Fondation Hardt

Scritto da:  | 18 Novembre 2013 | 42 Commenti | Categoria: Cultura e dintorni, Scacchi e scienza

“L’atmosfera della casa – si leggeva nel foglio informativo – è molto familiare (così penso di poter tradurre il francese bon enfant); si intende, però, che i Signori per cena vorranno cortesemente indossare la giacca”. Ma per fortuna – ho pensato io – che l’atmosfera è familiare. Fosse stata formale, che cosa ci avrebbero chiesto? Sparato e marsina?

Fondation Hardt 1

Le impressioni di chi c’era già stato, inoltre, non erano incoraggianti. Tolta la colazione, in cui bene o male si poteva sperare di non incrociare nessuno, c’erano tre incontri conviviali fissi al giorno, scanditi da una robusta campanella posta strategicamente sul lato della casa che dà verso la biblioteca (cosicché nessuno potesse dire di non averla sentita): il pranzo alle 12, il tè con biscotti alle 17, la cena alle 19. Questi momenti erano pensati con lo scopo preciso di far familiarizzare gli ospiti, secondo quello che pare fosse uno degli obiettivi non scritti della Fondazione. Obiettivo, tuttavia, non facile da realizzare. Gli ospiti provenivano un po’ da tutte le parti, e poiché la tenutaria della casa (proprio non riesco a ricordarmi il nome) parlava correntemente francese, inglese e tedesco, tutti si dovevano adeguare; chi non sa stare al tempo, peggio per lui (a rischio di fare la figura, se non proprio dell’analfabeta, almeno dell’intruso). Quanto agli argomenti di conversazione, beh, è ovvio: arte, letteratura, qualche puntatina sul cinema (solo se d’autore); scontato rifugio universale, patetica alternativa al silenzio, la conversazione sul tempo (“Ha visto, signora, quanto l’autunno si faccia sempre più tiepido, di questi ultimi anni?” “Oh, beato lei, caro signore, che vive a Marsiglia; da noi in Svezia fa sempre tanto freddo…” ).

Date queste premesse, una volta sbrigate le formalità dell’arrivo, non senza una buona dose di apprensione mi accingo ad entrare nell’ampio salone della casa (arredato con stucchi, quadri e mobili di antiquariato), per fare la conoscenza degli altri malcapitati, e cercare di destreggiarmi in qualche modo con le loro orribili favelle. Sennonché mi viene subito incontro un tipo, piuttosto giovane, che con grande disinvoltura mi tende la mano e mi dice (in italiano con forte accento toscano): “Ma allora sei proprio te. Trabattoni, vero? L’avessi saputo prima, che venivi, mi portavo almeno l’orologio”.

Fondation Hardt 8

Facciamo un piccolo passo indietro. L’anno? Con precisione non mi ricordo. Ma credo che fosse il 1990. La professoressa con cui lavoricchiavo a tempo perso in università (allora ero professore di liceo) mi disse: “Perché non fa un soggiorno alla Fondation Hardt? E’ davvero un posto ottimo per studiare, e sono sicuro che si troverà bene”. Faccio dunque la domanda e prenoto le prime due settimane di luglio. A rischio però di dover rinunciare, nel caso che mi avessero pizzicato come commissario per gli esami di maturità. Anche questa è una storia grottesca, che meriterebbe di essere raccontata nei dettagli. La maggioranza dei professori di ruolo – parlo della maturità vecchia maniera – cercava di svicolare. Così a giugno i provveditorati erano invasi dai certificati medici (e sarebbe stato il caso di chiedersi perché influenze e bronchiti si risvegliassero proprio all’inizio dell’estate, e soprattutto nella classe docente). Perciò le impiegate dei provveditorati, ogni mese di giugno, iniziavano una drammatica corsa contro il tempo. Inutile mandare una nomina scritta. L’interessato rispondeva, sempre per iscritto, con il certificato medico, e se ne andavano in fumo giorni preziosi (gli scritti iniziavano inesorabilmente il 1° di luglio). Per cui, il telefono. Qui il trucco, ovviamente, consisteva nel fatto che la preda non doveva mai rispondere di persona (i cellulari non esistevano). Però bisognava essere sempre concentrati sul pezzo. Non essendo mai stata quest’arte la mia specialità, un giorno di fine giugno staccai soprapensiero la cornetta. Al grido di trionfo (leggasi: “questo fesso si è fatto beccare!” ) dell’impiegata, “lei è stato nominato commissario di filosofia e storia nel liceo di vattelapesca”, io risposi con un timido “non posso”, e subito dopo le spiegai perché. Ovviamente pensò che stessi inventando una balla; ed anche se si fosse trattato della verità, sotto il profilo legale il mio impegno con la Fondation valeva zero. Ma la ragazza realisticamente pensò che appena mi avesse mandato la nomina scritta le avrei rifilato anch’io un certificato medico. Si sbagliava (credo di avere nel DNA almeno un pelo di calvinismo). Ma naturalmente non lo poteva sapere, per cui preferì non rischiare (il dramma del tipo di lavoro che le toccava svolgere in quei giorni era che le uniche armi a sua disposizione per far rispettare una legge dello stato erano la persuasione e l’inganno). Così l’ho sfangata. E il primo luglio ho messo in moto la mia vecchia Lancia Trevi alla volta di Ginevra (la macchina è indispensabile, ho pensato: la Fondation è sepolta nella campagna, e se non c’è un mezzo di fuga almeno per la sera c’è il rischio di trovarsi alla fine con in bocca il tubo del gas).

Fondation Hardt 5

La “Fondation Hardt per lo studio dell’antichità classica” si trova, per essere precisi, a Vandoeuvres, un piccolo e tranquillo paesino che si incontra risalendo le colline prospicienti la riva destra del Lemano, pochi chilometri dopo aver lasciato Ginevra. Una volta la Fondazione aveva un parco abbastanza consistente, poi eroso quasi del tutto dalle crescenti difficoltà economiche. Tutt’intorno (la viuzza dove si trova la Fondazione porta il romantico nome di chemin vert) si stagliano i cancelli e le recinzioni impenetrabili di blindatissime ville, dove si favoleggia che abbiano trovato discreta residenza (una delle tante, si intende) sceicchi, finanzieri, magnati di industria, teste (ex) coronate, calciatori, ecc. La struttura comprende un edificio principale, dove si trovano le sale di soggiorno e alcune camere, e un edificio secondario, che ospita la grande biblioteca (ed altre tre camere).

Fondation Hardt 4

Il ragazzo che mi è venuto incontro nel salone si presenta come Giovanni Cecconi, e aggiunge che anche lui, come me, è Maestro Fide; ed è lì per lavorare alla sua tesi di dottorato in storia romana. In realtà io non mi ricordavo di averlo mai visto (mentre mi era ben noto suo padre, il mitico avvocato Eliano, di cui si può vedere qui un bel ricordo di Riccardo Del Dotto). Poiché entrambi ci fermiamo per altri 15 giorni, il colpo di fortuna non è da poco. La cena alla Fondazione, caffé compreso, finisce verso le 20. Dopodiché, per chi non sia abituato ad andare a letto con le galline, si aprono le porte sul nulla. Nulla a Vandoeuvres, si intende. Ma quasi nulla anche a Ginevra, che dopo le otto di sera è praticamente un deserto. L’unico svago, la biblioteca, coincide curiosamente con il posto dove si lavora. Per cui passare la serata a leggere sarebbe più o meno come se un idraulico, per rilassarsi dopo cena, si mettesse a riparare qualche tubo. Dunque, gli scacchi: perbacco, un paio di settimane di fantastiche serate lampo. Fra l’altro Giovanni mi avverte che è presente alla Fondation anche un giovane tedesco, elo tra 1900 e 2000, e dunque si può organizzare un classico giro a tre con sedia calda. Sì, ma dove procurarsi un orologio? Non senza qualche fatica troviamo un circolo di Ginevra (mi pare che fosse il Bois Gentil) e decidiamo di vistarlo la prima sera utile. Mentre noi tre stiamo uscendo alla chetichella dalla Fondazione veniamo sorpresi dalla nostra arcigna tenutaria, che ci chiede in modo brusco dove stiamo andando. L’arzilla vecchietta, infatti, mal tollerava le sortite dei suoi ospiti, perché questo era per lei il segno evidente che in casa non si trovavano bene. Giovanni le spiega che stiamo andando a giocare a scacchi. Ma ovviamente l’argomento non attecchisce, perché lei ci risponde che gli scacchi ci sono anche lì, e dunque la nostra sembra una scusa davvero mal trovata. Inutile spiegarle che ci serve anche un orologio, perché la sospettosa signora avrebbe indubbiamente trovato la motivazione aggiuntiva ancora più inverosimile di quella originale. Così lei se ne va con la bocca tirata e lo sguardo offeso (del tipo: se qui non si trovano bene, perché non se ne stanno a casa loro?). L’idea era di convincere gli scacchisti svizzeri a prestarci un orologio, così avremmo potuto rimanere alla Fondation e risolvere il problema del dopo cena senza scontentare la vecchia (anche al prezzo di usare la minuscola scacchiera francese in dotazione). Ma l’impresa si è rivelata impossibile: sarebbe stato più facile sfilare un favo di miele dalle zampe di un orso. Per cui abbiamo dovuto accontentarci di qualche serata (le poche in cui il circolo apriva, chiudendo comunque ben prima di mezzanotte), giocando esclusivamente tra di noi (nessun socio manifestò per la nostra presenza un sia pur minimo interesse), e non senza aver penato un po’ per convincere i responsabili del circolo a farci usare spazi, scacchi e orologi, non essendo noi regolarmente iscritti. Alla faccia del Bois Gentil.

Il Cecconi l’ho rivisto altre volte volte. La prima al torneo dell’Isola d’Elba, nel 1998 (dove era lì con Renata, ormai sua moglie, presente anche lei alla Fondazione otto anni prima), che è poi anche l’ultimo torneo individuale a cui ho partecipato. L’ultima l’anno scorso, nel suo delizioso appartamento in Oltrarno a Firenze, per un mezzo pomeriggio di combattutissime lampo.

Fondation Hardt 7

Ne approfitto per una piccola digressione. Gli scacchisti, si dice, hanno talento per le matematiche (es. i tre moschettieri inglesi Nunn, Mestel, Speelman, a cui possiamo aggiungere il nostro Fabio Bellini) e per l’economia (qui giganteggia l’americano Kenneth Rogoff). Come siamo messi, invece, con la cultura classica? Quello che ha ottenuto maggiori successi in entrambi i campi è probabilmente Adrian Hollis, luminare di letteratura latina nell’Università di Oxford (specialità, Ovidio) e grande maestro per corrispondenza. Ma ecco una breve lista degli italiani che mi sono noti. Oltre al Cecconi, c’è il maestro Alessandro Stavru (ci siamo incrociati in un convegno sulle nostre cose, ma al momento non ci siamo nemmeno riconosciuti… ), che ora lavora in Germania. Poi i candidati maestri Marco Bettalli e Tristano Gargiulo (che insegnano, rispettivamente, storia greca e letteratura greca a Siena e Cagliari). Digressione nella digressione, Tristano l’ho rivisto a Roma, dopo decenni, qualche settimana fa, e abbiamo ovviamente lasciato correre i ricordi (tra cui quelli relativi a un torneo memorabile, ma per motivi tutt’altro che scacchistici, disputato a Strasburgo nei primi anni ’80). Scacchisticamente parlando Tristano si era messo in luce nel 1970, vincendo a sorpresa, insieme a tre altri giovani (per quei tempi) sconosciuti, la semifinale di campionato italiano di Rovigo: l’impresa valse a tutti tre (gli altri erano Giuseppe Valenti e Pierluigi Passerotti) il titolo di candidato maestro. Aggiungo, en passant, due note che non c’entrano nulla neppure con la digressione, ma che possono rientrare nel novero delle “curiosità” che spesso trovano posto in un sito miscellaneo come il nostro. La prima è che il maestro Giuseppe Valenti (ex Banco di Roma ai tempi di Zichichi; poi magistrato; e ora, che è in pensione, di nuovo presente nel mondo degli scacchi giocati) è figlio di Cesare, un importante filosofo siciliano, già professore ordinario di filosofia teoretica al’Università di Messina. La seconda riguarda il quarto classificato di quel torneo, ossia il candidato maestro abruzzese Sergio Amadesi. Suo padre era Luigi Amadesi, segretario particolare di Palmiro Togliatti. Sergio si era laureato in fisica a Leningrado, e si lamentava del fatto che il governo italiano, nonostante che gli studi di fisica in Unione Sovietica fossero molto avanzati, negasse il valore legale del suo titolo di studio.

Ma torniamo agli scacchisti cultori di studi classici. La mia lista degli italiani si completa con il “Filologo” che scrive su questo sito, di cui non voglio rivelare l’identità, ma che so per certo essere del mestiere. Infine, anche se non è italiano, come non nominare quel giovane e dotatissimo papirologo che fu costretto, come lui stesso mi disse, a seguire la carriera dello scacchismo professionistico perché diversamente non sarebbe riuscito a sbarcare il lunario? Ma questo è un argomento che merita un pezzo tutto per sé.

Fondation Hardt 6

avatar Scritto da: FM Franco Trabattoni (Qui gli altri suoi articoli)


42 Commenti a Fondation Hardt

  1. avatar
    delpraub 18 Novembre 2013 at 21:15

    Racconto piacevolissimo e ricco di riferimenti a tanti giocatori che avevo quasi dimenticato di conoscere (uno fra tutti Alssandro Stavru che ricordo ragazzino e ritrovo… professore di filosofia!). Grazie Franco.

    • avatar
      Franco Trabattoni 19 Novembre 2013 at 23:10

      Grazie a te del commento. Dopo che Stavru e io ci siamo riconosciuti come scacchisti, qualche collega ha voluto vederci all’opera. Così Alessandro una volta ha portato un orlogio e ci siamo pubblicamente esibiti. Uno spasso, credimi…per i profani scacchi e velocità cono incompatibili, e dunque giocando lampo si fa bella figura con poca spesa (nessuno si accorge delle cappelle che fai).

  2. avatar
    Luca Monti 19 Novembre 2013 at 00:27

    C’è una comune diceria che sostiene come in qualunque parte del mondo si vada, là
    comunque un napoletano si troverà. Dopo questa bella rievocazione si potrà affermare
    altrettanto di uno scacchista. Forse erro, mi sembra tuttavia che tra le persone citate dall’autore una, Tristano Gargiulo (forse un omonimo), sia recentemente intervenuto con un commento in questo articolo dedicato al Circolo Cyrano di Roma(?) od altro sodalizio.

    • avatar
      Franco Trabattoni 19 Novembre 2013 at 23:15

      No, Luca, è sicuramente lui. Visto che conosce il sito, ora gli scrivo. Quanto agli scacchisti, alla Fondazione ci sono solo otto posti, e gli scacchisti presenti in quei giorni erano addirittura tre: un record. Aggiungo – ma si sarà capito – che il sollievo di trovare lì uno scacchista è stato davvero enorme.

  3. avatar
    Yanez 19 Novembre 2013 at 06:57

    Un altro contributo preziosissimo di una delle nostre penne migliori… raffinato, elegante, coltissimo… è davvero un piacere leggere e rileggere pezzi come questi!

    • avatar
      Martin Eden 19 Novembre 2013 at 06:58

      Franco aveva promesso un ritorno alla grande, no? …e, direi, è stato proprio così, no? 😉

  4. avatar
    Mongo 19 Novembre 2013 at 09:42

    Me lo sono gustato fumandomi un toscano… Sublime!!

  5. avatar
    lordste 19 Novembre 2013 at 10:10

    Tempi che cambiano… in un articoletto recente ho letto dello stesso problema – trovare un orologio per “lampizzare” – sofferto da alcuni topGM durante le serate di un supertorneo. Problema risolto utilizzando una “App” per iPhone… 😎

    • avatar
      Franco Trabattoni 19 Novembre 2013 at 23:17

      Buono a sapersi! Diciamo che un supertop GM potrebbe anche decidersi di investire una somma ragionevole nell’acquisto di un orologio. Noi eravano tre giovani (io un po’ meno, per la verità) spiantati…

  6. avatar
    Jas Fasola 19 Novembre 2013 at 11:12

    Da leggere tutto in un fiato… il Trab sa scrivere 🙂 …peccato manchi il colpo di scena finale, che so la seconda vita della tenutaria 😯 …ma la Svizzera è la Svizzera 😥 .

    • avatar
      Franco Trabattoni 19 Novembre 2013 at 23:44

      In mancanza del colpo di scena posso aggiungere qualche particolare. Da un po’ di tempo la Fondazione è gestita come una banca Svizzera. Ma allora il ménage era molto più empirico. Il servizio di cucina (e tutto il resto) era gestito da una coppia di spagnoli entrambi più larghi che alti, che urlavano e litigavano in continuazione (tavolta abbiamo visto il corpulento marito aggirarsi minaccioso sulle tracce della moglie con in mano un coltello da cucina; ma per fortuna si calmava in fretta). Comunque, essendo la Svizzera, questi due di domenica non lavoravano (il riposo domenicale, e i diritti sindacali, in Svizzera sono intangibili); perciò, cucina chiusa (o a disposizione della fantasia degli ospiti; una volta, durante un successivo soggiorno, mi sono esibito in un immangiabile risotto alla milanese). Molti ospiti ne approfittavano per farsi un giro. Ma per quelli che rimanevamo l’infaticabile vegliarda organizzava una gita comunitaria. Nella fattispecie (eravamo rimasti in quattro, Giovanni, la sua fidanzata Renata, io e uno spilungone olandese che ho trovato lì tutte le volte che ci sono andato), trekking nel Jura svizzero. Ma come andarci? La signora (non l’ho ancora detto, ma era quasi piegata in due dalla gobba) cava fuori da non so dove un pulmino, ci fa salire e si mette al volante. Poi, una volta sul posto, si infila due comode scarpe da ginnastica e inizia subito a scarpinare su per il pendio. Beh, sarà stata la vita sedentaria (né la vita dello scacchista né quella del topo di biblioteca sembrano particolarmente adatte alla salute del corpo), saranno state le sigarette, fatto sta che la vecchia in breve mi ha seminato…
      Anni dopo, venuta a mancare la vecchina, il posto di tenutaria fu preso da una sedicente contessa che avebbe potuto soddisfare tutte le legittime aspettative di Jas.

      • avatar
        Joe Dawson 20 Novembre 2013 at 07:22

        …hmmmm, grava un’atmosfera sospetta in questo racconto, sapete?!?

        scommetto anche che -guarda caso- intorno a qualche tavolo si aggirava pure un distinto maître, eh? 😉

  7. avatar
    alfredo 19 Novembre 2013 at 12:23

    magnifico pezzo , professor Trab
    Nunn è stato il piu’ giovane laureato in matematica delle università inglese e se non avesse abbandonato la matematica per gli scacchi a livello professionistico probabilment avrebbe vinto una medaglia Fields ( l’equivalente del Nobel per la matematica . Solo che si assegna ogni 4 anni e i vincitori non devono aver superato i 40 anni . a proposito sapete perché non c’è il premio Nobel per la matematica? )
    In quanto a Rogoff il professor Robert Mundell , Nobel 99 ( padre della moneta unica europea , grande appassionato di scacchi e amico di Bobby Fischer) lo considera un possibile premio Nobel per l’economia .
    in quanto a studi classici e scacchi non so . Mi viene in mente il GM Robert Byrne che era professore universitario di letteratura .
    riguardo agli scienziati .Jonathan Penrose , per anni il piu’ forte scacchista inglese , famoso per una vittoria contro Tal a Lipsia 1960 , è fratello di Roger Penrose uno dei piu’ grandi fisici – matematici del mondo
    Una spiegazione a questo connubio inglese c’è. Gli scacchi erano l’unico gioco ammesso nelle università inglesi .
    Ricordo una intervista di anni fa a Roger Penrose a cui non è stato assegnato un meritatissimo Nobel. Alla domanda se la cosa non gli ” pesava” rispose ” cosa volete che sia un Nobel per uno che h un fratello che ha battuto Tal ! ”
    un saluto a tutti gli amici 🙂

    • avatar
      Sabrina 19 Novembre 2013 at 12:41

      > medaglia Fields

      Quella del film “Will Hunting”!

      • avatar
        alfredo 19 Novembre 2013 at 15:43

        si’ ricordo bene quel film
        ma non tutti i matematici sono come matt damon
        comunque ti cito due medaglie fields , due ragazzi molto interessanti e simpatici : wendelin verner che da piccolo fece anche l’attore e Cedric Villani ( tra l’altro appassionato di scacchi e grande ammiratore di Bobby Fischer)
        ma il piu’ interessante è il sanpietroburghese Perelman che dopo aver dimostrato la congettura di Poincarè ha rifiutato il premio e si auto recluso . un po’ come Bobby Fischer dopo la conquista del titolo .
        la dimostrazione della congettura di poincarè è il piu’ grande risultato scientifico di questo secolo, io credo, assieme alla identificazione del bosone di Higgs

    • avatar
      Renato Andreoli 19 Novembre 2013 at 13:01

      Alfredo, spero che tu non creda a quella vecchia storiella secondo cui non esisterebbe un premio Nobel per la matematica in conseguenza del fatto che l’amante della moglie di Nobel fosse appunto un matematico.
      Storiella priva di fondamento, anche solo per il motivo non secondario che Alfred Nobel non si sposò mai!

      • avatar
        alfredo 19 Novembre 2013 at 15:37

        caro Renato forse è solo un diverente aneddoto ma cerchero’ di andare piu’ a fondo . 😉

        • avatar
          Icilio Zoppas 19 Novembre 2013 at 20:21

          Secondo la citata storiella il “responsabile” del misfatto dovrebbe essere il celebre matematico svedese Gustaf Mittag-Leffler (1846-1927) studioso di variabili complesse.
          Certo non doveva stare simpatico al “nostro” (magari per tuttaltri motivi) visto che si trattava di un connazionale assai famoso.

  8. avatar
    Enrico Cecchelli 19 Novembre 2013 at 14:18

    Soltanto: Complimenti! Bellissimo!

  9. avatar
    Tristano Gargiulo 24 Novembre 2013 at 01:20

    Ho cominciato a frequentare questo sito proprio la sera (di poche settimane fa) in cui me ne parlò l’amico Trab, durante una cena ‘epicurea’ piena di struggenti ricordi, non solo scacchistici. Da allora vengo qui a tarda ora, leggo a lungo le tante belle cose che scrivete, e me ne rivado in silenzio come sono venuto. Solo una volta, colpito e un po’ commosso alla rievocazione del bar/circolo Cyrano fatta da un altro amico di quei tempi, Gianni De Vita, ho ceduto alla tentazione di scrivere un brevissimo messaggio all’aria. Chiedevo notizie di Sandro Meo, un giocatore che chi ha vissuto gli scacchi a Roma dalla fine dei ’60 a tutti gli ’80 non può non aver conosciuto. Mi era giunta voce (da Giuseppe Valenti, da poco ritrovato su Facebook) che Meo si trovasse in un ospizio e cercavo qualcuno che mi potesse dare indicazioni più precise per poterlo rintracciare e andare a trovare, se davvero soffre una condizione così terribile. Ma nessuno rispose al mio appello. Tornato di nuovo stasera, come altre sere, ho trovato, a sorpresa, il bell’articolo di Franco (ottima penna, caro amico, e non poteva essere diversamente!) in cui, ricordando così brillantemente e argutamente episodi del suo passato, di digressione in digressione giunge a parlare del torneo di Rovigo 1970, facendomi vibrare una corda che credevo ormai quasi priva di sensibilità per la tanta acqua passata sotto quei ponti… E, oltre alla semifinale di Rovigo e al Cyrano, mi si affaccia alla mente un’epoca che credevo di aver dimenticato (e invece, come succede, queste cose si rimuovono soltanto e stanno lì, latenti, in attesa di riaffiorare, e con un impeto commisurato all’importanza che hanno avuto per una persona) e di cui mi piacerebbe che anche qualcun altro si ricordasse qui. L’epoca del caffè Branca di via Gallia, glorioso circolo romano dei primordi (precedette sia il Cyrano sia l’Accademia), vitalissimo fino al giorno in cui un tragico destino si portò via, così prematuramente (avrà avuto non più di 35 anni), l’indimenticabile Augusto Arienti, che ne era segretario e anima. In quel circolo, al piano superiore del bar, in una bella sala in cui arrivavano le note del juke-box piazzato in fondo alle scale, e in cui un cameriere veniva a prendere le ordinazioni di caffè e cappuccini (difficilmente gli scacchisti consumavano altro) secondo il (tacito o concordato, non so) patto di ospitalità, erano presenze fisse o occasionali i maestri Vincenzo Nestler, Remo Calapso, Alvise Zichichi, talora Stefano Tatai, Giuseppe Primavera, qualche volta Alberto Giustolisi. Ma c’era una folla di altri personaggi, tutti indimenticabili, almeno per la fantasia di un ragazzino che cominciava timidamente a frequentare quel mondo strano e affascinante. In ordine sparso e con la paura di dimenticare qualcuno (non me lo perdonerei mai): Dell’Accio (fece un gran Campionato romano 1968, mettendo in riga molti maestri e lottando per il primo posto fino agli ultimi turni), il già ricordato Meo, Sprovieri (“il sommo”, come si autodefiniva), Blasi, Valenti, Passerotti, Amadesi, Guglielmi, Boschetti (un umorista nato: lo ricordo come il mattatore delle cene all’hotel Robinia di Imperia quando il gruppo romano partecipava al gran completo al torneo settembrino della città delle 3000 ore di sole), Antonelli, Nicolini, Dondini (padre e figlio, Ermete e Giorgio), Zedda, Lodà, Liberati, Fargnoli (prima e dopo il grave incidente che ebbe), Catalini; e poi l’avvocato Bivini, spiantato ma coltissimo, che giocava sempre lampo con il petroliere munito di sigaro Paul Glidewell (con posta, come voleva l’americano), l’inossidabile coppia Vestri-Camilloni sempre di fronte (non li ho mai visti giocare con qualcun altro) in interminabili pomeriggi di partite lampo…e le frasi strampalate ma mai banali (non mi ricordo chi era l’inventore dell’arrocco maltusiano!) che riecheggiavano nella sala insieme al frenetico picchiare sull’orologio, il tutto addolcito dalla voce di Patty Pravo che il juke-box diffondeva come un profumo su per le scale. Mi piacerebbe davvero che qualcuno, che ha vissuto o conosciuto tutto questo, aggiungesse i suoi ricordi ai miei…

  10. avatar
    Tristano Gargiulo 24 Novembre 2013 at 01:38

    Caro Trab, ti ringrazio per avermi fatto sapere che Adrian Hollis è stato (purtroppo il verbo è al passato: è mancato all’inizio di quest’anno) un così forte scacchista: non lo sospettavo. E’ stato anche valente grecista: sua l’importante edizione dell’Ecale di Callimaco, che è ancora testo di riferimento.
    Il papirologo, non italiano, a cui ti riferisci è…ma, se vuoi mantenerlo anonimo (per scriverne? magari!), lo individueremo come colui che nel match finale dei candidati del 1980 a Merano contro Korcnoj fece quella incredibile svista esponendosi a un doppio di cavallo che avrebbe visto chiunque e perse un finale pari… E’ lui, giusto?

  11. avatar
    Franco Trabattoni 24 Novembre 2013 at 10:59

    Sì, Tristano, è proprio lui! Aggiungo un paio di cose sul tuo pezzo “romano”. Quanto a Sandro Meo (che io per la verità non ho mai conosciuto), il sito dell’Accademia scacchistica romana (non so quanto aggiornato) ne parla come di una presenza viva e vegeta. Seconda cosa. Ricordo bene parecchi dei personaggi che citi; tra cui l’elegantissimo Paul Glidewell (ora so che faceva il petroliere). Ricordo anche suo figlio Peter, che ha un paio d’anni meno di me ed era scacchista pure lui. Corrisponde forse, ai giorni nostri, all’omonimo architetto, grande animatore dei salotti romani, e assunto da Sgarbi come assessore all’urbanistica (se non ricordo male) nel comune di Salemi? Infine, Adrian Hollis. Certo, so che è scomparso quest’anno. Ma non sapevo del suo Callimaco. Alla prossima

    • avatar
      Tristano Gargiulo 24 Novembre 2013 at 18:31

      Mi rendo conto solo ora – ieri notte, a tarda ora, scrivevo veloce – che sono stato ingeneroso e poco fine nel ‘cifrare’ il personaggio sconosciuto collegandolo a uno dei ‘blunders’ peggiori che possano capitare a uno scacchista. E vorrei fare ammenda. Anche perché Robert era (è) una persona garbata ed equilibrata ed è stato figura di grande spicco negli scacchi (forse il miglior giocatore tedesco dopo Lasker) e di ottimo livello nella papirologia (è stato editore dei papiri di Colonia). Ritornando all’episodio citato, RH era in vantaggio di un punto su Korcnoj e, se non avesse fatto quell’errore, che gli costò quella fiducia in sé e quella serenità che sono tanto importanti in un match, probabilmente avrebbe giocato lui la finale con Karpov.
      Di Paul Glidewell non so altro se non quello che ho scritto. Non sapevo che avesse un figlio scacchista né le altre cose che dici. Lo vedevo piuttosto come una figura pittoresca del circolo, ma a quei tempi ero troppo giovane e troppo impegnato a migliorare il mio gioco in partite serie per farmi distrarre da quel tipo di esibizione, che osservavo un po’ da lontano e che solo un più tardi mi apparve divertente

      • avatar
        Tristano Gargiulo 24 Novembre 2013 at 18:43

        Chi altro ti ricordi di quelli che ho menzionato, oltre naturalmente ai ben noti maestri? A me sono venuti in mente anche Sorgi, un pazzo scatenato, come anche un pazzo era Pagliarini. Pazzi in senso buono, s’intende. E l’ineffabile Franza, l’uomo che nel comune siciliano in cui era assessore (o non so che) in quota ad un partito, quando la giunta decadde non se ne andò ma rimase al suo posto semplicemente cambiando partito (questa mi sa che me l’ha raccontata D’Arpino).

        • avatar
          alfredo 24 Novembre 2013 at 19:19

          Davvero ?????
          credo che in Italia sia rimasto un caso del tutto isolato.

        • avatar
          Franco Trabattoni 24 Novembre 2013 at 21:34

          Tristano, trovi mezione di qualche altro romano dei tempi tuoi nel mio pezzo su SoloScacchi “Progetto Gutenberg”. Tra gli altri personaggi romani mi vengono in mente Adriano Soi, tale Giannas (che credo fosse un “greco de Roma”, sempre molto scorretto alla scacchiera) e il maestro Fricker. Tra quelli che ho nominato, ti ringrazio di avermi riportato alla mente figure mitiche come il Dondini (Ermete, si intende) e Lodà: parli di Giuseppe, vero? In famiglia erano tre fratelli e una sorella, tutti scacchisti. Domenico l’ho conosciuto bene perchè viveva a Monza, la sorella talvolta partecipava ai tornei, mentre il quarto fratello (non ricordo i nomi né di lei né di lui) è il filosofo autore di un simpatico e bizzarro libretto di filosofia scacchistica. Ora mi risulta che i primi tre (del quarto non so nulla) siano purtroppo passati a miglior vita. Giuseppe si piccava di essere un forte giocatore lampo (e in effetti aveva qualche felice colpo tattico), così ogni volta che veniva al nord a trovare Domenico telefonava a me o qualcun altro di qui per organizzare delle serate. Serate che, immancabilmente, si concludevano con lui, sconsolato, che diceva: “Non capisco che cosa mi succede qui; a Roma batto parecchi maestri…”.

          • avatar
            Marramaquìs 24 Novembre 2013 at 22:28

            Ciao, Franco, in effetti ne ricordo parecchie fra le figure da voi citate: ad esempio Meo, Giannas, Lodà, Antonelli, Catalini.
            Antonelli è ancora attivissimo e in forma, vi assicuro.
            Da Giannas era meglio star lontani almeno due scacchiere. Ricordo che avevo un poco di fastidio a giocare per la mia banca in seconda scacchiera dietro Catalini, solo perché Catalini non era dipendente di banca ma un “esterno”. Invece lo meritava, era un valido giocatore. Non so se è ancora in vita.

            • avatar
              Tristano Gargiulo 24 Novembre 2013 at 22:46

              Antonelli è Fabrizio Antonelli, vero? Lavorava alla SIP se ricordo bene. Quando era ancora inclassificato, ma già molto forte, fece un gran bel torneo nel 1969 al Branca qualificandosi per la finale con i maestri e battendone anche qualcuno. Catalini l’ho incontrato in autobus qualche anno fa (in effetti, forse 7-8). Fu lui che mi diede la dolorosa notizia che Zio Chico (Alvise) era mancato…

              • avatar
                Marramaquìs 24 Novembre 2013 at 22:51

                Sì, Fabrizio. Il mese scorso ad Arco di Trento ha dato del filo da torcere a parecchia gente.

                • avatar
                  Tristano Gargiulo 24 Novembre 2013 at 23:04

                  Non mi stupisce affatto. Dove vive ora? Se ti capita di vederlo, me lo saluteresti? Penso che si ricordi…

                • avatar
                  Marramaquìs 24 Novembre 2013 at 23:11

                  Certo che te lo saluto. Se vuoi incontrarlo, sappi che il mercoledì sera lui gioca l’infrasettimanale della SS Lazio Scacchi in Via Nathan n. 41 (zona Magliana).

          • avatar
            Tristano Gargiulo 24 Novembre 2013 at 22:41

            Già, Adriano Soi. Come ho fatto a dimenticarlo. Giannas appartiene all’epopea del Cyrano, non del Branca. Fricker l’ho conosciuto poco. Ermete Dondini come hai fatto a conoscerlo? Però anche il figlio Giorgio era un caro amico. Giuseppe Lodà aveva un negozio di mobili. Posso dire ora che aveva una visione futurista per quei tempi. Si creò per primo una squadra (ad ingaggi) puntando molto sull’immagine (divisa di club, pubblicità). Sembrava una cosa un po’ strampalata, ma ripensandoci era un anticipo di futuro

            • avatar
              Fabrizio Antonelli 15 Dicembre 2013 at 18:58

              caro Tristano, ho incontrato casualmente oggi Riccardo Moneta, che mi ha portato i tuoi graditissimi e inaspettati saluti. Leggo perciò in ritardo quello che hai scritto dell’ambiente del mitico circolo Branca e dei tanti personaggi che lo popolavano. Ricordo bene anch’io quel periodo della mia vita e tutte le persone che tu citi, con quell’affetto che a distanza di tanti anni si trasforma anche in nostalgia del bel tempo che fu(in fondo eravamo due ragazzetti, anche se io avevo qualche anno più di te). Non so se leggerai queste mie righe, ma spero di si. Se passi per Roma, fammelo sapere: avrei molto piacere di incontrarti. Ciao e grazie di aver rinverdito i miei ricordi di un bel periodo. Fabrizio

  12. avatar
    Jesper 24 Novembre 2013 at 21:46

    Un autentico piccolo capolavoro questo nuovo pezzo del Professor Trabattoni: è come infilarsi tra le pagine di una splendida novella da Soirées di Medan… ricordi, aneddoti, paesaggi, persone… atmosfera incantevole e affascinante così come i commenti dei lettori: grazie!!

    • avatar
      Franco Trabattoni 25 Novembre 2013 at 00:02

      Grazie di cuore a lei, e a tutti gli amici che cono intervenuti!

  13. avatar
    Franco Trabattoni 24 Novembre 2013 at 23:47

    Tristano, francamente non mi ricordo cone ho conosciuto Dondini. Diciamo che ai tornei stavo spesso e volentieri con il gruppo dei romani che c’erano di colta in volta, per la simpatia, la battuta salace, la voglia di divertirsi. Poi ci fu il torneo del banco di Roma del 1977, e una serie di annessi e connessi legati al démi-monde che gravitava intorno agli scacchi, di cui ti parlerò a voce per non svelare troppi nomi e troppe curiose vicende personali. Ma ti assicuro che ti farò divertire. Tu intanto prepara il porceddu.

    • avatar
      Tristano Gargiulo 25 Novembre 2013 at 00:08

      Volevo dire che Ermete Dondini era già parecchio anziano e girava poco per tornei.
      Se volevi incuriosirmi con quelle allusioni…ci sei riuscito 😀
      Un porceddu lo troviamo se vieni a Cagliari. Male che vada, pesce!

      • avatar
        Franco Trabattoni 25 Novembre 2013 at 00:11

        Mmm…sì, il pesce è forse anche meglio…

        • avatar
          Tristano Gargiulo 25 Novembre 2013 at 00:27

          Se vieni a Roma per qualche convegno o conferenza e hai una sera libera, avvertimi. Se non sono a Cagliari, facciamo un’altra rimpatriata.

          • avatar
            Marramaquis 8 Gennaio 2014 at 07:12

            Per Tristano Gargiulo: non so se hai letto o meno l’intervento, qui sopra, di Fabrizio Antonelli.

  14. avatar
    Giovanni A. Cecconi 4 Settembre 2023 at 01:57

    Vengo a sapere solo oggi, a Trieste, mentre sto pateticamente tentando di giocare un torneo tradizionale (ma ho sostamzialmente abbandonato il gioco agonistico da una vita) dall’amico Paolo Vezzosi di questo racconto trabattoniano tanti anni dopo il racconto troppi anni dopo la vicenda. Confermo tutto, ambiente, escursioni, storia del posto, salvo piccoli dettagli. Non dissi in prima battuta “sei tu Trabattoni”, dossi “tu
    per caso giochi a scacchi?” E dopo la reazione che trovai leggermente imbarazzata di Franco, quasi lo avessi denudato in un luogo non consono, spiegai meglio: lui era piû forte e meglio noto di me (all’epoca assai piû tosto di adesso, dovevo avere ancora sui 2250 di elo fide, meno di elo italiano….) e giusto che io conoscessi Trabattoni e lui non me. Mi pareva poi che con la mercedes del Trabattoni alla fine non trovammo un circolo a Ginevra, o se lo trovammo non fosse di nostro gradimento o chiudesse presto. Ma ci entrammo? Ricordo invece a Firenze le partite lampo anni dpo, combattutissime, ma da me perse in maggioranza. Smentisco invece per civetteria di avere “un forte accanto toscano”. Ma li avete sentiti coloro che hanno un forte accento toscano? Non credo di rientrare nella categoria.
    Un abbraccio a Franco e agli amici che conosco e che hanno commentato il bell’articolo (grazie a che per la me zione di mio padre, e io ricordo il tuo Franco) di quelle due settimane alla Fondation Hardt. Luogo dove non ho messo e a me i che non ci torni il collega Trabattoni non credo metterò piû piede in vita mia. A meno che non ci invitino entrambi per uno dei loro mitiici “Entretiens”. Ma credo saremo prima in pensione. Troppo informale per i miei gusti, con alle 16 mentre cerchi di lavorare la campanellina che ti richiama al dovere del thè e delle chiacchiere inutili coi compagni di avventura. (Renata sta bene e ti saluta, Franco.)

    • avatar
      Franco Trabattoni 5 Settembre 2023 at 12:42

      Carissimo, grazie per questo intervento (en passant: sto leggendo con interesse “La città e l’impero” ); e anche per le correzioni. Vada per l’incipit vada anche per l’accento toscano (avendo preso da qualche anno casa in Toscana ora so bene la differenza tra un accento forte e uno normale). Ma confermo che abbiamo trovato un circolo (molto periferico), denominato “Bois Gentil”, che insieme a noi c’era un 1900/2000 tedesco, e che il circolo non era di nostro gradimento (sia per la scarsa simpatia del soci sia perché chiudeva, mi pare, alle 23.30: orari svizzeri). Per cui ci siamo andati un volta sola. Nego, infine, di avere avuto allora una mercedes: era una ben più modesta, ma per me bellissima, Lancia trevi oro metallizzato. Quanto alla Fondazione, io invece ci tornerei volentieri. Da parecchi anni le cose sono molto cambiate: c’è una gestione impersonale ed efficiente, e il rito del thé non esiste più. Un abbraccio, a te e a Renata.
      P.S. giusto a proposito di Renata. La sera in cui noi tre siamo andati al circolo abbiamo accompagnato in macchina Renata e un tipo olandese (che ho trovato lì tutte e tre le volte in cui ci sono stato) che andavano a vedere non so quale manifestazione. Ricordo che nell’auto stipata da 5 passeggeri a un certo punto tu e Renata vi siete messi a litigare in modo piuttosto acceso: non senza un certo imbarazzo degli altri, perché avevate tenuto rigorosamente nascosto il fatto stavate insieme.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


CLICCA QUI PER MOSTRARE LE FACCINE DA INSERIRE NEL COMMENTO Locco.Ro

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

La Palestra dei Finali

Chess Lessons from a Champion Coach

Torre & Cavallo - Scacco!

Strategia di avamposti

I racconti del Grifo

57 Storie di Scacchi
2700chess.com for more details and full list

Ultimi commenti

Problema di oggi