Chi fu Emanuel Lasker?

Scritto da:  | 11 Febbraio 2013 | 24 Commenti | Categoria: Personaggi, Scacchi e scienza, Stranieri

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Chi fu Emanuel Lasker? Qualcuno saprà che Lasker fu uno dei più grandi campioni di scacchi del XX secolo, conquistò la corona dello scacchismo mondiale battendo il grande Steinitz e mantenne il titolo per ventisette anni, a iniziare dal 1894. Nonostante fosse stato accusato, probabilmente a ragione, di aver evitato spesso di mettere in discussione il suo primato (ad esempio evitò la sfida con Rubinstein), difese in più circostanze la sua carica, con risultati più che convincenti. Capablanca lo sconfisse nel 1921.

Gli scacchisti sono, naturalmente, interessati agli aspetti tecnici e agonistici del gioco di Lasker. Eppure lo stesso Lasker non sarebbe stato soddisfatto di essere ricordato solo per questo. Nonostante i genitori si opposero al principio alla sua ascesa scacchistica, prevedendo che il figlio sarebbe uscito scapestrato e squattrinato, lo spinsero verso gli studi fino a che Emanuel si iscrisse alla facoltà di matematica. Ma lì viene ben presto a scoprire che il suo Rettore era il capo del circolo di scacchi locale, e così uno dei suoi insegnanti. Questa è una sorpresa comune. Anche io nel mio piccolo, io che non arriverò mai a fregiarmi del titolo di campione del mondo di scacchi neppure per un giorno, non scorderò mai il giorno in cui, entrato nel grande circolo di Siena, il CRAL, incontrai Marco Bettalli, un grandissimo professore, eruditissimo e straordinario sotto tanti aspetti, che mi disse: “Vede, Pili, io vengo qui da quando ero alto così”. E mi mostrò con la sua mano quante spanne di altezza aveva a quell’epoca. Più o meno quanto ero alto io da “adulto”: Marco Bettalli sarà sull’uno e novanta e io sono alto uno e sessantatre! A parte questo momento, in cui me la ridevo sotto i baffi, ricorderò sempre il piacere di scoprire un proprio maestro amante del gioco, per ritrovarlo al circolo di scacchi.

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Ma Lasker era una mente troppo ampia, di intelligenza sconfinata per non trovare che la matematica è un regno assai concreto in cui le entità numeriche sono qualcosa di molto di più di semplici esseri astratti che stanno da qualche parte nella nostra testa o fuori di essa. Egli diventò abbastanza celebre ancora in vita per il suo famoso teorema, oggi noto come Lasker-Noether, una cosa abbastanza astrusa per non interessarci in questa sede.

I matematici e i filosofi sembrano accomunati da tante caratteristiche estrinseche ed essere distanti per tante caratteristiche intrinseche. Entrambe le figure sono eccentriche, vivono sulla polvere di libri antichi e moderni di cui, comunque, quasi nessuno ha mai sentito parlare. E di quelli di cui si è sentito il titolo, non si ha certo un bel ricordo, come de La critica della ragion pura. Le conversazioni con matematici e filosofi sono spesso noiose, distanti, sempre lontane dai normali confini della quotidianità, il che li rende come i monti: affascinanti da lontano, non necessariamente da vicino e siderali sulla vetta. Entrambi, poi, non è chiaro di che cosa vivano. Chi dei numeri, chi delle argomentazioni. Sta di fatto che nessuno ha mai addentato un numero né in quantità finite né in quantità infinite, numerabile o più che numerabile! Né si è mai riusciti a mangiare una buona argomentazione, che, anzi, molto spesso fanno venire il mal di stomaco, sicché sia i matematici che i filosofi sembrano accomunati dall’antico scopo, sempre mal compreso, di voler vivere una vita di barboni felici.

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D’altra parte, matematici e filosofi hanno anche delle vigorose differenze. I filosofi tendono ad essere abbastanza moralistici, mentre i matematici sono più indifferenti alle umane vicissitudini, di cui non sempre comprendono le svariate sottigliezze. I matematici, poi, almeno forniscono delle solide teorie per la fisica, che ormai sanno tutti che ha cambiato il mondo. Ma la filosofia, a parte la definizione rigorosa dei diritti umani, accettata troppo di recente dagli istituti internazionali (ONU) e dal diritto internazionale (di cui, però, nessuno scommetterebbe sulla sua esistenza), che cosa ha prodotto di concreto? Anche perché chi si ricorda che cosa sono i diritti umani, se non delle libertà definite per essere calpestate? Di certo hanno prodotto libri. Certo, i libri. Ah, quelli buoni, buoni per accendere i fuochi! E che ne accendono anche ben pochi, data la loro limitata tiratura… Giustissimo. A parte questo?

A parte questo, i matematici e i filosofi sono due entità molto simili, differiscono, in fondo, solo dalla consistenza della soluzione ai problemi. I secondi dicono quello che i primi potrebbero rendere più rigoroso. E così, tutti i matematici sono un po’ filosofi e tutti i filosofi sono un po’ matematici. Si sottovaluta sempre troppo spesso il fatto che gli esseri umani sono tante cose contemporaneamente. Tantissimi filosofi sono stati, a loro tempo, scienziati, matematici, logici, attivisti politici. Marx fu un economista, Russell un logico e attivista politico, J. S. Mill fu un grande portavoce del problema dei diritti delle donne, Pascal fu un grande scienziato, Descartes un fisico teorico, Leibniz un logico. Gli esempi non si contano. Così anche Lasker non fu solo un giocatore di scacchi, non fu solo un grande matematico.

Lasker scrisse tre opere di filosofia, di cui solo una tradotta in italiano, La lotta. Scrisse anche altri due lavori, uno, in particolare, di dimensioni ragguardevoli sulla teoria della conoscenza (vedi bibliografia) nello stesso periodo in cui Popper scriveva la sua filosofia della scienza e i filosofi del circolo di Vienna parlavano delle proposizioni protocollari e di come solo queste ultime fossero le uniche dotate di valori di verità, perché verificabili dalle scienze empiriche. Che Lasker avesse scritto lavori di epistemologia e filosofia, chi lo sapeva e chi lo sa?

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Ognuno costruisce la sua propria credibilità sulla base di due condizioni: i risultati oggettivi e la loro ricezione. Se anche solo una delle due condizioni cade, la propria credibilità viene meno. Certo, c’è da stabilire cosa significhi che un “risultato sia oggettivo”: raggiungere una cattedra accademica attraverso una raccomandazione è un risultato oggettivo. Ma noi, qui, vogliamo solo parlare delle opere. E nel caso delle opere il problema del loro valore oggettivo è importante, perché se non lo sono, presto o tardi non le leggerà più nessuno. Viceversa, presto o tardi, se l’opera ha un suo rilievo, la leggerà qualcuno.

Lasker tentò varie volte di pubblicare importanti lavori filosofici, senza suscitare alcun interesse accademico. Eppure La lotta è un libro straordinariamente profondo, anticipatore della teoria dei giochi, oggi così rigorosamente studiata dai matematici e che ha avuto applicazioni fruttuose in molti campi delle scienze (come l’economia). Ne La lotta Lasker analizza la logica generale delle condizioni di conflitto fornendo un quadro teorico filosofico che è straordinariamente interessante, preciso e molto acuto. Eppure quasi nessuno lo ha letto. La sorte degli altri lavori di Emanuel è ancora più sfortunata. Parlando con un mio editore, è venuta a galla la straordinaria scoperta che alcuni suoi libri sono talmente rari che ne esistono solo una o due copie in vendita da negozi antiquari per la modica cifra di mille euro, ordinabile solo dagli Stati Uniti! Non si tratta più, dunque, di libri interessanti per il contenuto, ma per il valore estrinseco dell’oggetto. Così la filosofia di Emanuel Lasker sembra essere quasi del tutto condannata. Sembra incredibile, nel mondo della globalizzazione, del web e dell’accesso immediato alle informazioni. Ma sono gli uomini a fare il sapere, sono gli uomini a conservarlo. Se un libro importante viene ignorato, be’, è condannato a sparire.

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Perché questo destino ingrato? Le persone riconoscono in Lasker il matematico e lo scacchista. Non il filosofo. Quando una persona vive, se vive, allora gli vengono associate delle proprietà. In base a quelle verrà giudicato anche da chi non lo conosce affatto. Così si formano determinate aspettative, si formano pregiudizi, e i pregiudizi si diffondono con straordinaria rapidità proprio perché non è necessario che siano giustificati. La storia riporta innumerevoli casi di questa triste considerazione, sin dall’antichità: basta leggere Cesare,1 quando riporta il caso dei galli che censuravano le informazioni perché non si diffondessero voci fallaci, oppure basta leggere il Karnow, quando ricorda come le analisi degli analisti americani lasciavano filtrare solo i pregiudizi favorevoli sugli esiti della guerra in Vietnam, censurando accuratamente le critiche; due casi, questi, tratti dalla storia antica e recente per testimoniare un unico fenomeno.

Le persone fanno proprie le aspettative su Lasker e sarebbero pronti a scommetterci il loro stipendio. Lasker vince, e ogni persona rafforza l’idea che è un grande scacchista. Lasker vince, e ogni persona rafforza l’idea che egli non è qualcosa di diverso da uno dei tanti campioni di scacchi. Lasker dimostra un teorema, e presto o tardi verrà apprezzato per questo. Lasker dimostra un teorema, e gli uomini crederanno che vive nell’interregno numerico, quello dove un 1 è simile a un K. Così per ogni vittoria, per ogni teorema si forma un’aspettativa, cresce un pregiudizio. Chi è Lasker, allora? Ah, lo scacchista, il matematico!

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Il processo è ineluttabile, le sottigliezze richiedono tempo, la compenetrazione di più qualità rende difficoltoso e costoso ogni ragionamento. Meglio non farne. E così quando arriva il turno della filosofia per Lasker è già troppo tardi. Chi può ascoltarlo? Non ha un pubblico interessato alla sua filosofia. Tanto tutti ne hanno una. Il fatto che sia un matematico e un campione del mondo non significa che gli accademici filosofi possano interessarsi. Perché dovrebbe scrivere qualcosa di interessante? Per diventare un accademico bisogna avere amici importanti, che garantiscano per te, su quanto dici. I risultati oggettivi sono solo la condizione necessaria e non sufficiente per essere letto, l’abbiamo visto. Per garantirsi la ricezione occorre ben altro. E così Lasker con i suoi successi scacchistici, con la sua qualità di matematico si è trincerato dietro una linea invisibile, ma concreta, oltre la quale c’è quel mondo che non sarà mai disposto ad ascoltarlo.

E così, alla domanda “chi fu Emanuel Lasker”, a settant’anni dalla sua morte, molti risponderanno: “non lo so”, altri “il grande scacchista” altri ancora “il grande matematico”. Ma nessuno risponderà: “il grande filosofo”.

Bibliografia

Chicco A., Porreca G., Il libro completo degli SCACCHI, Mursia, 1985.

Cesare C. G., La guerra gallica, Rizzoli, Milano, 1997.

Lotti F. (2012), I re degli scacchi: Emanuel Lasker, soloscacchi, http://soloscacchi.altervista.org/?p=30533.

Lasker E., (1907), La lotta, Scacchi e Scienze Applicate.

Lasker E., (1913), Das Begreifen der Welt.

Karnow S., (1983), Storia della guerra del Vietnam, Mondadori, Milano.

Kant E., (1787), La critica della ragion pura, Laterza, Roma-Bari.

Il gioco dei re, Rudi Mathematici, 2012, n. 167, http://www.rudimathematici.com/archivio/167.pdf

Pili G., (2010), 2001, Filosofia negli scacchi, Scacchitalia, http://www.federscacchi.it/scacchitalia/2010/scacchitalia2010_1_S.pdf

Pili G., (2012), Un mistero in bianco e nero. La filosofia degli scacchi, Le due Torri, Bologna.

1 Nella letteratura storica latina i casi non si contano: Tito Livio spesso riporta più pregiudizi che fatti storici, specialmente nei primi due libri, vinto dalle voci correnti sul passato di Roma; Tacito ne La germania parla dei germani spesso con un tono di invidia nostalgica per quel passato virile romano che egli rivedeva nella Germania dei suoi tempi. Ma pure il genio greco Tucidide, invece, racconta di come gli uomini si lascino influenzare spesso nella valutazione delle forze dalla quantità numerica, riuscendo a definire le dimensioni numeriche in base ai loro pregiudizi. Ma come non ricordare i numeri riportati da Senofonte, così spesso discutibili. Insomma, non solo le idee oscure e confuse hanno una attrattiva ben maggiore della verità, ma la loro forza di persuasione è talmente elevata da avvinghiare anche geni e uomini di talento.

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24 Commenti a Chi fu Emanuel Lasker?

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    fds 11 Febbraio 2013 at 08:57

    L’analisi di come vanno certe cose è chiara.
    Un sottile senso di amarezza per questo pure.
    Vogliamo aggiungere un qualcosa di ottimistico, una qualche speranza che nel futuro le cose possano andar meglio?
    😉

    Chessò, l’auspicio che la cultura individuale e di massa, che la razionalità, che l’oggettività crescano?
    Personalmente non ci credo :mrgreen: ma un messaggio, appena appena ottimistico, male non può fare.

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      Giangiuseppe Pili 11 Febbraio 2013 at 13:15

      Segnalo un refuso: “…a settant’anni dalla morte…” e non a “sessant’anni”. Ma sarebbe valsa anche allora giacché la condizione se vale a settanta vale anche a sessanta. Comunque…

      Caro fds,

      Non era mia intenzione essere “pessimista”, semmai realista. Ma se hai colto un tale accento, allora ci doveva essere. Ad ogni modo, io non sono mai stato convinto dell’esistenza del pessimismo o dell’ottimismo da un punto di vista assoluto. Sono sempre soggetti a punti di vista, sicché è una condizione individuale e soggettiva! Essere ottimisti o pessimisti è una questione sentimentale, non vagliabile dalla ragione, sicché…

      Poi in realtà c’è anche dell’ottimismo, se vogliamo: presto o tardi un’opera se è buona sarà anche letta e difesa e divulgata. Cosa che ho cercato di fare indirettamente proponendo questo articolo. Perché, alla fine, La lotta è giunta alla mia scrivania e, spero, che grazie a questa segnalazione possa giungere ad altri e altri ancora così che, finalmente, la conoscenza di Emanuel Lasker si divincoli da quei pregiudizi (inevitabili, aimè) che ogni uomo porta con sé anche dopo la propria morte!

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        Mongo 11 Febbraio 2013 at 16:29

        Coretto refuso e mozzata la mano destra al nostro impaginatore. 😉

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          Joe Dawson 11 Febbraio 2013 at 20:10

          Uh! Un coretto?!? e quale?? quello dello Zecchino d’oro?? 😉
          Un plebiscito mondiale impone ora l’automozzamento della mano sinistra del Mongo che… ovviamente da tal momento prenderà il nuovo nome di Monco! 😉

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    Massimiliano Orsi 11 Febbraio 2013 at 11:37

    Tutto molto interessante, pero’… ancora si racconta questa storia che Lasker evito’ il confronto con Rubinstein. A parte il fatto che gli accordi per un match erano a buon punto quando scoppio’ la guerra nel 1914 e i due si trovarono su fronti opposti; ma la cosa principale da considerare era che Lasker non giocava per i motivi che noi a 100 anni di distanza pensiamo di attribuirgli: egli giocava per soldi, come tutti i migliori giocatori dell’epoca. Un match mondiale era una cosa seria, si trattava di mettere in palio il proprio benessere economico e quello della propria famiglia, magari viaggiando dall’altra parta del mondo per sei mesi, con le spese che cio’ comportava. L’onere della borsa era quindi sulle spalle dello sfidante, e a tutti sembrava giusto fosse cosi’. Ricordo che Lasker, nonostante i suoi titoli scacchistici e accademici, ebbe in seguito moltissimi problemi economici che lo portarono prima ad emigrare in Unione Sovietica e poi negli Stati Uniti dove mori’ in poverta’.

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      Giangiuseppe Pili 11 Febbraio 2013 at 17:35

      Carissimo,

      Niente in contrario alla tua obiezione. Io mi sono limitato a riportare quanto ho trovato scritto da altri. Non ho tratto un giudizio su Lasker. Né ho ragione di pensare che tu non abbia ragione. Di fatti non ho tratto giudizi sulle motivazioni di Lasker. E aggiungo che se anche avessi avuto la certezza del fatto che lui aveva ragioni, per così dire, poco nobili non l’avrei detto perché il mio articolo voleva considerare Lasker esclusivamente dal punto di vista del Filosofo sconosciuto. Tanto meglio se le ragioni erano, invece, più motivabili. Su Lasker scacchista c’è una letteratura sterminata alla quale io ho avuto accesso molto limitatamente. Su questo, d’altronde, chiunque può fare le sue ricerche e sono sicuro che trarrà molte informazioni interessanti a me sconosciute!

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    paolo bagnoli 11 Febbraio 2013 at 21:02

    Della personalità di Lasker ho sempre “non capito” due aspetti tra loro apparentemente contrastanti. Primo: sulla scacchiera era fondamentalmente uno scettico, non credeva in verità assolute e tanto meno rivelate. Secondo: la sua “ingenuità” riguardo ad alcuni aspetti della vita.
    Mi scuso con Pili per essere scivolato verso gli scacchi, mentre il suo interessante articolo volgeva da altre parti; ritengo, comunque, che Lasker sia una delle personalità più interessanti e forse enigmatiche che abbiano attraversato il mondo della scacchiera.
    Un grazie all’Autore.

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      Giangiuseppe Pili 11 Febbraio 2013 at 22:17

      Carissimo,

      Ti ti ringrazio, dunque, per il commento. E’ naturale che, per (noi) scacchisti Lasker rimarrà sempre principalmente uno scacchista (d’altronde, specifichiamolo, lo è: per quanto le sue opere filosofiche possano essere valide, esse rappresentano la parte meno cospicua del suo ingegno, non per finezza ma per quantità e durata nel tempo: i suoi studi scacchistici -in senso lato- lo riguardarano per tutta la vita. La filosofia non così tanto). Tornando, dunque, ai tuoi punti: per quanto riguarda il suo scetticismo, dici bene, da un lato ma c’è un aspetto che dovresti considerare. Lasker aveva a cuore la vittoria non gli scacchi, per meglio dire, come direbbe egli stesso, lo scopo di un conflitto è riportare il massimo vantaggio. Ecco, dunque, il massimo vantaggio (come lo definisce lui ne La lotta) è un fatto ASSOLUTAMENTE oggettivo, tanto che esso può essere valutato dallo spettatore della contesa. Dunque, il suo scetticismo è in merito alla qualità delle mosse, ma non all’efficacia, che si misura in parametri diversi dalla perfezione scacchistica. E l’efficaci è un fatto incontestabilmente PIU’ oggettivo (nella maggioranza dei casi) delle discussioni sulla qualità delle mosse. Per quanto riguarda la sua “ingenuità”… be’, che dire? Primo non ne so abbastanza su Lasker, ma so che nessuno può essere razionale, efficace o metodico (dipende da come uno si considera) nello stesso tempo in ogni ambito della vita. E così, chi è molto razionale e rigoroso in alcuni ambiti, inevitabilmente non lo è in altri. Concludendo con le parole di Sun Tzu: “L’ordine genera caos”. E così, tanto più deve valere il principio perché di ordine ne ha sempre cercato molto!

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      fuser 17 Febbraio 2013 at 13:54

      In una intervista sempre al prof Odifreddi pubblicata su Repubblica Kasparov defini’ Botvinnik un ingegnere che giocava da ingegnere e Lasker un logico che giocava da psicologo. Parere breve ma autorevole credo.

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    Andrea 11 Febbraio 2013 at 21:52

    Leggo, purtroppo, alcuni dei soliti luoghi comuni circa i matematici e la loro attività.

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      fuser 17 Febbraio 2013 at 15:38

      potresti fare un esempio di quello che affermi ?
      grazie e ciao

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        alfredo 17 Febbraio 2013 at 22:47

        penso di aver capito … discorso troppo complesso per essere esaurito in poche battute ma che mi piacerebbe continuare . comunque sia tra i filosofi quanto tra i matematici c’è una distribuzione gaussiana diciamo cosi’ dei comportamenti . esemplificando tra i matematici ci sono i pazi veri ( il film è totalmente fuorviante) come john Nash , gente che rifiuta un milione di dollari per avere risolto la congettura di Poincare ( ovviamente mi riferisco a Perelman e uesta sua dimostrazione è considerato la piu’ grande acquisione scientifica di questo secolo , forse eguagliata ora dlla individuazine del bosono di Higgs) a persone del tutto normali e dalla parte opposta a persone assolutamente normali . e poi i matematici sono una cosa . e sono una categoria molto ristretta . i professori di matematica altra cosa . lasker fu un vero matematico , Euwe un laureat in matematica . Se il GM Nunn non avesse abbandnato la mateatica per gli scacchi avrebbe vinto probabilmente una medaglia Fields . e mi ha dato l’impressione di una persona assolutamente normale , cosa confermata da chi lo conosce meglio di me .

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          Giangiuseppe Pili 18 Febbraio 2013 at 00:24

          Visto che il punto è stato ripreso… aggiungo una nota, così da definire la questione, spero, in modo più chiaro.

          a) L’ironia fa parte del mestiere di chi scrive. Ho diversi amici matematici che non sono più eccentrici di quanto lo sono io. Certo, c’è chi mi stima abbastanza eccentrico ma non mi definirei abbastanza eccentrico da essere definito come esempio di tale proprietà! Tant’è vero che nell’articolo si parlava di proprietà comuni a matematici e filosofi (proprietà ESTRINSECHE, vale a dire di quelle proprietà la cui predicazione, se tolta, non inficerebbe la definizione dell’oggetto). E ho apposta messo la categoria filosofi (affiancata a quella dei matematici (!)) alla quale non mi arrogo di appartenere, ma di certo, se non le appartengo, mi sforzo di avvicinarmici. E l’ironia è rivolta proprio al fatto che essa mostra, in controluce, quanto di pregiudizievole ci sia in genere in chi non conosca né i matematici né i filosofi. E aggiungo che, allora, curiosamente ci si sarebbe dovuti porre il medesimo problema per… i filosofi! O loro sono più eccentrici dei matematici? E di loro, invece, è giusto sottolineare l’inutilità e eccentricità (esplicitamente inserite nell’articolo). Si trattava di un’ironia che sfruttava le aspettative di quanti avrebbero sottoscritto intuitivamente la verità di quelle parole e, nonostante queste!, giacché l’ironia quando afferma nega, come è noto nell’arte oratoria da lungo tempo!
          b) Per quanto riguarda il teorema di Noether-Lasker… non lo conosco abbastanza per parlarne e non parlo mai di cose di cui non ho la padronanza almeno del concetto saliente. Quando si cerca di essere rigorosi quel tanto che basta da dire solo cose di cui si può difendere ragionevolmente l’origine e la provenienza, si evita di menzionare ciò che, invece, non si sa! O, almeno, questa è la garanzia che io offro ai miei cari lettori, ai quali non offro mai più di quello che conosco con certezza (o con una soglia di ragionevolezza sulla quale sarei comunque disposto a puntare).
          c) In fine, vorrei sottolineare che si trattava di una rivisitazione critica di una figura che sarebbe potuta essere importante anche in altri ambiti. Nell’articolo non parlo di Lasker né poco né molto come scacchista, dei suoi sistemi di gioco o di pensiero applicati agli scacchi. E non l’ho fatto volutamente e consapevolmente, e non solo perché sono assolutamente convinto che c’è chi che, meglio di me, può trattare l’argomento e l’ha fatto (sussistono meravigliose monografie su Lasker e il nostro caro Lotti ce ne ha fornito un buon esempio), ma volevo mostrare due fatti: uno, che Lasker fu anche un filosofo acuto e, due, che non fu considerato tale… proprio perché grande scacchista e matematico! E, dunque, nuovamente sorge l’ironia che mostra come la propria grandezza possa oscurare un altro grande lato del proprio essere!!

          Caro Fuser-Alfredo, prendi queste righe solo come precisazione. Senza assolutamente nulla di polemico, anzi! Ti ringrazio per avermi dato l’opportunità di chiarire il punto già sottolineato precedentemente che io ho considerato poco argomentato. Dal canto mio accetto volentieri le critiche, anche le più feroci, ma solo a condizioni che siano ben motivate. Evidentemente l’ironia può essere sfuggita e forse è stata una mia mancanza stilistica, me ne rendo conto. Ciò non toglie che non mi sentissi abbastanza stimolato da fornire una giustificazione ulteriore alle mie parole. Non me ne voglia nessuno! Mentre tu me ne hai fornito l’occasione, dunque, ti sono grato di questo e dei tuoi sempre graditi e pertinenti commenti!

          P.S.
          La famosa citazione di Einstein la conoscevo… e penso che dica molto di quel genio involuto che, come tanti uomini oppressi dalla solitudine, tendono a chiudersi sempre più nei loro pensieri così da sembrare impermeabili al mondo esterno e agli amici… E’ spesso un risultato di una triste solitudine, di cui ho fatto a mie spese esperienza ed è un fatto che, dopo una certa soglia, sembra non essere più eliminabile! Di questo curioso fatto scrissi delle pagine, ispirandomi a questo curioso fenomeno, nel mio primo ebook, 2001, Filosofia negli scacchi.

          Grazie ancora, dunque!

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            Alfredo 18 Febbraio 2013 at 08:40

            Grazie a te caro Giangiuseppe. Ho scoperto che siamo uniti in qualche modo da un anello di congiunzione. Per quanto non lo apprezzi molto ritengo interessante anche quel che scrive Fine nel suo Psicologia del giocatore di scacchi.
            Ho la stessa considerazione della psicanalisi che ne aveva Nabokov e mi ritrovo appieno nelle argomentazione del filosofo francese Onfray.
            Mi ha molto colpito, da medico, che in fondo Lasker e Fischer si lasciarono morire nella stessa maniera; rifiutando di essere cateterizzati per una insufficienza renale provocata da una ritenzione di urina secondaria a una ipertrofia prostatica.
            Se Fischer avesse accettato questa manovra non sarebbe peggiorata la sua insufficienza renale e se anche fosse peggiorata con le
            moderne tecniche emodialitiche sarebbe ancora tranquillamente vivo, ma non sarebbe stato Fischer! Anch’io forse non accetterei la tortura di essere sottoposto un giorno si e un giorno no a ore (una volta erano tantissime, ora in fondo solo tre o quattro) di dialisi .
            Fine conclude dicendo che in Lasker la componente intellettuale aveva del tutto sostituito la componente fisica.

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              Giangiuseppe Pili 19 Febbraio 2013 at 01:07

              Carissimo,

              Sempre pertinente e gradite le tue considerazioni. Anche io ho letto il libro di Fine e anche io lo trovo variamente criticabile. Ad iniziare dalla posizione psicoanalitica! Comunque, nel sito, se scrivi nella pagina “email” mi arriva direttamente nella mia casella di posta… Dunque, se volessi, sei invitato.

              • avatar
                alfredo 19 Febbraio 2013 at 21:26

                ne approfittero’ senz ‘ altro 😉
                ciao e grazie

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    Luca Monti 12 Febbraio 2013 at 11:31

    Nel precedente lavoro -Incontro d’autore- del 12 gennaio,l’autore scrisse di un suo
    progetto condiviso dalla direzione del sito,circa la pubblicazione di una serie di
    articoli con considerazioni e analisi su -L’Arte della guerra- di Sun Tzu. Vedendo
    oggi una pubblicazione differente,chiederei se l’idea fosse tramontata (e spererei
    di no),oppure semplicemente in gestazione per un futuro prossimo.Grazie per i suoi
    lavori.

  6. avatar
    fuser 16 Febbraio 2013 at 20:53

    Al caro e bravissimo Giangiuseppe vorrei segnalare il breve saggio dedicato a Lasker da Piergiorgio Odifreddi, che si può trovare nel libro “il matematico impertinente”. Mi piacerebbe sapere se Giangiuseppe lo conosce. Comunque ottimo e abbondante come al solito.

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      Giangiuseppe Pili 17 Febbraio 2013 at 12:39

      Caro Fuser,

      Conosco il testo di cui parli solo di fama. Credo che nella libreria paterna compaia il libro. Ci guardo. Ti ringrazio molto per la segnalazione. Se lo becco e lo leggo (per la parte che hai segnalato), ti farò sapere su questi schermi!

      Grazie!

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        fuser 17 Febbraio 2013 at 13:59

        Caro Giangiuseppe anche se è cambiata la foto e ho assunto questo nick sono sempre Alfredo . Ho visitato il sito in cui compaiono i tuoi scritti . Veramente molto interessante e stimolante . complimenti anche per quello 😉

        • avatar
          Giangiuseppe Pili 17 Febbraio 2013 at 14:21

          Ah, grazie mille! Mi fa piacere che abbia apprezzato il sito, frutto di tanto lavoro!

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            alfredo 17 Febbraio 2013 at 22:20

            “Lasker è tato una delle persone piu’ interessanti che abbia conosciuto negli ultimi anni .Le mole conversazioni che avemmo erano a senso unico : io ricevevo piu’ di quanto davo perché per lui era piu’ naturale dar forma ai propri pensieri che stare a sentire quelli altrui .Mi sembra che gli scacchi fossero per lui piu’ una professione che una ragione di vita e che i suoi veri interessi fossero la comprensione scientifica e la bellezza logica” Albert Enstein 1952 ( continua) 😉

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              alfredo 17 Febbraio 2013 at 22:31

              caro Giangiuseppe ho visto che definisci ” astruso ” il teorema di Lasker – Noether . Non sono un matematico ( anche se per motivi di amicizia personale ne ho conosciuti molti ). Il teorema non è altro , come spesso avviene la versione moderna di un risultato antico in questo caso il famoso teorema fondamentale dell’aritmetica dimostrato già da Euclide negli elementi IX , 14 che prova l’esistenza e l’unicità in fattori primi di un numero intero . certo che la dimostrazione è impervia ma il concetto è facilmente accessibile a chi abbia anche solo modeste conoscenze di matematica . Come la congettura di Fermat , che ora si puo’ chiamare Teorema di Wiles ( seconda come importanza , negli ultimi anni , alla dimostrazione della congettura di Poincarè fatta da Perelman) . Certo la dimostrazione è impervia e bisogna avere conoscenze non comuni ( Lasker fu allievo di Hilbert , uno dei piu’ grandi matematici di sempre) ma il concetto relativamente semplice .con stima e simpatia Alfredo – Fuser

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