Quella partita a scacchi del mercoledì

Scritto da:  | 9 Novembre 2013 | 9 Commenti | Categoria: Racconti

Quella partita a scacchi del mercoledi 3

Caterina dice che aspetta ogni mercoledì a partire dal martedì sera. Che è il suo piccolo momento di piacere. Io non mi faccio illusioni, però: dice tante cose. Quando arrivo ha già messo al loro posto i pezzi sulla scacchiera e i cuscini, visto che giochiamo sul pavimento e ogni partita dura un’ora o più.

«Non tocca a me il nero» faccio, come ogni volta.

«Sì invece» dice lei, accarezzando i suoi pedoni bianchi come se fossero un piccolo esercito del bene.

Caterina si sente dentro a quella canzone di Vasco, quella che parla di una Jenny che è pazza, e io so che lei è lì. Caterina è una stronza, vuole sempre essere al centro dell’attenzione, a costo di essere a un passo dall’ammazzarsi.

Ma Caterina, alla fine dei conti, ottiene sempre quello che vuole e anche questa sera sono qui seduta davanti a lei, con questa scacchiera e i pezzi neri. Maledetti pezzi neri.

«Deduco che l’hai fatto di nuovo, se a me toccano i pezzi neri…» sussurro, tra la sfida e la rassegnazione.

«Sei qui per giocare o per farmi la paternale?» mi guarda stizzita.

Mi arrendo e mi lascio cadere sul cuscino blu notte con gli specchietti: glielo regalai per un Natale, ancora quando eravamo all’università e tutto ci sembrava sarebbe andato al posto giusto, perché eravamo convinte che il Natale fosse latore di buone nuove, sempre.

«Inizia tu». Odio gli scacchi. Ho imparato a giocarci al primo anno di università: mi pagavo l’affitto giocando a scacchi, una specie di prostituzione del mio cervello. Uno schifo.

Pedone. Mentre aspetto che Caterina muova mi alzo e mi faccio del tè. So che ci metterà anni, lo fa per darmi il tempo di scaldarmi l’acqua e di scegliere tra i barattoli quello del tè verde. Il tavolo della cucina è un immondezzaio: tre confezioni finite di merendine, una scatola del McDrive, innumerevoli carte di cioccolatini, sacchetto di patatine appena iniziato. Dev’essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Me la vedo che corre in bagno e vomita tutto il suo dolore, il suo odio per il mondo e per se stessa, con la tacita urlante volontà di distruggersi.

«Ho mosso». Sa che sto esaminando il suo tavolo, cosa vuole che le dica? Finirò col morirci io di dolore.

«Arrivo!»

«Hai segnato tutte le porcate che ho ingurgitato? Faccio schifo, lo so»

Non rispondo, muovo un altro pedone. «Mi hai sentita?» strilla.

«Io non sono sorda, tu sei malata. Io sento e tu non muovi un dito per uscirne. Chi ha un problema delle due? Muovi». Mi alzo a prendere la mia tazza.

«Stronza» la sento sussurrare, sufficientemente forte perché io lo senta abbastanza bene.

Ritorno sul mio cuscino blu notte. Muovo un cavallo.

«L’ho fatto tre volte oggi. La dottoressa mi ha chiesto di fare degli esami del sangue».

«La tua dottoressa è un pollo e la tua psicologa ti ruba i soldi da anni, sai come la penso».

«Cosa dovrei fare? Non so uscirne».

Muovo l’alfiere.

«Hai capito cosa sto dicendo? Non è perché non mi vedi più dimagrire che sto meglio. Non sono questi cinque chili che ho ripreso abbuffandomi che mi fanno stare meglio».

«Muovi».

Muove. «Faccio schifo. Faccio schifo. Faccio schifo».

Arrocco. «Cate, piantala e goditi il tuo piccolo momento di piacere, per favore».

Muove. Muovo. Muove. Muovo.

Sono anni che sto dietro alle sue crisi, anni che non so quali parole trovare per farla stare serena, anni che cerco di trovarle un angolo di felicità. Invano: lei non mangia, lei si caccia in mille casini, lei si abbuffa, lei tradisce le amiche. Io la giustifico. Da anni.

Sorride. So che dentro mi ringrazia, so che un giorno capirà e la smetterà di distruggersi. Lo so, spero solo di esserci ancora quel giorno. So di poterle regalare dei piccoli momenti di piacere. Una volta erano fatti di malvasia e biscottini davanti a un cartone animato, poi sono state lunghe sessioni di shopping, poi feste universitarie. Ora abbiamo questi scacchi del mercoledì sera. Piccoli momenti di piacere che non le permetto di rovinare.

Sospira, mi guarda con quegli occhi verde malinconia, col trucco sbiadito, quel maglione troppo grande. E sorride. Sorrido. Un giorno passerà.

Muove. Muovo. Muove. Muovo.

«Mercoledì non posso venire, sono a Roma. Spostiamo?».

«Cosa fai a Roma?».

«Ho una conferenza. Allora, spostiamo?».

«No, salta». Di nuovo crollo, ora inizierà di nuovo a strillare. E invece no. Invece mi guarda, mi sorride.

«Settimana prossima ho anche io da fare». Muove.

«Tutta la settimana?». C’è qualcosa che non mi convince in quello sguardo.

«Quelle cose, quelle sul tavolo…non le ho mangiate, me ne sono liberata: guarda nel cestino se non ci credi».

La guardo perplessa. Dove voleva arrivare?

«Marco mi ha chiesto di andare a vivere insieme. Aspetto un bambino».

Lascio cadere il pezzo che ho in mano, perplessa. Non capisco.

«Dalla prossima settimana inizio una cura in una clinica per persone con problemi alimentari: questo bambino dovrà avere una brava mamma e un corpo pronto ad accoglierlo». Si accarezza la pancia. La stringo forte e poi la lascio andare, senza una parola.

«Scacco matto». È la prima volta che vince.

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avatar Scritto da: Valeria Bellan (Qui gli altri suoi articoli)


9 Commenti a Quella partita a scacchi del mercoledì

  1. avatar
    Martin Eden 9 Novembre 2013 at 09:16

    Letto tutto d’un fiato… denso di emozioni ed originale… benvenuta Valeria!
    Grazie anche a Marramaquìs per la stupenda foto di copertina, preparata su misura per l’occasione 😉

  2. avatar
    Luca Monti 9 Novembre 2013 at 11:00

    Anche io ho gradito il racconto, serrato, intenso. Il disagio quotidiano, con la speranza e la luce della maternità in fondo. Benarrivata all’autrice.

  3. avatar
    Enrico Cecchelli 9 Novembre 2013 at 12:47

    Auguri e complimenti per questo garbato racconto che getta uno spiraglio di luce su di un argomento ( di proposito e per scaramantico augurio non voglio usare la parola patologia) dalla complessita’ enorme con il quale mi confronto quotidianamente per motivi professionali.

    • avatar
      alfredo 10 Novembre 2013 at 10:49

      ciao Enrico
      Buona domenica ! 🙂

      • avatar
        Enrico Cecchelli 10 Novembre 2013 at 13:12

        Buona domenica anche a te Alfredo spero tu non sia di turno….!

        • avatar
          alfredo 10 Novembre 2013 at 14:02

          oggi no 😀
          ferie .
          martedi’ parto per meta africana :mrgreen:

  4. avatar
    Ricardo Soares 9 Novembre 2013 at 14:55

    Brava. Historia simples e energico.

  5. avatar
    alfredo 9 Novembre 2013 at 17:09

    Ritmo , dialoghi molto ben scritti .
    ho apprezzato soprattutto la frase ” i psicologi ti rubano un sacco di soldi”
    e gli amici di soloscacchi sanno che lavoro ho fatto per una decina di anni prima di buttarmi nel girone dantesco del reparto ospedaliero e del PS.
    attendo Valeria ad altre prove .
    la capacità di scrittura c’è . su questo non ho dubbi

  6. avatar
    liviana 9 Novembre 2013 at 18:27

    complimenti. Bel finale e davvero ben scritto.

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