacchi sono stati inventati per rendere visibile la pura astrazione e si è avanzata l’ipotesi della loro invenzione da parte del filosofo Pitagora, padre della matematica, per spiegare le teorie astratte nello studio dei numeri.

Un aneddoto dell’antica India rappresenta invece gli scacchi come un simbolo per conoscere verità nascoste. Una regina aveva designato il suo unico figlio come erede al trono, ma il giovane era stato assassinato. I consiglieri del regno, che cercavano un modo adatto per comunicare alla sovrana la tragica notizia, si erano rivolti a un filosofo. Dopo tre giorni di silenzio e meditazione, il filosofo aveva incaricato un falegname di scolpire 32 figurine in legno di colore bianco e nero e di tagliare una pelle conciata a forma di quadrato dove erano incisi 64 quadrati più piccoli. Sistemate le figurine sulla scacchiera, si era rivolto ad un suo discepolo dicendogli: ”Questa è una guerra senza spargimento di sangue”. Dopo avergli spiegato le regole del gioco, avevano cominciato a giocare. Presto si era sparsa la voce di una misteriosa invenzione e la regina in persona aveva convocato il filosofo per una spiegazione. Era rimasta ad osservare il filosofo mentre giocava col suo discepolo e quando uno dei contendenti aveva finalmente dato lo Scacco Matto all’avversario, facendo così terminare la partita, la regina, comprendendo il messaggio nascosto nella rappresentazione simbolica, si era rivolta al filosofo dicendo: ”Mio figlio è morto”. ”E’ come voi dite, Regina” aveva risposto il filosofo e la regina allora si era rivolta alla guardia reale del palazzo con queste parole: ”Lascia che il popolo entri a consolarmi.” [8]

Storie simili sono centinaia, forse migliaia. Quando le veniamo a conoscere non ci importa tanto sapere se siano storicamente accertate, quanto il loro messaggio e significato simbolico. Joseph Campbell sostiene in “Mito e Modernità” [9] che nei miti risiede quel tipo di saggezza che ha permesso agli uomini di sopravvivere nel corso dei millenni, e che nel nostro vivere quotidiano si palesa il legame con le diverse tradizioni del passato, si scoprono residui del mito nelle nostre azioni, nei nostri sentimenti, nei labirinti della psiche ed echi antichi nei moderni miti del progresso scientifico. Su mito e scienza è interessante conoscere l’opinione di uno dei maggiori fisici del ‘900 nella raccolta di saggi intitolata “L’immagine del mondo” [10] di Erwin Schrödinger (1887-1961), professore presso le Università di Zurigo, Berlino, Oxford e Dublino e premio Nobel per la fisica nel 1933. Nel libro Schrödinger inizia col grande dibattito sui fondamenti della meccanica ondulatoria, di cui fu fondatore e anche critico. In un secondo gruppo di saggi l’autore presenta una discussione sulle radici della comprensione razionale del mondo nel pensiero greco classico, di cui mette in luce lo straordinario sforzo teorico e individua alcuni caratteri essenziali comuni ai greci e al mondo occidentale. Infine, nella parte conclusiva del libro, in cui emergono le sue più vaste conoscenze filosofiche e religiose, Schrödinger discute il substrato comune alle rappresentazioni individuali come un riflesso dell’unità della Coscienza, di cui le coscienze individuali sono solo un parziale riflesso, così come avviene per le facce di un cristallo prezioso che rifrange e riflette in vari raggi un unico fascio di luce. Questa concezione si richiama alla filosofia indiana Vedanta, secondo cui la pluralità è frutto della nostra ignoranza sulla creazione, e afferma che solo l’esperienza mistica riconduce alla percezione della Mente universale. Questa esperienza, maturata anche attraverso la lettura del classico testo indiano “Bhagavadgita”, ha avuto un’importanza fondamentale per Schrödinger.

Conclusioni

Abbiamo visto come gli scacchi abbiano esercitato il loro fascino su culture molto diverse attraverso il tempo e siano entrati a far parte della vita delle persone, pervadendo il mondo della cultura e dell’arte e ispirando artisti, letterati e autori teatrali.

Inoltre i miti sorti attorno agli scacchi ci hanno svelato la loro origine remota e come essi non siano mai stati considerati come un semplice passatempo, ma, di volta in volta, una metafora della guerra, dell’intelligenza umana e della virtù spirituale.

E’ anche importante mettere in evidenza la dimensione etica degli scacchi, poiché sono un gioco con numerose e precise regole, e il rispetto di tali regole è una condizione indispensabile per il suo corretto svolgimento. L’osservanza di queste regole consente di sviluppare concetti di equità, di turnazione, di reciprocità e guida verso il rifiuto di quegli atteggiamenti di scorrettezza e ingiustizia che turbano il regolare svolgimento del gioco. Insomma gli scacchi sono un gioco competitivo dove però il rispetto per l’avversario e l’accettazione del risultato diventano atteggiamenti fondamentali.

Infine è necessario studiare: “La conoscenza è l’arma essenziale” proclama un antico poema persiano (il libro dei Chatrang), uno dei documenti più antichi che cita questo gioco, e la vittoria si ottiene con l’intelligenza e la conoscenza. E’ stato anche detto che “Ideas are Weapons” e che in questo gioco di guerra le idee sono più potenti della fortuna o della forza bruta.

Note al testo

1. “Vieni, giocheremo a scacchi o a dama; ci sono un centinaio di trucchi. Per trascorrere il tempo fino all’ora di cena, non aver paura, ragazza” (Women beware Women)

2. Il Modernismo è un movimento letterario tipico dei paesi di lingua anglosassone, situato tra il 1900 e il 1945. Ha affinità anche con l’opera di scrittori non anglosassoni, quali Luigi Pirandello in Italia, Louis-Ferdinand Céline in Francia e Franz Kafka in Cecoslovacchia. I suoi principali esponenti sono stati Thomas S. Eliot, poeta e critico statunitense che ha vissuto la maggior parte della sua vita in Gran Bretagna; il poeta e saggista statunitense Ezra L. Pound e lo scrittore irlandese James Joyce. A tutti gli effetti il modernismo è stato coetaneo delle varie avanguardie artistiche europee del primo ‘900 (come il futurismo, il dadaismo, il cubismo e il surrealismo). Sue caratteristiche sono la ricerca di nuove tecniche narrative e poetiche che rinnovino il romanzo e la poesia ottocentesca; l’attenzione al mondo del mito, dell’antropologia, della storia delle religioni; il distacco dell’artista dall’opera, che deve essere creazione perfettamente oggettivata e autosufficiente. Inoltre l’uso esteso di tecniche come il flashback; citazioni anche estese e non dichiarate, trame non sempre lineari e spesso omissioni di informazioni per il lettore.

3. Murphy – Mr. Endon – Magdalen Mental Mercyseat:

1.e4 Ch6 2. Ch3 Tg8 3. Tg1 Cc6 4. Cc3 Ce5 5. Cd5 Th8 6. Th1 Cc6 7. Cc3 Cg8 8. Cb1 Cb8 9. Cg1 e6 10. f3 Ce7 11. Ce2 Cg6 12. g4 Ae7 13. Cg3 d6 14. Ae2 Dd7 15. d3 Rd2 16. Dd2 De8 17. Rd1 Cd7 18. Cc3 Tb8 19. Tb2 Cb6 20. Ca4 Ad7 21. b3 Tg8 22. Tg1 Rc8 23. Ab2 Df8 24. Rc1 Ae6 25. Ac3 Ch8 26. b4 Ad8 27. Dh6 Ca8 28. Df6 Cg6 29. Ae5 Ae7 30. Cc5 Rd8 31. Ch1 Ad7 32. Rb2 Th8 33. Rb3 Ae8 34. Ra4 De8+ 35. Ra5 Cb6 36. Af4 Cd7 37. Dc3 Ta8 38. Ca6 Af8 39. Rb5 Ce7 40. Ra5 Cb8 41. Dc6 Cg8 42. Rb5 Re7 43. Ra5 Dd8 (0-1)

4. A. Einstein – R. Oppenheimer – Princeton, USA 1933 – Ruy Lopez:

1.e4 e5 2. Cf3 Cc6 3. Ab5 a6 4. Aa4 b5 5. Ab3 Cf6 6. O-O Cxe4 7. Te1 d5 8. a4 b4 9. d3 Cc5 10. Cxe5 Ce7 11. Df3 f6 12. Dh5+ g6 23. Cxg6 hxg6 14. Dxh8 Cxb3 15. cxb3 Dd6 16. Ah6 Rd7 17. Axf8 Ab7 18. Dg7 Te8 19. Cd2 c5 20. Tad1 a5 21. Cc4 dxc4 22. dxc4 Dxd1 23. Txd1 Rc8 24. Axe7 (1-0)

Bibliografia

[1] Thomas Middleton: “ Women beware Women”, Nick Hern Books Ltd., London 2005

[2] T. S. Eliot: “The Waste Land and Other Writings”, The Modern Library, New York 2002”

[3] Thomas Middleton: “A Game of Chess”, Manchester University Press 2003

[4] Ivano E. Pollini: “Dal Mondo degli Scacchi al Mondo della Bellezza”, SoloScacchi 2012

[5] C. Tomkins: “Duchamp: A Biography”, Henry Holt 1996

[6] Samuel Beckett: “En attendant Godot”, Les Editions de Minuit, Paris 1952

[7] Jacques Hannak: “Emanuel Lasker: Biographie eines Schachweltmeisters, mit einem Geleitwort von Prof. Albert Einstein”, Verlag “Das Schach-Archives”, Hildebrand, Hamburg 1984

[8] David Shenk: “Il Gioco Immortale”, Oscar storia, Mondadori Editore, Milano 2008

[9] Joseph Campbell: “Mito e Modernità”, Red Edizioni, Milano 2007

[10] Erwin Schrödinger: “L’immagine del mondo”, Bollati Boringhieri 2001

avatar Scritto da: Ivano E. Pollini (Qui gli altri suoi articoli)


18 Commenti a Gli Scacchi come metafora della Vita

  1. avatar
    paolo bagnoli 23 Dicembre 2012 at 09:11

    Formidabile. Non conoscevo gli scacchi di Ernst, così come ignoravo, in gran parte, le piéce di drammaturgia scacchistica. Ripeto: FORMIDABILE.

  2. avatar
    Fabio Lotti 23 Dicembre 2012 at 09:22

    Una bella rivisitazione culturale. Ci voleva!

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    Luca Monti 23 Dicembre 2012 at 10:50

    Anche per il precedente saggio – Dal mondo degli Scacchi al mondo della Bellezza -, esprimo gratitudine al Signor Ivano Pollini, per avere ancora una volta preferito la
    pacifica arena di SoloScacchi, a rappresentazione di una sua nuova ed interessante fatica letteraria.

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    Mongo 23 Dicembre 2012 at 12:51

    Spettacolare!!

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    Abu Yasin 26 Dicembre 2012 at 18:19

    Solo un piccolissimo appunto a questo bellissimo articolo….

    Laddove, all’inizio del capitolo “Il Movimento modernista e surrealista”, si indica la terminologia ‘Shah mat’ come araba, in realtà trattasi di lingua persiana antica…

    Importante fu il ruolo dell’espansione arabo-islamica dei secoli VII-IX per la diffusione del nobile gioco, ma la terminologia in questione è iranica….

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    Ivano E. Pollini 27 Dicembre 2012 at 11:59

    Ringrazio Abu Yasin per il gentile commento sull’articolo e la precisazione sull’etimologia di “Shah Mat”.

    Ripensandoci,anch’io credo che il termine “Shah” derivi dall’antico Persiano, coerentemente col libro dei Chatrang che ho citato. Inoltre l’Enciclopedia Europea Garzanti, alla voce scacchi, redatta dal Maestro Mario Monticelli, conferma che il termine “Shah” (Re) ha un’origine Persiana. 💡

    Naturalmente posso chiedere al Webmaster di Soloscacchi di apportare la correzione.

    Tuttavia ho avuto l’impressione che l’etimologia della frase “Shah Mat” sia suscettibile di più interpretazioni. 😕

    Si legge sul Web che il termine “Scacco Matto” deriva dalla frase Persiana “Shāh Māt” che significa letterariamente “il Re è sconfitto”. Il significato si è poi trasformato nel “Re è Morto”, poiché gli scacchi hanno raggiunto l’Europa attraverso il mondo Islamico e la parola Araba “māta مَاتَ” significa “morto”. Tuttavia va notato che nel linguaggio Iraniano “Pashto” la parola “mát مات” esiste col significato di “distrutto o rotto”. ❗

    Ma in Wikipedia leggiamo testualmente:”Lo scopo degli scacchi consiste nel dare “scacco matto” (dall’Arabo Shāh Māt, che significa “il re è morto”, derivante forse da un’errata traduzione del Persiano شاه مات Shāh Māt, che significa “il re è sconfitto” o “il re è indifeso”;) al re avversario. ❓

    La ringrazio nuovamente per l’interesse e la precisazione. 😛

    IEP

  7. avatar
    Marramaquis 27 Dicembre 2012 at 16:12

    Ivano, grande! Ci hai regalato un pezzo …. regale!

  8. avatar
    Abu Yasin 27 Dicembre 2012 at 23:41

    Al di là dei complessi risvolti delle questioni etimologiche, che difficilmente wikipedia potrà aiutarci a dirimere, è interessante notare come in lingua araba ( e presumo anche nell’attuale persiano, che ignoro ) permanga l’originale (?!) ‘wazir’ ( lett. “ministro”, da cui il nostro ‘visir’ ) ad affiancare il Re ( pers. ‘shah’, arab. ‘malîk’ ), dove ad una malcelata forma di misoginia va forse preferita una lettura di più marcato pragmatismo politico ( notoriamente il visir, braccio destro del Re, era spesso il reale depositario del potere di Corte ).

    “Scacco al Re” si rende con ‘kish Malîk’ ( dal verbo ‘kash’, “cacciare, scacciare”, usato anche in forma onomatopeica riferito al gesto di “scacciare gli insetti”; da segnalare una suggestiva variante del suddetto verbo che implica il significato di “restringersi, ridursi [ di tessuto ], da intendersi – preso molto per i capelli – come “lo spazio di manovra del Re” ), mentre “scaccomatto” diventa ‘kish mat’, dal verbo ‘mâta’ (“morire”;).

    E si potrebbe continuare ancora, senza dimenticare come la storia del “nobil giuoco” non sia esente da svarioni etimologici, come il curioso approdo francese a ‘Vierge’ ( vergine, donna ), probabilmente, tramite vari passaggi, dal persiano ‘feirz’ ( visir )…

  9. avatar
    Ivano E. Pollini 28 Dicembre 2012 at 15:24

    Signor Luca Monti, La ringrazio per le gentili parole d’apprezzamento in relazione ai miei due ultimi contributi a SoloScacchi.:smile:

    Scrivo su Soloscacchi perchè lo trovo un sito in cui si respira un’atmosfera che mi è congeniale. Molti interventi sono interessanti per gli aspetti storici, geografici e culturali e l’informazione scacchistica è notevole e up-to-date.:idea:

    Infine, grazie all’abilità e alla bravura del Vs Webmaster, la parte grafica, per quanto concerne i testi e le figure, è eccellente.:!:

    Cosa si può desiderare di più? ❓

    Grazie ancora

    IEP

  10. avatar
    luca miglioli 8 Gennaio 2013 at 21:00

    Bell’articolo che dimostra come gli scacchi nella storia sono stati e saranno amati;
    sempre tutto molto interessante e profondo…comunque io non sono per il “cubismo”
    ma rimango un amatore della scuola classica 😎
    CIAO

  11. avatar
    Paolo Perico 4 Febbraio 2013 at 10:45

    Leggere questo interessantissimo articolo ed avere la fortuna di conoscerla personalmente, ascoltando anche dal vivo segreti e aneddoti è un valore aggiunto che puo’ solo aumentare la mia passione per il gioco degli scacchi.
    Un enorme Grazie!

  12. avatar
    Hector 8 Febbraio 2013 at 22:38

    This beautifully written and illustrated article takes us on a dizzying journey and leaves us full of curiosity for more. I enjoyed this article enormously and hope to be reading this author again soon. He certainly gives food for thought.
    It would be interesting to look at the links with other art forms such as architecture and music.

  13. avatar
    Eulalia 8 Febbraio 2013 at 22:41

    Interessantissimo!

  14. avatar
    Aeolus 11 Febbraio 2013 at 23:00

    Un vrai coup de maitre. Cet article est pour moi une vraie révélation. J’en félicite l’auteur avec grand enthousiasme.

  15. avatar
    H.B.Smithson 11 Febbraio 2013 at 23:12

    This is a hugely enjoyable article. I had not realised to what extent chess figures in the arts. I will now be looking out for more such examples. I am particularly interested by the way in which the author the author shows the game to be a parallel to human emotion and experience. I had particularly enjoyed his article on chess and beauty and was very interested to see this new piece.
    I hope we will not wait too long for the next article to appear. Perhaps, if I could make a suggestion. these articles could be translated so as to reach a wider readership. They deserve to.

  16. avatar
    anna 7 Agosto 2013 at 11:39

    Non so giocare a scacchi, non conosco il mondo degli scacchi ma il Tuo articolo è splendido.

    • avatar
      Ivano E. Pollini 7 Agosto 2013 at 16:18

      Ciao Anna!

      Grazie per il tuo entusiastico commento.

      Puo’ darsi che ti interessi leggere questo articolo in una forma piu’ completa e interessante.

      In tal caso, vai su Google scrivi “www.schemingmind.com” e poi clicca su “Articles” e lo vedrai comparire in English con molte nuove figure e testo amplificato.

      Se vuoi, puoi aggiungere le tue impressioni.

      Best wishes

      Cari saluti 🙂

      IEP

      • avatar
        anna 18 Agosto 2013 at 17:21

        Ciao Ivano,
        grazie mille. Andrò senz’altro su google all’indirizzo che mi hai dato. Cari saluti a te e alla tua Super Polli.

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