Altre considerazioni sul movimento scacchistico italiano

Scritto da:  | 21 Marzo 2013 | 29 Commenti | Categoria: Attualità, Zibaldone

Uno sport violento

Condivido pienamente l’affermazione di Punta Arenas che definizioni come quella di Kasparov (“sport violento”) non rendano un buon servizio agli scacchi. Più volte mi sono imbattuto in questa infelice frase del campione russo, che mai ho visto abbastanza criticata come avrei voluto. E ho apprezzato l’articolo di Roberto Messa, misurato e intelligente come sempre. Aggiungo qualche osservazione, sperando di non uscire dal tema.

Mi sono sempre detto che i primi a rendere problematica la diffusione del gioco siamo stati spesso, e siamo ancora, proprio noi scacchisti e amatori del gioco, campioni e spingilegno, con i nostri atteggiamenti, le nostre parole, i nostri pregiudizi.

Non sono il più indicato per parlare di eventuali errori o carenze da parte della FSI. Non lo so. Posso legittimamente pensare, però, che non possiamo essere affatto soddisfatti del livello di conoscenza e diffusione degli scacchi nel nostro Paese. Smascherarne tutte le cause non è semplice, ma si deve farlo, senza pregiudizi. E lo si deve fare se si vuole intervenire con forza, perché non è un bene per nessuno che centinaia di migliaia di ragazzi non si siano mai avvicinati agli scacchi e non vi si avvicineranno mai. E’ un grande peccato, per mille ragioni.

Eppure gli italiani sono un popolo di giocatori. Incalliti giocatori, ma forse non abbastanza sportivi, poco atleti, poco disposti a riconoscere il merito degli avversari o contendenti, con qualche rara eccezione (come nel rugby). Ecco, sì, non è insito nella nostra mentalità riconoscere facilmente la sconfitta o la superiorità di altri. In Italia, quando si perde una partita, di solito si cercano le cause negli errori dell’allenatore, o dell’arbitro, o del portiere, si guarda mille volte la moviola, e se non c’è di meglio s’invoca la sfortuna che non ha permesso alla nostra squadra di prevalere su avversari chiaramente (?) inferiori. Ecco, il calcio è il massimo per il divertimento (e per il business) della nostra penisola. Come lo può essere uno sport dalle caratteristiche opposte quale gli scacchi? Non potrà mai esserlo.

Gli scacchi dove 1

Però non posso accettare tutto ciò senza un moto di risentimento. Non posso accettare che non ci sia, tra i 600 o 700 (non so bene quanti siano) attuali canali televisivi che trasmettono in Italia, neppure uno non dico dedicato agli scacchi, ma che almeno dedichi una qualche stracciata rubrica al nostro gioco. Eppure ho visto canali che mettono a disposizione intere mezze giornate al bowling o allo snooker o al curling o alle freccette.

Eppure ripeto, gli italiani sono un popolo di giocatori. Un esempio? Beh, facile. Gli italiani giocano sempre di più, anno dopo anno. Il Paese è in recessione, l’economia non va, il mercato del lavoro è in crisi. Eppure, incredibilmente, l’Italia è l’unico, se non erro, Paese europeo che vede costantemente aumentare ogni anno, il fatturato di “Azzardopoli”: oltre 80 miliardi di euro. Lotterie, videopoker, “gratta e vinci”, scommesse, slot machines ecc… hanno un fascino irresistibile. Giocano tutti, in tanti occupano così le loro vuote giornate. Si è calcolato che ogni italiano (ivi compresi, quindi, vecchietti e neonati) vi spenda all’anno circa 1.500 euro, una cifra impressionante. Altro che IMU.

Ecco, allora, che emerge un aspetto nuovo, socio-economico, del gioco e della propensione all’azzardo e al divertimento e alla facile idea di arricchimento, un aspetto che vede coinvolti in prima linea proprio i ceti più poveri, che sono quelli che, stranamente (ma non troppo), spendono di più.

Il fisco introita miliardi ed è contento, la cultura frena e nessuno se ne accorge o fa finta di accorgersene. Occorrerebbe una presa di coscienza da parte delle istituzioni. Occorrerebbe una svolta radicale, un rilancio di tutte quelle attività (arte, musica, sport, gli stessi scacchi) che avevano contribuito a rendere grande l’Italia nei secoli passati e che un domani potrebbero anche tornare a costituire la base per importanti risorse finanziarie.

Gli scacchi dove 4Ma bisogna ripartire dalle scuole, e umilmente e faticosamente seminare, con sacrifici e senz’attendersi grandi risultati in tempi brevi. Bisogna avere il coraggio di dimenticare il “gratta e vinci” e di ripartire seriamente. Ecco, è da qui, dalle scuole e dalle abitudini quotidiane della gente, che si deve iniziare ad intervenire, altrimenti precipiteremo sempre più tristemente indietro in tutte le classifiche mondiali che contano, e non soltanto negli scacchi.

Spiace, purtroppo, constatare come questi aspetti non abbiano, oggi, il giusto risalto nei manifesti e nelle intenzioni dei politici, spesso troppo attratti e attenti solo da più facili e semplicistiche enunciazioni demagogiche. Ma non è mai troppo tardi, si può risalire.

avatar Scritto da: Marramaquís (Qui gli altri suoi articoli)


29 Commenti a Altre considerazioni sul movimento scacchistico italiano

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    Nonno trasversale 21 Marzo 2013 at 07:49

    Trovo anch’io la boutade di Kasparov davvero infelice: gli scacchi non hanno bisogno di queste acrobazie retoriche per affermarsi.
    Cerchiamo di guardare avanti e, come fate su questo sito, di proporre una discussione concreta e costruttiva per capire come muoversi per non rimanere sempre al palo.
    “I veri duri non hanno bisogno di armi, ma di un positivo spirito di intraprendenza”
    questo lo slogan che, proprio stamattina, si legge su un servizio di Repubblica che, chissà come mai, mi ha fatto venire in mente il mondo degli scacchi.
    Ecco il link:
    http://trovacinema.repubblica.it/multimedia/copertina/i-veri-duri-non-hanno-bisogno-di-armi/32620926/1/1?ref=HRESS-38

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      alfredo 21 Marzo 2013 at 11:12

      caro amico , dal momento che ho citato io quella frase di kasparov devo precisare che non so la fonte nè in quale contesto sia stata detta oscritta .
      compare , e mi sembra compaia anche oggi come fascetta nella edizione adelphi ( non economica) de La variante di Luneburg di Paolo Maurensig .
      certo è verosimile , ma a onor del vero kasparov ha detto e scrito cose molto piu’ interessanti
      ciao !

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      MAURIZIO D 21 Marzo 2013 at 14:22

      Eppure Kasparov ha ragione. Almeno quando si parla di scacchi giocati ad altissimo livello: chi ha visto dal vivo l’incredibile energia che emanava dalla scacchiera quando si affrontavano due grandissimi giocatori, magari campioni del mondo, non può più scordarlo! La capacità incredibile di concentrazione di cui sono capaci è impressionante . Pensiamo a figure carismatiche come ad esempio Alekhine, Tal, Fischer, Kasparov, Karpov…dai loro occhi sembrava emanare la volontà di distruggere/annientare l’avversario. E’ uno sport violento perchè riguarda una violenza non fisica ma mentale. E’ violento perchè dopo una partita tesissima fra dei campioni, quando è in palio un titolo/torneo importante, questi alla fine di ore di sforzi mentali, di profusione di energie psico-fisiche, sono esausti.Come si fa a sostenere che la frase citata da Kasparov renda un cattivo servizio al gioco degli scacchi? Era il suo modo di intendere la lotta, e le sue partite di scacchi spesso così dinamiche, ricche di sacrifici descrivono bene questo suo spirito da “guerriero”. Inoltre gli sport a due sono quasi sempre fra i più violtenti, proprio per lo scontro di personalità magari antitetiche. Gli scacchi “possono” essere anche uno sport violento e non vedo cosa ci sia di male. Comunque è un piacere leggere questi dibattiti. Grazie a tutti.

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      Marco 24 Marzo 2013 at 04:01

      La “boutade di Kasparov” non era una boutade e non era neanche di Kasparov, dato che c’era già una frase analoga di Marcel Duchamp di decenni prima. Se a questo aggiungiamo che Nigel Short ha detto, se non ricordo male, che quando si gioca a scacchi “si tratta di ammazzare della gente”, allora bisogna farsi una domanda: questi tre personaggi sono dei serial killer e non hanno capito niente della natura del gioco, oppure gli scacchi (fuor di metafora) sono effettivamente tutto fuorché un passatempo rilassante? Gli scacchi richiedono un certo impegno e non è da tutti. Se poi parliamo di immagine mediatica, io ho una soluzione geniale: insegniamo il gioco a Berlusconi, come minimo ci sarà il boom di presenze femminili ai tornei…

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    Punta Arenas 21 Marzo 2013 at 10:18

    Ciao Marramaquis!

    Davvero interessante la tua analisi, sul fatto che gli italiani giochino molto, indipendetemente da crisi economiche, e recessioni. Peraltro andrebbe notato che anche negli anni ’70, quando c’erano inflazione alle stelle, disoccupazione, conflittualità politica e terrorismo, ecc., non è che l’Italia se la passasse benissimo, eppure fu quello il momento in cui gli scacchi decollarono come mai prima.

    E come non condividere quel che scrivi a proposito del numero enorme di canali tv, col digitale terrestre, e senza che vi sia uno straccio di rubrica dedicata agli scacchi, anche saltuariamente?

    Il punto che mi lascia perplesso, invece, è dove suggerisci di “ripartire dalle scuole”, anche se i risultati non arriverebbero a breve.

    Io mi permetto invece di insistere sul punto che riguarda L’IMMAGINE degli scacchi, presso i “profani”, coloro che non giocano, o hanno al massimo imparato le mosse, senza poi essere attratti dal gioco.

    Ribadisco la mia idea: negli anni ’70 gli scacchi erano PRESTIGIOSI, e chi giocava a scacchi era stimato e considerato (soprattutto se aveva ottenuto una qualche “categoria” agonistica), oggi (in tempi di super-computers, e considerazione quasi solo per super GM) NO.

    Per essere ancora più chiari: non è – a mio modestissimo avviso – questione di quanto tu riesci a propagandare gli scacchi, tramite scuole ecc., ma di COME i ragazzini vedono gli scacchi, perchè se un prodotto non piace, non è ampliando la sua propaganda che riesci a venderlo di più, se una canzone non piace, non è facendola sentire molto di più in giro che riesci a venderla.

    Facciamo un esempio, spero di farmi capire meglio…

    Poniamo che un tizio voglia vendere un’auto.
    Quest’auto ha un fantastico motore, con 1 litro ti fa 100 km., consuma pochissimo olio, ecc., eppure la carrozzeria di quest’auto è ammaccata, rigata, c’è un fanale spaccato, l’auto è sporca, ecc.

    Ma questo signore insiste per venderla così, dice che ciò che conta è il motore, che non ha tempo nè voglia di riparare la carrozzeria, ecc.

    Però poi questo signore si stupisce che nessuno gliela voglia comprare, o che chi la prova poi non la compra.

    Eppure dovrebbe capire che – con una carrozzeria disastrata, pur con un motore fenomenale – l’immagine di quest’auto è pessima.
    Inoltre questo signore sembra non capire che i potenziali compratori non si possono fidare del motore, se vedono che l’aspetto esteriore dell’auto è pessimo.

    Ecco, gli scacchi oggi sono come quell’auto.
    La sostanza (il motore) è bellissima, piani fenomenali e ingegnosissimi, combinazioni spettacolari, gioco che come nessun altro stimola la riflessione, e non richiede nemmeno tempi lunghi per imparare a giocarlo a livello decente, ecc.

    Eppure se l’aspetto esteriore e l’immagine degli scacchi sono scadenti, se li propagandi come gioco “violento” ed elitario, in cui solo pochi con elo e categorie alte sono stimati e considerati, e gli altri sono solo “patzer”, dei broccacci da disprezzare, in cui non ci si diverte, in cui l’avversario ti odia e vuole “distruggere il tuo ego”, ecc. come possiamo pensare che i ragazzini li scelgano rispetto ad altri giochi e sport?

    Questo è il punto, a mio avviso, è l’IMMAGINE degli scacchi che va cambiata, resa più divertente, piacevole, accattivante, distensiva.

    Altrimenti saremo sempre daccapo: magari potresti avere 1 milione di ragazzini ai quali riesci ad insegnare gli scacchi a scuola, ma poi faranno presa solo sui più bravi (vedi Stella, Vocaturo, Valsecchi, Brunello, ecc.) e gli altri manco ci giocheranno più.

    Come ha scritto giustamente anche Messa: “non è questo che ci serve”, non ci serve avere 4-5 nuovi GM, se poi i tesserati sono sempre gli stessi.

    Ciao e a presto!

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      Roberto Messa 21 Marzo 2013 at 10:55

      @ Punta
      a me sinceramente sembra che tu veda questa immagine elitarista anche dove non c’è. Per esempio non c’era nella lunga trasmissione TV di Piero Angela dedicata agli scacchi pochi mesi fa, ma soprattutto non c’è elitarismo nello spirito delle centinaia di istruttori che portano gli scacchi nelle scuole, di solito con grande soddisfazione degli insegnanti e dei genitori e con obbiettivi ben diversi dal voler creare dei nuovi Kasparov. Che poi Vocaturo sia anche frutto del lavoro fatto nelle scuole di Vitinia già negli anni Novanta è, come ho già detto, una ricaduta fisiologica e benvenuta, come avviene in qualsiasi altra disciplina, dalla musica al nuoto.
      E quando per esempio Marina Brunello viene nominata Alfiere della Repubblica dal Presidente Napolitano a me non sembra una notizia che veicola un’immagine elitarista, perché Marina è un modello positivo: la figlia brava a scuola e anche nello sport che ogni genitore vorrebbe avere. Forse i media italiani non le danno tanto spazio proprio perché è troppo positiva… E’ l’antitesi della ragazza “gratta e vinci”.

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    Roberto Messa 21 Marzo 2013 at 10:33

    Ottimo contributo di Marramaquis.

    Riguardo a Kasparov, io credo che la sua responsabilità maggiore non sia quella di aver coniato o ripreso (da un suo predecessore, mi pare) la celebre frase sugli scacchi sport violento, bensì la scissione che portò alla svalutazione del titolo mondiale. Garry stesso, che non è un tipo propenso a fare autocritica in pubblico, riconobbe che “é stato l’errore più grande della mia vita”. Per contro dobbiamo riconoscere a Kasparov molti meriti, per esempio il pronunciamento del Parlamento Europeo per l’introduzione degli scacchi nelle scuole pubbliche di tutti gli stati membri è arrivato molto anche per merito suo (e della Kasparov Chess Foundation – http://kasparovchessfoundation.org ) Gli scacchi non hanno mai avuto un personaggio della sua statura.

    Guardando più in casa nostra, mi fa piacere che anche Marramaquis individui nella diffusione a livello scolastico la nostra carta migliore per il futuro, se non l’unica considerando che la società italiana (e i media che in parte la rispecchiano, in parte la “indirizzano”;) non sembra molto incline a dedicarsi a un gioco in cui la fortuna non ha spazio e il solo apprendimento delle regole non è così immediato. Quante volte vi è capitato di incontrare persone che, in tutta tranquillità, vi hanno detto: “gli scacchi per me sono troppo difficili, non sono mai riuscito a capirli/impararli”. La pigrizia mentale e culturale in Italia esiste e noi potremmo dare un piccolo contributo per combatterla, ma, come conclude Marramaquis, qualcuno a livello politico e di pubblica opinione deve darci credito. O meglio, dobbiamo cercare di conquistare questo credito avendo in Italia una piccola ma volonterosa federazione (FSI); purtroppo non aiuta avere sulla scena globale una FIDE che gode di pessima stampa.

    A proposito di politici, dato che questa discussione ha preso le mosse dalla diffusione degli scacchi “imposta” in Corsica da Leo Battesti, non va sottovaluto il fatto che l’attuale vice presidente della Fed. Scacchistica Francese ha alle sue spalle una lunga carriera politica. Credo che gli scacchi siano entrati nelle scuole corse “dalla porta principale” proprio quando Battesti era vice presidente della Commissione Cultura e Sport nel governo dell’isola.

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    Punta Arenas 21 Marzo 2013 at 11:07

    @ Messa

    Da te mi aspetterei però un commento riguardo l’IMMAGINE degli scacchi, come ho scritto nel post sopra.

    Ben poche persone, tra le tante che ho incontrato, mi hanno detto che gli scacchi “sono difficili”, anche perchè NON lo sono, ci vuole mezza giornata per imparare le mosse, anche dai fogliettini di istruzione tipo Modiano, con il cavallo ad L, la torre dritta, l’alfiere in diagonale, la donna come torre + alfiere, ecc.

    Ci sono sport e giochi che hanno regole anche + complesse, ma chi li ama le impara in fretta!

    Così come ci sono tantissimi appassionati di musica che dedicano tantissime ore a suonare strumenti musicali, e non è facile suonarli bene.

    E invece, un’infinità di gente mi ha detto: “gli scacchi sono noiosi…gli scacchisti se la tirano… c’è troppa ansia ….richiedono troppo tempo per le soddisfazioni che danno…ecc., ecc.”

    Ripeto, dire – come fai tu Messa – che la colpa è degli altri perchè gli scacchi sono “difficili”, vuol dire ripetere il solito luogo comune ELITARIO, la colpa è degli altri.

    Noooooo!

    Regola n° 1 del marketing: se un prodotto non si vende, la colpa NON è mai dei clienti che sono stupidi e non lo capiscono, ma del tuo prodotto che non funziona, o che vendi male.

    E non serve a niente diffonderlo di + nelle scuole. Perchè poi anche la dama è diffusa a scuola, e in Italia i ragazzini preferiscono giocare a dama, e non a scacchi.

    O cambi immagine agli scacchi, oppure puoi anche propagandarli un’ora al giorno su 600 tv, ma la gente così come sono cambia canale.

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      lordste 21 Marzo 2013 at 11:26

      (cit- PuntaArenas) “Perchè poi anche la dama è diffusa a scuola, e in Italia i ragazzini preferiscono giocare a dama, e non a scacchi”

      Aridaje. Ti è già stato spiegato che a livello scolastico gli scacchi sono molto più diffusi della dama. La smettiamo, per favore?

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        Daniele Marano 21 Marzo 2013 at 12:24

        Scusate se intervengo ancora una volta. Smettiamo una volta per tutte questa sterile polemica sella superiorità degli scacchi sulla dama e viceversa. Sono due giochi diversi e meritano rispetto entrambi. Domenica scorsa ho partecipato per la prima volta in un torneo di dama internazionale e su 4 incontri ne ho pareggiati due e persi due. Mi sono divertito, è stata una bella esperienza e se avessi la possibilità, la rifarei. Prima di parlare, sperimentiamo e poi possiamo esprimere le nostre opinioni.

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    Punta Arenas 21 Marzo 2013 at 11:23

    @ Messa

    Allora, vediamo bene cosa succede quando tu spieghi gli scacchi a scuola…

    1) All’inizio per qualche lezione tutti ci giocano

    2) Poi però le ragazzine non ci giocano più, perchè lo vedono come gioco “troppo competitivo”

    3) Dopo altro tempo non ci gioca più nemmeno la maggioranza dei ragazzini, si annoiano e si dedicano ad altro.

    Poi, tu mi citi Vocaturo e la Brunello, cioè proprio il top dell’elite scacchistica!!

    E perchè non chiedi invece alle ragazzine e ragazzini a cui hanno insegnato gli scacchi, e dopo un po’ hanno smesso, perchè hanno smesso?

    Tu continui a citarmi esempi di giocatori d’alto livello agonistico, con ciò confermando che l’UNICO modello che in Italia si riesce a propagandare è quello elitario del TOP player, di cui non frega nulla a nessuno, negli scacchi.

    Ma quando la capiamo che la gente gioca a calcio, negli oratori e nei campetti, NON perchè è attirata dall’esempio di Messi, ma perchè si DIVERTE giocare a calcio, a dare due calci al pallone, oppure a vedere giocare.

    DIVERTIMENTO, possiamo andare avanti all’infinito Messa, ma questa parola negli scacchi non si sente MAI.

    Quanto ai genitori, lasciamo perdere che è meglio!

    Negli scacchi sono i peggiori!

    Sono quelli che gasano i figli, se appena diventano bravini, sono i primi a guardare l’elo, a seguirli e a gonfiargli la testa, a incaxxarsi se perdono, ecc.

    Potrei scrivere pagine e pagine, anche su questo…

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      fede 21 Marzo 2013 at 14:43

      domandina:

      se come dici i veri appassionati di scacchi sono quelli che li imparano in famiglia, cito un tuo seguente post:

      “Chi poi continua a giocare a scacchi lo fa non perchè ha partecipato alle lezioni o al torneo a scuola, ma perchè gli piaceva GIA’ PRIMA, quando glieli avevano insegnati papà, o fratelli, o cugini, o amici.”

      come spieghi la tua affermazione di questo post?

      “Quanto ai genitori, lasciamo perdere che è meglio!

      Negli scacchi sono i peggiori!

      Sono quelli che gasano i figli, se appena diventano bravini, sono i primi a guardare l’elo, a seguirli e a gonfiargli la testa, a incaxxarsi se perdono, ecc.

      Potrei scrivere pagine e pagine, anche su questo…”

      E’ un problema di scacchi o di società?

    • avatar
      Roberto Messa 21 Marzo 2013 at 16:11

      Punta Arenas, mi dispiace, ma faccio fatica a seguirti…
      Innanzitutto ci sono tante persone che portano gli scacchi nelle scuole (o negli oratori, o nelle carceri…;) che raccontano esattamente il contrario riguardo all’interesse e al divertimento di bambine e bambini. E anche tra i genitori sono percentualmente pochissimi quelli che corrispondono al profilo negativo che hai tratteggiato, un’inezia rispetto ai genitori dei 30/40 mila nuovi bambini che ogni anno si avvicinano agli scacchi nelle nostre scuole.
      Poi dobbiamo decidere se parlare di tesserati (che non ci interessano più di tanto perché sono evidentemente un’élite) o di appassionati, che si misurano più facilmente guardando quanta gente gioca on-line (sicuramente alcune centinaia di migliaia di italiani, come mia moglie che gioca ogni tanto per puro divertimento e ha un Elo 1300 su Scacchisti, ovviamente non è tesserata) o quanti acquistarono le dispense De Agostini (altre centinaia di migliaia).
      Se poi le rubriche di scacchi sono scomparse dai giornali è esclusivamente per le mutate logiche editoriali rispetto agli anni Settanta/Novanta – io per esempio ho tenuto una rubrica fissa sul Giornale di Brescia per 33 anni consecutivi (iniziai a 17 anni, due anni dopo aver imparato le regole del gioco) ma qualche anno fa l’azienda decise di tagliare di netto le collaborazioni esterne e insieme alla mia rubrica furono soppresse quella della dama e quella del bridge, che uscivano nella stessa pagina e nello stesso giorno della settimana.
      Nel mio discorso sui modelli poi ho sottolineato come anche quelli positivi (Marina Brunello, Anand, ecc.) siano difficilmente “vendibili” e anche questa è una regola del marketing: se un prodotto non ha mercato (e mi riferisco agli scacchi in particolare, ma ai modelli positivi in generale, alle attività culturali ecc.) non ci puoi fare nulla o quasi. Anche Marramaquis ha spiegato perché nella società italiana gli scacchi sono difficilmente vendibili, mentre se fossero un qualsiasi gioco d’azzardo si venderebbero da soli.
      Infine il discorso sull’abbandono dell’agonismo dopo la fase scolastica: anche questo è normale in molti sport, mio figlio ha cominciato a fare judo a 7 anni ed erano un gruppo di 30 o più, a 14 anni erano rimasti in 6 o 7 e a 16 hanno smesso tutti.
      Tornando al modello anti-elitarista di Leo Battesti, anche in Corsica il 99% dei bambini smette di fare tornei dopo la scuola dell’obbligo, nonostante la forza propagandistica (o soprattutto politica?) di Battesti. E’ fisiologico, non è una questione di elitarismo.
      Questo non significa che non si possa e non si debba lavorare per una maggiore diffusione degli scacchi, perché sicuramente c’è spazio.
      Puntando di più sulla leva del divertimento, OK, su questo siamo d’accordo.
      Ma in fondo, chi di noi non si diverte a giocare a scacchi? Anche Caruana e Anand giocano perché gli piace. La parola divertimento o altri termini che indicano godimento estetico/intellettuale/artistico ricorrono nei commenti alle loro partite e pure nelle interviste.

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    fede 21 Marzo 2013 at 11:54

    Bellissimo articolo, complimenti all’autore.

    faccio solo alcune considerazioni

    Boom dell’azzardo…. è così quando un paese diventa povero, si ripone nel gioco la speranza di riscatto…. o a volte l’azzardo è l’unica via di riscatto. Mi ricordo che in Argentina, tanti anni fa, per comprarsi la televisione facevano una colletta tra tanti, compravano una televisione poi sorteggiavano il possessore della televisione. Quando sia ha pochi soldi….

    Immagine degli scacchi…. tra chi non gioca nessuno mi ha citato Kasparov, è un gioco in realtà complicato. Da regole semplici e facili nascono un mare di pensieri… non è il fascino di questo gioco? molti dicono “c’è troppo da pensare”, perchè dargli torto? perchè voler imporre questo gioco come gioco di massa?
    Però condivido che forse l’immagine intesa come l’opinione sul gioco (e scacchisti) da parte di “esterni” possa essere un elemento di riflessione molto utile. In questo senso la federazione dovrebbe studiare forme di “sondaggio”. Non sarebbe male avere dei dati statistici seri piuttosto che delle semplici impressioni o esperienze personali di pochi. Per fare marketing bisogna avere dati solidi su cui ragionare.

    Sviluppo del movimento in Italia…. beh, un momento. Perchè dite tutti che il gioco non si è sviluppato? Solo in base al numero di tesserati? E il numero e la qualità dei tornei? E il numero e la qualità degli Istruttori? degli arbitri? E la presenza a scuola?
    In fondo a me pare che manchi gente disposta a darsi da fare. O qualcuno di voi vuole dichiarare che nonostante la sua disponibilità ha trovato solo porte chiuse?

    E’ stato citato il rugby…. beh, quanti anni ci hanno messo per raggiungere un livello internazionale decente? (il “6 nazioni” si chiamava “5 nazioni”;) e guarda caso sono i risultati internazionali a fare da traino allo sviluppo del movimento rugby in Italia.

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    Mongo 21 Marzo 2013 at 12:14

    La già citata frase di Kasparov è pura verità, ma attenzione non va presa alla lettera.
    Mi spiego: dove lavoro ho messo su da una ventina d’anni un circolo scacchistico aziendale con tornei, gioco libero e spazio dedicato all’insegnamento del gioco e tutto questo avviene unicamente nella misera oretta della pausa pranzo per 5 giorni alla settimana.
    Ora i tornei durano un paio di mesi perché si disputano una massimo due (ma è raro) partite semi-lampo al giorno. A nessuno di noi piace perdere e durante la partita, come in qualsiasi sport, si ‘odia’ l’avversario pur rispettandolo, ma appena firmato il formulario, vinto o perso o pareggiato che sia, si torna ad essere ‘amici’ e si rianalizza insieme la partita in post-mortem, a volte divertenti, che non vorremmo mai che finissero, anche perché poi i tocca tornare a ‘ruscare’. ‘Violento’ si, ci sono due eserciti che si ‘combattono’ l’un l’altro a colpi di forchette, inchiodature, infilate, mica giocando a dama… 😉
    Anche la dama è uno sport ‘violento’: due avversari, due eserciti che si ‘combattono’, forse meno spettacolarmente che negli scacchi, ma anche i damisti hanno strategia e tattica da sviluppare nel confronto… E poi, siamo sinceri, a chi piace perdere (e lo dice uno che è il detentore del record, ormai insuperabile, di sconfitte, assurde e non, subite).
    Guardando su internet una partita di dama, mi annoio pur conoscendone la maggior parte delle regole, cose che non avviene invece con una partita a scacchi, pur nella sua lunghezza; ad esempio la partita di ieri tra Ivanchuk e Carlsen è stata uno spasso anche se è durata oltre 5,30 ore (s’intende questa come una considerazione personale).
    Per me gli scacchi sono una gran bella passione, come i toscani (nettamente superiori agli habana), la pipa, la Juventus, le fanciulle e l’amore per il Che.

  8. avatar
    alfredo 21 Marzo 2013 at 13:00

    2 su 5 le condivido con te …
    facile immaginare quali eh 😉
    tuo fuser

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    Punta Arenas 21 Marzo 2013 at 13:35

    E’ dal 1972, dai tempi di Palladino, che si è provato in tutti i modi a propagandare gli scacchi nelle scuole.

    Ho già dimostrato MATEMATICAMENTE che non serve a nulla, in Italia non più di 6-9 persone per ogni milione di abitanti si appassionano agli scacchi ogni anno, ecco perchè in 40 anni i tesserati ruotano sempre attorno a quei 10-13-15 mila.

    Chi poi continua a giocare a scacchi lo fa non perchè ha partecipato alle lezioni o al torneo a scuola, ma perchè gli piaceva GIA’ PRIMA, quando glieli avevano insegnati papà, o fratelli, o cugini, o amici.

    E se poi fosse vero che nelle scuole giocano più a scacchi che a dama, sarebbe ancor più una prova che serve a poco insegnarli, se non si cambia l’IMMAGINE del gioco.

    Tutti sanno giocare a dama, ma pochi a scacchi.

    Quanto alla propaganda elitaria basata sui campioni, abbiamo già in Italia DOZZINE di medaglie d’oro e campioni mondiali di discipline minori, dal taekwondo, alla canoa, al canottaggio, alla marcia, al tiro a volo, ecc., e non gliene importa niente a nessuno se per 1-2 giorni la tv fa vedere che tizio o caio ha vinto l’oro a Londra, o è campione del mondo.

    Poi rimangono discipline minori.

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      alfredo 21 Marzo 2013 at 14:03

      Caro amico, ma tu lo hai capito il takewondo o come cavolo si scrive: due tipi corazzati che cercano di rompersi i denti a calci;
      eppure quando uno sconosciuto ha vinto una medaglia di bronzo a Londra fu osannato come avesse segnato il gol decisivo della finale di un mondiale di calcio, per poi ricadere nell’anonimato il giorno dopo.
      Oggi è morto Mennea; grande tristezza per uno dei più grandi campioni che l’Italia sportiva abbia mai avuto (a mio modesto parere, senza contare il calcio, il più grande dopo Coppi).

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      fede 21 Marzo 2013 at 14:20

      mi sembra che il cuore del problema sia l’immagine del gioco, come è percepito e vissuto.

      Ora, se il gioco non ha successo a scuola, vuol dire che tutti gli istruttori lo stanno divulgando nel modo sbagliato?

      E come facciamo a dare una immagine positiva del gioco se non parliamo ai bambini? (ovviamente nel modo corretto, il ché riporta alla prima domanda….)

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        Roberto Messa 21 Marzo 2013 at 16:31

        Fede, ogni opinione è legittima, la mia è che gli scacchi a scuola hanno successo: quando cominciano in una classe poi lo vogliono fare anche le altre, o chiamano dalla scuola vicina. A volte l’unico problema è che non ci sono abbastanza istruttori (o che non si trovano istruttori disponibili ad andare gratis o quasi). Inoltre manca ancora una piena accoglienza nelle norme scolastiche, dei ministeri competenti ecc.
        Inoltre sono convinto che la stragrande maggioranza degli istruttori di base porti nelle scuole un’immagine positiva degli scacchi.
        Il problema dell’immagine esiste, ma più a livello di pubblica opinione, di media che preferiscono parlare di campioni “pazzi” (più spesso presunti che non veri) e ai quali invece dobbiamo riuscire a trasmettere l’immagine positiva di un’attività culturale divertente e abbordabile per tutti. Non è facile, ma questa è la sfida.

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      Stanco di leggere 24 Marzo 2013 at 02:38

      Ma ti rendi conto che fai delle affermazioni assolute senza avere alcun supporto per dimostrarne la veridicità ?

      Le butti li’ e fine…non c’è uno straccio di dato a sostegno o dei ragionamenti validi a supporto.

      Questo passaggio che riporti è un compendio di falsità, magari non complete ma comunque parziali.

      E’ dal 1972, dai tempi di Palladino, che si è provato in tutti i modi a propagandare gli scacchi nelle scuole.

      (FALSO) Si è provato a tratti e mai con progetti strutturati e ricchi di risorse a livello di competenze, risorse finanziarie, programmazione etc.

      Ho già dimostrato MATEMATICAMENTE che non serve a nulla, in Italia non più di 6-9 persone per ogni milione di abitanti si appassionano agli scacchi ogni anno, ecco perchè in 40 anni i tesserati ruotano sempre attorno a quei 10-13-15 mila.

      (FALSO) I tesserati sono in costante aumento, soprattutto quelli under 16 a dimostrazione che si stanno creando le nuove generazioni, pur fra errori e difficoltà.

      Chi poi continua a giocare a scacchi lo fa non perchè ha partecipato alle lezioni o al torneo a scuola, ma perchè gli piaceva GIA’ PRIMA, quando glieli avevano insegnati papà, o fratelli, o cugini, o amici.

      (FALSO) No comment è semplicemente un insulto verso tutta l’attivià giovanile e divulgativa che viene compiuta in Italia.

      Rileggiti la risposta che ti ha dato Roberto Messa sopra (l’unica a cui ti sei ben guardato dal replicare…;).

      Non parliamo poi del fatto che quando uno si permette di obiettare diventi aggressivo e in certi casi arrivi perfino ad insultarlo.

      Il bello è che era partito invece con una affermazione assolutamente condivisibile ovvero il fatto che l’elitarismo degli scacchi e la loro immagine sono fra i maggiori responsabili degli insuccessi o dei parziali successi.

      Poi ha deragliato completamente.

      Peccato!

      Una bella riflessione anche a fronte dei commenti altrui non guasterebbe.

  10. avatar
    alfredo 21 Marzo 2013 at 13:50

    caro Punta Arenas
    è cosi’ importante il numero dei ” tesserati ” ?
    io ripeto non sono ” tesserato” ma un ” appassionato ” e credo anche un discreto conoscitore del nostro gioco . E come me ne conosco altri .
    il mio sport in realtà è sempre stato il ciclismo . nei giorni festivi le strade si riempiono di cicilistyi , quelli che io chiamo da medico ” i tarzan della domenica” ( e ogni tanto qualcuno ci rimane secco)
    Appassionati non tesserati
    è una ” conditio sine qua non” essere tesserati per appartenere a un ” movimento”?
    tanto per fare un esempio . d
    a non so quanti anni ho la tessera di un sindacato medici .
    me la danno , la butto da qualche parte , continuando oviamente a pagare l’obolo , cosi’ per inerzia .
    non mi è mai servita a nulla . se non appunto a fare numero . e far fare carriera a medici – sindacalist che fanno carriera grazie a ” numeri ” che anch’io contribuisco a ” gonfiare .
    va detto comunque che la tessera sindacale della sigla a cui ” appartengo ” nella mia regione serve poco o nulla rispetto a ben altre appartenze politiche o ” religiose “

  11. avatar
    alfredo 21 Marzo 2013 at 13:57

    Per quanto riguarda il caro ‘Palla’ devo dire che all’inizio si diede da fare per diffondere gli scacchi in tutti i modi. Ricordo la trasmissione “scacco al Re” condotta da Etore Andennna sull’onda del match del 1972 e la sua trasmissione su Antenna tre (nel 1972 ebbe come ospiti Ivkov e… Un bambino che si chiamava Arlandi). Ad Antenna tre ricordo addirittura il leggendario Gligoric.
    In realtà poi si interessò sempre più a scacchi ai livelli più elevati, fino ad arrivare ad organizzare il match dell’1981 a Merano, ma quel match, più ricco di contenuti politici che scacchistici forse (già troppo netta la differenza nel 1981 rispetto al 1978), non ebbe grande ripercussione positiva sul movimento scacchistico, che io sappia .
    Nell’edicola in cui compro ‘Torre & Cavallo’ vengono vendute tre copie della rivista; ebbene nessuno dei tre acquirenti abituali ha la tessera della FSI.

  12. avatar
    paolo bagnoli 21 Marzo 2013 at 16:48

    Appassionante la discussione… Provo a dire la mia.
    Che il popolo italiano sia di accaniti giocatori, è fuori di dubbio, ma si parla di giocatori che contano unicamente sul “culo”: gratta e vinci, lotto, ecc.
    Rimango dell’idea che si tratti di un problema insolubile se questa società nella quale viviamo non cambia le proprie regole e non insegna (faticoso!) ai cittadini che il “successo” non ha alcun significato senza avere alla base una certa dose di talento (o predisposizione, fate voi) che possa poi essere valorizzato tramite i mezzi più idonei.
    Io non sono tesserato FSI (non posso fare tornei e, inoltre, non posso spendere quei quattro soldi, come li definirà qualcuno), gioco unicamente su Internet (grazie al collegamento di mio figlio) e continuo a divertirmi.
    Ricordo un espediente di Mario Tamburini a Bologna: proponeva continuamente tornei blitz, con relativo campionato sociale, e grazie a ciò si inserivano lentamente ma costantemente nuovi giovani giocatori, che prima o poi si trasferivano ai tornei “lunghi”.
    Potrebbe essere questo il mezzo (o uno dei mezzi) per rendere spettacolare il gioco agli occhi di un profano? Almeno cancellerebbe l’immagine degli scacchi come gioco dei culidipiombo che passano alcune ore davanti alla scacchiera per giocare UNA partita.
    Forse sto dicendo caxxate…..

  13. avatar
    alfredo 21 Marzo 2013 at 18:13

    a Bologna ricordo che c’era anche un ottimo giornalista tvv , quasi mio omonimo, ( piero Pasini) che fece alcuni pezzi tv molto interessanti . mi ricordo una intervista a Toth , la ripresa di una simultanea di Taruffi alla cieca e qualcosa d’altro .
    mi ricordo che l’intervista a Toth fu molto interesante . parlo’ della sua vita non solo di scacchista ma ance di uomo .
    e non usci’ fuori certo lo stereotipo dello scacchista monomaniaco e fuori di testa .
    ( PS : e anche la moglie del tempo,Marinella, devo dire dava una bella immagine degli scacchi ! )

  14. avatar
    paolo bagnoli 21 Marzo 2013 at 22:31

    Piero era un non abituale frequentatore del CSB ma, collaborando con Mario Tamburini, intraprese alcune iniziative giornalistiche che resero nota alla cittadinanza l’attività sociale e portarono nuovi adepti alla setta scacchistica.

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      alfredo 22 Marzo 2013 at 02:09

      vedi ? volendo si puo ! n’est pas ?

  15. avatar
    Martin Eden 22 Marzo 2013 at 09:06

    Mi intrometterei in questo interessantissimo dibattito solo per ricordare un pensiero di quel grande Uomo che ci ha lasciato ieri, Pietro Mennea…

    “Non c’è più cultura sportiva, c’è il mito del successo, non quello di farsi strada nella vita.
    Perché meravigliarsi delle scommesse?
    Se non si studia, se non si hanno interessi, non c’è crescita della persona.
    Uno sportivo non deve essere Einstein, ma un minimo ci devi provare a darti degli strumenti e non solo a gonfiare il portafoglio.”

    • avatar
      Mongo 22 Marzo 2013 at 10:41

      … Uno che aveva ‘solo’ 4 lauree!!!
      Ciao Pietro, te ne sei andato via troppo velocemente, ma era una tua abitudine quella di scappare via in progressione… 😕

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