Liberazione senza scacchi

Scritto da:  | 25 Aprile 2013 | 18 Commenti | Categoria: Zibaldone

G.P. Liberazione 3

Ormai dovremmo saperlo tutti. Siccome ci chiamiamo Solo Scacchi, è divenuta un’abitudine parlare non SOLO di SCACCHI. E perciò restare, per un giorno, senza scacchi.

E siccome fra i lettori di Solo Scacchi ci sono non pochi accaniti appassionati di ciclismo, oggi li accontento. E siccome ieri era il 25 aprile, cioè il giorno della Liberazione, ecco che parliamo del Gran Premio Liberazione di ciclismo. Per chi non lo sapesse, è la corsa ciclistica più antica di Roma, quest’anno giunta all’edizione numero 68, ed è anche conosciuta, per la sua importanza, con il nome di “Mondiale di Primavera”. Riservata ai corridori “under 23”, si corre ininterrottamente dal 1946. Ci sono nomi di prestigio nel suo albo d’oro (ad esempio, vinse Masciarelli nel lontano 1975), ma io, antico aficionados e abitué della corsa, ho avuto soprattutto il piacere di assistere nel 1985 alla vittoria del grande Gianni Bugno.

Quest’anno, tra l’altro, in una magnifica giornata primaverile (26 gradi), ad allietare tutti si sono aggiunte una gara per cicloamatori fra i 19 e i 65 anni (avrei quindi potuto partecipare) ed una passeggiata per cicloturisti nell’eccezionale e verde scenario fra le Terme di Caracalla, l’Appia Antica, Porta San Sebastiano e le Mura Latine, con partenza dallo Stadio di atletica leggera dedicato all’indimenticabile Nando Martellini.

G.P. Liberazione 5 Lo sponsor principale e la discesa che porta al traguardo davanti allo Stadio Martellini

Mi perdonerà l’imperatore Caracalla, mi perdoneranno Alessandro Severo e Diocleziano, Aureliano e Teodorico. No, non farò come il barbaro Vitige, il re degli Ostrogoti che nel 537 distrusse i preziosi acquedotti che le alimentavano, ma, anziché delle quasi bimillenarie grandiose Terme, verrò a parlare brevemente della corsa, che si è svolta, come sempre, su un ondulato e bellissimo anello di 5,3 Km., da percorrere 23 volte. E che è stata entusiasmante.

Con gli amici ci siamo spellati le mani per l’eroico australiano Damien Howson (ricordatelo, questo nome), che è andato in fuga al primo giro insieme a due italiani (Rudi e Viganò) e che ha poi fatto corsa di testa, da solo, per oltre 100 chilometri, con un attacco “da matto”, prima di cedere di schianto alla fine del terz’ultimo giro.

G.P. Liberazione 1

 il coraggioso Damien Howson, in salita, lanciatissimo a circa metà gara…

 G.P. Liberazione 2

…ma gli inseguitori non sono mai stati a più di un minuto e mezzo da lui

Nel terzultimo giro partivano a razzo dal gruppo degli inseguitori il bielorusso Ilia Koshevoy (dell’equipe Big Hunter e che vive in Toscana) e un altro “aussie”, Adam Phelan (della Selezione Australiana), che saltavano Howson e trovavano subito l’accordo per l’azione decisiva.

I due guadagnavano sugli altri quanto bastava, subito 20, poi 30 secondi. Appassionanti le ultime due tornate, con vari ma inutili tentativi da parte di parecchi altri, ma a 2 km. dalla fine tutti alzavano bandiera bianca. Sullo strappo di viale Giotto, a milleottocento metri dal traguardo, il ventiduenne atleta di Minsk si toglieva dalla ruota l’australiano, resistendo al suo ritorno in discesa e precedendolo di pochi metri sotto lo striscione d’arrivo. Alberto Bettiol, promettente atleta di Castelfiorentino, terzo, completava il podio.

G.P. Liberazione 4 ammirevole l’azione finale del bravo Ilia Koshevoy, qui a un km. dal traguardo

E’ stata una bella giornata di sport e di commemorazione, una festa della memoria e della libertà. Appuntamento a tutti per l’anno prossimo.

avatar Scritto da: Marramaquís (Qui gli altri suoi articoli)


18 Commenti a Liberazione senza scacchi

  1. avatar
    Yanez 25 Aprile 2013 at 21:38

    Tempestivo, preciso ed efficace come sempre, grazie Marramaquís.
    L’eterno fascino del ciclismo, non c’è pallone che tenga per me: la bici è sempre la bici! 😉

  2. avatar
    Zenone 25 Aprile 2013 at 23:01

    Un grande sport che non teme rivali come bellezza, ma che deve temere solo se stesso e le cattive abitudini

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    Ramon 26 Aprile 2013 at 00:48

    Volete sapere perché il ciclismo emana un fascino senza pari?!?

    …semplicemente perché evoca un viaggio. Ciascuno di noi, nel proprio inconscio quando è in bicicletta, o fisicamente oppure col pensiero, è una sorta di Ulisse, e tutto questo il calcio, che pure ti può ispirare altre emozioni, non riesce a dartelo…

  4. avatar
    alfredo 26 Aprile 2013 at 08:28

    Grazie amici.
    Corso tanti anni fa, mi sembra ’78 o ’79.
    Non ricordo chi vinse.
    Il problema principale in realtà era non cadere.
    Negli anni ’70 il ciclismo dilettantistico era ancora monopolizzato dai cosiddetti “dilettanti dell’est”: in realtà professionisti a tutti gli effetti che avevano anche 30 anni.
    Tra di loro autentici fuoriclasse come Sokourencekov (ho forti dubbi che si scriva così) che corse anche il GP Liberazione. Era uno che se fosse stato professionista sarebbe stato tra i primissimi. La reale possibilità di diventare prof gli si presentò poi negli anni ’80 (mi ricordo una squadra tutta di ex “dilettanti” russi) ma il grande Soko era già troppo vecchio e abituato ai 180 – 200 km delle corse per dilettanti e non ai 250 delle grandi classiche prof.
    In quanto a Bugno… beh, abita vicino a casa mia, lo vedo spesso ma ora in tuta a fare jogging nel parco di Monza.
    I suoi avevano una lavanderia a poche decine di metri dal mio palazzo e fino all’anno scorso vedevo sempre il padre al bar sotto casa mia.
    Gianni era un fuoriclasse assoluto che ha vinto in fondo tropo poco rispetto ai suoi mezzi tecnici che erano immensi.
    “Soffrì” più del dovuto Indurain che gli era superiore solo a cronometro.
    Aveva un grosso difetto: alzava le mani prima dell’arrivo.
    Rischiò di perdere un Mondiale e un Fiandre così!
    Una persona perbene. Ora è presidente della Federazione mondiale dei professionisti anche se per anni non è stato proprio nel “giro”, o meglio al “Giro” ci andava ma come elicotterista.
    Anch’io ho visto ieri su Raisport il GP Liberazione che conserva tutto il suo fascino.
    L’australiano è un gran passistone ma dicono che tiene bene anche in salita.
    Fosse cosi, se non si perde per strada, potrebbe fare grandi cose da prof.

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      Mariano 26 Aprile 2013 at 20:03

      Alfredo davvero hai corso anche tu il Gran Premio della Liberazione?
      Accidenti. Allora eri davvero uno tosto. Via, raccontaci qualcosa…

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        alfredo 26 Aprile 2013 at 20:12

        Ero “abbastanza” tosto.
        Gli amici di SoloScacchi mi hanno fatto uno scherzetto per ricordare quel periodo.
        Ero piuttosto veloce e furbo.
        Fatte le debite proporzioni un piccolissimo Freyre.
        Me ne stavo buono buono, “succhiavo le ruote” e poi uscivo allo sprint.
        Avevo imparato su pista, al Vigorelli e a Castelgomberto (VI).
        Allora c’era una propria e vera “scuola” e la pista è una ottima insegnante.
        Beppe Saronni era in pratica un pistard puro. Vicecampione del mondo di velocità su pista.
        Passò prof a 19 anni con pochissima esperienza su strada ma vinse quel che vinse! Un grandissimo talento (anche se il talento più grande del ciclismo italiano penso sia stato Moreno Argentin).

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          Yanez 26 Aprile 2013 at 20:27

          In quanto a ciclisti dal grande talento che probabilmente hanno raccolto meno di quello che avrebbero forse meritato ricorderei anche il magico Gianni Motta, che dite?

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            alfrredo 26 Aprile 2013 at 21:09

            Sicuramente.
            Motta fu molto penalizzato da un problema vascolare a una gamba.
            Non era inferiore a Gimondi, mi hanno detto molti ex corridori.
            Erano due tipi molto diversi.

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    Luca Monti 26 Aprile 2013 at 10:45

    Le letture piacevoli dei lavori di Jas Fasola, del Mongo e di Marramaquís, anche, e
    soprattutto nei miei giorni più tristi e sconfortanti,rappresentano dei momenti di
    serenità per i quali estendo loro la mia gratitudine. Grazie di cuore.

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    Mongo 26 Aprile 2013 at 13:09

    Scacco matto al doping!! Solo così lo sport, in particolare il ciclismo, tornerà ad entusiasmare tutti. ➡

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    Sergio Rossi 26 Aprile 2013 at 19:16

    Certo il doping, veleno maledetto…

    anche se cento calciatori non “fanno” un ciclista, no?

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    alfredo 26 Aprile 2013 at 20:00

    Sono due sport molto diversi. Il doping nel calcio, esiste eccome ma è del tutto diverso dal doping che ha funestato il ciclismo e ucciso letteralmente molti corridori. Campioni come Pantani, Ochoa, Van den Brouke o no come Fois e altri.
    Il ciclismo implica sforzi anaerobici. Il calcio in linea di massima concede pause per il riassorbimento dell’acido lattico. Un corridore in salita, pensate al Mortirolo o al Ventoux, non può certo permettersi pause di ristoro.
    Nel ciclismo c’è una quota di sofferenza fisica vera e propria che nel calcio non c’è.
    Ma lo spessore umano di molti ciclisti (e proprio qui venne ricordato il piccolo-grande Miro Panizza) è in genere molto superiore a quello dei calciatori .
    Penso ad esempio ad una splendida persona come l’ex CT della Nazioale Franco Ballerini (vincitore di 2 Parigi – Roubaix) purtroppo morto in un incidente rallystico. O al mio corridore del cuore (assieme a quel purosangue di Roger De Vlaeminck): Luis Ocaña. A lui Gianni Mura ha dedicato il libro che riunisce i migliori pezzi scritti dal Tour. Oppure a Marco. Semplicemente Marco. Quel giorno ‘che attaccò’ Ullrich e lo staccò di 9 minuti e andò a far suo il Tour tutta l’Italia era attaccata alla Tv come fosse una finale del mondiale di calcio.

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      Sergio Rossi 26 Aprile 2013 at 20:18

      Condivido parecchio di quello che dici Alfredo. Soprattutto quando ti riferisci ai ciclisti come a eroi veri. Pensiamo infatti alla differenza che c’è quando un calciatore cade per un nulla con tanto di spettacolare simulazione piuttosto che a un ciclista che se proprio non è stecchito risale appena può sulla bici per arrivare al traguardo in un modo o nell’altro.

      Solo su una cosa ho i miei dubbi, sul doping nel calcio, apparentemente meno profondo e nocivo. Fior di inchieste (insabbiate?) si sono interrogate sulle tragiche fini di giocatori dai nomi di Giuliano Taccola, Bruno Beatrice e altri. Anche sulla grande Inter di Helenio Herrera Ferruccio Mazzola in un’interessantissimo documento ha espresso forti dubbi, ma tutto tace…

      E quando non è il doping a uccidere nel calcio sono altre, ben più tristi circostanze a farlo, più o meno direttamente. Un episodio tristissimo su tutti: la tragica fine di Agostino Di Bartolomei…

      Meglio il ciclismo, datemi retta, molto meglio il ciclismo…

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        alfredo 27 Aprile 2013 at 09:12

        i libri di Carlo Petrini hanno detto qualcosa sul “fango nel dio Pallone”
        Taccola credo che mori’ per uno shock anafilattico.
        Beatrice per una leucemia.
        nel caso di Beatrice c’è stata una inchiesta per vedere se ci poteva essere una relazione tra malattia e trattamenti ” radar” ( i famosi ” marconi” di una volta) a cui fu sottoposto per curare una pubalgia .
        ieri ho visto una foto di Borgonovo , uno dei giocatori affetti da SLA .
        Guariniello sta indagando sulle morti di SLA nel calcio anche se penso sia molto difficile trovare una correlazione e darne una spiegazione.
        Petrini ha scrittto anche del “giocatore suicidato” Bergamini . una brutta soria ripresa da ” Chi l’ha visto?”
        Il suicidio di di Bartolomei mi colpi’ moltissimo . ho letto dei libri su di lui ma i motivi del gesto mi sembrano molto nebulosi .
        Venditti in una canzone ha cantato proprio il “capitano” e “il pirata”
        Anche Pantani in fondo si suicido’, anche se in maniera diversa .
        mi colpi’ molto la data .
        10 anni esatti dopo la finale di Coppa dei campioni persa ai rigori contro il Liverpool
        mi sembrò che proprio quella data contenesse una sorta di messaggio e di testamento

  9. avatar
    alfredo 26 Aprile 2013 at 20:24

    Infatti è lo sport che amo, non solo perché lo ho praticato.
    Un calciatore che segna 2 gol in serie A si sente già un divo e si comporta come tale.
    Un campionissimo come Gianni Bugno ha sempre conservato educazione, discrezione, disponibilità.
    ma la più grande lezione di vita mi venne dal più grande di tutti.
    Eddy Merckx, ma mi sembra di averla già raccontata…

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      Ramon 26 Aprile 2013 at 20:40

      Se l’hai già raccontata la nostra memoria vacilla…

      Dai Alfredo, dedicaci ancora 5 minuti e raccontaci di Eddy 😉

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        alfredo 26 Aprile 2013 at 21:11

        Magari domani.
        Ma veramente non lo dimenticherò mai.

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          bruc 23 Febbraio 2021 at 21:14

          Mi collego qui per postare una domanda.
          A proposito del mitico Merckx, qualche esperto in materia sa – fonti serie alla mano – se Gimondi credesse o meno (al di là delle dichiarazioni di circostanza) alla positività del campione belga al Giro del 1969?
          Io in rete non riesco a trovare granché al riguardo.
          Ringrazio, e chiedo scusa se per caso l’argomento è già stato affrontato in qualche articolo del blog.

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