i Re degli scacchi: Siegbert Tarrasch

Scritto da:  | 15 Giugno 2013 | 8 Commenti | Categoria: Personaggi, Stranieri

Siegbert Tarrasch 5

Alla vigilia del 17 agosto del 1908 non si sentiva così sicuro come lo era sempre stato. Il suo acerrimo “nemico” Emanuele Lasker, con il quale stava per misurarsi per il titolo mondiale, aveva recentemente strapazzato lo spilungone americano “der Kansas Siti” (direbbe il nostro Albertone) Frank Marshall con un roboante +8-0=7, un risultato ancor più netto di quello che egli stesso aveva conseguito nel 1895. Allora si era lasciato andare a dichiarazioni forti secondo il suo carattere. Non esisteva nessuno al mondo più bravo di lui, era stato più difficile sconfiggere il giovane Marshall che non il vecchio Steinitz, non vi erano ostacoli di sorta per incontrare il campione del mondo al quale molti anni prima aveva declinato l’invito (e qui si morse le labbra) per un match senza titolo in palio. Che si facesse le ossa il giovincello prima di scomodare un Maestro come lui, aveva risposto infastidito. Da quel momento, però, le cose erano cambiate non poco. Lasker aveva fatto vedere a tutti di che panni si vestiva nell’arengo internazionale con quel gioco così “strano”, baciato spesso dalla dea Fortuna, e nello stesso tempo così redditizio. Bando alle sgradevoli sensazioni, lo avrebbe vinto come era già successo, in fin dei conti, ad Hastings nel 1895. Ma, c’era un grosso “ma” che lo faceva sobbalzare di tanto in tanto…

Chi era, dunque, colui che nel caldo afoso dell’agosto 1907 si rivoltava in tali contrastanti pensieri? Siegbert Tarrasch lancia i suoi primi, perentori vagiti verso la volta celeste il 5 marzo 1862 a Breslavia, città che aveva già fatto da balia ad Anderssen e ad altri scacchisti tedeschi. Bambino precoce si mette subito a divorare la biblioteca paterna ma il libro vero, quello giusto, gli arriva fra le mani relativamente tardi, a quindici anni, portatogli da un compagno di scuola nelle vesti di un bel testo di scacchi. E’ amore a prima vista ricambiato e subito consumato contrariamente agli austeri costumi del tempo.

L’apprendistato è veloce e travolgente. Sbaragliati i frequentatori della pasticceria Fischer & Buch della sua città, nel 1880 inizia a Berlino i suoi studi universitari e anche gli incontri al Café Royal, al circolo scacchistico e in un altro celebre ritrovo di menti quadrettate, il Café Kaiserhof, mettendo in mostra il suo naturale talento. Nel 1886 si laurea Dottore in medicina, l’anno successivo si sposa e si trasferisce a Norimberga dove inizia la sua vera carriera di giocatore e di uomo in qualche modo controverso.

Siegbert Tarrasch 2“E’ di media statura e di corporatura robusta, elegante nel vestire e nel portamento. Dalla sua persona emana un senso di sicurezza e calma interiore come di sa di essere sempre nel giusto. Lo sguardo profondo e la voce calda e persuasiva rendono ancor più autorevoli le sue parole…”, “Tarrasch è il classico “pomposo” troppo curato nei particolari. Il suo apparire desta ammirazione solo negli occhi che ne vengono soggiogati. Non ho mai visto un concentrato così stucchevole di alterigia e presunzione”. Questi due giudizi rappresentano benissimo il concentrato dei suoi estimatori o denigratori. Non era facile, infatti, stabilire un buon rapporto con Tarrsasch che divideva nettamente in due: o con lui o contro di lui. A noi che lo osserviamo nelle foto di rito ci appare un uomo del tempo con il pince-nez perfettamente calato sul naso, il nodone della cravatta in bella evidenza, rigido come uno stoccafisso né più né meno degli altri componenti che vengono immortalati con lui.

Il suo cursus honorum è sbalorditivo: vincitore a Breslavia nel 1889, poi a Manchester l’anno successivo, ancora primo a Dresda nel 1892 e a Lipsia nel 1894, ottimi piazzamenti ad Hastings nel 1895 e a Norimberga nel 1896, vince a Vienna nel 1898, dietro le quinte al torneo di Montecarlo del 1902 ma si rifà in quello successivo del 1903. Nel 1905 è secondo-terzo a Ostenda, “cala” a Norimberga nel 1906, di nuovo primo a Ostenda nel 1907. Nello stesso tempo rifiuta di giocare con Steinitz per motivi di lavoro, con Lasker per il motivo già esposto in precedenza, si scontra con Cigorine, un gigante che incute paura solo a vederlo, nel 1903 a Pietroburgo ottenendo una perfetta parità +9-9=4, sculaccia ben bene Karl August Walbrodt l’anno successivo a Norimberga e infine la passeggiata con Marshall. Niente male, non c’è che dire.

Siegbert Tarrasch 4Ciò che però distingue il Nostro dagli altri non è il numero dei successi ma il suo Pensiero che andava via via dispensando a larghe mani (mi riferisco in particolare alle Trecento partite di scacchi del 1895) e che troverà più ampia articolazione nelle opere successive. Egli era un fedele seguace di Steinitz che aveva rifilato una grande sberla al Romanticismo farfallone dell’800 con il suo gioco ispirato a sani principi razionali ma, secondo l’ironico Boris Vajnstein, Tarrasch “come molti apostoli superò in santità il profeta stesso”, predicando una serie di regole dalle quali non si poteva debordare nel modo più assoluto. Eccone alcune il libera uscita: conquistate lo spazio! Non perdete tempo! Non vi chiudete a riccio! Non abbandonate il controllo del centro! Al rogo il Gambetto di Donna eccettato! Girate alla larga dalla slava! Che brutto lo sviluppo dell’Alfiere in b4 nella Francese! Non mettete mai un Cavallo ai margini della scacchiera1 IL futuro è nella coppia degli Alfieri! La mossa migliore è sempre e soltanto una! A 1,e4 rispondete 1…e5 e a 1, d4 rispondete 1…d5…

Dogmatico!” gli urlò contro una ciurma assatanata di Maestri libertari. A lui non interessava chi gli stava di fronte, i suoi pezzi dovevano seguire un piano ideale, una ferrea logica che discendeva diretta dalla sua mente. Era un fissato degli schemi astratti, un Sacchi avanti lettera senza il suo assurdo contratto e gli occhi da lemure nevrastenico. Ma se guardiamo al di là dei concetti qui rigidamente espressi egli aveva avvalorato molti di essi e tanti altri più profondi con partite esemplari dal punto di vista strategico-tattico ed ora, in quella calda estate del 1908, poteva mettere definitivamente a tacere i suoi numerosi detrattori con una vittoria esaltante contro Lasker. Ma, c’era quel grosso “ma” che abbiamo lasciato proprio a questo punto. Il campione del mondo non era un Sacchi imbevuto di schemi ma uno che basava la sua forza sulle debolezze degli avversari, che marcava ad uomo dopo averne studiato le sue caratteristiche. Si trovava di fronte all’Opportunismo in persona, alla Realpolitik degli scacchi. Dio mio che orrore! Gliela doveva far pagare perché La Forma e la Perfezione trionfassero ancora.

Siegbert Tarrasch 1Sappiamo tutti come andò a finire. Il Combattente schiacciò l’Artista con un secco +8-3=5 che non ammetteva replica. Tarrasch dette la colpa delle sue prime sconfitte al clima fosco e piovoso della pianura renana, così come ad Hastings si era lamentato del clima marino. In realtà Lasker si dimostrò solamente più forte.

Il colpo psicologico dovette essere terribile. Da quel momento il “Dottore di Norimberga” esce praticamente dal novero dei pretendenti alla corona mondiale fin quasi alla sua dipartita dal teatrino ridicolo del mondo a Monaco il 17 febbraio 1934, cambiando poco o nulla le sue idee. Ammise a denti stretti la bravura di Lasker, fece qualche concessione alle critiche dei suoi avversari ma in sostanza rimase il blocco di marmo che conosciamo. Eppure a dispetto di questa sua ostinata testardaggine, del Superomismo quadrettato che sembra incarnare, Tarrsach mi è parso, via via che venivo studiando la sua personalità, meno ostico e antipatico di quanto potessi immaginare, seguendo gli attuali clichés biografici.

In un mondo sempre più affollato di banderuole girate dal vento dell’opportunismo, di voltagabbana di professione, di saltimbanchi della parola mi ha fatto invece un gran piacere incontrare quest’uomo tutto d’un pezzo, granitico e massiccio come torre d’avorio che non crolla. E la fede tenace in se stesso me lo ha reso, se non proprio simpatico, almeno degno di ammirazione perché nella vita ha creduto in qualcosa che valeva la pena di difendere e seguire per sempre.

Siegbert Tarrasch 3

E allora lunga vita a te nei secoli e nei secoli futuri, grande, magnifico, incrollabile, immarcescibile, inespugnabile dottor Siegbert Tarrasch!

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Il solito sentito e doveroso ringraziamento alla prestigiosa rivista L’Italia Scacchistica

avatar Scritto da: Fabio Lotti (Qui gli altri suoi articoli)


8 Commenti a i Re degli scacchi: Siegbert Tarrasch

  1. avatar
    Mongo 15 Giugno 2013 at 12:41

    Il solito impareggiabile Lotti; grandissimo!! 😉

  2. avatar
    danilo 15 Giugno 2013 at 15:15

    non me ne perdo uno, complimenti Fabio,
    quando avrai finito con i RE passerai a
    Astri Nascenti:
    1 numero Caruana 😉

  3. avatar
    Enrico Cecchelli 15 Giugno 2013 at 17:28

    Complimenti per il breve ed essenziale ma puntuale ed allo stesso tempo esaustivo tratteggio del profilo di un tale gigante della scacchiera. Ancora più interessante ed intrigante la nuova lettura del suo personaggio. Bello! Bravo! Ancora complimenti.

  4. avatar
    Ricardo Soares 15 Giugno 2013 at 21:00

    Fabio è bom, mas Fabiano è melhor!!

  5. avatar
    Fabio Lotti 15 Giugno 2013 at 21:42

    Grazie, ragazzi (concordo con Soares). Per Mongo e gli scacchisti appassionati anche del giallo qui http://theblogaroundthecorner.it/category/ospiti/letture-al-gabinetto/ dove c’è anche un contributo di Zenone per “SoloScacchi” e di Bellincampi per “Scacchierando”. Quando posso i due blog li cito dappertutto!
    P.S.
    Fabiano ha battuto anche Carlsen!!!

  6. avatar
    paolo bagnoli 15 Giugno 2013 at 22:04

    Il solito Fabio: bravissimo! Vorrei ricordare che Tarrasch, nei suoi ultimi mesi di vita, non riusciva a “capire” il nazismo, l’odio per gli ebrei, con tutto quel che segue. Lui si sentiva profondamente TEDESCO e, fortunatamente, la morte gli impedì di dover assistere agli orrori della “soluzione finale”.
    A mio personale giudizio, comunque, ritengo che Tarrasch abbia affrontato Lasker nel momento e nel modo sbagliato, visto che il suo momento d’oro risaliva a qualche anno prima e che la sua innegabilmente enorme dogmaticità fu una palla al piede abilmente sfruttata dal grandissimo Lasker.

  7. avatar
    Fabio Lotti 16 Giugno 2013 at 11:16

    Grande personalità e quindi anche grande disparità di giudizi. Devo dire che nel corso della “conoscenza” ho cambiato in buona parte un mio pregiudizio.

  8. avatar
    Enrico Cecchelli 16 Giugno 2013 at 18:01

    Sono daccordo con Paolo.Tarrasch non affrontò Lasker nel momento migliore se consideriamo ad esempio che l’apice agonistico e quindi la miglior prestazione
    della sua carriera è considerata essere l’affermazione nel fortissimo torneo di Vienna 1898. Oltretutto in quegli anni, sino al 1909, egli avrebbe potuto sfruttare anche le due lunghe pause che Lasker si prese dal gioco attivo perdendo necessariamente un pò di allenamento tanto che al suo primo ritorno a Cambridge Springs 1904 perse il primo posto ad opera di Marshall che da parte sua fece una delle migliori se non la migliore prestazione della sua carriera…uffa che fatica questi confronti, non verremo mai a capo…. ma è bello per questo no?

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