Come doveva essere bello!

Scritto da:  | 8 Dicembre 2013 | 13 Commenti | Categoria: Racconti

 (un racconto molto, ma molto, ispirato da “The Fun They Had!“, Isaac Asimov –The Magazine of Fantasy and S.F., 1954, edito in Italia come “Chissà come sidivertivano!” in “Il meglio di Asimov”, Mondadori, 1992)

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Philip, il germano-1 di Kay, era sempre stato strano. Intendiamoci, rispettoso delle regole, isolato nella giusta misura e socialmediamente interattivo come ci si deve aspettare da un bravo ragazzo, ma con una malcelata passione per le cose antiche. Qualcosa che lo portava spesso a vagare per i clazaar1 dei bassifondi informatici in cerca di quelle che a Kay sembravano reliquie, ma che per Philip erano oggetti vivi, quasi più vivi dei b-chip2  con i quali si tenevano in contatto.

Fino a quando, quella sera di un anonimo 4 Luglio 2076, Philip aveva postato sul suo vog3  un entusiasta “Finalmente! Una vera scacchiera con tutti i pezzi di legno”.

Come doveva essere bello 1

Kay non aveva saputo resistere, si era fatta coraggio e, contro ogni consuetudine, aveva percorso i pochi metri che separavano la sua p-room4 da quella di Philip per vedere e toccare con mano questa ipotetica meraviglia. La scacchiera non l’aveva impressionata tanto, a dire la verità. Era un banale quadrato di legno dall’aspetto non molto diverso da quello della sua vc-board5 sulla quale giocava tutti i giorni. I “pezzi” invece erano tutta un’altra cosa: solidi e piacevoli al tatto, altro che i Rholo6  con i quali Kay era abituata a giocare, anche se con questi non distingueva bene il Regnante-1 dal Regnante-2. Avevano però la fastidiosa caratteristica di pesare e di cadere in continuazione. In più, non si sistemavano da soli al centro delle case ed era chiaro che a fine partita sarebbe stato necessario riposizionarli a mano nella scatola o nelle posizioni di partenza per un’altra partita. Nel complesso, comunque, erano belli e le ricordavano molto i racconti del suo BisAvo-1 sulle mitiche sfide dei grandi K’s.

“Scusa, Philip, ma come si fa a studiare con questi cosi se li devi spostare tu e poi li devi rimettere a posto alla fine di ogni variante?”

“Hai ragione, Kay, non è facile usarli, ma non vedi come le combinazioni sono più visibili così? Che eleganza ha un arrocco? Come si capisce bene che l’alfiere è un pezzo veloce e il cavallo uno lento?”

Kay odiava da sempre il cavallo. Gli scacchi erano una delle materie obbligatorie per la formazione prescolastica (“ideale combinazione di logica, competizione, memoria e pianificazione”, dicevano) ed era già da due anni che tutti i santi giorni si sorbiva le lezioni del suo XM7 su geometrie, combinazioni, aperture, strutture pedonali, finali e quant’altro a quel coso cibernetico venisse in mente (ammesso che ne avesse una). Ultimamente aveva avuto problemi sempre crescenti con i finali di Cavalli e pedoni, fino a sviluppare una vera propria fobia per quegli studi. Genitore-1 si era alla fine deciso a chiedere l’intervento di un TEK8 per verificare per quale motivo Kay avesse così tanti problemi. Il TEK aveva svolto un completo test “2-ring” e aveva sentenziato, con un plastico sorriso virtuale, che era stato solamente un problema di matrici di apprendimento male applicate: in pratica a Kay erano stati proposti studi e posizioni ben al di sopra del suo attuale stadio di conoscenza e, anzi, aveva dimostrato un ottimo grado di inventiva e perseveranza. Nonostante ciò e gli immediati ottimi voti ottenuti una volta riprogrammato l’XM, a Kay il Cavallo era sempre rimasto molto antipatico.

Come doveva essere bello 4

“Sì, però non capisco come sia possibile giocare in questo modo. Sembra che entrambi i giocatori debbano essere fisicamente e contemporaneamente vicini alla scacchiera. Assurdo!”

“Kay, tu non capisci proprio. Certo che i giocatori dovevano stare nella stessa stanza. Non ti ricordi i racconti diBisAvo-1 sui circoli di scacchi?”

“Va bene, ma allora come facevano a imparare? Giocavano tutti la stessa posizione con gli XM?”

“No, non con gli XM, ma con i Maestri, di diversi livelli a seconda della bravura. E poi, ognuno giocava la sua partita, mica uguale per tutti.”

“Maestri? Umani? Ma non è possibile! Nessun umano può essere un Maestro, figuriamoci diventare un XM”.

“No, non un XM, ma un GM sì. E poi, scusa, se ti fai tanti problemi, ragazzina, lascia perdere questa scacchiera e torna nella tua p-room”.

A Kay quell’aria di sfida che aveva assunto Philip non andò giù: anche se lui aveva già 9 anni, lei aveva “un ottimo grado di inventiva e perseveranza” e, soprattutto, aveva proprio voglia di giocare con quei pezzi.

“Perché, invece, non facciamo una partita?”

“Se ti va di perdere, va bene, germano-2”, disse Philip prendendo da un cassetto nascosto un orologio da scacchi.

“Hai anche un orologio? Uno vero, intendo?” esclamò sorpresa Kay. Aveva letto di questi aggeggi su un ebook di storia scacchistica, ma, in effetti, non aveva pensato che ne potessero esistere ancora, visto che ogni vc-board ne aveva ovviamente uno incorporato.

Il sorriso di Philip disse molto più di quello che andava detto: era o non era un raider dei peggiori clazaar?

Come doveva essere bello 3

I due ragazzi cominciarono la partita e, pur con qualche incertezza iniziale nel posizionamento dei pezzi, arrivarono rapidamente a una delle posizioni di “medio gioco” che entrambi conoscevano bene. A Kay piaceva molto il modo con cui poteva spostare i pezzi con la velocità e le traiettorie che voleva, e provò anche qualche volta a sbattere il pezzo mosso sulla scacchiera per apprezzarne il rumore. E poi, la coreografia del mangiare un pezzo avversario rimuovendolo fisicamente dalla scacchiera, e il suono dell’orologio … che bellezza!

“Kay, è ora di scuola” avvertì Genitore-2 con tono dolce ma perentorio. Ci teneva molto alla puntualità, specialmente per la scuola, e, come al solito, chiamava sempre sul più bello di qualunque cosa Kay stesse facendo.

“Arrivo, arrivo” sbuffò Kay. AnchePhilip doveva andare a lezione e cominciò a mettere via i pezzi. Kay li guardò finire nella loro scatola con una certa nostalgia. Chissà quando avrebbe avuto un’altra occasione per giocare con loro.

In effetti,Kay doveva proprio fare in fretta. Era quasi ora della lezione di scacchi e si avviò velocemente verso la sua p-room per iniziare la sessione. Apparve subito il suo sorridente XM.

“Ciao Kay. Spero che tu abbia completato con successo gli esercizi che ti avevo dato alla fine della lezione scorsa.”

Con un gesto aggraziato ma annoiato,Kay inviò il multifile con i compiti all’XM.

“Oggi rivedremo insieme il ruolo dei Cavalli in e5 ed e4 nell’attacco di minoranza sul lato di Regnante-2.”

Ancora cavalli …

Kay preferiva pensare agli scacchisti dei tempi del BisAvo-1 e ai circoli di scacchi. Ci andavano (di persona!) i vari giocatori, si salutavano, giocavano, rivedevano le partite, commentavano insieme, ridevano di errori e di mosse sorprendenti.

“Come puoi vedere, la pressione esercitata dal Cavallo e5 sul pedone c6 può essere equilibrata da …”

Kay escluse l’XM dalla mente e si mise invece a pensare ai bambini della sua età, giovani scacchisti di quei tempi antichi, e a quanto gli dovesse piacere andare a giocare a scacchi al circolo, incontrare gli amici, giocare con i Maestri in persona, scambiarsi suggerimenti, giocare, scherzare e imparare insieme. “Come doveva essere bello!”, pensava.

Come doveva essere bello 2

Riferimenti alle immagini (in ordine di impaginazione):

  1. Supernova, MGM (2000)
  2. DoctorWho – Serie 7, Episodio 12, “Nightmare In Silver” (Incubo Cyberman) (2013)
  3. Alien Vs Predator – Chess, Benjamin Parry (2009)
  4. New York Chess& Games (2013)

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Note:

1 Cloud-bazaar [mercato su rete informatica immateriale]
2 Biological chip [circuito stampato biologico]
3 Virtual log [diario personale virtuale]
4 Personal room [stanza privata]
5 Virtual Chessboard [Scacchiera virtuale]
6 RealisticHolograms [Ologrammi realistici]
7 eXtra Master [Extra Maestro]
8 Technician with Extensive Knowledge [Tecnico super qualificato]

 

avatar Scritto da: delpraub (Qui gli altri suoi articoli)

Ingegnere Nucleare mai praticante causa referendum, è Candidato Maestro (a tavolino) con carriera interrotta da una felice paternità. Ha fondato e gestisce una azienda di informatica e si occupa di progetti di ricerca applicata in ambito europeo.


13 Commenti a Come doveva essere bello!

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    Jas Fasola 8 Dicembre 2013 at 20:35

    Il racconto e’ molto bello ma giocare e prepararsi a scacchi un po’ seriamente non sono tutte rose e fiori e molti preferiscono fare altro.
    Leggevo proprio oggi un’intervista a Monika Socko che dice ci sono sue colleghe polacche che girano intorno ai 2300 e che se si dessero da fare potrebbero arrivare a 2500. Le viene chiesto “Che cosa dovrebbero fare?” “E’ questione di lavorar duro. L’esempio e’ Agnieszka Brustman. Aveva un sistema, che le ha dato il successo che nessun’altra polacca ha mai ripetuto. Io ho solo sfiorato l’elite mondiale, lei c’era in mezzo”.

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    paolo bagnoli 8 Dicembre 2013 at 20:47

    Asimov era profetico, in molti casi. Le sue “tre leggi della robotica” sono state assunte come fondamentali, ai fini etici, dai moderni progettisti. Questo racconto, tuttavia, è più nostalgico che profetico. Grazie per averlo riproposto.

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      delpraub 8 Dicembre 2013 at 22:04

      Grazie, Paolo, ma questa non è una riproposizione del racconto di Asimov.
      Il racconto originale di Asimov era una sorta di incoraggiamento ad una giovane studente a vivere più serenamente il suo rapporto con la scuola, facendola sentire fortunata di vivere in un presente che i suoi coetanei del futuro avrebbero invidiato.
      Io ho temerariamente cercato di adattarla al mondo degli scacchi, aggiungendo (è vero) una vena di nostalgia di un presente che è forse già passato non solo per Philip e Kay, ma anche per i ragazzi di oggi. Spero anche però che ci si possa trovare un invito a ragazzi e adulti a non delegare ai computer la funzione di “tramite” tra giocatori (e in generale tra persone). Non ancora tutto è perduto.
      L’ho scritto ben prima delle recenti discussioni sull’importanza dell’insegnamento degli scacchi ai giovani e sull’impatto che le modifiche sociali e tecnologiche hanno apportato ai circoli di scacchi ed alla loro funzione aggregante e didattica, e spero si affianchi bene a questo appassionante tema.

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    Ramon 8 Dicembre 2013 at 22:11

    Essere “confuso” con Asimov è comunque già di per sé un bel complimento, no?

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    paolo bagnoli 8 Dicembre 2013 at 22:45

    Infatti a me, che credevo di aver letto TUTTO Asimov, risultava un po’… estraneo, ma ti devo fare i complimenti per l’interpretazione dello spirito del grande. Anche la tua prosa à asimoviana. Complimenti ancora.

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    Ricardo Soares 9 Dicembre 2013 at 17:51

    E’ uma pequena jòia: boa delpraub, complimenti!!!

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    Roberto Messa 9 Dicembre 2013 at 18:24

    Bellissimo. Da incorniciare il romanticismo di alcune frasi:

    solidi e piacevoli al tatto

    e provò anche qualche volta a sbattere il pezzo mosso sulla scacchiera per apprezzarne il rumore

    e il suono dell’orologio …

    Sembra che entrambi i giocatori debbano essere fisicamente e contemporaneamente vicini alla scacchiera. Assurdo!

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      Roberto Messa 9 Dicembre 2013 at 18:52

      L’anno scorso a Torino, quale prologo alla premiazione del Campionato italiano assoluto 2012, l’organizzatore Michele Cordara ebbe l’eccellente idea di inserire la lettura di alcuni brani celebri di prosa e poesia a soggetto scacchistico.
      Per la prosa mi piacquero in particolare un brano di Gabriel Garcia Marquez (narra di una sfida notturna tra un maestro di scacchi colombiano e un grande pianista) e una piccola gemma di Arthur C. Clarke, che poi ho ripubblicato qui: http://www.messaggeroscacchi.it/?p=3913
      Gradevolissimo spettacolo (intitolato “Mosse in musica” con Anna Cuculo accompagnata dal violoncello di Laura Culver) che aveva raccolto poco meno di cento spettatori, inclusi per la verità i dodici finalisti e gli “addetti ai lavori” del Campionato. C’era anche una troupe, ma non so se poi qualcosa è stato trasmesso da una TV regionale piemontese.

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        Renato Andreoli 9 Dicembre 2013 at 20:07

        E il pianista protagonista del racconto di Garcia-Marquez è il grande Paul Badura-Skoda.
        Ho avuto la fortuna di assistere ad un suo concerto una ventina di anni fa.
        Forse non è un caso che abbia suonato spesso in duo con il violinista russo David Oistrach, uno dei più grandi interpreti del ‘900 e anche grande appassionato di scacchi; era molto amico di Botvinnik che in un suo articolo lo giudicava della forza di un prima categoria, e inoltre giocò un incontro ufficiale con Sergej Prokofev, un match che si svolse in un teatro e di cui ricordo di aver visto su qualche libro una riproduzione della locandina che lo annunciava.
        E’ un’emozione vedere Oistrach e Badura-Skoda suonare insieme come in questo video, ed è bello immaginare che magari, terminata la registrazione, abbiano tirato fuori una scacchiera…

        • avatar
          Renato Andreoli 9 Dicembre 2013 at 20:47

          Ecco il video della premazione del Cia 2012 con le narrazioni cui faceva cenno il Direttore.

  7. avatar
    Giuseppe 11 Dicembre 2013 at 08:45

    Il racconto mi è piaciuto. La morale potrebbe essere: “Se vuoi rovinare un bel gioco, fallo diventare una materia scolastica”.

  8. avatar
    delpraub 11 Dicembre 2013 at 14:21

    Non sarei così negativo con l’insegnamento e l’educazione scolastica, Giuseppe.
    Io direi piuttosto che una ricetta sicura per rovinare un bel gioco è eliminare la relazione e il contatto personale tra i giocatori.
    Non ho mai giocato a poker o ad altri giochi che adesso sembrano spopolare su Internet, dove il “gioco” avviene tramite la mediazione di una interfaccia grafica e non direttamente tra persone. L’impressione che ho è che alla fine, oltre a far sparire ovviamente qualunque valore di condivisione del piacere di giocare insieme, diventi indistinguibile il giocare con(tro) un essere umano o con(tro) un computer e, anzi, prevalga l’aspetto (finto-)casuale del gioco sulla battaglia di personalità e psicologie. Si perde con un avversario smaterializzato, cosa che quindi non solo non diminuisce o ferisce il nostro ego (“ho perso per sfortuna”;) ma, anzi, stimola a continuare a giocare (“sono più bravo e lo dimostrerò appena la fortuna del mio avversario finirà”;). Con tanti saluti alla autocritica ed al miglioramento delle proprie capacità: questo sì profondamente anti-educativo.

    PS: Tra l’altro, è quello che, incidentalmente, volevo sottolineare con il test “2-ring” che il TEK esegue nel racconto: il test di Turing (la pronuncia inglese maccheronica è simile) è uno dei criteri usati per determinare se l’interlocutore sia una macchina o no (ovvero se sia o no un essere pensante). Nel mio racconto, non c’è dubbio: l’XM è una macchina.

  9. avatar
    Giuseppe 11 Dicembre 2013 at 20:23

    Non ho mai giocato online, mentre ho giocato spesso contro il computer, quindi sono ignorante in materia. Fatta questa premessa essenziale, ritengo che la maggiore attrattiva del gioco online sia la possibilità di incontrare ogni volta un avversario diverso. Andando al circolo c’è il pericolo di incontrare ogni volta lo stesso avversario, che potrebbe essere la tua bestia nera, o semplicemente uno che parla troppo, o che pensa troppo, o che gioca troppo chiuso. Oppure potrebbe non avere nessun difetto, ma va a finire che si gioca sempre la stessa apertura. Ben prima dell’internet, diversi rimedi erano già stati trovati: il gioco per corrispondenza, la problemistica, le raccolte di partite (uno poteva divertirsi a coprire il libro e indovinare la mossa successiva). Quindi io vedo il computer come un fatto positivo, una possibilità in più di appassionarsi agli scacchi. Il fatto negativo è che molti scacchisti sono succubi del proprio ego. Mi chiedo sempre se si troverà mai un rimedio.

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