I ragazzi di piazza Mentana

Scritto da:  | 25 Aprile 2013 | 3 Commenti | Categoria: Libri, Recensioni

Storia senza fine di un’amicizia senza fine

Piazza Mentana Alessandria

Lisòndria

Gli zaboterii avevano fatto davvero un lavoro fantastico. Scavato un profondo fossato tutt’attorno alla città, con la terra di riporto avevano eretto un muraglione alto pare sei metri, rinforzandolo con tutto ciò potesse servire a compattarlo.

Fu quel terrapieno a proteggere Alessandria dagli attacchi degli alemanni per mesi e mesi, sino a quando nella notte del 12 aprile 1175 Federico il Barbarossa sgomberò il campo: maltempo, malattie, i due fiumi (Tanaro e Bormida) che strariparono mandando in malora le riserve di cibo, le diserzioni sempre più numerose, l’esercito della Lega ormai arrivato nelle vicinanze… Conveniva andarsene prima che fosse stato troppo tardi.

La leggenda popolare da una spiegazione diversa del forfait del Barbarossa: noi alessandrini non ne possiamo più di questa storia, ma agli altri forse interesserà: Gagliaudo Aulari, scarpe grosse e cervello fino, con l’ultimo sacco di grano rimasto aveva gonfiato i quattro stomaci della sua vacca e l’aveva spinta nel campo nemico. I tedeschi affamati quanto se non più degli assediati si erano sgomentati quando l’avevano squartata e nottetempo se ne erano andati. A imperituro ricordo del fatto su uno spigolo del duomo è murato un babaciu eroso da secoli di intemperie che molti sostengono, ancora oggi, sia proprio l’astuto Gagliaudo: c’è poco da ridere, c’è ancora chi crede a babbo Natale, dunque… E con quello, secolo dopo secolo, avvenimento dopo avvenimento, la città non più contadina, ma anche industriale diventerà quello che è oggi, con i suoi sobborghi, i suoi palazzi settecenteschi e, ciascuno con la propria personalità, i rioni, come gli Orti, il Cristo e, il più vicino al Bormida, la Pista.

Nella zona, quando incominciarono a definirla così, c’era soltanto un velodromo: un ovale in carbonella battuta su cui battagliavano Girardengo, Belloni, Ganna, Gerbi e compagni. Poi il velodromo fu demolito, ma il territorio conservò il nome: la Pista.

C’era un grande prato…

Una banda di ragazzi nati sotto il fascismo, ma diventati quasi tutti antifascisti (di noi undici sono stati partigiani combattenti, con due caduti): questa è la nostra storia, la storia dei “ragazzi di piazza Mentana”, nel rione Pista di Alessandria.

Perché piazza Mentana la chiamassero piazza non l’avevamo mai capito. Era praticamente un grande prato nel rione Pista, tagliato in due rettangoli quasi uguali, delimitati da un peristilio di robinie, dal corso IV novembre da una parte e, al di là del passaggio a livello, al rione Cristo dall’altra. Era il terminale di corso XX settembre con due panchine e la sua mitica fontanella; sul vertice del pezzo di prato più grande, c’era l’edicola del Masini, il cui chiosco ci aveva costretti ad accorciare il terreno di gioco e lui si scusava del ‘furto’ lasciandoci, di tanto in tanto, leggere gratis ‘Avventuroso’ e ‘Intrepido’.

Negli anni ’40 del secolo scorso Alessandria, metro più metro meno, aveva cinque chilometri di circonvallazione e, uno più uno meno, sessantamila abitanti. In un tardo pomeriggio di metà luglio del 1943, una cinquantina di quei sessantamila (maschi e femmine, piccoli e grandi) a cento metri l’uno dall’altro di corsa si passavano un cartellone con il disegno di una grande fiaccola e la scritta “Seconda Emmepiade”. Due anni prima si era disputata la prima edizione; l’attacco della Germania alla Polonia nel settembre del ’39 aveva scatenato il secondo conflitto mondiale e l’Olimpiade che nel ’40 si sarebbe dovuta svolgere a Helsinki era saltata.

Al tempo dei Greci per le Olimpiadi si sospendevano le guerre; al tempo di Hitler per la guerra si sospendevano le Olimpiadi.

A noi ragazzi la cosa non era andata giù e ci era venuta un’idea: facciamone una per noi. E così facemmo: era nata la “Prima Emmepiade”, divertente competizione, diciamo così, in famiglia. Questa volta, a due anni di distanza, avevamo deciso di fare le cose in grande: sapessero tutti che ci sarebbero stati nuovamente i Giochi. E visto che non potevamo avere una fiaccola vera propria accesa dal sole sul monte Olimpo, ci aveva pensato il buon Walter a sostituirla con il suo cartellone. Un surrogato di fiaccola per un surrogato di Olimpiade, ma bisognava sapersi accontentare, mentre la gente che ci vedeva correre in gruppo (passato il testimone, continuavamo la corsa tutti insieme) ci considerava matti o incoscienti. A noi non importava, noi eravamo “quelli di piazza Mentana”, nella Pista, e stavamo dando vita alla “Mentan-Place-Piade”.

Il momento era quello che era. Da tempo si doveva dare del voi invece del lei e le parole straniere erano tabù. Il sandwich non si chiamava più così, ma ‘panino gravido’. Il rugby era diventato ’palla-ovale’, il basket ‘pallacanestro’, il cachet ‘cialdino’, il football addirittura ‘pallapiede’ prima del più simpatico ‘calcio’.

La Mentaneide era una manifestazione messa su alla buona, gremita di gare che potevano sembrare soltanto ‘gioco’, ma che richiedevano una discreta preparazione, anche atletica. Ed erano ‘open’, cioè aperte anche ai ‘Non-Mentana”; bastava solo pagare l’iscrizione: una lira.

Il podio della premiazione era la scaletta dell’edicola del Masini, coi vincitori sul gradino più alto.

Le gare avevano nomi scanzonati: “10 metri a rana” da percorrere balzelloni piegati sulle ginocchia e si veniva squalificati toccando terra con le mani; “10 metri all’indietro”; “Sache-course”, che per noi era la corsa nei sacchi; “Hand-tennis“, sia singolo che doppio, ma a mani nude; “Birillin-ball“, il calcio con le bilie; “Navy-battle“, la classica battaglia navale; “Pinghe-Ponghe“; “Giavellotto“; “Tiro alla fune” (e la fune era il Walter);  “Tiro a segno“. Il salto era “Tulòn-tooc“, si doveva toccare una grossa latta legata a una corda gettata sopra ad un ramo e che veniva alzata finché nessuno la toccava più. “Water-spring” era il getto d’acqua: con il palmo della mano si doveva deviare il più lontano possibile lo zampillo della fontanella. “Marson-spring” era la classica gara di sputi e, non poteva di certo mancare, la “Cronometric-loof“, la cui vittoria spettava a chi avesse ‘sfornato’ il peto più fragoroso.

Gare di ciclismo, tornei di dama e tornei di scacchi chiudevano la manifestazione. Ogni gara ebbe sempre un vincitore, tranne la gara di scacchi che vide la finale, della prima edizione, chiudersi con un ‘no contest’. La partita tra Amaele Abbiati (sul finire degli anni ’60 divenne sindaco di Alessandria) e Romualdo Tartara fu vinta dal Tartara, ma l’Abbiati protetò sostenendo che l’avversario non aveva annunciato uno scacco alla sua regina e perciò non si poteva convalidare la vittoria.

La FIDE non intervenne e così quella fu una delle poche discussioni che ci furono  tra i ragazzi di piazza Mentana.

1941. I Emmepiade - La contestata finale di scacchi fra Abbiati e Tartara.

1941. I Emmepiade – La contestata finale di scacchi fra Abbiati e Tartara.

Proprio da questa banda di ragazzi (studenti di famiglia piccolo borghese e figli di ferrovieri) si formò, all’indomani dell’8 settembre 1943, il nucleo combattente dei Gap (quello degli Abbiati, Bastianelli, Biorci, Cellerino, Debernardi, Massobrio), che compì le azioni più audaci di guerriglia urbana.

Il partigiano colpito - dipinto di Pietro Morando

Il partigiano colpito – dipinto di Pietro Morando

Il nostro gruppo ebbe tra i suoi caduti Ennio Massobrio, il primo ed il più giovane partigiano combattente della città. Iniziò la lotta partigiana contro i nazifascisti il 9 settembre 1943, prendendo parte a diverse azioni contro i tedeschi ed i fascisti stanziati ad Alessandria.  Nel novembre, si trasferì, con altri compagni, nel Cuneese con gruppi in formazione, che facevano capo a Duccio Galimberti ed a Giovanni Barole. Cadde eroicamente in una sanguinosa azione contro i nazifascisti a Vignolo (Cuneo) il 27 maggio 1944, immolando per la libertà del popolo la giovinezza dei suoi 18 anni.

Il giorno della sua morte era sceso a valle per procurare rifornimenti, ma la squadra di cui faceva parte s’imbatté in un reparto fascista, ingaggiando un violento conflitto a fuoco. Ennio rimase ferito ma i compagni non riuscirono a soccorrerlo. Fu catturato e, insanguinato e dolorante, venne fucilato.

E’ nostra tradizione incontrarsi intorno al tavolo di qualche ristorante ogni anno, l’ultima volta eravamo ancora in 9, per parlare di tutto fuorché di ciò che ci attende. Una sorta di esorcismo o un po’ di vigliaccheria da struzzi? Fate voi.

Buon 25 aprile a tutti e cerchiamo di rendere migliore questo mondo qua.

1941. Il tiro alla fune - La fune è W. Colli, gli altri sono F. Piccione, G. Nava, L. Accornero, S. Bagliani e M. Orsini.

1941. Il tiro alla fune – La fune è W. Colli, gli altri sono F. Piccione, G. Nava, L. Accornero, S. Bagliani e M. Orsini.

1941. I ciclisti di piazza Mentano sono: F. Cacciatore, E. Banchero, P. Rasore, G. Nava e P. Piazza.

1941. I ciclisti di piazza Mentano sono: F. Cacciatore, E. Banchero, P. Rasore, G. Nava e P. Piazza.

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i ragazzi di piazza mentana - libro

Se quanto raccontato vi è piaciuto il merito è solo di Walter Colli (R.I.P.; NdA), autore nonché protagonista delle vicende sopra narrate; se, invece, l’articolo non vi è piaciuto la colpa è solo del Mongo che non è stato capace di farvi provare tutte le emozioni che ha vissuto lui leggendosi e rileggendosi questo bel libro che narra tante vicende. dall’adolescenza alla vecchiaia, tanti destini diversi, accomunati però dall’attaccamento ad un luogo (la piazza sede dei giochi e luogo degli incontri) e da un sentimento che sfida il tempo: l’amicizia.

Il tempo ahimé scorre… Se, per quello che vale, volete la mia opinione, io farei come il capitano Gomez. Direi: prepariamo le schede di tutti, l’ultimo che diserta le porta al padreterno poi se ne va. Sarà lui, non io, a scrivere la parola fine in fondo a questa bella, meravigliosa  storia senza fine.

La storia dei ragazzi di Piazza Mentana.

(Walter Colli)

Un paio, forse tre, generazioni dopo anch’io divenni uno dei ‘ragazzi di piazza Mentana‘, infatti fu proprio lì che tirai i primi calci ad un pallone sognandomi già come il nuovo Rivera (l’ex golden boy del nostro calcio è alessandrino; NdA).

avatar Scritto da: Mongo (Qui gli altri suoi articoli)


3 Commenti a I ragazzi di piazza Mentana

  1. avatar
    alfredo 25 Aprile 2013 at 01:15

    grazie
    hasta la victoria siempre
    e grazie anche per il ricordo del grande artista mandrogno Gianni Rivera
    tuo
    Fuser

  2. avatar
    Marramaquis 25 Aprile 2013 at 10:00

    Grazie, splendido Ricky, e buon 25 aprile anche a te.

  3. avatar
    Abu Yasin 25 Aprile 2013 at 20:08

    Mi unisco ai ringraziamenti..

    Sia per il tema che per la maniera lieve e toccante di rievocare quei bellissimi ricordi….

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