Considerazioni informali sul movimento scacchistico italiano

Scritto da:  | 17 Marzo 2013 | 41 Commenti | Categoria: Attualità, Zibaldone

In merito al dibattito scaturito dall’articolo di Punta Arenas dal titolo “Leo Battesti e l’elitarismo” ecco… vorrei tentare una ripartenza.

Ripartenza

La mia prima considerazione è che il confronto non va fatto tra scacchismo italiano e damismo italiano o scacchismo russo (quest’ultimo si è sviluppato in contesti socio-politici lontani anni luce). Il confronto va fatto tra il nostro scacchismo e quello dei paesi a noi più vicini: Francia, Spagna, Germania. Con una semplice ammissione: negli ultimi 30 anni abbiamo perso su quasi tutti i fronti, perché loro sono cresciuti molto, noi continuiamo a crescere pianissimo. Possiamo invocare alcuni alibi (per la federazione francese un contributo governativo stabile e consistente da almeno 20 anni, per la Germania e la Spagna un radicamento degli scacchi tra la gente storicamente superiore), ma i risultati sono inequivocabili. Onestamente non siamo riusciti ad incidere radicalmente sulla situazione: abbiamo migliorato e rinnovato l’esistente, ma non abbiamo sfondato nella società (e uso il plurale perché è un giudizio che vale tanto per il movimento nel suo complesso quanto per la mia privata attività editoriale, cui mi sono dedicato negli ultimi 25 anni). Altrettanto onestamente non riesco a individuare chiaramente i nostri errori, se non i nostri limiti. Spesso sento formulare ricette miracolistiche che tradiscono ingenuità spaventose, o mancanza di informazioni elementari da parte di chi le formula… L’unico miracolo sarebbe quello di trovare anche in Italia uno (meglio se più di uno) Leo Battesti. Bisogna dire che abbiamo anche noi alcuni aggregatori e trascinatori di piccole meravigliose realtà, ma troppo piccole o troppo localizzate, ancora niente di respiro veramente nazionale.
Capitolo FSI. Alcuni mi rimproverano di essere sempre troppo tiepido nell’applaudire ai traguardi raggiunti dalla nostra federazione, altri mi rimproverano di non avere il coraggio di denunciare chissà quali malefatte. A questi ultimi rispondo che i dirigenti nazionali e regionali della FSI sono eletti quasi sempre all’unanimità. Manca completamente una alternativa, una opposizione seria e costruttiva, sempre utile in un organismo democratico, ma non è certo colpa degli eletti, semmai degli elettori. A volte chi muove le critiche più feroci nei blog neanche sa che il presidente del suo club alle ultime assemblee ha votato proprio come tutti gli altri. Punta Arenas, tu sai come ha votato il tuo presidente di club, ammesso che non sia tu stesso un presidente? Voglio dire che il vertice rappresenta la base, è stato eletto e rieletto dalla base democraticamente. Punto.
Capitolo FIDE. In occasione della presa di posizione astensionista della FSI per l’ennesima rielezione di Ilyumzhinov alla guida della Fide mi imbarcai in una battaglia d’opinione, nella speranza che la base facesse sentire la sua voce e convincesse i vertici della nostra federazione a prendere una posizione forte e chiara (anche se probabilmente perdente) come fecero molte altre federazioni europee occidentali. Questo perché ritenevo (e ritengo) che la presidenza di Ilyumzhinov oltre ad essere molto poco onorevole per tutti noi, sia anche dannosa nel concreto, una pessima figura di rappresentanza per gli scacchi quando bisogna arrivare alle istituzioni governative, nelle sedi europee o a trattare con sponsor commerciali del mondo occidentale, che è quello in cui noi ci muoviamo, non quell’altro geograficamente e politicamente “alieno”. Per esempio il torneo dei candidati iniziato ieri a Londra è sponsorizzato dalla Socar, una grande quanto chiacchierata compagnia petrolifera dell’Azerbaigian; se a Londra avessimo invece la Coca Cola o la Apple, sarebbe poi più facile per noi andare a bussare alla porta di qualche grande marchio italiano per cercare di inventare una iniziativa di promozione veramente di massa. L’immagine globale degli scacchi non sarebbe quella che è…
Comunque quella mia battaglia non trovò seguaci né tra i giocatori (di ogni categoria), né tra i dirigenti di club né tra alcun altro soggetto che come me opera professionalmente negli scacchi italiani. Il presidente Pagnoncelli (e non solo lui), mi dissero che era comodo per me fare l’anima bella a mezzo stampa, mentre a loro toccava confrontarsi con la realpolitik e farsi carico del lavoro sporco, insomma della difesa degli interessi immediati dello scacchismo italiano nella Fide. In democrazia la maggioranza vince, sulla questione Ilyumzhinov la maggioranza stravinse, mi toccò ammetterlo anche su Torre & Cavallo.
Ecco, in quell’occasione credo di essere stato veramente elitario.

Non posso cavarmela senza formulare almeno uno straccio di proposta: vedendo quanto bene sta facendo in Gran Bretagna la fondazione Chess in School and Communities (www.chessinschools.co.uk), un paio di mesi fa mi chiedevo se fosse ipotizzabile costituire in Italia una fondazione di questo tipo. CSC è un’organizzazione no profit, non antagonista ma del tutto indipendente dalla federazione scacchistica inglese; la sua mission è di raccogliere donazioni, fondi e lavoro volontario per ridistribuirlo sotto forma di corsi a costo zero e altre iniziative di promozione. Ho paura che in Italia non ci sia questo senso civico che dà forza e dignità alle fondazioni private, preferiamo respirare quell’aria pesante di timbri e scartoffie ministeriali, appiattiti su quella mentalità che è lo stato che deve pensare, provvedere e finanziare, mentre l’accoppiata volontarismo/mecenatismo (culturale o industriale) è vista con grande sospetto. Ditemi che sbaglio…

Vorrei infine aggiungere che non sono d’accordo con chi ritiene che l’investimento fatto negli ultimi anni dalla FSI su Caruana (e più in generale su una decina di nostri professionisti) sia stato errato o elitario. Anzi, credo che su questo fronte Pagnoncelli sia stato coraggioso a crederci fin dal principio, quando Caruana aveva veramente bisogno di sostegno. Adesso che Fabiano ha sfondato la situazione è diversa, ma non sono informato. Credo che almeno in parte l’investimento si sia già ripagato in termini di maggiori contributi da parte del Coni, ma soprattutto penso che “elitario” sarebbe non tener conto dei meccanismi della società in cui ci muoviamo: piaccia o no nello sport ripaga di più (e più in fretta) se acquisti un Balotelli, anche in termini di proselitismo di base. Inoltre qualsiasi federazione non può non avere una rosa di professionisti che la rappresenti degnamente, per il Coni, per i media e per se stessa. Magari in qualche circostanza bisognerebbe tenere un po’ più sotto controllo i costi, come per la numerosa delegazione che ha accompagnato la squadra italiana alle Olimpiadi di Istanbul 2012, dove gli alberghi (e qui torniamo alle schifezze della Fide) avevano prezzi da rapina, ma non si sembra un punto focale. Allo stesso modo mi sembra non strategico il discorso sul costo della tessera agonistica, sia perché 25 anni fa anche un litro di benzina, un ingresso al cinema o un bene immobile costavano un terzo o un quarto rispetto ad oggi, sia perché oggi la FSI deve sopportare spese che allora non aveva: a fronte dei contributi che riceve, stare nel Coni costa alla FSI per una serie infinita di adempimenti burocratici, di figure di controllo, antidoping ecc. La Fide poi è diventata molto, molto più esosa in quanto a tasse di omologazione, aggiornamento Elo ecc. Mi pare di aver sentito che l’Italia è per la Fide un contribuente importante, in virtù del gran numero di festival e tornei omologati che si svolgono nella penisola. E per fortuna (o sfortuna?) le cariche elettive in FSI presuppongono impegno e lavoro volontario, a differenza di molte federazioni dove le cariche di presidente o consigliere prevedono emolumenti di vario genere.

il tuffo

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41 Commenti a Considerazioni informali sul movimento scacchistico italiano

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    Alfredo 17 Marzo 2013 at 16:29

    Caro Roberto
    non ho le competenze per entrare nel merito di tante cose tecnico – organizzative .
    ma la tua disamina domenicale mi sembra (a me , ripeto semplice voyeur e kibitzer neppure tesserato) molto ben argomentata.
    Non mi sembra a questo punto il caso di riprendere una discussione scacchi – dama o argomenatare all’infinito su un presunto elitarismo deli scacchi.
    Stamattina ho ripensato a un giocatore tedesco che fu anche un ottimo giocatore di go.
    Il go è a mio parere l’unico gioco da tavola che si possa paragonare come fascino agli scacchi (anche se diversissimo);
    quanti iscritti ha la federazione di go in Italia?
    In Giappone i super GM di go sono considerati (anche economicamente) alla stregua di Messi o di Cristiano Ronaldo.
    Un amico ha intitolato un suo interessante articolo (molto sagacemente) “Il gatto di Schoredinger”; ebbene anche la fisica quantistica è elitaria, molto elitaria. Che ci vuoi fare?
    Sai quanto elitaria? Tanto elitaria al punto che anni fa un noto esponente dei Verdi, un animalista, disse pubblicamente: “Quanti gatti vengono quotidianamente sacrificati per fare un inutile esperimento”. E si riferiva a questo ‘esperimento’!
    Come ben saprai è solo una esercizio mentale e il gatto di Schoredinger sta benissimo! l’aneddoto è assolutamente vero e potrei fare il nome anche di chi pronunciò questa idiozia, ma poveretto ai tempi fu già – giustamente – messo alla ‘gogna’).
    Una buona domenica a te e agli amici di SoloScacchi.
    PS: D’accordissimo comunque sul fatto che Caruana sia stato un ‘investimento’. In questo caso la FSI ha fatto come il ‘Barca’ con Messi, che scovò quando era alto 130 cm in Argentina. Speriamo veramente che alcune ‘voci’ non siano vere.

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      Roberto Messa 17 Marzo 2013 at 16:31

      Il tedesco a cui ti riferisci è forse Hübner?
      Riguardo ai gatti, il mio primo lo raccolsi (mille anni fa) da una cucciolata di strada nei vicoli di Porto Maurizio, durante un festival di Imperia. Maschio non castrato, era veramente una bestia, visse abbastanza a lungo ma un giorno non fece ritorno dalle sue scorribande, mi piace pensare che morì “combattendo”. Da tanti anni non tengo animali, causa i problemi che danno se non si ha nessuno a cui lasciarli civilmente quando ci si allontana da casa. Se diventerò molto anziano spero che a confortare la mia terza età esistano ancora gli scacchi, la musica (purtroppo solo come ascoltatore passivo) e un gatto (non castrato). Buona domenica!

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        Alfredo 17 Marzo 2013 at 16:32

        no Dueball , MI tedesco .
        Hubner mi sembra espero di scacchi cinesi ( una volta mi sembra abbandono’ un torneo di scacchi ” tradizionale” di scacchi per andare a giocare a scacchi cinesi
        la fortunata trilogia ” il re degli scacchi ” dello scrittore cinese Zu Acheng ( cito a memoria , potrei sbagliare , ma adesso non trovo i libri ) si riferisce proprio agli scacchi cinesi . molto interessanti anche loro .

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          Alfredo 17 Marzo 2013 at 16:32

          Jurgen Dueball vincitore a Reggio Emilia 73-74, a pari merito con Sax e Popov, ho riportato una sua partita di Nizza 74 come post di altro articolo (sugli articoli di Monticelli sul Corriere), non è stato solo ‘giocatore’ di Go, ma addirittura vice campione europeo anche se a quanto mi ha detto un amico la differenza tecnica che ancora c’è, nel go, tra i giocatori europei e quelli giapponesi è molto ampia. I più importanti giornali giapponesi non pubblicavano ‘rubrichette’ come quella di Monticelli o di Capece o di altri su settimanali, ma pagine intere!
          E come gli scacchi il go è un gioco ancora apertissimo; a differenza della dama che in molte sue varianti è un gioco ‘risolto’ dall’avvento dei computers.
          Per quanto riguarda l’elitarismo degli scacchi mi piacerebbe riportare quanto scritto dal matematico francese Cedric Villani, Medaglia Fields, su Fischer nel suo libro appena tradotto in italiano (pagina 78).
          Paragona il genio di Fischer a quello dei più grandi matematici del secolo.
          Villani (chiara origine italiana) è un tipo un po’ folkloristico (prova a vedere su google), ma un vero genio; purtroppo il suo libro (‘Il teorema vivente’;) è deludente per molti motivi.
          In poche parole non si capisce che cosa abbia fatto se non trascrivere i propri sogni, mangiare formaggi e bere vini francesi, andare a prendere i figli a scuola, leggere fumetti.
          Il problema è che quello che ha fatto è talmente difficile da spiegare… Che non ci ha provato nemmeno!
          Sarà comunque a presentarlo al festval del libro di Torino il 18 maggio.
          Ciao. Buona domenica.

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            Daniele Marano 18 Marzo 2013 at 17:58

            E’ stata risolta la dama inglese, non del tutto la dama italiana causa diversa tecnica dei finali, né la dama internazionale.

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              alfredo 18 Marzo 2013 at 19:01

              grazie della precisazione . purtroppo non sono un esperto di dama . ieri pero’ ho tirato fuori due libri mursia sulla dama che avevo e cerchero’ di capirci qualcosa di piu’ 😡

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                Daniele Marano 18 Marzo 2013 at 20:08

                Alfredo, sul Lavizzari, autore del classico Libro Completo della dama, troverai una buona ricostruzione storica della diffusione della dama nel nostro paese e dello sviluppo teorico del gioco molte aperture derivano da quello inglese. Troverai anche le regole delle varianti della dama italiana, come l’inglese, la russa (amata da scacchisti come Levenfish e Nezhmetdinov), all’internazionale sino all’ anomala turca.

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                  alfredo 18 Marzo 2013 at 20:20

                  caro Daniele non so se è telepatia ma è proprio il libro che ho ulla scrivania e che avevo tirato fuori per capirci un po’ di piu’. addiritture avevo messo dei ritagli di riviste dentro . guarda caso stavo poi guardando a pagina 68 la cd ” restrizione americana” della dama inglese . comunque grazie . ciao !!! 😉

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              Tamerlano 18 Marzo 2013 at 20:27

              Ciao Daniele e Alfredo, ho da molto tempo notizia che, questa variante della dama (perchè di questo si tratta), era stata già ‘risolta’ da tempo e, per questo, vengono sorteggiate da molti anni le prime 3 mosse (Bianco, Nero e Bianco) di una partita di Dama italiana… è o non è così ?

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                alfredo 18 Marzo 2013 at 20:31

                che sia stata ” risolta ” lo so . ma per gli aspetti tecnici sarà certo Daniele a fornire risposte esaurienti .
                io intanto guardo un po’ questo testo . ciao !

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                  Daniele Marano 18 Marzo 2013 at 22:17

                  Provo a dare una breve spiegazione.
                  La restrizione fu adottata per la prima volta nel XIX secolo; era accaduto, durante un match tra due giocatori anglosassoni di nome Willie e Martens, che i due giocassero rispettivamente sia con il Bianco che con il Nero un’unica apertura (per la cronaca, l’apertura Glasgow), poiché, a causa di questa apertura ci furuno ben 49 patte consecutive, si decise di adottare una restrizione in due mosse che, fu chiamata per l’appunto restrizione inglese il cui lo scopo era di renderlo più avvincente le partite e di evitare di giocare le stesse varianti d’apertura: essa consisteva nel sorteggiare le prime due mosse sulla damiera. Si scoprì che la restrizione in tre mosse, dava maggiori possibilità e presto quella americana, come fu poi successivamente battezzata, sostituì definitivamente quella inglese. Anche nel nostro gioco, dalla fine degli anni 20 in poi, fu adottata dalla FID la restrizione americana e ancora oggi, essa viene adottata in tutti i tornei nazionali, compreso nel C.I.A. di dama italiana. Il grande merito della restrizione fu quello di approfondire le aperture e di sviluppare la moderna teoria damistica.

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                  Daniele Marano 19 Marzo 2013 at 02:42

                  Errata corrige: “il cui lo scopo era di rendere più avvincenti le partite e di evitare di giocare le stesse noiose varianti d’apertura”

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      Maurizio Mascheroni 17 Marzo 2013 at 16:34

      Concordo anch’io che non sia il caso di confrontare gli scacchi con la dama, ma gli scacchi con gli scacchi 🙂 guardando soprattutto a realtà come Francia e Germania.
      Per quanto riguarda il Go, gli iscritti alla federazione italiana non dovrebbero superare il migliaio, mentre i giocatori in tutta Europa sono circa 32.000. All’ultimo campionato europeo giovanile (fino a 20 anni) hanno partecipato 181 giocatori, mentre i nostri in genere arrivano a 1500 giocatori.

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        Alfredo 17 Marzo 2013 at 16:35

        grazie Maurizio
        purtroppo pochi gli appassionati di go.
        pur molto differenti dagli scacchi il go sono un gioco molto interessante e per l’appunto ” non risolto “.
        senza rientrare nelle polemiche assolutamente sterili sulla presunta superiorità di un gioco sull’altro ritengo che gli scacchi offrano molto materiale in piu’ rispetto agli altri giochi per la eterogeneità dei pezzi in gioco a differenza della dama e del go
        non faccio riferimento al pessimo libercolo di Fine ( che comunque in america divenne uno degli psicanalisti piu’ importanti e che scrisse anche un ponderoso trattato di psicanalisi , tradotto in italia da Bollati Boringhieri . Pessimo anche questo e dovunque stroncato) ma a una onferenza dell’ex presidente della Società psicanalitica italiana , Eugenio Gaddini ( era italo argentino e parlava un po’ come il nuovo papa e … Contin)
        la sua conferenza ( non ho piu’ il testo , solo appunti anche se poi mi sembra che un articolo fu pubblicato su un settimale) prendeva spunto dal fatto che la scacchiera e i suoi pezzi potevano configurarsi come un ” contesto ” famigliare ” . si soffermava sul ruolo dei pedoni ad esempio che una volta arrivati sull’ultima traversa diventavano grandi ma ” cambiavano sesso” . il che poneva anche problemi di identità di genere .
        diceva che sono un gioco da ” paranoici” . Ma che lo era anche lui !
        Nella dama ovviamente è tutto piu’ semplice
        e gli scacchi , come diceva anche Kasparov , sono ” il piu’ violento sport che esista .
        nella boxe , ad esempio , ci sono stati pugili protagonisti di battaglie furiose ma che poi diventarono grandi amici ( penso a Benvenuti con Griffith e Monzon) . Negli scacchi non so quanti esempi si possono fare . forse solo Spassky che considerava Fischer ” suo fratello “

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      lordste 18 Marzo 2013 at 10:30

      (cit:) “Un amico ha intitolato un suo interessante articolo (molto sagacemente) “Il gatto di Schoredinger”; ebbene anche la fisica quantistica è elitaria, molto elitaria. Che ci vuoi fare?
      Sai quanto elitaria? Tanto elitaria al punto che anni fa un noto esponente dei Verdi, un animalista, disse pubblicamente: “Quanti gatti vengono quotidianamente sacrificati per fare un inutile esperimento”. E si riferiva a questo ‘esperimento’!
      Come ben saprai è solo una esercizio mentale e il gatto di Schoredinger sta benissimo! l’aneddoto è assolutamente vero e potrei fare il nome anche di chi pronunciò questa idiozia, ma poveretto ai tempi fu già – giustamente – messo alla ‘gogna’).”

      scusate l’OT ma questa veramente mi ha fatto cadere dalla sedia dalle risate… ennesima dimostrazione che l’ecologismo a tutti i costi cade spesso nel ridicolo :mrgreen: (a porposito, ma dove è Al Gore e il suo riscaldamento globale? troppo scomoda la verità che al 18 di marzo sta ancora nevicando pesantemente in mezza Europa?)

      By the way, il gatto di Schroedinger è vivo e vegeto e sta per tornare.,. stay tuned! 😉

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        fds 18 Marzo 2013 at 14:08

        OT
        Calma con gli entusiasmi sullo scampato pericolo 😉
        Pare che l’instaurarsi in Europa di inverni più rigidi (e di estati più secche) sia il risultato di un complesso fenomeno che prende il via dall’innalzamento globale della temperatura del pianeta, che comporta lo scioglimento dei ghiacciai groenlandesi e artici. Questi fenomeni modificano infine i tradizionali flussi delle correnti atmosferiche atlantiche e artiche, responsabili tra l’altro del clima mite di Napoli rispetto a New York, sebbene siano alla stessa latitudine.

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          lordste 18 Marzo 2013 at 15:00

          uhm boh. in ogni caso quindi il sistema-pianeta risponde all’innalzarsi delle temperature con… un abbassamento dovuto allo scioglimento dei ghiacci. Questi fa si che alla fin fine il cosiddetto “fattore umano” si riduca a una minima perturbazione del sistema “caotico” che regola il clima terrestre (e dove regna, ricordo, il mitico “effetto farfalla”;). Mah. Oppure si tratta del tentativo ciarlatanesco di giustificare teorie sballate utilizzando dati completamente opposti.

          Io cmq considererò tutte queste teorie sul riscaldamento assolutamente indimostrate fino a che non mi spiegheranno quanto meno perchè un millennio fa la Groenlandia ha preso questo nome (cioè “terra verde”, per i prati che la ricoprivano…;)
          chiuso OT, va’ 🙂

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            alfredo 18 Marzo 2013 at 16:08

            purtroppo l’ignoranza scientifica in Italia è un problema molto grande e ha radici lontane . Croce si “vantava” di non saper fare neppure a semplice moltipl
            icazione
            Comunque del succitato ” animalista” ( tengo a sottolineare che amo anch’io gli animali) conosco altre ” perle” . Una di queste gli merito’ la beffarda ” dedica” di un libro di un fisico .

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    Marramaquis 17 Marzo 2013 at 16:38

    Roberto Messa, con questo intervento così articolato e propositivo, ha riavviato un dibattito che io ritengo fondamentale.
    E personalmente auspicherei che al dibattito partecipassero lettori, giocatori, dirigenti, organizzatori, arbitri e appassionati di ogni livello.
    Infatti è proprio dal confronto di tante idee, purché pacato, rispettoso e costruttivo, che di solito nascono miglioramenti e innovazioni.

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      Alfredo 17 Marzo 2013 at 16:38

      sono d’accordo…
      😉

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    Punta Arenas 17 Marzo 2013 at 19:24

    @ Alfredo e tutti

    Ecco, vorrei per un momento commentare la nota frase di Kasparov: “Gli scacchi sono lo sport più violento che esista”. 😥

    E’ una colossale boiata!

    Poco importa che l’abbia detta Kasparov, o l’ultimo principiante, ma perchè mai gli scacchi dovrebbero essere “violenti”?

    Perchè ci sono 2 che anzichè divertirsi, impegnarsi per vincere, vincere, o perdere, o pattare, come in altri sport, e poi darsi la mano ed essere amici, si ODIANO, e riversano la loro ostilità e le loro frustrazioni in 32 pezzi, con scariche pazzesche di adrenalina?

    E’ questo che hanno insegnato gli scacchi a Garry Kasparov?

    E perchè mai uno dovrebbe praticare uno sport che insegna frustrazione, odio, violenza?

    Ma questo magari è un problema del signor Kasparov, e forse dei suoi rapporti personali con Karpov, col quale avrà giocato 120 e più volte, ma non può certo diventare l’EMBLEMA degli scacchi, come sport “violento” anzichè educativo alla riflessione, ingegnoso, fantasioso, stimolo per le capacità d’analisi e di sintesi, ecc. ecc.

    Perchè qui si continua a parlare di impegno di questo, di quello, di federazioni che dovrebbero fare di più, e sostenere tizio anzichè caio, andare di più nelle scuole, della presidenza FIDE, ecc., ma si perde di vista il problema principale: è TUTTA l’immagine complessiva degli scacchi, come gioco ansiogeno, poco divertente, fonte di stress eccessivo, e di gratificazioni sempre minori per il tempo notevole che richiedono, ad essere in crisi, e a non essere attraente, e ciò nonostante gli scacchi siano bellissimi nei contenuti.

    Quando un Campione del mondo, anzichè dire la frescata di Kasparov, dirà: “gli scacchi sono lo sport più bello, divertente ed ingegnoso che l’uomo abbia inventato” vedrete che ci saranno molti più giocatori.

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      Roberto Messa 18 Marzo 2013 at 08:16

      Hai ragione, ma come abbiamo già detto nei commenti al tuo articolo cosa possiamo fare per far capire ai media (e agli appassionati) che Kasparov è stato campione del mondo nel secolo scorso e che ora abbiamo un campione del mondo che non ha mai parlato degli scacchi in termini violenti… Peccato che Anand nessuno se lo fila. E sempre tra i campioni del mondo ne abbiamo avuto anche uno, Smyslov, il cui motto era “alla ricerca dell’armonia”.
      Riguardo all’insegnamento ai bambini non posso che ribadire il principio (condiviso dalla stragrande maggioranza degli istruttori) che il portarli nelle scuole non ha come obbiettivo il reclutamento di migliaia di agonisti, se non nei termini di una sana ed educativa partecipazione a livello scolastico/dilettantesco. Per altro è fisiologico che l’un per cento o l’un per mille di questi giovani voglia impegnarsi più a fondo, ambire a traguardi e titoli, e a quel punto dire che nell’agonismo c’è competitività è semplicemente tautologico.
      Piccolo spazio pubblicità: nel manuale per bambini “Il gioco degli scacchi” (di Maria Teresa Mearini e Roberto Messa, scritto nel lontano 1990 e più volte rieditato) gli autori hanno evitato per principio di inserire termini come “i due eserciti”, l’Alfiere “nemico” ecc.

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        alfredo 18 Marzo 2013 at 19:27

        caro Roberto ho avuto modo di parlare con amici indiani e a Madras sua città l’orgoglio per Anand è immenso . qualche tempo fa il giornale di madras lo elesse l’indiano del secolo davanti mi sembra a Ramunjan , il geniale matematico la cui storia è nta ( e ben narrata da Leavitt nel libro ” il matematico indiano ” )
        la frase di Kasparov ( poi bisognerebbe vedere il contesto in cui è sta pronunciata ) puo’ essere anche infelice ma il carisma di Kasparov è molto superiori a quello di anand e karpov .
        nel 2007 a Vienna vi è stata la celebrazione del centenario della nascita di Godel , alla fondazione Pendleton . C’era il presidente della repubblica austriaco , il ministro della cultura , un numero ristretto di logici , i migliori al mondo piu’ 5 o 6 che aveano lavorato con godel . ebbene sai chi u invitato a fare il discorso introduttivo di fronte a cotanto senno : Kasparov ! e chi ricorda la su partecipazione e la sua lectio tenuta alla milanesiana nel 2007 non puo’ non ricordare la ovazione finale al suo discorso .
        e la platea non era fatta solo di scacchisti .
        certo personaggio “difficile” ma sul cui spessore intellettuale è impossibile non essere concordi . che poi anche le menti piu’ eccelse possano dire boiate è un fatto umano che li fa sentire forse piu’ umani . ti posso citare solo il caso del nobel della medicina Mullis ( consiglio a tutti la lettura del suo libro ” Ballando nudi nel campo della mente ” ) , lo scopriotore della cosiddetta PCR reactions ( da non confondersi con un esame banale di laboratorio , la pcr : proteina c reattiva , indice infiammatorio) . Ebbene costui sostiene che non vi sia un nesso causale tra virus hiv e aids . è l’unico al mondo con un immunologo che si chiama duisburg . certo la questione puo’ essere interessante da un punto di vista epistemologico ma a mio parere o è pazzia o è cattiva fede . risolutivo a mio parere è il fatto che i farmaci cd antiretrovirali , diretti appunto contro il meccanismo di azione del virus hiv rallentino la progressione dell’ AIDS ( fino a una condizione in molti casi di cronicità ) eppure di fronte a migliaia di studi e metanalisi Mullis contiene a sostenere la sua tesi .
        un stramaledetto genio che sostiene per dirla con fantozzi ” una boiata pazzesca ” .
        Anche Newton e Pascal dopo aver fatto quello che hanno fatto finirono uno a parlare con i muri di questioni parareligiose ( non si è a conoscenza delle cntroargomentazioni fornite dai muri ) e l’altro a dare letteralmente i numeri . ma sembra che pascal inizio a dare i numeri dopo una terribile botta in testa , perlomeno.

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          alfredo 18 Marzo 2013 at 20:28

          per chi volesse approfondire gli aspetti ” epistemologici” di quanto da me detto sopra interessante è questo scritto del Prof Crupi di Venezia

          http://www.dissensomedico.it/Bib_doc/AIDS/Crupi%202000%20-%20Caso-AIDS.pdf

          interessante . ma per un medico ” pratico” assolutamente inutile

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          Giangiuseppe Pili 19 Marzo 2013 at 13:24

          Caspita, non sapevo che Kasparov fu chiamato a parlare alla conferenza di Godel!! L’avrei messo nel mio articolo di scacchi e logica, uscito anche su questi schermi qualche tempo fa. Ringraziamo, dunque, Alfredo per la sua inestimabile cultura, ancora una volta preziosa!

          Per il resto, la mia insignificante opinione sulla questione italiana… Direi che la faccenda è molto complessa, come è emerso dagli aspetti sollevati da più persone. Essa investe aspetti sociali generali (media, interessi condivisi, comunicazione), aspetti scacchistici generali (difficoltà a diffondere un gioco tendenzialmente a sfondo competitivo), aspetti scacchistici sociali (la spesso non democraticità inseno alle associazioni scacchistiche a molti livelli: c’è poco da fare, quando non c’è molto ricambio ai vertici, non ci possono essere tentativi di molte nuove strategie per nuovi problemi, come dimostra la difficoltà dei circoli a “vincere” le sfide del gioco on-line, che dovrebbe essere visto più come una risorsa: ad esempio, quanti circoli hanno un computer su cui far giocare on-line i propri membri, commentare, così, le loro partite; studiare sistemi per il gioco on-line? Nessuno); ma anche problemi locali (tutti sappiamo che ogni regione italiana, così caratterizzata di particolarismi, vive problemi diversi. Come ben so avendo partecipato alle attività dei circoli di Cagliari, Siena e Lombardia, e ognuno ha i suoi pregi e limiti specifici, dovuti alla propria regione di appartenenza). Ci sono poi i problemi relativi ai singoli individui, siano essi al vertice o alla base. La realtà è che “il problema” sono una marea di “problemi” diversi, che si sommano e danno come risultato la superficie.

          Detto questo, per risolveri occorrerebbe una strategia a lungo e breve termine, strutturata su almeno due livelli diversi (base e vertice), che investa sia una politica generale della FSI sul piano regionale, sia una politica di movimento individuale, dove almeno alcuni si propongono di operare sul piano singolo, dove ognuno cerca di mostrare gli scacchi almeno da una prospettiva positiva e non elitaria. Il fatto è che entrambi i livelli sembrano poco approfonditi perché sfuggenti. A livello di singoli, poi, domina ancora un approccio antidemocratico negli scacchi, così come tanti sono convinti (ma non lo dicono) che tutto si risolva nella vittoria individuale e nel possesso di categorie. Come già avevo detto in altro post, il problema delle categorie è che… categorizzano! Così, per definizione, un seconda nazionale vale meno di un MI che vale meno di un GM e così via, fino al vertice. E questo “svantaggio” della categorizzazione, purtroppo, non sembra essere sfruttabile come vantaggio alternativo in sede pubblicistica. Perché chi non è addentro negli scacchi si lascia volentieri andare a considerazioni sulla natura del gioco. Perché uno dei punti, infatti, risiede nel MOSTRARE come gli scacchi siano un gioco alla portata di tutti. Ma questo diventa più arduo, quando vige un approccio tendenzialmente categorizzante (e, dunque, non democratico) sia ai vertici che alla base. E questo neppure il software è stato in grado di batterlo. Sicché, dunque, le soluzioni sono molteplici e complesse, come tutte le cose che investono i problemi complessi, cioè le cui cause sono concomitanti e molteplici, ma sono anche reciprocamente indipendenti.

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            alfredo 19 Marzo 2013 at 13:49

            grazie Giangiuseppe
            posso se vuoi mandarti la “brochure” dell’avvenimento che si tenne tra le due città europee di godel , vienna e bratislava
            vi partecipo’ anche paul cohen , gravemente malato che mori poco dopo.
            ma Kasparov suscitava devo dire quasi soggezione anche con chi aveva lavorato con Godel !
            ho citato per una questione epistemologico un amico ( che pero’ adesso non sento da tempo) che ha scritto un libro molto interessante su ” le decisioni mediche” . Vincenzo Crupi , ora a Venezia , anche se si è laureato a Torino con Vattiimo . lo conosci ?

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    alfredo 17 Marzo 2013 at 20:06

    caro punta arenas
    la mia era una considerazione psicologica , suffragata anche da una conferenza sul gioco tenuta molti anni fa dal presidente della società psicoanalitica italiana
    come piu’ volte ho detto io non sono un giocatore attivo e anche quando ho giocato qualche volta non ho mai provato ostilità nei confronti del mio avversario .
    io penso che la stragrande maggioranza dei giocatori ritenganogli scacchi lo sport piu’ bello divertente e ingegnoso
    è quello che come avrai visto ho detto , seppure in maniera frammentaria anch’io
    non si puo’ negare che gli scacchi abbiano offerto esempio di ostilità e aggressività notevoli .
    ho qui un appunto di gaddini
    ” gli scacchi sono un gioco da paranoici . C’è dentro un delirio di grandezza impressionante , sono un surrogato con il quale si scarica sul prossimo la propria volontà di potenza e di potenza e la scacchiera è un campo di battaglia . Questo spiega il fascino del gioco. perso nei suoi pensieri il giocatore puo’ portare a termine nella fantasia quello che è stato capace di fare nella realtà ”
    ripeto queste non sono parole mie ma di un ex presidente della Società psicanalitca italiana
    Forse un tempo le avrei anche condivise
    ora della psicanalisi penso quello che ne pensava Nabokov e sposo in pieno le tesi del filosofo francese Onfray contro la psicanalisi .
    ho fatto anche il nome di Spassky comunque che di Fischer quando mori scrisse ” ho perso mio fratello ”
    ciao
    buona serata

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      Roberto Messa 18 Marzo 2013 at 08:31

      Smyslov, Spassky, Gligoric sono solo alcuni dei grandi maestri che hanno vissuto (e offerto al pubblico) una forma di agonismo ai massimi livelli non nevrotico, sportivo e, se vogliamo usare un termine passato di moda, cavalleresco.
      Prima hai citato Ashley – uno dei tanti che ha dimostrato che l’introduzione degli scacchi nei quartieri più degradati è utile per incanalare l’aggressività anche dei giovani più a rischio verso forme “sublimate”. Il che mi fa tornare alla mente che anche nella zona di New York c’è una fondazione, creata da volontari, che si è data proprio questa mission.

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      alfredo 18 Marzo 2013 at 19:35

      ah per chi non lo sapesse nabokov defini la psicanalisi ” quella cosa che pretende di curare le malattie spalmando miti greci sulle parti intime “.
      il libro di onfray
      crepuscolo di un idolo . ponte alle grazie editore

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    alfredo 17 Marzo 2013 at 20:38

    caro amico comunque ti vorrei segnalare anche il caso del GM Maurice Ashley che è stato chiamato da alcune scuole di NY , mi sembra , per insegnare scacchi nelle scuole piu’ ” turbolente” per convogliare negli scacchi l’aggressività e la violenza che non nasce certo dagli scacchi ma nella società
    E’ un discorso lungo
    ma se hai la gentilezza di leggere la mia poesia su Fischer capirai come vedo nel gioco che piu’ amo la ricerca di bellezza e verità
    negli scacchi ho avuto ed ho tra i miei amici piu’ cari . un giocatore non proprio debole è stato anche mio testimone di nozze .
    Ho trovato un sacco di persone interessanti e stimolanti
    c’è molta piu’ ” violenza” e aggressività nei luoghi di lavoro
    il ” mobbing ” ad esempio sta diventando una vera e propria emergenza e la crisi che viviamo con perdita di posti di lavoro qualifica è il miglior propellente per questo
    Ma ripeto sono discorsi lunghi e complessi che faccio fatica a sintetizzare in un post . sarebbe molto piu’ bello e stimolante parlarne de visu .
    ma visto che c’è ( fotunatamente) questo mezzo straordinario cerchiamo di sfruttarlo nel migliore dei modi . discutendo anche appassionatamente e articolatamente ma sempre con rispetto .
    tutte le volte che esco di casa passo davanti a una lapide che ricorda una persona uccisa dalle Br .
    questo mi fa tutte le volte molto pensare quando pronuncio, sento pronunciare o leggo la parola ” violenza” ( PS : per essere chiari la targa vicino a casa mia ricorda l’ing Paoletti , direttore dell?icmesa ucciso dalle BR nel 1980)
    ciaoa tutti gli AMICI .

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    Punta Arenas 18 Marzo 2013 at 08:18

    @Alfredo

    Nessuno mette in discussione il TUO approccio agli scacchi, e la TUA sportività leale, corretta e amichevole.
    Ma qui si parla di come IN GENERALE sono praticati gli scacchi, e come sono visti dall’esterno.

    E’ un fatto che vi siano anche sport veramente violenti, basati sul contatto fisico, dalla boxe, al rugby, al judo, alla lotta, ecc., in cui però il messaggio che si manda NON è di ostilità verso gli avversari.

    A questo proposito, anzichè citare le brutte parole di Kasparov, sugli scacchi come sport più violento che ci sia, credo andrebbero citate quelle molto più equilibrate ed educative di Gligoric: “Io gioco contro i pezzi del mio avversario, NON contro di lui!”, che ci ricordano che si gioca contro dei pezzi di legno, NON contro una persona (che magari nemmeno conosciamo, se non superficialmente), per sfogare sentimenti ostili e frustrazioni personali.

    A proposito, colgo l’occasione per un chiarimento importante…

    Quando si parla di Russia, e diffusione degli scacchi in Russia, molti A TORTO pensano solo alla vecchia URSS, e ad una propaganda scacchistica che ebbe successo solo perchè c’era lo stato sovietico, e il baffone Stalin che la imponeva con metodi dittatoriali.

    Errore! Gli scacchi erano già molto popolari in Russia ben prima degli anni ’20 del secolo scorso, c’era già stata una fiorente scuola russa, già dalla metà-fine ‘800, allepoca degli Zar, con Chigorin, Alapin, Ashkharin, Nenarokov, Duz Chotimirsky, Znosko Borovsky, Rabinovich, Salwe, ecc., ecc.

    Uno sport NON diventa certo popolare perchè lo ordina il baffone, o con metodi dittatoriali, anche se sicuramente il sostegno dello stato fu importante.

    E se oggi gli scacchi in Russia riescono ancora a sfornare giocatori di prim’ordine, e ad avere una larghissima diffusione, ad oltre 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, è perchè evidentemente c’è una vastissima base di appassionati, a livello familiare, che in Italia manca.

    Ciao!

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      alfredo 18 Marzo 2013 at 19:33

      caro Punta Arenas
      a questo proposito citavo per l’appunto , qualche giorno fa su non ricordo piu’ quale post , un bel libro del mi andrew soltis sugli scacchi in unione sovietica nel 20 secolo
      purtroppo non è tradotto in italiano .
      sarebbe interessante se qualche editore italiano prendesse in considerazione la sua traduzione .

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    Marramaquis 18 Marzo 2013 at 09:00

    Condivido, Punta! In Italia c’è qualcosa che non va, qualcosa di sbagliato, sia intorno al gioco degli scacchi sia intorno al concetto di “gioco” in generale. E si può far molto di più, senza bisogno che arrivi un “baffone” di turno ad imporcelo.
    E quelle parole di Kasparov sono orribili e insensate, hai perfettamente ragione.
    Vorrei tornare sull’argomento, uno di questi giorni. Intanto: buona settimana a tutti!

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    Jas Fasola 18 Marzo 2013 at 11:03

    Forse anche la nostra Federazione dovrebbe fare la furba.

    Vediamo la Francia (vicepresidente Leo Battesti) che dal suo sito

    http://www.echecs.asso.fr/Default.aspx?Cat=12

    ha ben 60.469 tesserati e 888 circoli.

    Ho selezionato gli scacchisti di nome Jean

    http://www.echecs.asso.fr/ListeJoueurs.aspx?Action=FFE&JrNom=Jean&JrPrenom=

    Cliccando sulla croce si vede la storia… cioe’ spesso non si vede, perche’ non hanno mai giocato un torneo o lo hanno fatto sporadicamente, anni fa.

    Qualcuno potrebbe dire: ma andranno al circolo (per ognuno c’e’ il nome di un circolo). Puo’ darsi, ma mi sa tanto che siano bambini. Chi conosce il francese e ha tempo e voglia puo’ provare ad approfondire.

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    Fabio Lotti 18 Marzo 2013 at 11:25

    “Ho perso mio padre per l’Aids, ero destinata alla miseria. La disciplina mi ha salvata”. Così Phiona Mutesi dello slum di Katwe che oggi rappresenta il suo paese alle Olimpiadi. Questi sono gli scacchi.

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    Massimo 18 Marzo 2013 at 21:51

    Per diffondere gli scacchi in Italia in questo momento di crisi, soldi non c’è ne sono.
    Quindi si potrebbe togliere il finanziamento che paghiamo ai famosi professori di religione, in una scuola multirazziale è anacronistico e destinare i soldi ad istruttori di scacchi, quindi insegnare gli scacchi in tutte le scuole di ogni unità e grado come materia obbligatoria. Nel giro di qualche anno avremo colmato ogni lacuna con le nazioni scacchisticamente più evolute.

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      Jas Fasola 18 Marzo 2013 at 22:49

      Forse bisognerebbe togliere gli insegnanti di grammatica italiana, visti i risultati 🙁

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        Filologo 18 Marzo 2013 at 22:54

        Va a finire che i ragazzi amano gli scacchi come ora amano la religione 😆

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        Joe Dawson 19 Marzo 2013 at 07:25

        Lo sciamano che mi ha visitato ieri per il mio malanno, a fronte di una frettolosa occhiata sommaria, mi ha bruscamente congedato con un (per me assai poco rassicurante):

        “Habbi Fede figliolo che in medicina non sempre 2 + 2 è uguale a 3”

        Così l’uveite mi è rimasta come mi è rimasta la certezza che nel nostro amato Paese ricerca e istruzione pubblica anno gli hanni contati, ma in compenso si costruiscono stadi sempre più nuovi e belli, possibilmente per ospitare tanti bei derby tra il Milan e la squadra rossonera del capoluogo Padano…

        Mi conforta che, per me che abito lontano, all’estero, in Abruzzo precisamente, verrà potenziata la linea ferroviaria che passa sotto il tunnel dei neutrini… son sicuro infatti che son tanti quelli che come me (i neutrini appunto), quelli che ingenuamente non si son mai interessati di scacchi e politica ma, chissà, tra le due cose, qualche interesse, sotto sotto, forse ci potrebbe pure essere…

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      Franco Trabattoni 18 Marzo 2013 at 23:03

      Tempo fa avevo scritto privatamente a Roberto (ciao!) alcune considerazioni in parte analoghe alle sue. In particolare mi faceva pensare il paragone con la Francia. Quando Roberto e io bazzicavamo nelle squadre nazionali (giovanili e non) nelle varie competizioni europee (tipo Coppa delle Alpi giovanile, o Mitropa Cup), la Francia era tradizionalmente la quadra materasso, o comunque una delle prede privilegiate per tentare di scostarci dal fondo della classifica. Quando (mi pare fosse il 1977) Aldo Haik divenne maestro internazionale, era il secondo in Francia ad ottenere questo titolo dopo Muffang (mentre tutti ricorderanno che Mariotti divenne il nostro primo GM durante le Olimpiadi di Nizza del 1974); e la cosa fece tanto scalpore nel mondo scacchistico dell’esagono al punto che lo stesso Haik celebrò la sua impresa “epocale” con un libro (“Trois tournois pour un titre”;). Provate ora a dare un occhio alla lista dei top player francesi. Siamo sicuri che tutto si spieghi con i soldi elergiti dalla stato francese alla federazione (o con la furbizia dei suoi presidenti)? In generale i francesi sono molto più propensi a praticare gli sport di noi cisalpini (che spesso preferiamo sederci in tribuna o davanti alla tv). Quanto agli scacchi, che non sono né gioco né sport, i francesi hanno creato la brillante definizione di “loisir de l’esprit”: con un contorno instituzionale – non solo economico – di grande capillarità ed efficienza. Naturalmente ci si può consolare pensando al fatto che alle ultime olimpiadi l’Italia si è piazzata molto meglio della Francia. Genio e sregolatezza del bel paese e dei suoi abitanti… Ma sarà poi sempre sufficiente?

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