i Re degli scacchi: Aaron Nimzowitsch

Scritto da:  | 24 Settembre 2013 | 23 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri

Nimzowitsch 7Amburgo 1910. Il Maestro Kohnlein ha aperto con 1.e4, il suo avversario fissa per un paio di minuti il pedone mosso, poi leva lo sguardo al soffitto come in estasi, si guarda le mani, conta le dita, si alza dalla sedia e si mette a contemplare i quadri appesi alla parete. Ritorna al suo posto, viene attratto da un foglio di colore rosso in cui sono disegnati alcuni orologi di tipo nuovo, passa altro tempo finché si decide a rispondere.

Ancora Amburgo 1910. Walter John, un farmacista tutto lindo e preciso, corretto e impeccabile nel vestire e nei modi, cammina nervosamente lungo la sala del torneo. Sono trascorsi quarantacinque minuti da quando ha fatto la prima mossa e il suo illustre avversario non è ancora arrivato. In cuor suo spera che non giunga in tempo per intascarsi l’intero punto. Ma il desiderio non viene esaudito. Il Nostro giunge proprio in quel momento, si ferma ad osservare i quadri appesi alla parete in maniera molto meticolosa come se non li avesse mai visti, poi all’improvviso si volta, si avvicina alla scacchiera e fa la sua prima mossa senza sedersi. Si comporta in questo modo fino alla sedicesima mandando in bestia il povero farmacista che la mattina seguente vorrebbe sfidarlo a duello.

Nimzowitsch 2Veldes 1931. Vidmar, noto e accanito fumatore, se ne sta buono, buono sulla sedia masticando un bel sigaro, quando il suo inquieto avversario si dirige verso il direttore del torneo e lo prega di chiedere a Vidmar di non fumare. “Ma non sta affatto fumando! Il sigaro è spento” risponde un po’ meravigliato. “Lo so, ma minaccia di fumare e la minaccia è notoriamente più forte della sua esecuzione” è la replica sbalorditiva.

Gli aneddoti sulle bizzarrie e le stravaganze di Aaron Nimzowitsch sono molti ma non è certo di questo che dobbiamo occuparci. Egli nasce a Riga il 2 novembre 1886 da genitori di ceto medio che non se la passano male. Si sa la storia del suo nome che è stato in parte storpiato per un errore di trascrizione sul passaporto, quando emigrò dalla sua patria verso ovest come tanti altri campioni di quel periodo così difficile. Impossibile, invece, sapere qualcosa della sua gioventù fagocitata nel buio dell’oblio. Solo dal 1904 si hanno notizie certe su di lui che rimarranno vive per almeno trent’anni.

Nimzowitsch 4Il suo primo palcoscenico scacchistico è il Caffè Kaiserhof di Berlino dove si comporta piuttosto bene, ma bisogna aspettare il grande torneo di Ostenda del 1907 per intravedere qualcosa della sua grandezza. Nel cosiddetto Torneo dei Campioni della vecchia guardia vince Tarrasch, in quello dei trenta (dal numero dei partecipanti) vinto da Bernstein, Aaron si piazza ai primi posti mettendo in mostra il suo gioco originale attraverso aperture considerate da molti contorte e fumose. Due mesi più tardi, nel torneo di Karlsbad, conferma con un bel piazzamento, le sue qualità, ma ancora la critica non riesce a capire questo giovane prodigio. Per di più è in arrivo un momento difficile. Nel gennaio 1908 disputa un incontro con Spielmann. Tragedia: una vittoria, una patta e quattro sconfitte che lo mettono a terra. Si ammala, sparisce praticamente dalle scene scacchistiche per tre anni.

Riappare improvvisamente ad Amburgo nel 1910. E’ in gran forma e si piazza terzo su un lotto di terribili contendenti. Nei due grandi tornei del 1911, quello di San Sebastiano (dove partecipa anche Capablanca) e quello di Karlsbad, termina invece quinto con sua grande delusione e collera. Per i prossimi incontri, giura, saranno fulmini e saette. Nel secondo torneo di San Sebastiano dell’anno successivo è terzo dietro Rubinstein e Spielmann, ma il suo modo di giocare continua ad essere frainteso. Perfino il magnifico Lasker è restio a comprenderlo “Nimzowitsch si sta ancora sviluppando e sarebbe prematuro tracciare i confini definitivi delle sue capacità. Due tratti caratteristici risultano in lui: è astuto e un po’ bizzarro. Salirà in alto ma non riuscirà a raggiungere la vetta; infatti negli scacchi il tipo dell’Ulisse riporta sì molti successi ma non acquista il grande stile”. Tarrasch era stato ancor più feroce in un commento alla partita del Nostro contro Rubinstein definendo il suo gioco antiestetico e orribile. Giudizi che cadono come macigni sull’animo del Grande Maestro russo. Allora prende carta, penna e calamaio e indirizza una pronta e irritata risposta al tedesco sfidandolo ad un confronto diretto per vedere chi ha ragione. La sfida umana viene declinata, rimane viva e vegeta quella teorica che si protrarrà per tutta la sua vita.

Nimzowitsch 6

Prima dell’inizio della Grande Guerra partecipa a tre tornei: solo quarto in quello panrusso di Vilna del 1912, poi divide con Alechine il primo posto del successivo torneo di Pietroburgo ed infine la delusione, ancora a Pietroburgo nel 1914, dove non supera nemmeno le eliminatorie ed è costretto alla resa dall’odiato Tarrasch. E in che modo! Chi non conosce la celebre partita Lasker-Bauer, giocata ad Amsterdam nel 1889, dove viene effettuato per la prima volta, con il Bianco, il doppio sacrificio di Alfieri sull’arrocco nemico? Ebbene Nimzowitsch ha la sfortuna di sperimentarlo a proprie spese, seppure a colori invertiti, fino al matto finale alla trentaduesima mossa.

Nimzowitsch 3

Poi un silenzio che dura sei anni. Prima di sparire scrive un articolo di dodici pagine in cui mette a nudo la rigidità eccessiva delle idee di Tarrasch, del suo imperante dogmatismo, ed elenca i concetti nuovi che daranno l’avvio al cosiddetto stile ipermoderno o neoromantico. In seguito sfornerà quelli che sono considerate due pietre miliari della storia degli scacchi: “Il mio sistema” (Berlino 1925) e “La pratica del mio sistema” (Berlino 1929), dove mostrò quanta vitalità vi fosse in quelle sue idee considerate bizzarre e strampalate dai vecchi parrucconi del tempo.

Nimzowitsch 8

Ritorno nell’arena scacchistica con alti e bassi. A Semmering, presso Vienna, nel 1926 parte di gran carriera, fa fuori Alechine al primo turno e a metà torneo si ritrova solitario in vetta con otto punti su nove. Sembra fatta, ma ecco spuntare Spielmann (ancora lui!) che proprio in questo torneo raggiunge il punto più alto della sua carriera e abbatte tutti gli ostacoli che gli si parano davanti, compreso Nimzowitsch. Il crollo è improvviso e riesce a malapena a piazzarsi al quarto-quinto posto insieme con Tartakover. Si riscatta prontamente a Dresda e ad Hannover sempre nello stesso anno, mentre il 1927 segna un ritorno agli esiti altalenanti fino ad arrivare al torneo di Karlsbad del 1929, praticamente l’apice della sua carriera.

Nimzowitsch 1

Allora (la storia è sempre la stessa) qualcuno incomincia a rivedere i suoi critici giudizi, a considerare in maniera più positiva il “contorto” gioco di Nimzowitsch. Il fuoco si spenge piano, piano. L’ultima sua apparizione in un grande incontro è a Zurigo nel 1934 dove si piazza sesto. Un anno di silenzio, poi la notizia della sua morte a Copenaghen il 16 marzo 1935.

Nimzowitsch è una pietra miliare nel gioco degli scacchi. Come giocatore, come teorico e ricercatore di nuove idee che ancora oggi suscitano discussioni e riflessioni. Basta sfogliare il ponderoso lavoro di John Watson “Un secolo di scacchi”, Prisma 2000, per renderci conto dell’importanza vitale del suo pensiero. Gran parte delle oltre quattrocento pagine sono occupate nell’esaminare e discutere i concetti espressi ne “Il mio sistema”. A distanza di tanti anni, e a dispetto di qualche inevitabile errore, tutto quanto il corpus del suo pensiero risulta ben saldo e granitico. Chiunque voglia progredire dovrà fare ancora i conti con lui.

Nimzowitsch 5Il solito sentito e doveroso ringraziamento alla prestigiosa rivista L’Italia Scacchistica

avatar Scritto da: Fabio Lotti (Qui gli altri suoi articoli)


23 Commenti a i Re degli scacchi: Aaron Nimzowitsch

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    Enrico Cecchelli 24 Settembre 2013 at 09:36

    Sono contento di essere il primo a complimentarmi per il solito
    bell’articolo. Anche il pacifico Maroczy lo sfidò ufficialmente
    a duello ma “Nimzo” rifiutò dicendo di non avere alcuna intenzione
    di partecopare a ciò che definì il proprio assassinio!
    L’episodio del fumo, benchè citato da Hannak, il suo biografo,
    come ambientato a Biel/Veldes 1931 per molti accadde a New York 1927,
    ( come ad es riportato da “Filologo” sempre su questo sito),
    sai darmi qualche ragguaglio?

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    Filologo 24 Settembre 2013 at 15:08

    L’aneddoto è tramandato da molte fonti diverse, e oltre che a New York, è ambientato anche a Veldes, Berlino, Liegi, con avversari diversi (oltre che Vidmar, anche Lasker, Tartakower, Bogoljubov). La menzione più antica però sembra essere quella di Brinckmann su Deutsche Schachblätter del 1932, dove la storiella è collocata a New York 1927, in occasione di una delle due vittorie di Vidmar su Nimzowitsch. Particolare interesse merita la versione di Reuben Fine , The World’s Great Chess Games, che dice che la protesta di Nimzowitsch fu causata dal gesto di Vidmar di tirare fuori il suo portasigarette. Nelle sue memorie Vidmar in effetti scrive espressamente di non fumare sigari («ich rauche nie Zigarre»).

    • avatar
      Enrico Cecchelli 24 Settembre 2013 at 15:56

      Carissimo Filologo In effetti questi aneddoti vengono spesso manipolati e riarrangiati a seconda della fonte. Anch’io ricordavo New York come ambientazione e più precisamente la fonte che avevo citato recitava: a New York Nimzo perse la prima partita (e già qui… in realtà dovrebbe essere la seconda perché la prima fu patta) e si lamentò con Vidmar che perse perché aveva fumato. Allora Vidmar promise di non fumare più nelle altre partite. Vidmar vinse anche la seconda partita (quindi ev. la terza) e disse a Nimzo: “Vedete bene che non è il fumo ed il vostro rimprovero era solo una cattiva scusa…“. Nimzo rispose: ”Si non avete fumato, ma ecc. ecc.“.

  3. avatar
    INSALA' 24 Settembre 2013 at 15:08

    …complimenti per l’articolo e per le piccole perle ivi contenute, veramente ben fatto.Riguardo “Il mio Sistema” ci sono attualmente in giro fior di Maestri-istruttori, che sconsigliano vivamente ai propri discenti la lettura di questa pietra miliare.Personalmente è stata una delle mie prime letture serie sugli scacchi e, tutto sommato al fine di una migliore comprensione scacchistica ritengo che debba essere letto e studiato.Ad ogni modo non riesco a capire il perchè di tanto ostracismo nei confronti delle idee di Nimzo, ostracismo che serpeggia non solo tra i giovani scacchisti, e ciò sarebbe comprensibile,ma anche tra i moltissimi giocatori della generazione 70-80 “infarinati” da Bobby Fischer…quest’ultimo aspetto è per me inspiegabile.Eppure Petrosian lo considerava il miglior libro scritto sugli scacchi.E’ proprio vero…noi scacchisti siamo tipi bizzarri.Lunga vita a Soloscacchi.

  4. avatar
    alfredo 24 Settembre 2013 at 15:53

    lo sapete come Petrossian riusci’ a comprare la sua agnoatissima copia del mein system?
    Comunque devo dire che Fischer non ” infarinò” una generazione; un mio amico ha scritto: “se gli scacchi fossero una religione ci sarebbe un prima e un dopo Fischer”… E molte sue partite mostrano una ottima conoscenza del libro di Nimzo.
    Comunque sconsigliare lo studio di questo libro mi sembra una totale idiozia; certo gli scacchi sono cambiati come è cambiata la letteratura, ma se foste insegnati di letteratura sconsigliereste mai la lettura della divina commedia , di Shakespeare , dei grandi scrittori russi , di Kafka o di Gadda?
    Sono un patrimonio comunque che va preservato e tramandato.

    • avatar
      INSALA' 24 Settembre 2013 at 20:10

      ..sul quel mio “infarinò” si potrebbe scrivere un’ Enciclopedia. E’ vero, Fischer ha letto il Mio Sistema per il semplice fatto che, come Lui stesso ha dichiarato, il suo stile di gioco ricalca il meglio dei suoi predecessori (e qui si colloca il mio “infarinò”!). Tanto è vero che nel suo gioco ci sono tracce persino delle idee di Berliner (autore anni dopo di un altro Sistema, un libro fantastico a mio avviso) che Bobby conobbe e con il quale ebbe “scambi di opinioni”. Saluti.

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        alfredo 24 Settembre 2013 at 20:17

        Hans Berliner, ex campione del mondo per corrispondenza, è uno dei padri della intelligenza artificiale USA.
        venuto anche in Italia all’inizio degli anni 80. ora sembra presistoria.
        Non so quali scambi di opioni ebbe Bobby con Berliner, so solo che lo score delle loro partite sulla scacchiera (quasi tutte giocate nel campionato Usa se non erro) fu un placido 4 a 0 per Bobby.
        comunque Berliner fu una figura di sicuro interesse, un piccolo Botvnnik russo
        come lei saprà nella accezione comune avere una infarinatura è avere una conoscenza certo non solido, superficiale di un argomento
        Bobby forse non cambio’ gli scacchi ma negli anni nel suo dominio li porto’ a livelli forse mai raggiunti (e qui faccio un autoriferimento a un mio scritto a cui tengo molto).
        buona serata
        a presto
        alfredo

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          INSALA' 24 Settembre 2013 at 21:35

          …come Lei ben saprà Berliner con il suo Sistema, che è in realtà un libro sulle aperture, enfatizza la trinità mobilità, attività, controllo. Detto questo, Berliner sosteneva già negli anni ’60 l’idea che la migliore prima mossa per il Bianco fosse 1. d4. Ed è proprio nei campionati Usa del 1960 che il nostro Hans ebbe uno scambio di opinioni con Bobby fervente sostenitore, come ben sappiamo, di 1. e4. Berliner delineò a Bobby i principi che poi sarebbero stati la summa del suo Sistema tra cui il famoso principio delle opzioni. Naturalmente, Fischer si mostrò riottoso verso i “deliri” di Berliner e il tutto finì lì. Apparentemente, perché qualche mese più tardi Bobby commentò su ChessLife alcune partite di Grandi Maestri e in un commento alle prime mosse di una Grunfeld tra Keres e Averbach, Berliner notò con sorpresa che la discussione fatta con Bobby alcuni mesi prima non era passata inosservata, anzi! Mi scuso con i “Nimzoniani” per il mio “fuoritema”, ma era doveroso…Saluti.

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            alfredo 25 Settembre 2013 at 08:16

            Grazie, non conoscevo quanto sopra, buona giornata.

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              alfredo 25 Settembre 2013 at 12:17

              ho visto che il libro è stato edito anche in italiano
              molto interessante
              lo prenderò al piu’ presto
              un altro fuoritema .
              la partita per corrispondenza Estrin – Berliner è considerata una delle piu’ belle della storia degli scacchi per corrispondenza

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        Doroteo Arango 25 Settembre 2013 at 07:23

        Probabilmente ad un giudizio sommario e superficiale nei confronti de Il Mio Sistema da parte di alcuni detrattori altrettanto “sommari e supeficiali” contribuì in maniera decisiva la non eccelsa simpatia del suo autore, personaggio per certi versi scomodo, anticonformista e non certo incline al compromesso. Tuttavia si tratta di un’opera che costituisce uno spartiacque nella storia della letteratura scacchistica, qualcuno giustamente ha ricordato la stima in cui la teneva Petrosian. Tal Mark Dvoretzky, che proprio un signor nessuno non è, ha scritto che è un libro che ogni scacchista dovrebbe conoscere a memoria… ed anche l’analisi critica che gli rivolge John Watson testimonia l’importanza dell’opera. Di fatto, tenendo bene in conto il momento storico in cui ha visto la luce, si tratta di qualcosa di assolutamente originale e innovativo, un libro su cui in ogni caso per più di cinquant’anni si son formati tutti gli scacchisti, poi trovarvi dei difetti è un altro discorso. Prescindere in ogni caso dalla sua rilevanza didattica mi pare improponibile.

  5. avatar
    Fabio Lotti 24 Settembre 2013 at 16:14

    Ringrazio della vostra generosità. Sono vecchi articoli che, sinceramente, andrebbero rimpolpati, anche se il lettore a cui mi indirizzavo era quello medio e non certo l’esperto.

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    Enrico Cecchelli 24 Settembre 2013 at 18:08

    Caro Fabio l’articolo e’ bellissimo in se’ e non abbisogna di nulla . In qualsiasi campo nessuno puo’ sapere tutto e quale miglior occasione di discutere ed imparare se non la splendida arena di SoloScacchi?

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    Roberto Messa 24 Settembre 2013 at 18:24

    Io credo – scimmiottando altri più autorevoli – che per capire gli scacchi si debba seguire il “metodo storico”: un principiante farebbe bene a cominciare la sua “scuola” con i giochi aperti più antichi (l’Italiana, il Fegatello ecc.); quindi le partite di Morphy e solo dopo leggere qualcosa di ogni grande maestro del passato (per intenderci: da Tarrasch a Botvinnik incluse le “ideologie” di Nimzowitsch e Reti) ma con una buona dose di spirito critico. Innamorarsi delle idee di Nimzowitsch è – secondo me – negativo per chi ha come obiettivo il miglioramento del proprio gioco in chiave agonistica; “conoscerlo” è sicuramente utile, ma le partite di Alekhine, per restare nella stessa epoca, credo siano più istruttive e in fin dei conti più “moderne” per formare solide basi di gioco posizionale-tattico-tecnico come si conviene per un agonista completo del XXI secolo.
    Se invece parliamo di cultura e di letteratura scacchistica in generale, di certo Nimzowitsch è tra gli autori più affascinanti, e a volte questo fascino ha il grande merito di instillare la passione più forte, di quella specie che può condurre a dedicarsi agli scacchi anima e corpo (prerequisito per migliorare significativamente), ma qui si entra nella sfera del soggettivo, dove ciascuno può trovare la sua “molla” in un libro piuttosto che in un altro, come pure in un amico-maestro, o addirittura perché affascinato dal luogo o dall’atmosfera che ha vissuto al suo primo torneo…

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      INSALA' 24 Settembre 2013 at 19:46

      …ben detto sig. Messa!

  8. avatar
    alfredo 24 Settembre 2013 at 18:34

    Vi devo uno risposta.
    Petrossian voleva a tutti cosi il Mein System ma non aveva i soldi per comprarlo; a quei tempi il cibo era razionato, c’era un tessera e bisognava mettersi in fila di notte per ottenere una scodella di brodaglia.
    Petrossian si offrì come sostituto; in cambio di una piccola cifra faceva lui la fila per poi cedere il posto al legittimo possessore della tessera che così evitava ore di feddo e buio in piedi.
    Petrossian raccontò poi la gioia che provò quando raggiunta la cifra occorrente potè finalmente comprare il libro; forse si spiega anche così il suo amore per Nimzo e Il Mein System.
    Per quanto riguarda il metodo, se mi è consentito di intervenire, sono perfettamente d’accordo con Roberto.

    • avatar
      Enrico Cecchelli 25 Settembre 2013 at 00:02

      Grande Alfredo! Grazie di questo “nanetto” per dirla con Frassica che non conoscevo…. Cosa sarebbe SoloScacchi senza il picodellamirandolesco Alfredo!!

      • avatar
        alfredo 25 Settembre 2013 at 21:47

        sarebbe un luogo molto migliore parafrasando Groucho Marx non accetterei mai di entrare in un club in cui accettano persone come me :mrgreen:

  9. avatar
    paolo bagnoli 25 Settembre 2013 at 23:16

    Sottoscrivo in toto quanto scritto da Roberto. Conoscere e ripercorrere con metodo la storia delle idee scacchistiche è, a mio avviso, fondamentale. Per dirla con un ex Premio Nobel, “chi non conosce la storia della Scienza, non conosce la Scienza”.

    • avatar
      INSALA' 26 Settembre 2013 at 14:40

      …ma è anche vero, per dirla con le parole dello Special one…”chi sa solo di calcio non sa niente di calcio”.Si è perso l’Universalismo, la ricerca della bellezza,della coralità armoniosa,dell’ethos condiviso a scapito della praticità più bieca e questo atteggiamento ha influenzato anche gli scacchi moderni.Ripercorrere la storia degli scacchi con lo studio significa perseguire quell’ideale di compiutezza che ci rende migliori prima come uomini e poi come giocatori.Saluti.

  10. avatar
    Bruna Tampieri 10 Ottobre 2013 at 16:38

    Mi piacerebbe molto leggere un articolo bello come questo su un forte giocatore del passato che mai viene citato: Richard Teichmann.
    E magari uno su Oldrich Duras, anch’egli forte giocatore mai menzionato.
    Perdonate il parziale off topic.

  11. avatar
    Marramaquìs 10 Ottobre 2013 at 17:33

    Gentile Signora Bruna, non abbiamo nulla da perdonarLe, semplicemente perché qui su SoloScacchi nulla (o quasi) è off topic.
    Intanto giriamo questa Sua competente richiesta, che condividiamo in pieno, al nostro ottimo Fabio Lotti, autore di numerose pubblicazioni di successo.
    E poi ci lasci sperare in altri Suoi interventi: SoloScacchi è anche la Sua casa.
    Anzi, se fosse proprio lei, signora Bruna, a raccontarci qualcosa di qualcuno di questi grandi giocatori del passato? Grazie e a rileggerLa presto!

  12. avatar
    Fabio Lotti 10 Ottobre 2013 at 21:09

    Per quanto mi riguarda i prossimi due giocatori da me trattati saranno Petrossiàn e Rèti. Ringrazio Bruna per il suo intervento e lascio ad altri l’eventuale approccio con i giocatori da lei indicati. Naturalmente un saluto anche a Marramaquis.

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