Pochi giorni dopo il mio arrivo a Roma, nel marzo del 1957, presi l’elenco telefonico e, trovando il suo nome, feci fare il numero dalla mia madrina. Per mezzo di lei mi presentai come un profugo ungherese appena arrivato e gli spiegai che lo conoscevo di nome per aver letto sulla rivista di scacchi ungherese – A Magyar Sakkélet – della sua vittoria al campionato italiano. Gli chiesi se poteva vedermi e lui mi fissò un appuntamento per il giorno dopo alle cinque del pomeriggio da Rosati, in Piazza del Popolo.
Non dovevo aspettare a lungo. Vidi arrivare un uomo di media statura intorno ai trent’anni, ben vestito in giacca e cravatta, capelli neri, occhiali con la montatura di tartaruga. Riconoscendomi di colpo, mi lanciò un cordiale sorriso e, dopo avermi fatto sedere con lui a un tavolo mi chiese cosa poteva offrirmi da bere. E cominciammo a parlare. Gli raccontai delle mie esperienze in Ungheria, spiegando anche che parlavo un po’ – di certo non molto bene – l’italiano per aver frequentato l’Istituto Italiano di Cultura a Budapest, che ero nato a Roma, che ci è mancato poco che diventassi campione ungherese dei giovani, e che speravo che mi potesse aiutare ad entrare negli ambienti scacchistici di Roma. Lui mi parló della sua professione di avvocato, del Circolo della Stampa che era in quei tempi che ospitava in uno dei suoi locali gli scacchisti romani. Si trattava di una specie di sottoscala, dove c’era posto per una decine di tavoli. Rimanemmo d’accordo che l’indomani mi ci avrebbe accompagnato. Al momento di separarci fece il gesto i mettere la mano sul portafogli, un gesto che mi è rimasto nel cuore e che ricordo ancora oggi commosso. Mi chiese se poteva essermi utile in quei momenti di bisogno. Lo ringraziai dicendogli che fortunatamente non era necessario. Da quel giorno ci frequentammo per vari anni, giocando nel Circolo della Stampa prima, poi al Dopolavoro Comunali. Dopo le partite – normalmente di blitz – andavamo a mangiare la pizza da Umberto vicino a Piazza Mazzini, qualche volta anche al cinema. Quando si ammalò seriamente e dovette farsi ricoverare in una casa di cura sul Monte Mario ogni tanto mi telefonava, chiedendomi di portargli una stecca di sigarette (che evidentemente non faceva parte delle terapie). Ero felice di accontentarlo, sperando di fargli capire che lo sentivo profondamente amico. Era un uomo buono e gentile, e ciò spiega, forse, come mai non ebbe quel successo nella sua professione di avvocato che per l’intelligenza innata si poteva aspettare da lui.
Un bel ricordo di Enrico Paoli (se non sbaglio) scritto con felice semplicità.
Direi di Giustolisi, ma concordo sulla freschezza dell’articolo e leggo con piacere la firma di Stefano Tatai.
anch’io ho pensato a Giustolisi pensando agli indizi sparsi qua e là.
età di circa 30 anni nel 1957 , professione , romanità .
nel 57 Paoli era già vicino ai 50 .
Giustolisi un giocatore che mi ha sempre molto interessato anche se lo vidi poche volte ( in buona sostanza penso solo ai CIS di Milano 74 )
autore di diverse partite interessanti .
Ricordo una sua partita di nero contro Trincardi ( RE ) a un campionato italiano del 75 mi sembra . vinse il premio di bllezza ( ne vinse parecchi) e permise alla squadra di Roma di vincere i cis . e mi sembra che prima scacchiera di quello squadra fosse proprio l’autore del pezzo .
Se posso permettermi. Credo che l’importanza di quel cognome sia ben custodita nel cuore del MI Tatai. Il fatto di non averne fatta menzione è sintomo del profondo rispetto verso l’amico ma anche della sensibilità di chi desidera regalare anche agli altri le emozioni di un’amicizia.
Sono righe semplici che trasudano di tenerezza. Ognuno di noi può decidere di individuare in quell’uomo chi vuole, un proprio amico o un parente che ci ha lasciati e del quale, più che piangere l’assenza, ci preme ricordare ciò che ci è rimasto dentro.
Grazie.
…pur rispettando le osservazioni di Zenone,Stefano Tatai non avvolge il caro amico in
un alone di mistero,ma ci offre una serie di indizi (la vittoria in un campionato italiano,il luogo di residenza,la collocazione temporale,l’età,la descrizione fisica,gli occhiali,la professione,i gravi problemi di salute,il tabagismo )
che ci portano al nome di Alberto Mario Giustolisi. Se controllate la sua biografia,il suo curriculum scacchistico e una sua fotografia,il quadro indiziario corrisponde totalmente.
sono d’accordo sia con Zenone che con Pablo.
non viene citato il nome ma il personaggio è abbastanza riconoscibile credo
e Tatai lo descrive in maniera ricca di rispetto e affetto .
“riconoscerlo” se è lui e ricordarne le numerose belle partite credo non sia un male.
Con il giusto rispetto… Sembra una puntata speciale del concorso della serie ‘Indovina chi è?’ degli amici Jas e Ramon? 😉
essì 😆
deformazione direi.
Sono letteralmente “drogato” da quel concorso.
Difficile smettere…
Quanto durerà ancora l’astinenza Jas e Ramon?
Hmmmmm… l’amico-rivale Jas allora, di ritorno da Belgrado, ha in serbo una nuova scoppiettante puntata del tuo erboso, ooops, volevo dire fumoso… uff, cioè affascinoso concorso! …in programma su questi schermi domenica mattina, ok? 😉
da Bel Grado (riferendosi alla temperatura e al sole che c’e’ a Varsavia) esattamente