Magnus: l’inizio di una nuova epoca?

Scritto da:  | 24 Novembre 2013 | 158 Commenti | Categoria: Attualità, Campionati, Internazionale

Magnus Carlsen and Liv Tyler 1

Tre vittorie, sette patte, nessuna sconfitta. Così inizia l’era di Magnus Carlsen, il nuovo campione del mondo di scacchi, norvegese, 23 anni non ancora compiuti (è nato il 30 novembre 1990). Il campione uscente Vishy Anand giocava in casa, nella sua Chennay, la città in cui nacque l’11 dicembre del 1969 quando ancora si chiamava Madras e gli indiani non avevano ancora preso il vizio di cambiare nome alle loro megalopoli emergenti.

La sfida, iniziata il 9 novembre e conclusasi il 22, è stata una delle più corte della storia dei match mondiali e una delle vittorie più schiaccianti di uno sfidante su un campione uscente. Doveva essere al meglio delle dodici partite, più eventuali spareggi a cadenza veloce, ma ne sono bastate dieci, dato che Carlsen ha conseguito la vittoria matematica con 6,5 punti a 3,5.

La telecronaca del match è presto fatta: dopo due patte iniziali troppo brevi e al limite del pacifismo gandhiano, i due hanno cominciato a giocare davvero nella terza e soprattutto nella quarta partita, in cui Anand ha sacrificato un pedone per una promettente iniziativa, ma Carlsen si è difeso con la precisione di cui solo lui è capace e alla fine è toccato ad Anand difendersi per salvare il mezzo punto. Il risultato si è sbloccato nella quinta partita, in cui Carlsen ha sottoposto Anand a un pressing incessante, dimostrando la sua superiorità tecnica e pratica nei finali di partita. Il gioco tendenzialmente passivo di Anand è scivolato in chiara sudditanza psicologica nella sesta partita, nella quale il campione indiano, anziché tener vivo il gioco in una Partita Spagnola ricca di spunti per un giocatore che doveva cercare la rimonta, ha preferito cambiare tutti i pezzi e chiudersi a catenaccio, confidando in una “sicura” spartizione del punto, ma quando tutti i commentatori più autorevoli del pianeta non aspettavano altro che l’ennesima patta per ripetizione di mosse, Carlsen tirava fuori il meglio del suo approccio massimalista, sacrificava un paio di pedoni per infiltrare il Re nella metà campo di Anand, facendo confondere nella mente dell’indiano le minacce reali con quelle immaginarie. E’ quella che noi scacchisti chiamiamo “paura dei fantasmi”, l’anticamera della sconfitta inopinata, del panico, della “crisi di zuccheri” della sesta ora di gioco. Fatto sta che Anand, sentendosi perduto, invece di giocare la mossa spontanea, che lo avrebbe salvato, ha scelto “l’altra”. Risultato: due a zero e quattro patte al giro di boa.

Posizione dopo 60.Ta4

Anand-Carlsen, VI partita, posizione dopo 60.Ta4

Come un pugile un po’ suonato, nel settimo e ottavo round Anand ha solo cercato di recuperare un briciolo di lucidità, rimandando le residue speranze di rimonta alla zona cesarini. Alla vigilia della nona partita il punteggio era dunque di 5 a 3 per lo sfidante, ma nessuno immaginava che l’ultimo atto della tragedia potesse essere così ricco di pathos. L’indiano ha impostato un’apertura sbilanciata e preso l’iniziativa sul lato di Re, concedendo in cambio al Nero una maggioranza di pedoni sul lato di Donna. Il culmine della partita (e del match) è stato quando Anand ha consentito a Carlsen di promuovere un pedone e di avere due Donne nere sulla scacchiera. Idea spettacolare e sostenibile anche secondo le fredde analisi dei computer, ma abortita subito dopo a causa di una mossa (28. Cf1?? anziché 28. Af1!) precipitosa quanto fatale.

Anand-Carlsen, VI partita, posizione dopo 28.Cf1?

Anand-Carlsen, VIII partita, posizione dopo 28.Cf1??

Anand, che aveva pianificato tutto in anticipo, ha eseguito le ultime mosse delle sequenza molto rapidamente e ciò lo ha tradito… evidentemente non è più lo “Speedy Vishy” dei suoi anni ruggenti, di quel lontano 1987 in cui un quasi sconosciuto ragazzino indiano vinceva il Campionato del mondo juniores lasciando con un palmo di naso i favoriti della gloriosa scuola scacchistica sovietica, o strapazzava blasonati grandi maestri riflettendo pochi secondi o al massimo pochi minuti per ogni mossa.

Game over, o quasi, perché se è vero che nessuno più si aspettava un colpo di reni di Anand nella decima partita, ben pochi si aspettavano un Carlsen ancora affamato di vittoria: in un finale di leggerissimo vantaggio in cui qualsiasi altro giocatore ragionevole avrebbe offerto la patta per assicurarsi il titolo di campione del mondo, Magnus decideva di far sudare Anand fino all’ultima camicia – pardon: fino all’ultimo pedone – sacrificando addirittura un Cavallo per cercare di infliggere all’avversario l’umiliazione conclusiva.

Carlsen-Anand, X partita, posizione dopo 48...Rf8

Carlsen-Anand, X partita, posizione dopo 48…Rf8

Anand questa volta si è difeso con precisione, forse grazie alla consapevolezza che quattro sconfitte in dieci partite sarebbero state davvero troppe per potersi guardare allo specchio serenamente durante la prossima lunga vacanza che si concederà con la moglie Aruna e con il figlio Akhil, nato nell’aprile del 2011.

Così, nell’epoca dei baby grandi maestri, si avvia alla pensione (ma poi, chi l’ha detto?) un grande protagonista della scena scacchistica dell’ultimo quarto di secolo, campione del mondo indiscusso dal 2007 a oggi, vincitore davanti a Kasparov e Karpov del glorioso Torneo di Capodanno 1991-92 a Reggio Emilia. Uno scacchista poco interessante per i media occidentali, perché esotico ma al tempo stesso troppo “normale”, sportivo con gli avversari e remissivo con i boss della Federazione scacchistica internazionale. Uno che non pianta grane e che non fa notizia. Uno che ha preferito bere fino all’ultimo l’amaro calice alla scacchiera, anziché ritirarsi dopo i quaranta, come ha fatto il suo astutissimo predecessore Garry Kasparov per risparmiarsi le brutte figure con i ragazzini cresciuti a pane e computer.

Ma è poi questo il cliché del nuovo campione del mondo di scacchi? Magnus Carlsen è forse il prototipo del nerd tutto scacchi e silicio? Assolutamente no, il ragazzo norvegese ha un fisico atletico, un’aria un po’ ribelle e perfino una certa somiglianza con Matt Damon. Già alcuni anni fa venne chiamato a fare da modello per una campagna pubblicitaria di una griffe di abbigliamento casual. Qualcuno in America lo avrebbe voluto come attore per un film e la rivista Cosmopolitan lo ha incluso addirittura nella classifica dei dieci uomini più sexy del pianeta.

Scacchisticamente parlando Carlsen è stato un bambino prodigio, incoraggiato soprattutto dal padre Henrik che nel 2003-2004 fece prendere un anno sabbatico a tutta la famiglia (Magnus ha una sorella più grande e due più piccole – anche loro, come il padre, buone giocatrici) per un lungo tour in giro per tornei, da Taormina a Saint-Vincent, da Reykjavik a Dubai.

Il “Wonderboy” (così si intitola la sua prima biografia con partite, pubblicata da New in Chess nel 2004) conquistò il titolo di grande maestro all’età di 13 anni, 4 mesi e 27 giorni. A19 anni (gennaio 2010) è salito al primo posto della graduatoria mondiale con 2810 punti Elo e tre anni dopo (gennaio 2013) ha fatto crollare il precedente record di Kasparov, raggiungendo quota 2861; record che ha poi ulteriormente migliorato fino al 2872 di oggi, scavando un fossato senza precedenti tra lui e il secondo giocatore della graduatoria mondiale, Aronian, che di punti Elo ne ha 70 in meno.

Carlsen è il primo campione del mondo europeo-occidentale dal 1935, quando l’olandese Max Euwe strappò la corona ad Alekhine ma fu costretto a restituirgliela nel match di rivincita del 1937. Magnus gioca i finali meglio di Capablanca e non si stanca di inseguire la vittoria anche quando una patta basterebbe, un agonismo corretto ma spietato che rimanda a un nome solo: Bobby Fischer. Oggi inizia l’era Carlsen, che si prevede piuttosto lunga e benefica per la diffusione degli scacchi nella Vecchia Europa. La speranza, per noi italiani, è che prima o poi il suo sfidante si chiami Fabiano Caruana, il nostro maghetto della scacchiera nato a Miami 21 anni fa. Il numero uno della Federazione Scacchistica Italiana nell’ultimo anno ha oscillato tra la terza e la settima posizione nella graduatoria mondiale, ma il gioco di Fabiano è ancora in crescita e il suo score contro Magnus in partite di torneo ufficiali (non a cadenza a rapida) è di 2 vittorie ciascuno, più 5 patte.

A gestire gli affari e l’immagine pubblica del personaggio Carlsen è ormai da qualche anno una vera e propria società per azioni che, guidata con intelligenza dal padre Henrik, macina utili milionari, ma quando una giornalista intraprendente come Janis Nisii riesce a scavalcare la cortina dell’ufficio stampa, Magnus non ha peli sulla lingua. Celebre è la sua dichiarazione, correva l’anno 2011, che fece infuriare non pochi lettori di Torre & Cavallo: “Innanzitutto vorrei chiarire che noi norvegesi non consideriamo l’Italia né una nazione occidentale né una nazione civile.”

Oggi preferiamo rileggere l’epitaffio anticipato sul match di Chennai che Magnus ha consegnato al microfono di Janis subito dopo la vittoria del torneo dei candidati (Londra, fine marzo 2013). Alla domanda su quale sia la differenza tra lui e Anand, Carlsen, in perfetto stile “trash-talk” da pugile ha risposto: «La differenza è che io ho continuato a vincere tornei, mentre lui si è tenuto aggrappato al suo titolo. Sarà uno scontro interessante tra due idee diverse su cosa significhi essere il miglior giocatore al mondo».

Magnus Carlsen Wonder Boy

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158 Commenti a Magnus: l’inizio di una nuova epoca?

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    Luca Monti 24 Novembre 2013 at 13:48

    Forse la “nuova epoca” per gli scacchi,citata dal Messa,si concretizzerà in Tromso
    l’anno prossimo,con le elezioni del Presidente Fide.Se anche lì avremo il cambiamento
    che in tanti auspicano,ecco che la Norvegia,dopo Carlsen,segnerà un nuovo corso per
    il nostro vecchio gioco.
    Le parole di Carlsen,potrebbero ferire chiunque abbia a cuore il destino del nostro malridotto paese ma,aggiungo io,come dargli torto?

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      Roberto Messa 24 Novembre 2013 at 14:01

      Va precisato che il registro di quell’intervista era tutto tra il serio e il faceto. Evidentemente scherzava… ma fino a che punto?

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    alfredo 24 Novembre 2013 at 15:36

    Parafrasando Paolo Maurensig :
    ” se gli scacchi fossero una religione potremmo parlare di un prima e un dopo Magnus Carlsen”
    anche se al momento il dopo appare molto lontano .
    io penso che la frase di Carlsen non fosse una sua idea ma semplicemente riportasse un luogo comune diffuso nei paesi scandinavi ( adesso guardo la cartina ma mi sembra che la Norvegia sia anche un paese baltico).
    sicuramente gli abitanti di quei paesi considerano la loro organizzazione sociale , politica e civile superiore a quella dei paesi che si affacciano sul mediterraneo .
    ma io solitamente quando discuto con qualcuno ( solitamente un collega medico scandinavo ma incontro magari in qualche congresso ) ” sbatto li ” ( per dirla questa volta alla Gaber due cose
    1) il nostro Rinascimento
    2) il tasso dei suicidi . Proprio in Norvegia è il piu’ alto di Europa . Indice di qualcosa che non va .E qualcosa in Norvegia proprio non deve andare se si pensa alla strage compiuta l’anno scorso da un paranoico neonazista ( mi sembra 80 morti).
    un altro dato ” indice” è il grande successo internazionale dei libri Gialli provenienti da questi paesi e che piu’ che gialli sono proprio una dura critica alla loro tanto decantata organizzaione sociale e civile.
    Ricordo di avere avuto la fortuna di conoscere Peter Leko a 14 anni , appena diventato campione del mondo.
    Per quanto avesse solo 14 anni e la sua vita concentrata sugli scacchi era un appassionato conoscitore del nostro riconoscimento.
    A leggere la biografia di Carlsen scritta dal suo scopritore , il GM “calciatore” Simen Agdenstein quando porto’ Magnus a visitare il Partenone il nuovo campione del mondo non mostro’ interesse alcuno per la culla della civiltà europea .
    certo la sua testa era tutta concentrata sugli scacchi .
    dall’intervista e da altre cose Magnus mi appare brioso e brillante .
    lo apprezzo enormente ovvio , ma continuo a pensare che non si vive di solo scacchi , come il nostro sito dimostra per cui un mio apprezzamento ancor piu’ grande va a giocatori come Lasker Smyslov Botvinnik Tal Bronstein Kasparov che vivevano gli scacchi in un sistema piu’ ampio e complesso di pensiero coltivando , spesso ad altissimo livello , altri interessi
    comunque ancora una volta chapeau Magnus ( in tutti i sensi)

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    alfredo 24 Novembre 2013 at 15:40

    errata corrige : Leko era appena diventato il piu’ giovane GM della storia.
    A diventare campione del mondo ci ando’ molto vicino …

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      Bagirow 25 Novembre 2013 at 15:28

      Tanto che sei in tema di correzioni, la Norvegia non è, neanche lontanamente, il paese in Europa con più suicidi.

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        alfredo 25 Novembre 2013 at 20:22

        caro Bagirow
        le mie nozioni epidemiologiche, per motivi di scelta professionale , ora mi rendo conto che sono forse un po’ lontane nel tempo .
        ti sarei grato se mi indichi una una statistica recente piu’ precisa .
        comunque mi informerò meglio 🙂

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          alfredo 25 Novembre 2013 at 20:33

          certo avrei preferito trovare un’altra fonte ma accontentiamoci al momento di questa .
          i paesi scandinavi sono comunque ben piazzati in questa triste classifica .
          certo i numeri vanno contestualizzati e ” letti ” con criteri scientifici da diversi punti di vista
          ad esempio le cause che possono spingere al suicidio un finlandese rispetto a un serbo o un ucraino sono , credo , molto diverse .
          ma è un argomento troppo serio per essere cosi’ trattato.
          certo in venti anni molte cose sono cambiate
          http://it.wikipedia.org/wiki/Stati_per_tasso_di_suicidio

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            Bagirow 25 Novembre 2013 at 22:33

            Non volevo farti le pulci, ma immaginavo ti confondossi con la Finlandia.

            La mia fonte è wikipedia in inglese, più aggiornata: http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_suicide_rate

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              alfredo 26 Novembre 2013 at 15:53

              figurati , caro amico .
              ogni corezione o consiglio è per me il benvenuto.
              mi sono reso conto che le mie conoscenza in materia
              sono oramai lontanissine nel tempo
              una vita (professionale) fa .
              Bagirov un grande giocatore che mi piaceva molto
              ha avuto la morte che penso molti scacchisti
              vorebbero avere .
              a presto . buona giornata !

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    Janis Nisii 24 Novembre 2013 at 16:14

    Superbo articolo, mio caro Directeur! Non avrebbe sfigurato (magari senza dettagli tecnici) in un quotidiano tra i maggiori :)
    Comunque, per evitare di esasperare di nuovo gli animi, Magnus scherzava quando disse quella frase. Certo, gli scherzi migliori sono molto spesso quelli sconci o quelli cattivelli ed è evidente che ai lettori sono venuti in mente alcuni aspetti deteriori dell’Italia (corruzione, criminalità organizzata, non rispetto delle regole) di cui ci lamentiamo continuamente, ma che, per orgoglio, mal sopportiamo se messi in evidenza dagli altri. Questo è comprensibile. Però lui davvero è una persona dall’umorismo sferzante, ma niente di più di questo. Ricordiamo che è lo stesso che _a Mosca_ durante il Tal, alla domanda se temesse di giocare nella città di nascita del Campione del Mondo rispose: “Crederò nel fattore campo quando qualche russo vincerà una partita in questo torneo”. Non credo che volesse prenderle di santa ragione (i russi non te le mandano a dire di solito in questi casi…;), ma lì per fortuna abbiamo il video e si vide chiaramente il suo sorriso. Può non piacere, ovviamente, ma a me fa ridere uno così. Chissà se col tempo i curatori di immagine affineranno la sue doti diplomatiche? Io spero di no ;)
    In ogni caso, dopo qualche mese lui mi disse che scherzava e che non voleva più parlare con me perché gli avevo causato un ‘incidente diplomatico con l’Italia’. Ovviamente anche in quel caso scherzava ;)

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      Marramaquìs 24 Novembre 2013 at 22:15

      Cara Janis, grazie, ma dovrai permettermi un’osservazione: “qualche articolo fra i migliori (non tutti) dei maggiori quotidiani forse non sfigurerebbe sul nostro Blog”.

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    Luca Monti 24 Novembre 2013 at 16:46

    Non era nelle mie intenzioni creare un paragone tra il nostro paese ed un altro,la
    Norvegia, del quale non conosco nulla.
    Se i parametri per opinare attorno a “nazione civile”,termine usato da Carlsen,
    fossero ad esempio : stato di salute del sistema giudiziario, welfare, sistema scolastico, situazione carceraria,stato dell’informazione,livello di etica nei
    rappresentanti della cosa pubblica etc… , quanto lontani siamo dall’essere “nazione civile” ? Il Rinascimento è un periodo trascorso da mezzo millennio e quella
    splendida eredità, a volte non siamo neppure capaci di valorizzarla:anche questo siamo noi oggi.Alfredo,gli altri ci guardano adesso.

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      alfredo 24 Novembre 2013 at 17:35

      purtroppo terribilmente vero .
      proprio ieri , caro Luca , avevo postato su questo blog , in una altra discussione il brano di Gaber ” io non mi sento italiano”
      in realtà io mi sento italiano.
      Orgoglioso di tante cose ( come vicentino , campanilisticamente , come non essere orgogliosi del Palladio , di Gigi Meneghello, di Faggin ? ), mi vergogno di tante altre .
      recentemente sono stato a Marrakech . nei suk continuano a fermarti . Una delle frasi che sentivo era ” italiano ? Bunga – bunga ” :mrgreen:

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    Franco Trabattoni 24 Novembre 2013 at 17:00

    Non ho, come tanti altri, alcuna conoscenza personale dei grandi campioni di scacchi di oggi. Tutto quello che ne posso sapere – ed è indubbiamente ben poco – mi arriva dai documenti pubblici e dalle interviste. Ciò detto, quello che a mio parere si evince da questo “poco” è che sotto il profilo intellettuale ed umano tra personaggi come Anand, Kramnik, Aronian o Ivanchuk da un lato, e il nuovo campione del mondo, dall’altro, c’è un vero e proprio abisso.

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      Roberto Messa 24 Novembre 2013 at 18:33

      Il ragazzo è acerbo… chi di noi non lo era alla sua età? Alcune sue dichiarazioni (anche se sempre e solo riferite agli scacchi) mi incoraggiano a considerare possibile una sua maturazione (culturale e umana) in chissà quali direzioni.

      Contrary to many young colleagues I do believe that it makes sense to study the classics.

      It’s easy to get obsessed with chess. That’s what happened with Fischer and Paul Morphy. I don’t have that same obsession.

      I am not some sort of freak. I might be very good at chess but I’m just a normal person.

      I don’t look at computers as opponents. For me it is much more interesting to beat humans.

      Without the element of enjoyment, it is not worth trying to excel at anything.
      I spend hours playing chess because I find it so much fun. The day it stops being fun is the day I give up.

      Self-confidence is very important. If you don’t think you can win, you will take cowardly decisions in the crucial moments, out of sheer respect for your opponent. You see the opportunity but also greater limitations than you should. I have always believed in what I do on the chessboard, even when I had no objective reason to. It is better to overestimate your prospects than underestimate them.

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        alfredo 24 Novembre 2013 at 19:34

        Dichiarazione veramente interessante , caro direttore .
        Devo dire che i giornali ( repubbblica e il Corriere che ha trasmesso le partite in diretta ) non hanno ceduto allo stereotipo di descrivere il nuovo campione come un ” freak ” tutto scacchiera e pensieri strambi , come il protagonista soprattutto nel film de il bellissimo La variante di Luzin di Nabokov ( il piu’ bel libro a carattere scacchistico per me).
        Anni fa ricordo che la giornalista Emanuela Audisio scrisse per Repubblica un reportage da Siviglia su uno dei match tra i due K .
        Ebbene li descrisse in maniera indecorosa , come due inetti alla vita , capaci solo di muovere pezzi di legno.
        ebbene , per dire , Kasparov è un commentatore economico del Wall Street journal , un attivista politico come sappiamo ed è stato la persona che ha aperto nel 2007 , con un suo discorso , le celebrazioni , a Vienna , per il centenario della nascita di Godel , il piu’ grande logico della storia con Aristotele ( ma qui non voglio invadere il campo del Prof Trab)
        Una cosa che mi ha sempre incuriosito è se Lasker abbia mai conosciuto Godel .
        Entrambi avevano un amico comune
        Aveva i baffi e l’aria un po’ sgualcita .
        Si chiamava Albert Einstein

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          Roberto Messa 24 Novembre 2013 at 20:02

          Ah, Emanuela Audisio… ricordo che, quando avevo forse 23 anni, si prese pure il disturbo di cucirmi addosso dei panni non proprio lusinghieri, senza avermi mai neppure visto o sentito. All’epoca “tutti” leggevano Repubblica (o anche un paio di quotidiani al giorno) e – poiché erano ritenuti affidabili – perfino mio fratello mi chiese con una punta di sospetto se davvero si era inventata tutto di sana pianta.
          Si vede che in redazione la obbligavano a scrivere anche di scacchi e lei non ne aveva nessuna voglia (venne premiata come migliore giornalista sportiva italiana, non ricordo quando e dove).

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            alfredo 27 Novembre 2013 at 20:42

            si , era cosi’ .
            un mio paziente giornalista mi racconto’ la storia
            conoscerai , caro direttore , le ” beghe ” redazionali .
            A lei piaceva la boxe , il suo idolo era ai tempi , Tyson
            cosa vuoi che gliene fregasse di Karpov e Kasparov
            e scrivere un articolo cosi’ stupido ( lei stupida non lo è affatto) era forse una forma di ” vendetta” …

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        Franco Trabattoni 24 Novembre 2013 at 21:46

        Sì, Roberto, hai ragione, Carlsen è piuttosto giovane; poi le frasi che citi, che non conoscevo, sono promettenti. Diciamo (e qui cado, come tutti quelli che invecchano, nella parte del laudator temporis acti) che dà prova di quella scanzonata arroganza che è un po’ la cifra di tanti giovani d’oggi. So che è un’affermazione molto generica; e me la concedo solo perché in questo ramo ho quasi trentacinque anni di esperienza. Noi ragazzi nati negli anni cinquanta mi pare che fossimo, in generale, un po’ più timidi e controllati. Soprattutto se per qualche caso fortuito ci trovavamo a parlare a un pubblico più numeroso della cerchia ristretta di parenti ed amici. Ma, certo, lo so bene, sono solo impressioni.

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          Analfabeta degli scacchi 24 Novembre 2013 at 21:53

          Concordo su tutto.
          Personalmente Carlsen mi dà l’impressione di un ragazzo sveglio e intelligente, scacchisticamente probabilmente il migliore del mondo ma il fascino che emanavano i campioni di un tempo è tutt’altra cosa…
          Prendete solo i primi nomi dei GM sovietici degli anni ’70 che vi vengono in mente: tutti laureati o persone istruite.
          Polugaevskj, Bagirov, Botvinnik ingegneri. Spasskj laureato in giornalismo. Taimanov e Smyslov eccelsi musicisti, via… ora ci dobbiamo inchinare a questo robottino norvegese?? mah…

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            Jas Fasola 24 Novembre 2013 at 22:20

            mah, sarà, intanto il titolo di ingegnere in Polonia è quello più basso, che si ottiene dopo tre anni di università, e negli scorsi decenni tutti qui erano ingegneri. In Russia sarà lo stesso. Non è ingegnere anche la Stefanenko?
            E poi al giorno d’oggi devi fare una scelta, o gli studi o gli scacchi, non c’è lo Stato ad assicurarti il posto.

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              Analfabeta degli scacchi 25 Novembre 2013 at 06:47

              Sì, ho capito: le lauree cui alludevo io voi mi dite che le tiravano dietro, sarà anche.
              Taimanov ha lasciato delle incisioni musicali, sono anche quelle “un po’ fasulle” vero?
              Come le nozioni musicali di Portisch, Smyslov, D’Amore, Short, corretto?

              Vi prego non fermiamoci sui dettagli: volevo solo far notare che quelli erano “intellettuali a tutto tondo”, persone di cultura i cui interessi non si fermavano alla scacchiera in senso stretto (perfino Karpov, appassionato di filatelia scacchistica andava oltre…;), ora invece abbiamo un grande grandissimo campione del mondo che sa anche suonare l’MP3 e mena calci al pallone in 6a divisione, grandioso!

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            Roberto Messa 24 Novembre 2013 at 22:25

            Uhm, perché robottino? E’ un ragazzo sveglio e intelligente – parole tue – ed è campione del mondo di scacchi. Un pezzo di carta con un titolo di studio (un po’ fasullo come erano quelli che davano a tutti gli sportivi dell’URSS, è risaputo) non mi sembra un corollario indispensabile. In ogni caso cosa ne sappiamo noi della sensibilità e delle qualità umane di questi ragazzi? Mi riferisco anche ai giudizi sprezzanti che leggo ogni tanto su Caruana e su altri giocatori di scacchi. Magari un giorno saranno padri e mariti affettuosi e responsabili (come immagino sia Anand, per esempio) e questo vale più di una laurea, ma in fin dei conti su questo pianeta ci sono miliardi di uomini e donne ricchissimi in qualità umane, generosità e amore per il prossimo, ma a noi qui ci interessano solo in quanto eccelsi giocatori di scacchi. Se poi sono anche dei personaggi affascinanti, come Spassky, o colti e squisitamente gentili come Smyslov tanto meglio, ma non vedo perché Carlsen debba sforzarsi di apparire (o di diventare) quello che non è.

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            alfredo 25 Novembre 2013 at 19:36

            caro amico
            non facciamo confusione
            Botvinnik fu uno scienziato di levatura mondiale ( opinione non solo mia ma anche di un caro amico che nulla sa di scacchi e che lo conobbe come scienziato)
            Smyslov era un appassionato di musica come Portisch ed altri
            Taimanov no . è veramente un grande pianista

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              Filologo 25 Novembre 2013 at 20:04

              Se non sbaglio, un’incisione di Taimanov fu selezionata per una serie intitolata I cento più grandi pianisti della storia. Smyslov forse non fu un grande musicista, ma qualche disco l’ha inciso anche lui.

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                alfredo 25 Novembre 2013 at 20:10

                vero .
                io purtroppo nulla so di musica ( sono un analfabeta in tal senso . sono un emplice ascolatore) ma posso asicurare che il nome di Taimanov è conosciuto anche dai pianisti a ml massimo livello .

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      Janis Nisii 25 Novembre 2013 at 02:36

      Una cosa bella del mondo degli scacchi è che si trovano persone di ogni genere, diversi non solo per età e nazionalità di provenienza, ma anche come cultura, carattere, atteggiamenti.
      Su una cosa però non concordo, ossia sul vecchio mito dell’eroe, per cui chi eccelle in qualcosa deve necessariamente essere una persona buona, cara, colta, ecc. La connessione scacchista-intellettuale o comunque persona di alto livello anche nella vita è svanita ormai 50+ anni.
      Magnus Carlsen è uno sportivo come potrebbe esserlo un calciatore, un giocatore di basket o di qualsiasi altro sport fisico. Fa questo nella vita oltre agli scacchi, dedica praticamente tutto il resto del suo tempo libero a giocare a calcio (è in una squadra di 6a divisione o una cosa del genere), basket, tennis, golf, pallavolo e chi più ne ha più ne metta. Quando non gioca segue le partite in TV.
      Lui fa questo, non lo troverete mai ad un museo o con un classico della letteratura in mano.
      Non so perché questo vi irrita tanto, in un paese come l’Italia che la domenica parla solo di calcio.
      Capisco che questo blog è un po’ sul genere intellettuale, ma lasciate la presa…Carlsen non è dei vostri, pensatelo come un Totti, solo che a scacchi spacca ;)

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        Janis Nisii 25 Novembre 2013 at 02:38

        Urca! Scusate gli erroracci di spelling e di grammatica, sono pur sempre le 2:27 am :(

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          INSALA' 25 Novembre 2013 at 15:36

          …se il buon Carlsen è completamente avulso dal contesto, come riuscirà a migliorare il suo gioco? Quali saranno le sue fonti d’ispirazione per RISTRUTTURARSI ? Come affronterà la sua nemesi? “Spaccare” non basta cara mia…P.S. se parliamo di calcio citiamo ZEMAN, Guardiola, Van Gaal e lasciamo Totti e compagnia cantante ai fanatici!

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            Janis Nisii 26 Novembre 2013 at 23:11

            Rispondo a questo, ma i tuoi post sono tutti uguali. Tutti livorosi verso Carlsen. Non so se davvero rosichi tanto, ma a leggerti appari solo un tipo invidiosetto. Io, per carattere, non tifo per nessuno e mi piace solo vedere belle partite, chiunque le giochi. Magari la mia impressione è sbagliata, ma il fatto è che Carlsen da alcuni anni sta dominando la scena mondiale e tu non puoi farci nulla, né negare questo fatto oggettivo anche se ci provi. Qui non ci sono se e ma: da oltre due anni se non è arrivato primo ad un torneo è arrivato secondo. Non l’ha fatto nessun altro dei suoi avversari, anche se possono essere migliori di lui come esseri umani. Altrove parli della scarsa forma di Magnus ai Candidati. L’unica cosa che si può dedurre è che sia un mostro, se riesce a vincere un torneo anche se non è al massimo della forma. Kramnik avrebbe certamente potuto vincere, se solo gli spareggi fossero stati altri, ma lui ha giocato il torneo della vita. La vedi la differenza? Perché c’è, e gli spareggi li conoscevano tutti fin dall’inizio. E sportivamente non ha senso parlare di cosa sarebbe potuto succedere con altre regole, perché le regole sono una caratteristica imprescindibile dello sport (sono quelli che differenziano una scazzottata per strada da uno sport come la boxe, per dire). Parli di nemesi di Carlsen, vedremo, intanto ora non c’è nessuno in grado di fermarlo (e ci hanno provato…oh se ci hanno provato) poi se arriverà qualcuno più forte di lui, vedremo cosa farà e se non ce la farà cederà lo stretto. Ma finora non ce n’è per nessuno. Non so che altro deve vincere per dimostrartelo.

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              Janis Nisii 26 Novembre 2013 at 23:15

              lo scettro, non lo stretto (sono diventata dislessica mi sa)

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                Jas Fasola 26 Novembre 2013 at 23:43

                forse hai visto quel film, “lo Stretto (Caru), il Largo (Naka) e lo Smilzo (Topa)” 🙂

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        Enrico Cecchelli 25 Novembre 2013 at 09:56

        In uno dei suoi libri Sosonko ( uno che di scacchi ne capisce ), racconta di un suo incontro con uno dei tanti giovani e dotatissimi talenti.Parlando dei suoi progetti e aspettative apprese che egli comunque non voleva trascurare i suoi studi per garantirsi altre opportunità nel futuro. Sosonko riferisce che immediatamente nella sua testa egli lo depennò dalla lista dei futuri pretendenti al titolo mondiale…La realtà degli scacchi ad un certo livello oggi è questa. Sono richiesti dedizione ed impegno assoluti, a 360 gradi per arrivare a certi livelli. Si può non essere daccordo ma temo che il giudizio di Sosonko sia da condividere.Io ad esempio ricordo il talento di Kamsky che dopo la parentesi della laurea ha continuato a giocare al top ma non è più riuscito ad arrivare nei primi 10 posti del ranking ( quelli che in genere individuano gli aspiranti al titolo )

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        nikola 25 Novembre 2013 at 11:12

        a me questo irrita proprio perchè siamo in un paese (nel mio caso ‘ero’!) che la domenica parla solo di calcio, e quindi è deludente che anche il nuovo campione del mondo (e quello che tutti dicono sarà il simbolo e il traino del movimento nel prossimo futuro) sia un nuovo ‘totti’, un nuovo ‘balotelli’. purtroppo succede così in tutti gli altri campi quindi non possiamo far altro che adeguarci, ma non per questo ‘accodarsi’ o ‘gioirne’. Io rimpiango i bei tempi andati in cui gli scacchisti erano uomini a tutto tondo e riflettevano questo loro modo di essere nel loro gioco, però mi rendo conto che un bel giovanotto che vince giocando come un motore faccia la sua presa, in me sinceramente non ne ha nessuna, anzi.

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          Giangiuseppe Pili 25 Novembre 2013 at 12:24

          Concordo. Anzi, proprio perché gli esempi alla “Totti” abbondano sarebbe preferibile avere anche dei modelli alternativi. Anche perché è molto a buon mercato un idiota che tira calci a un pallone, sorride e accudisce la famiglia (o così si dice, perché fa piacere dirlo ai media). Idem negli scacchi. Abbiamo davvero bisogno di qualcuno che stimoli il gioco del calcio dimostrando che gli scacchi possono essere praticati ad alti livelli anche da un giocatore di 6° categoria? Non ne sono convinto. Anche perché basta guardare il corriere.it per rendersi conto che gli articoli più seguiti sono quelli in cui lo stereotipo dell’uomo diverti/lavora e famiglia sono dominanti. Evidentemente perché chi gestisce questi giornali si aspetta che simili individui siano “facilmente accessibili”, “facilmente opinabili” e “facilmente assimilabili”. Detto questo, ridurre Carlsen ad uno stereotipo mi pare ingeneroso. Ma questo non significa difendere uno stereotipo. Se proprio devo scegliere, preferisco lo scacchista sgobbone, che non significa “autistico”, ma significa impegnato nel suo mestiere, profondo e non banale. Se questo è da aborrire, be’, meglio preferire altri sport. Se agli scacchi vien tolta la profonda carica culturale, e quindi, anche “sovversiva”, allora accontentiamoci di Totti alla domenica. Che problema c’è?

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          Michele Panizzi 25 Novembre 2013 at 19:20

          Un esempio di giocatore e perdona a tutto tondo
          e´ Lasker .
          Ma c e qualcuno che sa farmi capire davvero Lasker?

          Ecco i problemi che sorgono quando ho provato a
          comprenderlo . Lui fu matematico , filosofo e giocatore.

          Ma come giocatore faceva mosse deboli per creare problemi
          all avversario , giocava contro l uomo , mentre sono convinto che si debba giocare contro la scacchiera come ha scritto Gligoric ´I play against the pieces´.
          Lasker non ha creato una sua scuola , giocatori che potessero imitarlo nello stile di gioco contro l l uomo
          che e´ un ricorrere ai trucchetti .

          Vorrei tanto riuscire a capire Lasker!
          Non fatevi impressionare dalla critica irriverente che faccio a un ex campione del mondo legendo quello che scrivo.

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            alfredo 25 Novembre 2013 at 19:46

            ecco questo puo’ essere un piccolo aiuto per capire Lasker
            http://matematica-old.unibocconi.it/odifreddi/scacchistaideale.htm

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              Michele Panizzi 25 Novembre 2013 at 19:57

              Grazie Alfredo, adesso lo leggo .

              dimenticavo di dire che ho fatto
              un libro semplice mettendo insieme
              Il buon senso negli scacchi con un altro sui finali per avere un solo libro da leggere
              e nel ´Buon senso negli scacchi´
              non ci sono teorie esoteriche,
              Lasker mi sembra diverso dalle etichette
              che gli hanno appiccicato.

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              Michele Panizzi 25 Novembre 2013 at 20:09

              Ecco, sono convonto , profondamente convinto
              che per una persona di cui Einstein dice :
              Mi sembra che gli scacchi fossero per lui più una professione che una ragione di vita, e che i suoi veri interessi fossero la comprensione scientifica e la bellezza logica cio´ non si rifletta
              nello stile di uno che gioca contro l uomo

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          Janis Nisii 26 Novembre 2013 at 23:28

          Nikola, quando si dice (o meglio, si spera) che uno come Carlsen porterà fama&sponsor agli scacchi, mi sembra chiaro che questo significherà tirarlo fuori dalla sua torre d’avorio con tutto quello di bello e di brutto che questo comporterà. Questo non significa che la torre d’avorio cesserà di esistere e gli intellettuali che vogliono ritirarsi lì (con tutta la mia approvazione, peraltro!) potranno continuare a farlo, potranno scegliere di uscirne, potranno andarci una volta a settimana e così via.
          Il bello di una possibile fama del gioco sarà la maggiore visibilità al grande pubblico, quindi maggiori sponsor, maggiori capitali, maggiori investimenti da parte delle nazioni, maggiore diffusione del gioco. Ora gli scacchi sono seguiti (per davvero) da una percentuale della popolazione molto inferiore a quella che ascolta regolarmente musica classica ed enormemente inferiore a quella che frequenta i musei.
          Sono convinta che resteranno vivi e vegeti tutti coloro che non vedono gli scacchi solo come sport, e non capisco come possa dare fastidio che esistano ‘anche gli altri’. In quale modo ci si sente minacciati? Non è che se gli scacchi vengono giocati solo intellettuali e uomini di grande cultura e spessore la stupidità, l’ignoranza e la superficialità degli altri esseri umani diminuirà per questo, semplicemente i ragazzini continueranno a tirare calci ad una palla o giocare ad un videogame. Ci saranno scacchisti diversi, quelli come Nakamura e quelli come Lasker.
          Se devo passare una serata a chiacchierare, io preferisco McShane (o anche Nigel Short, malgrado alcuni suoi atteggiamenti fastidiosi che peraltro con me non ha mai avuto) a Carlsen. Ma in che modo Carlsen mi impedisce di frequentare e preferire persone con uno spessore maggiore? Giuro che non ci arrivo.

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            nikola 26 Novembre 2013 at 23:46

            mi sembri un po’ troppo ‘imbizzarrita’ per continuare la discussione :) ti consiglio la lettura dei post sottostanti. tutto è finito in una stretta di mano con buona pace delle opinioni diverse, che per quanto mi riguarda, rimangono le medesime :)

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              Janis Nisii 27 Novembre 2013 at 00:41

              Mi segnali le frasi dove appaio imbizzarrita? No, perché oggi sono talmente stanca che non riuscirei ad imbizzarrirmi nemmeno volendo. Mi hanno irritato i post di Insala’, quello sì, ma l’ho anche visto rodersi da solo senza bisogno di colpo di grazia.
              Il tuo e quello di coloro che volevano proteggere la dimensione culturale degli scacchi invece li condivido, ma non riesco a capire in che modo la varietà della tipologia di giocatori possa essere una minaccia.
              E tu non mi hai risposto :(

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                nikola 27 Novembre 2013 at 10:21

                Cara Janis, in effetti il tuo essere ‘imbizzarrita’ lo avevo desunto da altri post, non dalla nostra chiaccherata :)
                non ti ho risposto perchè mi sono accorto che in pratica la discussione non porta da nessuna parte. ognuno la vede dal suo punto di vista ed essendo l’oggetto della discussione le sensazioni e le preferenze personali (non i risultati) è lecito che possano coesistere pensieri diversi. è giusto che tu miri e sia contenta per una auspicabile diffusione del gioco, per quanto mi riguarda veder crescere una generazione di giovani a pane, scacchi e pc non scatena la mia passione. ma non per forza devo portar avanti qualsivoglia crociata, posso sempre rivolgermi (come consigliatomi saggiamente dell’amico Cecchelli) alla miriade di tornei magistrali. se è lecito esprimere un ‘gusto’ sul neo campione io dico che non mi piace, e non vedo perchè si debba per forza convincermi del contrario citando sue partite, frasi o interpretazioni del suo stile di gioco. tutto qua :)

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    alfredo 24 Novembre 2013 at 17:45

    hai ragione caro Luca .
    Proprio ieri avevo postato in discussione su un altro articolo il brano di Gaber
    ” io non mi sento italiano”
    in realtà io mi sento italiano.
    Orgoglioso di tante cose ( da vicentino come non essere orgoglioso del Palladio, di Meneghello , di Faggin ? )mi vergogno di tante altre
    Recentemente sono stato a Marrakech
    Nei suk continuano a fermarti per vendere i loro prodotti ( beh molti poi made in Cina)
    quando si accorgevano che ero italiano molti mi dicevano o il nome di un giocatore di calcio o ” bunga- bunga ”
    Comunque c’è molto da discutere sulla presunta superiorità del modello di ordinamento sociale e civile dei paesi nordici rispetto a noi poveri PIGS ( Portogallo , Italia , Spagna , Grecia )
    sono paesi molto diversi da noi . anche nel linguaggio del corpo .
    A Oslo è molto difficile vedere due che si tengono per mano o si baciano per strada .
    Devo dire che in questo Magnus mi sembra diverso , il gelo della concentrazione di quando gioca , si apre in un bel sorriso 🙂
    mi sembra insomma una persona abbastanza estroversa .
    ricordoo di averlo visto a Torino correre come un matto dietro ad un pallone da calcio prima di una partita ( in realtà era poco piu’ di una pallina)

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    INSALA' 24 Novembre 2013 at 22:26

    …al torneo dei Candidati tutta questa “forza” di Carlsen non è stata percepita. Ad ogni modo può fare l’arrogantello quanto gli pare ma , come gli scacchi insegnano, la sua nemesi,chissà in quale angolo del pianeta, starà già studiando i tanti punti deboli del suo gioco. Quindi,buona AUTO-ANALISI caro Magnus!!…P.S. lasciamo stare i paragoni con Fischer l’unico nell’esser riuscito, da vero Universalista, a coniugare estetica, etica e agonismo negli scacchi.Per non parlare del suo impatto sulla Storia…altro mondo, altra razza, altra cultura!!

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      alfredo 25 Novembre 2013 at 19:27

      caro Insalà
      su Bobby dici le stesse cose che io ho espresso in poesia che gli amici di soloscacchi hanno avuto la bontà di pubblicare su questo blog .
      Ecco , al momento , devo dire che Carlsen non mi ispirerebbe nessuna poesia .
      Non è un campione letterario
      Bobby ha ispirato scrittori , artisti visuali , musicisti ( la conosci la canzone ” a rook house for Bobby dei ILiketrains ? )
      Bobby era un campione ” letterario” come lo furono Morphy, Alekhine , Capablanca ( Gesualdo Bufalino stava scrivendo un libro su di lui quando mori’;) Tal , forse Spassky .
      campioni come Botvinnik e Karpov no .
      ma Botvinnik , lo sanno tutti non era solo un gradissimo giocatore . era uno scienziato di levatura mondiale .
      Certo oggi questo non lo si puo’ pretendere a nessun giocatore che voglia diventare un super GM

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      Janis Nisii 27 Novembre 2013 at 01:08

      Mi piacerebbe capire bene, a parte il diverso tempo storico, la guerra fredda ecc, cosa ci sia di tanto diverso da Fischer e Carlsen. Di quale cultura parla esattamente? Se c’è un giocatore che ogni tanto riesce a ricoradrmi un personaggio unico (per personalità, non già per cultura) come Fischer è proprio Carlsen. Certo, siamo nel 2013 e non nel 1972, e questo cambia parecchio le cose.
      L’agonismo è forse l’elemento decisivo di Carlsen contro molti dei giocatori a lui vicini come forza. Direi che non è un elemento secondario, visto che costoro non hanno deciso di stare a casa a comporre magnifici studi o a scrivere opere immortali sul gioco degli scacchi… A volte qualcuno sembra scordarselo. Kramnik non fa le sue ricerche di apertura per appagare l’animo, ma per andare sulla scacchiera e vincere. Ma non vince tanto quanto Carlsen. Nessuno vince come lui da un po’ di anni… Non mi sto orientando bene in queste critiche contro Carlsen e mi sento anche un po’ scomoda a difenderlo visto che se dovessi invitare a cena 10 giocatori lui non ci sarebbe ;) Voglio dire, non ho una passione o un particolare interesse per lui come persona, ma alla scacchiera…levatevi tutti! :)

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        alfredo 27 Novembre 2013 at 08:56

        si’ , è possibile per molte cose paragonare Fischer a Carlsen
        ma è proprio il tempo ( e l’età che avanza)diverso .
        su Fischer si poteva ” fantasticare” .
        qualche anno fa un paziente che lavorava per il corriere della Sera mi fece avere tutti i ritagli del giornale sul match .
        Ricordo con che passione li avevo letti e riletti e la gioia di rivederli .
        la parte descrittiva era affidata a Giovanni Mosca , la parte tecnica a Mario Monticelli .
        Mi disse che prima di partire ( oviamente ai tempinon c’era il fax) Mosca aveva preparato un centinaio di vignette che potevano adattarsi al match .
        poi a seconda dell’andamento comunicava alla redazione , per telefono quale utilizzare e la didascalia adatta .
        io sapevo già giocare a Scacchi da parecchio tempo ma i giocatori erano ancora avvolti da una sorta di aura ” magica”
        Quandi vidi Spassky a Lugano giocare con Guido Cappello mi sembrava fantascienza.
        Bobby pertutti noi ( e per lo è ancora ) era un dio e per quanto i giornali parlassero dellesue bizzarrie , anzi le enfatizzassero , rimaneva una sorta di entità sconosciuta .
        di Carlsen invece sappiamo tutto , fin troppo direi , anche cosa mangia a colazione e a cena .
        questo toglie un po’ di ” magia”
        per quanto riguarda il giocatore nulla da dire , anzi non sono certo io a poter dare un parere tecnico .
        lo ho visto solo un paio di volte .
        a Torino lo vidi prima di un turno correre dietro a un piccolo pallone in una improvvisata partitella
        e mi sembrò ” umano” , poteva essere me alla sua età
        e pochi minuti dopo trasformarsi in un killer ( ecco l’istint killer di Fischer e Carslen uguali) sulla scacchiera .
        ieri ho visto una partita del CI . un giocatore abbandonava dopo 17 mosse per la perdita di un pedone
        se Magnus perde un pedone tira fuori la sua grinta e spreme la posizione al massimo.
        nulla da dire è il piu’ bravo di tutti e mi piacerebbe molto conoscerlo di persona.
        tranne proprio Fischer ho avuto la fortuna di vedere tutti i campioni del mondo del dopoguerra e conoscerne alcuni .
        mi sembra che Celentano anni fa in una sua trasmissione fece una distinzione tra cosae chi è “rock” e chi non lo è .
        ecco forse (al momento ) Magnus non è un campione “letterario” ( con questo termine indico quei giocatori che hanno ispirato o possono ispirare artisti a produrre qualcosa su di loro) ma è sicuramente ” rock”
        e questo mi piace molto
        buona gionata
        un saluto

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    Roberto Messa 25 Novembre 2013 at 10:54

    Questo articolo è stato pubblicato oggi anche da La Nottola di Minerva, blog di letteratura, arte, cinema, musica e attualità:
    http://www.nottola.it/attualita/magnus-carlsen-norwegian-woodpusher/
    (a cura di Ivano Porpora, scrittore e scacchista).

    A fine articolo la Nottola linka il filmato della partita rapid giocata a Reykiavik nel 2004 dal piccolo Magnus contro Kasparov, con breve intervista finale a Kasparov e riprese dell’analisi congiunta con il simpatico bambinetto, che non fa scena muta al cospetto dell’Orco di Baku!

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    Roberto Messa 25 Novembre 2013 at 11:33

    Boh, io non ci capisco più niente: Anand (sicuramente un uomo maturo e “a tutto tondo”;) non piaceva perché troppo moscio. Fischer invece era idolatrato, era forse un uomo colto, sensibile ecc.? Lo stesso Carlsen fino all’altro ieri era adorato perché considerato un talento naturale, a differenza di altri giovani superGM costruiti e secchioni, improvvisamente è diventato un robot che gioca come un motore. E a proposito dei bei tempi andati, ditemi cosa c’è di così affascinante nella personalità di un Karpov, di un Petrosian, di un Botvinnik.
    Come ha detto Franco Trabattoni, Carlsen è un ragazzo sveglio e scanzonato; sinceramente lo invidio perché alla sua età io ero timido e ignorante più di quanto non sono ora (pensate che per giocare a scacchi non mi sono neppure laureato). In compenso nel momento di mio massimo splendore (si fa per dire) avevo 500 punti Elo meno di lui.

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      nikola 25 Novembre 2013 at 12:07

      a me Anand piace, il punto è che questa è la mia personale opinione e non quella della massa. a quelli citati io ribatto con il nome di Kasparov (ma per citare un esempio più basso giusto ieri ho letto della laurea in filosofia del nostro David Alberto).
      non voglio assolutamente dire che Carlsen è il male e contrapporre a lui tal altro, nè tantomeno me stesso. nè sto dicendo che il passato è il bello e il futuro fa schifo. sto solo dicendo che non mi piace e che avrei preferito una figura diversa, e magari più ‘alta’. poi leggo che la mia è utopia perchè per eccellere bisogna interessarsi solo agli scacchi.
      non credo neanche siano paragonabili le nostre/vostre gioventù con quella dell’attuale campione del mondo sia per contesto che per mezzi, sopratutto questi ultimi (ho letto del padre che ha concesso un anno sabbatico a tutta la famiglia).
      credo che sia lecito che ci siano opinioni diverse a riguardo, ma state pur tranquilli che la maggioranza sta con l’attuale campione del mondo.

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        Enrico Cecchelli 25 Novembre 2013 at 13:19

        Grazie al cielo gli scacchi consentono ancora di diversificare il nostro impegno, basta sapere cosa si vuole. Io credo che chi desidera ancora giocare per divertirsi anche nei vari tornei magistrali della penisola troverà sempre qualche avversario senza la faccia da “hard disk ” che dopo qualche mossa teorica entrerà come noi nel terreno sconosciuto della sola improvvisazione…. certo che se poi si desidera vincere il torneo alla fine si troverà il ragazzino imbottito di teoria che non ci lascerà vedere la luce…. ma in ogni disciplina credo si troverà sempre quello/a/i che arrivato ad un certo livello per eccellere ulteriormente aggiungeranno quel quid di maggiore allenamento, maggiore sviluppo tecnologico ( qualcuno una volta si lamentava che nei gran premi di automobilismo nonm ci sono più sorpassi ), maggior preparazione informatica e chi più ne ha più ne metta …

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          Franco Trabattoni 25 Novembre 2013 at 13:57

          Ragazzi, come dicono a Roma, “famo a capisse”. Qui davvero non c’entra essere più o meno colti, avere più o meno letto e studiato. Quanti libri ha letto Roger Federer (non ha mai sentito il nome di Freud)? Qual è il suo titolo di studio? Il problema è il tipo di persona che sei. Si può essere equilibrati, corretti, cortesi, riflessivi e ragionevoli anche senza nessuna particolare preparazione culturale; Federer, ad esempio, a quanto si può vedere lo è. E si può anche nascondere un tesoro di umanità sotto l’apparenza del ragazzino implulsivo, arrogante e bizzoso (qualcuno di voi ha letto la splendida autobiografia di André Agassi?). Quanto a Carlsen, ripeto che le mie impressioni superficiali non sono del tutto positive. Ma dopo le precisazioni e le informazioni che ci ha proposto Roberto Messa sono disposto a rivedere il mio giudizio.

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            Marramaquìs 25 Novembre 2013 at 14:15

            Concordo pienamente con Franco e con i paragoni tennistici che ci sottopone. Federer è una bravissima ed equilibrata persona, senza bisogno di essere il dottor Federer. Del “bizzoso” Agassi, tanto diverso apparentemente da Federer, si dice abbia un cuore d’oro.
            I titoli di studio e lo studio aggiungono semmai qualcosa a ciascuno di noi, il resto (ovvero quasi tutto) o è innato oppure lo riceviamo dalla famiglia e dagli insegnamenti di vita da parte dell’ambiente e delle persone che ci circondano.
            Chissà, piuttosto, se gli ambienti scacchistici nel mondo siano mediamente migliori o peggiori di quelli tennistici o, ad esempio, calcistici.
            Ma anche questo, alla fine, dipende un po’ da tutti noi e dai nostri comportamenti di ogni giorno.

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              nikola 25 Novembre 2013 at 15:55

              ecco lo sapevo, come dice il messaggio che ci segue, ho fatto l’errore di incartarmi nella ‘cultura’ (nella sua accezione peggiore). le mie sensazioni però rimangono. mi sembra che si debba concludere, come dicono a Roma, ‘volemose bene’ :)

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            alfredo 25 Novembre 2013 at 19:17

            concordo con Franco .
            Open è una bellissima lettura .
            Personalmente devo dire grazie a Baricco che la ha recensita tra i 50 libri da non perdere su Repubblica .
            Io pensavo prima fosse la solita scontata autobiografia di ex campioni ( ce ne sono tantissime).
            Le parole che ha per il padre mi fanno venire in mente il rapporto che aveva con il padre il giovane Kamsky ( li ricordo a Reggio . Il padre un energumeno totale)
            In tema letterario su Federer posso invece dire agli amici di cercare su Google le splendide pagine a lui dedicate dal povero Edgar Foster Wallace .

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              Franco Trabattoni 25 Novembre 2013 at 22:20

              Se siete d’accordo, potremmo metterla così. Mentre nessuno si stupisce che uno sportivo dedito solo ad attività fisiche e muscolari si dimsotri debole sul piano intellettuale, sembra che per quanto riguarda gli scacchi, che sono un’attività cerebrale per eccellenza, le cose debbano essere diverse. Ed infatti in gran parte lo sono. Non è raro il caso, come invece lo è negli altri sport, di atleti brillanti che riescono bene anche in altre attività intellettuali (anche se, in un epoca di altissima specializzazione cone la nostra, l’eccellenza in più di un campo è praticamente impossibile da conseguire). Semplicemente, non è la regola. C’è chi (non dico che sia il caso di Carlsen, che conosco poco) sa usare la sua intelligenza davvero bene solo negli scacchi. A pensarci bene, in questo non c’è niente di strano. La stranezza deriva, semmai, da una illusione ottica. Poiché gli scacchi sono indubbiamente una battaglia intellettuale, chi ha una stima (diciamo) decente della propria intelligenza, potrebbe soffrire la sua sconfitta in modo particolarmente doloroso (soprattutto se si accorge, in sede di analisi, che il suo avversario non sa usare il congiuntivo). Ma, lo ripeto, è una illusione ottica. Se uno gioca a scacchi meglio di te, questo non significa che ti superi sul piano intellettuale. Significa solo che sa giocare a scacchi meglio di te. Punto.

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                Roberto Messa 26 Novembre 2013 at 07:49

                Dove si vede che tu sì che hai fatto le scuole alte!
                Handshake?
                Patta, Maestro?

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                  alfredo 26 Novembre 2013 at 16:00

                  penso che tutto il ragionamento si possa considerare una
                  aporia.
                  per cui chi meglio del professor Trab poteva trovare
                  i termini di una ragionevole strada per mettere
                  un punto fermo su cui sono completamente
                  d’accordo .

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    INSALA' 25 Novembre 2013 at 15:28

    …anzichè incartarci sulla “cultura” perchè non parliamo di questa fantomatica nuova era che, pare, incarnata da Carlsen? Perchè non parliamo del rozzo travaso (perchè privo di un modello filosofico di riferimento) che si sta facendo dalle Neuroscienze? Perchè non citiamo il tentativo in atto di demolire il concetto secondo cui gli scacchi sono espressione del pensiero logico? Perchè questi peana a favore dell’istintualità mentre è stata l’intelligenza emotiva a portarci fuori dalle caverne?Non sono, forse, questi i segni premonitori di una degenerazione del nostro gioco?E’, forse l’alba, di un “neo-dogmatismo” alla Tarrasch? Molti in questi giorni hanno paragonato la precisione di Carlsen a quella di Cabablanca; peccato che il norvegese fondi il suo decison making sul modaiolo “decidere di non decidere è in sè una decisione” ( il wait and see molto in voga nella pratica medica)mentre il cubano basava il suo gioco su fondamenta culturali del tipo “gli scacchi non sono un gioco d’azzardo ma un combattimento del tutto INTELLETTUALE condotto secondo le regole esatte della LOGICA”.Tralascio,volutamente, la trattazione “dell’anno sabbatico” della famiglia Carlsen; sarebbe come aggiungere benzina sul fuoco!…P.S. per la cronaca, il nobilissimo principio del “wait and see” è degenerato nella deprecabile pratica della Medicina difensiva. Meditate, gente…meditate!

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      nikola 25 Novembre 2013 at 16:03

      anche se non ne colgo tutte le sfaccettature mi piace molto la tua osservazione. anzi, ti dirò quasi che vorrei farla mia. non che mi interessi la benzina sul fuoco, ma vorrei che la continuassi trattando dell’anno sabbatico, o di qualche altro aspetto che la alimenti (non il fuoco, la discussione :) ).

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      alfredo 25 Novembre 2013 at 18:44

      Caro Insalà
      non se tu sia un collega ( medico ) o meno .
      io come medico prontosoccorsista ti posso dire solo questo :
      che dopo 30 anni di laurea e di lavoro mi sento piu’ vulnerabile e ” rischio ” di quando ero un pivello alle prime armi.
      diciamo che se 25 anni fa potevo permettermi di fare come il medico l’attaccante ora devo fare ( con molta molta ) esperienza in piu’ usando sempre una metafora calcistica il centrocampista arretrato… ( continua)

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        alfredo 25 Novembre 2013 at 19:12

        caro Insalà
        avevo scritto un lungo ragionamento ma questo cavolo di codice CAPTCHA mi ha mangiato tutto
        Sulla decisione medica ti posso consigliare un bel libro
        ” Motterlini – Crupi . La decisione medica . Cortina editore)
        a me ha insegnato tantissimo e vedendo quello che hai scritto potrebbe interessare anche a te .
        sulla medicina difensiva si potrebbe fare un lungo discorso .
        ma ti assicuro che in ps non hai tempo molo spesso di usare una strategia di tipo dilatorio
        DEVI FARE LA TUA MOSSA sperando che non sia una mossa da ??
        una mossa sbagliata ti puo’ rovinare la vita professionalmente e umanamente .
        e una mossa sbagliata puo’ nascere da mezzo millimetro nella interpretazione di un ECG
        un sincero saluto
        Alfredo
        PS : di cosa si occupa lo sponsor della squadra campione d’Italia e Sponsor FSI ?
        Ricordi la sua campagna pubblicitaria
        Ovviamente nulla di personale . In quella squadra ci gioca un amico e i titolari sono degnissime persone .
        Ma queste cose , insieme ai mass media ( mai letto titoli come ” medici assasini ” )hanno una attività paralizzante per un medico che prima pensava ” cosa devo fare per questo paziente” . Ora pensa” cosa devo fare per tutelarmi al meglio ” ?

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        INSALA' 26 Novembre 2013 at 14:27

        …Caro Amico, Lei con il suo scritto ha evidenziato, giustamente, l’aspetto medico-legale, ma visto che il tema è “gli scacchi e la sua evoluzione” il mio intento era ben diverso.Mi premeva evidenziare una similitudine esistente tra il processo decisionale di uno scacchista e quello messo in atto dal medico nel mentre di una diagnosi.L’ingresso prepotente, decenni orsono,della tecnologia nella pratica medica ha modificato in peggio il processo decisionale del diagnosta.La speranza che una diagnosi potesse essere rilasciata da un computer o demandata ad esami di laboratorio o strumentali o radiologici si è dimostrata del tutto ILLOGICA ed ha contribuito alla crisi della medicina determinando errori e sprechi che hanno alienato la fiducia dell’opinione pubblica nella classe medica.Il tecnicismo esasperato in assenza di elementi clinici (per ignoranza o per inerzia) danneggia il pz.La colpa del medico moderno è quella di aver abbandonato la SEMEIOTICA (il cuore dell’arte medica) a favore del troppo tecnicismo a tal punto da sovvertire se non annullare il ragionamento clinico.Oggi si attende una diagnosi da una serie di indagini costose in termini personali ed economici che contribuiscono alla dilatazione degli sprechi nel campo della sanità.Quindi si è passati da un WAIT and SEE attivo perchè tappa, in alcuni casi indispensabile di specifici percorsi diagnostici ad un wait and see(volutamente minuscolo) passivo della serie “non so che fare.Andiamo avanti, qualcosa mi verrà in mente…”.Premesso ciò, lo status attuale degli scacchi e l’entusiasmo presente negli scacchisti per l’inizio della “nuova era” mi ricorda tanto il fervore e la speranza che animò la classe medica negli anni’80.Insomma, mi sembra di rivedere un libro già scritto!Quindi, tornando al quesito iniziale(inizio di una nuova era?) mi vien da rispondere con una provocazione:sicuri di non essere ripiombati nelle nebbie dell’epoca pre-Steinitz?…P.S. Mi preme chieder venia per la mia scarsa capacità nel tener vivo il ritmo della conversazione.Non è maleducazione la mia.Sono certo che Lei più di altri comprenderà.Saluti.

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          INSALA' 26 Novembre 2013 at 14:34

          …visto che siamo in tema di “consigli” bibliografici le opere di Ivan Cavicchi hanno contribuito ,e non poco,ad alimentare e ristrutturare la mia intelligenza emotiva.E,poi,a proposito di medici-attaccanti come non ricordare il dott.Mario Riccio?

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            alfredo 26 Novembre 2013 at 15:42

            caro amico
            possiamo darci del tu ? ( GENS UNA SUMUS)
            sono assolutamente d’accordo con te ( o lei)
            io appartengo proprio alla generazione che partendo dalla semeiotica ( era una mia passione tra l’altro . Ho studiato su un testo ” mitico” per noi medici e dato un buon esame ) si è trovata di fronte “l’esplosione tecnologica”
            e’ vero . spesso( ma anche i pazienti) oramai moltevolte aspettiamo la risposta da un esame ( TAC , RMN , PET etc… ) piuttosto che da un ragionamento che
            nasca ( come nei primi tempi miei)da un accurato esame obiettivo . ma no
            non possiamo negare che la diagnostica per immagini abbia dato luce
            ai nostri occhi prima ciechi .
            è un lungo discorso . mi informero’ sugli autori che citi ( o cita ? )
            un cordialissimo saluto

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            Mongo 26 Novembre 2013 at 17:10

            E i medici-portieri: il mitico Boranga, numero 1 del Cesena anni ’70-’80.

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              alfredo 26 Novembre 2013 at 17:23

              che gioca ancora .
              comunque sono pochissimi i calciatori laureati.
              In medicina mi ricordo Volpi ( che fu poi medico dell’Inter , cacciato per la gestione degli infortuni di Ronaldo) e Volpati , terzino destro del Verona dello scudetto .
              e poi lui , il grande , mai appaastanza rimpianto compagno Socrates , il tacco di dio

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          Janis Nisii 27 Novembre 2013 at 00:59

          Di medicina non capisco nulla (lei mi sembra un medico invece) e quindi non dico una parola, ma la sua sicumera nel giudicare il gioco di Carlsen mi appare quanto meno sorprendente. Sicuramente sono stanca e poco perspicace oggi, ma sembrerebbe quasi che lei stia dicendo che Carlsen gioca un po’ ‘ad occhio’ e per lo più aiutato da ragionamenti indotti dai motori scacchistici. Io quando analizzo le partite di Carlsen (con potente ausilio dei motori e anche qualche buon consiglio di bravi giocatori, che’ non sono così sicura di me quanto lo sembra lei) trovo lo stesso fascino e la stessa bellezza di tante partite del passato. L’armonia con cui dispone i pezzi, che mai fanno apparire la sua posizione meno che solida, è il suo senso della posizione non sono proprio ‘tirati a caso’. Non prenda alla lettera tutte le lodi sul suo istinto, il suo è un istinto che poggia su basi solidissime (seppure raggiunte con metodi lontani da quelli della scuola sovietica, e visto che ci sono passata sotto, aggiungo anche per fortuna) e su una comprensione vera, ossia cosciente, oltre che istintiva.

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            alfredo 27 Novembre 2013 at 09:02

            gentile Janis
            la discussione aperta e vivace , ha portato a un po’ di confusione .
            io sono un medico e lo ho detto apertamente e quasi tutti gli amici mi conoscono personalmente .
            Insalà non lo so anche se sicuramente si puo’ pensare che lo sia
            usa comunque un linguaggio ” scientifico” .
            io come ho detto in un altro post non posso permettermi di
            giudicareil gioco di Carlsen
            sono un semplice appassionato interessato a tutti gli aspetti
            di questo gioco ( storici , psicologici , intellettuali).
            ma come sport praticato il mio è stato il piu’ lontano dagli scacchi
            chesi possa immaginare
            in quello posso dare giudizi tecnici abbastanza raffinati
            in questo no .
            di nuovo buona giornata

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              Janis Nisii 27 Novembre 2013 at 19:44

              Non rispondevo a lei ma al solito livoroso Insala’ (che poi mi ricorda tanto una dieta! grrr!). In effetti c’è un po’ di confusione tra tutti i vari commenti. Un po’ intervengo perché mi sento responsabile per eventuali fraintendimenti, in fondo ho contribuito con i miei articoli a diffondere alcune delle idee che si hanno del personaggio-Carlsen e mi rammarico se l’ho fatto in maniera sbagliata.
              In generale, considero intellettuale il gioco degli scacchi (quanto meno è uno ‘sport della mente’ come viene a volte definito) e in questo senso Carlsen usa il suo cervello in maniera molto intelligente.
              Sempre in generale, sono un po’ contraria a dipingere le persone in bianco e nero, perché oltre le note sfumature di grigio (e che sia stramaledetto quel librucolo!) ci sono anche tanti colori e anche le tre dimensioni. A volte mi sembra che Carlsen esca fuori in maniera un po’ bidimensionale e senza sfumature (di grigio e di colore) dai vostri commenti. Ma non parlavo dei suoi post, quanto di alcuni altri che ora non mi metto a menzionare tutti (mi sembrerebbe di essere una poliziotta!) :)
              Tutto qui.
              A me piace molto che ci siano personaggi con caratteristiche tanto diverse nel mondo degli scacchi. Mi sembra che, rispetto a tanti altri campi, ci sia una varietà maggiore a livello di personalità, di nazionalità, di età, di condizioni personali e sociali, per citare a cavolo la nostra Costituzione ;) A me questo piace tantissimo e ogni volta che parlo con ciascuno di loro cerco di capire meglio la persona e scoprire cose nuove. Raramente mi fermo a dare giudizi. Pensate che ho rivalutato un po’ pure Nakamura, almeno da quando è innamorato della nostra De Rosa ;)

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                alfredo 27 Novembre 2013 at 20:27

                gentile Janis
                c’era un po’ di confusione , è vero .
                ma è proprio nella mia natura apprezzare le diversità che sono una ricchezza , senza dilungarmi in alcune facili disquisizione sulle basi biologiche di questa affermazione .
                proprio un suo post mi ha fatto venire in mente un verso di un poeta ” diverso ” ( e non solo perché omosessuale ) che io amo molto.
                Sandro Penna
                ” beato chi è diverso
                se è veramente diverso .
                ma guai a chi è diverso
                essendo egli comune”
                lei conosce Carlsen e assicura la sua autenticità .
                le sue non sono ” pose” ma espressione di una personalità abbastanza anticonvenzionale .
                penso che lei abbia ragione .
                abbiamo un campione Rock ( pensi che nel mio studio tengo una foto di un giornale di Magnus vestito dalla casa di abbbigliamento. quando a domanda rispondo ” è il campione del mondo di scacchi ” tutti mi guardano strano. E la modella era la bellissima liv Tyler , figlia di una rock star come è il leader degli Aerosmith)
                Ieri avevo scritto che Magnus Carlsen non mi sembrava un campione ” letterario”.
                Mi sembra però un campione ” rock ” , finalmente dopo campioni ” classici”
                Come rock è il mio ciclista preferito ( (l’immenso Roger de Vlaeminck , mentre Gimondi era un ” classico” )
                E da un reduce forse da un migliaio di concerti Rock e che tiene come una reliquia un autografo di Springsteen questa è sicuramente una cosa buona e giusta .
                condivido con lei anche il giudizio su cinquanta sfumature di grigio ( un crimine contro l’umanità, diciamolo) e che ” il cuore ha ragioni che la ragione non puo’ comprendere ”
                Citazione di Pascal , non dei baci Perugina come molti credono ( e Pascal , almeno prima di battere la capa , ne capiva molto di molte cose )
                E questo è un augurio invece alla coppia Nakamura – De rosa .
                PS Che l’amico Renato mi perdoni .
                si’ avrò visto mille concerti rock e sono andato solo 2 volte alla Scala
                buona serata

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            Roberto Messa 27 Novembre 2013 at 09:18

            Janis, riesci sempre a dire le cose in modo più chiaro e diretto di me!

            Torniamo agli scacchi giocati: ieri mi è tornata alla mente la Carlsen-Karjakin di Wijk aan Zee 2013 (all’epoca applaudita come una gemma, una creazione memorabile e via aggettivando) per la sua straordinaria similitudine con la sesta partita del match di Chennai. In entrambi i casi Magnus, da una posizione con un pedone in più ma “priva di sbocchi” secondo i commentatori in tempo reale, è riuscito a sfondare le linee della difesa sacrificando due pedoni; in entrambi i casi ha dimostrato il concetto di “attacco” nel finale, in entrambi i casi ha surclassato alla scacchiera le analisi dei computer. Attenzione: “interrogando” i computer in entrambi i casi si otteneva la spiegazione del perché non avevano incluso le mosse di attacco giocate da Carlsen tra le loro candidate: perché a gioco corretto dovevano portare solo alla patta. Miserelli.

            Detto questo, potrei annoiarvi con altri bellissimi esempi di attacco in finale dalle partite del freddo Karpov, dell’esotico Anand, del volitivo Kasparov, del virtuoso Kramnik e di tutti i grandi campioni… Invece, sfogliando il libro Wonderboy, notavo come fosse diverso lo stile di Carlsen quando aveva 12-14 anni e i suoi avversari erano dei brocchi (o dei GM “brocchi” se confrontati a un 2700/2800): attacchi all’arrocco, sacrifici di pezzo “intuitivi” ecc. Anche Caruana da piccolo giocava così, anche Alekhine ha prodotto le sue partite più artistiche contro i maestri mezza-tacca, ma nel match contro Capablanca… quanti “noiosi” finali di Torri!

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            INSALA' 27 Novembre 2013 at 16:39

            …quindi, Carissima Janis, proprio questo è il punto: gli scacchisti tout-court valutano Carlsen e il suo gioco da un solo punto di vista (la scacchiera) ma i MEDICI-scacchisti, ingegneri-scacchisti, letterati-scacchisti,filosofi-scacchisti ecc. ovvero molti di noi hanno una visione del gioco molto più ampia che va oltre l’Elo e lo “spaccare” sulla scacchiera. Questa si chiama visione OLISTICA ed è l’humus che nutre i giocatori UNIVERSALISTI che, vorrei ricordarlo, è diverso da giocatori universali. Dovresti sapere, carissima, che la comprensione degli scacchi è una cosa, il conseguimento agonistico è un’altra, quindi mi sorprende la tua ” irritabilità” causata dalla lettura dei miei post e ciò mi addolora e non poco. Altro dato che vorrei sottolineare: la bellezza degli scacchi risiede nel multisfaccettato motto GENS UNA SUMUS ovvero Carlsen è anche il MIO Campione del Mondo (quindi nessun “rodimento” da parte mia, anzi!) ma non è, secondo me, al momento( sottolineo al momento) a livello dei Grandissimi del passato recente e remoto.Noi, comuni mortali, la chiameremmo valutazione OBIETTIVA della posizione. Perchè, allora, il “tuo” Carlsen spacca sulla scacchiera? Non certo per una maggiore comprensione scacchistica o per una maggiore capacità di calcolo; anzi,non credo vi sia differenza in tal senso tra i top ten (alcuni di loro l’hanno apertamente dichiarato!). Carlsen,invece, rispetto ai restanti top-GM ha una maggiore capacità di gestire il suo AROUSAL che gli consente di avere un livello di concentrazione costante senza up and down. Ecco spiegata la sua precisione di gioco (gli eruditi lo chiamerebbero il segreto di Pulcinella!).Sai perchè il tuo Magnus pratica calcio, pallavolo, tennis ecc? Solo per svago? Solo per diversificare il suo allenamento fisico?Per farsi bello agli occhi del Mondo? Assolutamento no! Questi sport hanno in comune con gli scacchi la correlazione TEMPO-SPAZIO; praticarli significa potenziare le capacità visuo-spaziali-percettive…tradotto per uno scacchista…Carlsen vede con nitidezza tutta la scacchiera non meglio degli altri ma per un tempo maggiore degli altri.Riesce a vedere la correlazione tra i pezzi perchè è meglio acuita la sua sensibilità estero-propiocettiva e, quindi il suo Sistema Reticolare Attivatorio Ascendente.In sintesi Carlsen è meglio degli altri in sede extra-scacchiera perchè sta facendo un lavoro ATLETICO SPECIFICO per gli scacchi potenziando il suo Sistema Nervoso Centrale ( questo sì che potrebbe essere l’inizio di una nuova era se ben incanalato!).Questo è l’unico e solo aspetto che accomuna Fischer con Carlsen per il resto non ci può essere paragone perchè il primo andava esclusivamente a sinapsi e glucosio mentre “dual-core” Carlsen va ANCHE a silicio. Mi piacerebbe, per un paio d’anni, vedere all’opera Magnus andare solo a Sinapsi per poter valutare, indirettamente, tramite il suo gioco la REALE attività e il livello dei suoi centri superiori…sarebbe in grado di raggiungere quota 2900?? Carissimi saluti e senza rancore, cara Janis rammentandoti che siamo sulla stessa barca….un abbraccio. P.S. ad un occhio esperto salta subito all’attenzione la superiorità di Carlsen rispetto ai restanti superGM; questi ultimi a confronto sembrano dei dopo-lavoristi…fisicamente parlando!!

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              alfredo 27 Novembre 2013 at 19:20

              molto interessante quel che dici Insalà
              ricordo di aver letto tempo fa un articolo sull’intelligenza ( lo cercherò e daro’ il riferimento bibliografico preciso )
              gli autori differenziavano almeno 7 tipi di ” intelligenze ” diverse .
              adesso non le ricordo tutte precisamente ( esiste una intelligenza logica ,una intelligenza matematica, una intelligenza musicale , una intelligenza linguistica , una intelligenza intrapersonale , una inter-personale , una musicale mi sembra )
              gli autori fornivano degli esempi .
              ad esempio come intelligenza logica veniva indicato Godel , come intelligenza matematica Erdos .
              Il nome di Kasparov veniva accostato a quello di frank lloyd wright ( il grandissimo architetto … e donnaiolo) come esempio di intelligenza ” spaziale”
              cioè la capacita di elaborare ” forme” mentali che vengono tradotti poi in ” manufatti ( usando lo scacchiera o il cemento)
              certo uno scacchista deve avere anche una intelligenza logica .
              ci sono esempi di persone che sintetizzano in sé tutte le forme di intelligenza .
              altri che ne sviluppano una sola , ipertrofizzando al massimo una forma a scapito degli altri.
              un esempio è per esempio Paul Erdos ” l’uomo che amava solo i numeri” come lo ha definito il suo biografo Hoffman
              in vita produsse migliaia di articoli matematici ( da qui nasce il famoso ” numero di Erdos” )ma sembra che la sua intelligenza si limitasse a questo .
              il discorso sugli aspetti neuro scientifici è molto interessante e mi trova aperto , caro Insalà , alla discussione , se lo vuoi .
              con stima .

              • avatar
                Jas Fasola 27 Novembre 2013 at 19:55

                I 7 tipi di intelligenza, argomento di grande attrattiva 😥

                A proposito, qualcuno sa dove gioca prossimamente la Ushenina, che devo farle una foto? :mrgreen:

                • avatar
                  alfredo 27 Novembre 2013 at 20:32

                  poi me la giri , vero , amico Jas 😉

                • avatar
                  Jas Fasola 27 Novembre 2013 at 20:44

                  Certo, qui non la posso mettere da indovinare perché ho già dato troppi dettagli 😆

              • avatar
                Marramaquìs 27 Novembre 2013 at 20:13

                Speriamo che esista anche qualcuno con un’intelligenza …. politica!

                • avatar
                  alfredo 27 Novembre 2013 at 20:31

                  Gasparri ti puo’ andar bene? :mrgreen:

            • avatar
              Filologo 27 Novembre 2013 at 20:46

              Veramente anche Fischer andava a sinapsi, glucosio e… carta stampata. In cirillico.

              • avatar
                alfredo 27 Novembre 2013 at 20:54

                caro filologo
                mi piacerebbe avere un contatto con te in privato.
                Gli amici di soloscacchi hanno tutti i miei recapiti.
                mi piacerebbe farti avere le mie composizioni letterarie in latino , ma soprattutto quelle di mio fratello yuval che ha vinto il ” certamen vaticanum” considerato il piu’ prestigioso premio per la composizione latina ( il premio viene dato da il Papa in persona.Il giorno dell’assegnazione il Papa non stava bene per cui il premio gli fu consegnato dal numero 2 , Bertone).
                La cosa divertente è che Yuval non è un latinista ma uno scienziato di importanza mondiale nel campo della fotodinamica quantistica .
                un saluto . a presto spero!

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                  Filologo 27 Novembre 2013 at 23:40

                  Caro Alfredo, rispondo rapidamente da Madrid dove domani mattina terrò una conferenza. Martin Eden ha i miei recapiti e può senz’altro consegnarteli. Però tieni presente che la vita di noi filologi raramente ci permette di gustare cose belle on calma… Stiamo sempre a inseguire le richieste del mondo accademico e a sfornare prodotti editoriali. Perciò il tempo che posso dedicare alla lettura per puro diletto è molto scarso, e molto spesso lo dedico all’editoria scacchistica. Un caro saluto.

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                INSALA' 27 Novembre 2013 at 21:47

                …complimenti nell’aver colto la mia “provocazione”, caro Filologo. Cordiali saluti.

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    Roberto Messa 25 Novembre 2013 at 16:58

    Nella sesta partita, quella che più delle altre ha deciso il match, è stato forse un “wait and see” quando Carlsen anziché fare patta per ripetizione di mosse, come decretavano i computer e pronosticavano i grandi maestri, ha preso l’iniziativa sacrificando due pedoni? E la sua decisione non aveva nulla dell’azzardo, era perfettamente logica e coerente sia dal punto di vista agonistico sia dal punto di vista della posizione nella sua oggettività (prima del sacrificio Carlsen aveva un pedone di vantaggio, quindi logica imponeva che cercasse ogni via non azzardata per trasformarlo in vittoria).
    Faccio notare che se ora mi tocca cercare di rendere giustizia a Carlsen – perché è il nuovo campione del mondo a pieno titolo e pieno merito – è da almeno 25 anni che stimo Anand profondamente e faccio il tifo per lui, come giocatore, come uomo che ho conosciuto anche di persona dai tempi del Torneo di Reggio Emilia 1991-92. Figuriamoci, fino a pochi anni fa è stato anche uno dei pochissimi super-big a concedersi come collaboratore saltuario della mia rivista.

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    Roberto Messa 25 Novembre 2013 at 17:01

    Una piccola curiosità, anche se non c’entra niente: Anand e Caruana vivono entrambi nei pressi di Madrid a pochissima distanza uno dall’altro e il mio dito mignolo mi ha detto che nel periodo pre-match hanno pure giocato qualche partitella di allenamento 😉

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    Punta Arenas 27 Novembre 2013 at 11:31

    Non ci sarà alcun “effetto-traino” per la vittoria di Carlsen, per tutta una serie di motivi, che riassumo:

    a) E’ stato un match tra i più brutti (non per colpa di Carlsen, è ovvio, però è un fatto oggettivo): 2 vittorie di Carlsen con finali da manuale (in uno dei quali Anand perde/sacrifica malamente un pedone) + vittoria finale per svista maldestra di Anand. Nessunissima combinazione brillante che lo faccia ricordare.

    b) Sole 10 partite per un mondiale sono imbarazzanti (ma era un mondiale, o un match dei candidati? Non si è capito…;). Bobby Fischer si sta rivoltando nella tomba (lui che riteneva “poche” le 24 partite). Con un “mondiale” così nel 1984, il vincitore sarebbe stato Karpov per 4:0 già alla nona! Non dico di tornare alle 6 vittorie senza contare le patte, ma almeno alle 24 partite sì! E basta con ‘sti mondiali ogni anno, o anche meno!

    c) Nessun servizio tv (per lo meno su Rai e Mediaset) si è interessato di questo match. Lontani i tempi in cui davano al TG notizie delle vittorie di Mariotti, o dei due K (per non parlare di Fischer). Ho visto parlare di questo match solo su Euronews, e sulla RSI (tv svizzera), ma più che altro per dire che Carlsen è anche un modello di abiti maschili, quindi solito gossip. Prendiamone atto: l’impatto mediatico degli scacchi è crollato, rispetto a soli 20-25 anni fa.

    d) Oggi, in era computer, nessuno si sente gratificato nel giocare, se poi la tua partita viene passata al setaccio da Fritz e Houdini, e perfino un GM viene triturato, oppure se – come accade oggi – chi gioca brillantemente una partita viene prima di tutto sospettato di essere un “cheater”, prima ancora che uno che se l’è sudata ed è stato bravo a vincerla. 20-30-40 anni fa, c’era gratificazione a livello personale anche per un 2N o 1N, il loro gioco era rispettato. Oggi nemmeno un GM a livello 2600 lo è più.

    e) La soluzione c’è, e va proprio nella direzione CONTRARIA di quella attuale: basta boria, spocchia, elo, categorie, “ego da stritolare”, frustrazioni della vita proiettate sulle scacchiera, Tizio che se la tira se ha 100 o 200 punti + Caio, quando ormai tutto ciò non importa + a nessuno. Rivalutare il gioco UMANO, le belle partite con combinazioni brillanti giocati anche da giocatori di categorie inferiori, le vittorie di giocatori sulla carta + deboli contro quelli + forti, l’aspetto estetico (combinazioni, piani ingegnosi) degli scacchi, e quello educativo/formativo (sviluppo delle capacità d’analisi e di sintesi, allenamento della memoria e delle facoltà cognitive), ecc.

    IN UNA PAROLA: ABBASSO L’ELITARISMO, W GLI SCACCHI REALMENTE PO-PO-LA-RI!

    L’ho già detto e scritto.

    Solo così la gente li giocherà DIVERTENDOSI, e aumenteranno i praticanti.

    Ma ovviamente chi non vede la crisi degli scacchi, e vuole solo mantenere il suo orticello, NON ha alcun interesse a che i praticanti aumentino, anzi si arrabbia quando si toccano questi punti, perché incidono su un nervo scoperto.
    Non disturbate il manovratore, per carità!

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      Mongo 27 Novembre 2013 at 14:13

      Carissimo Punta Arenas, forse hai ragione nella tua analisi, ma sbagli, anche se di poco, nel tuo punto c. La RAI, e più precisamente RAI Sport 1, ha dedicato una ventina di minuti alla sfida mondiale tra Anand e Carlsen (in un mio post precedente avevo inserito anche il link per rivedere il servizio).
      Per un rilancio 20 minuti servono ad un tubo, ma almeno qualcosa si è incominciato a muovere.
      Dai su, guardiamo il bicchiere mezzo pieno!! 😉

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      Giangiuseppe Pili 27 Novembre 2013 at 14:23

      Solo due osservazioni, partendo dal presupposto che io sono abbastanza d’accordo con le sue posizioni. Faccio solo notare che:

      1) La soluzione deve tener conto anche della realtà: ELO significa potere, categorie significano potere, i riconoscimenti ci sono anche per delle ragioni (e già io ho, in un altro post, fatto osservare come a me questo non piaccia). In poche parole, ci sono interessi costituiti: dire che non sono belli, che non riguardano gli scacchi, che non riguardano lo sport… non aiuta a eliminarli, sostituirli, ripensarli. In altre parole, bisogna pensare a dei sistemi concreti per portare gli scacchi sul puro divertimento (se è questa la tesi principale), NEL MONDO in cui siamo oggi. Ad esempio, dire che l’Italia è un paese in cui la corruzione è alta, non ci ha mai detto come poter fare altrimenti. O meglio, diremmo “Ah, basta smetterla di dare tangenti e di prenderle”. Epperò questo non ha mai portato soluzioni. Evidentemente le cose sono molto complicate, piaccia o non piaccia… Servono piani che tengano conto proprio il fatto che ci sono, che hanno delle ragioni che non sono riassumibili esclusivamente nei semplici termini di un pagamento per un servizio. La complessità è molto ampia.
      2) Aggiungo che mi accodo al cordoglio dell’Italia Scacchistica, per cui collaboravo. E di cui apprendo solo oggi la scomparsa. E’ un peccato.

      Non vedere in queste parole una critica alla sostanza: io credo nella diffusione del gioco, nel fatto che bisogna coinvolgere divertendo attraverso gli scacchi, come credo importante considerare gli scacchi come un’espressione culturale: quando dicevo di Carlsen più sopra, non voleva essere una critica a lui in quanto tale, ma a ciò che i media gli cuciono sopra. E che, allora, se devo scegliere stereotipi, preferisco quelli che stimolano la mente piuttosto che assopirla. Tutto qui.

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        Сиби́рь 28 Novembre 2013 at 10:33

        Carlsen da pronostico ha vinto assai agevolmente : la forza di gioco comprovata dai 100 punti elo di differenza – a questi livelli una eternità e non solo per il k=10 – in un match lasciavano ben poco scampo ad Anand.

        Ma il match è stato noioso, piatto e scialbo, senza alcun sussulto emotivo : nessuna combinazione, nessuna nuova idea.
        Il nulla assoluto, compreso il (presunto) gossip su Carlsen, tutto noto pure questo da almeno 3 anni .
        In definitiva un match senza emozione alcuna ,solo una serie di fredde varianti calcolate al pc.

        Tutto bello, tutto ben organizzato.
        Ma freddo come il ghiaccio.
        Non più manovre armoniche, non più geometrie perfette, idee fantasiose, combinazioni brillanti , ma puro calcolo matematico e basta .
        Va molto di moda oggi dire che gli scacchi non sono poesia, ma sono solo calcolo, lotta, che vince solo chi calcola meglio, che è solo ricerca della verità assoluta, che le valutazioni della macchina in centesimi sono leggi inalienabili,e che un uomo può (anzi deve!) raggiungere la perfezione ( a scacchi come in altre attività) solo eguagliando la macchina nel calcolo.

        I commenti ormai sono più o meno sempre di questo tenore,ed i risultati sono questi :gente che non ha mai spinto un legnetto reale ma clicca qua e là con la freccetta del mouse – quindi potenzialmente chiunque ,anche chi non conosce nemmeno le regole del gioco ed il movimento dei pezzi ma sa solo leggere la notazione algebrica !- può sentenziare commenti da topGM con supponenza e spocchiosità, addirittura criticare sprezzantemente uno dei più forti giocatori della storia come Anand (in quel momento ancora campione del mondo ! ) per la svista compiuta nella 9a partita (mi riferisco ovviamente a Cf1 anziché Af1 ). 

        Quindi che interesse poteva destare un evento del genere nei mass-media , quando il primo che passa per la strada può atteggiarsi da campione del mondo solo perchè possiede un PC – od anche solo uno Smartphone – con Stockfish od Houdini ? 
        Zero, ovviamente.

        Che interesse ha nel lettore medio di un qualsiasi giornale (online o cartaceo, poco cambia) la pagina degli annunci economici, oppure la pagina dedicata alla variazione dei titoli azionari in borsa ?
        Oppure la pagina degli annunci funebri, dove sono scritte più o meno sempre le stesse frasi e dove ogni tanto in alcun giornali c’è una foto ricordo del proprio caro che si è addormentato .

        Quindi cosa ci si poteva aspettare da un evento del genere pubblicizzato in questo modo, e che dà questa percezione alla gente comune, soprattutto in un momento storico come quello di ora dove l’immagine è TUTTO, mentre i contenuti hanno valore ZERO ?

        Nulla, nessun ritorno di immagine nè ovviamente di popolarità : anzi, un lento (ma inesorabile) declino .
        E’ il tipo di messaggio globale che viene dato dagli scacchi alla gente comune che è completamente sbagliato ,ma non ve ne accorgete minimamente ?

        Già pensare di praticare uno sport (soprattutto all’inizio per un neofita) dove sai già in partenza che sarai più debole di una macchina , è frustrante di per sè, perchè  conosci già a priori che in ogni caso, nonostante l’enorme tempo che dedicarai allo studio, la gente – inteso come il woodpusher comune – ormai non vorrà più nemmeno ascoltare quello che dirai su una valutazione o di una idea anche se sei un GM di fama mondiale .

        E poi : ore di studio tantissime , iniziate giovanissimi altrimenti non diventerete mai forti , gratificazioni finanziarie zero o quasi tranne che i primissimi del mondo (mentre poco più in basso si fa la fame o quantomeno solo con il gioco non si campa ,ovviamente tranne il caso di persone già abbienti di famiglia), possibilità di avere visibilità mediatica fuori dal proprio ambiente assolutamente nulle o quasi ( e non serve a nulla avere uno spazio anche giornaliero in Tv se il messaggio dato è questo ).
        Con queste basi ,chiunque capirebbe che semplicemente non c’è speranza alcuna di aumentare il numero dei proseliti, destinati invece inesorabilmente a calare nonostante i tentativi (lodevolissimi) di diffusione capillare del gioco nelle scuole .

        E soprattutto perchè mai si dovrebbe dedicare così tanto tempo per praticare agonisticamente un gioco come questo , ridotto solo ad un calcolo numerico/spaziale e basta, completamente astratto ed avulso da qualsiasi aspetto pratico della vita reale ?
        Quali sono ormai i motivi che possono spingere chiunque ad avvicinarsi ad un gioco come questo ?

        In questi termini gli scacchi sono un gioco INUTILE e soprattutto completamente ASETTICO rispetto a tutto il resto del mondo intorno .

        Ed a tempo pieno o quasi nell’ambiente alla lunga ci rimarranno (ovviamente tranne i pochi professionisti di altissimo livello ) solo coloro che hanno dedicato in passato talmente troppo tempo dietro al gioco che hanno trascurato ogni altro tipo di rapporto , oppure che nel frattempo non hanno appreso alcuna altra professione ed in qualche modo devono pur campare, oppure che semplicemente non dispongono di altra vera alternativa nella vita – anche se a domanda ti risponderanno che i motivi sono diversi , cioè la passione per il (Nobil) Giuoco.

        Ma in realtà non è vero per nulla .
        Tutti loro lo sanno bene, anche se non lo ammetteranno mai, per primi a loro stessi.

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          Renato Andreoli 28 Novembre 2013 at 14:11

          Io amo gli scacchi anche perché sono completamente inutili.
          Inutili come tutto ciò che esiste di più bello, come l’arte, la poesia, la matematica.
          Godfrey Hardy, uno dei più importanti matematici del ‘900, si vantava nella sua autobiografia di non aver mai lavorato a nulla che avesse una qualche applicazione pratica.
          Perché, come recita un famoso aforisma di Oscar Wilde, astutamente parafrasato nella pubblicità di un orologio, “Sono disposto a rinunciare a tutto, tranne che al superfluo”.

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            Jas Fasola 28 Novembre 2013 at 14:43

            Uno dei piu’ bei post mai visti in vita mia ❗

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              Renato Andreoli 28 Novembre 2013 at 18:25

              Ti ringrazio, amico Gian Fagiolo.

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                alfredo 1 Dicembre 2013 at 17:31

                ” l’apologia di un matematico” di Hardy è uno dei piu’ appassionati libri ” d’amore” verso la matematica ma non lo si puo’ definire una autobiografia .
                E poi qualcosa di “pratico” Hardy lo ha pure fatto .La legge di Hardy Weimberg è alla base della cd genetica della popolazioni. Disciplina che ha avuto nei Cavalli Sforza ( padre e figlio) dei grandissimi studiosi a livello mondiale.
                Penso anche che in quelle righe ci fosse anche un po’ di provocazione .
                la matematica serve , eccome .
                come diceva Galileo il gran libro della natura è scritto in un linguaggio che è quello della matematica .
                e se non possedessimo tale linguggio non avremmo potuto usufruire dei grandi progresi in tutte le discipline scientifiche .
                tanto per dire Einstein non avrebbe ptuto elaborare la relatività . e furono due italiani ( levi Civita e Ricci Curbastro) a fornigl il ” linguaggio matematico” di cui aveva bisogno .
                l’ignoranza matematica di un paese come il nostro ( che pure ha una grande tradizione in tal senso) è uno dei motivi per cui molti paesi ci stanno ” superando” . Guarda caso tutti paesi in cui a matematica è tenuta sicuramente in maggior riguardo che da noi .
                un saluto, Renato .

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                  Renato Andreoli 1 Dicembre 2013 at 19:05

                  Ciao, Alfredo.
                  Ricordi quando il ministro Tremonti, incalzato mentre camminava su una piazza dai cronisti che gli chiedevano ragione dei tagli alla cultura, si voltò di scatto e li apostrofò con l’incredibile “Fatevi un panino con la Divina Commedia!”
                  Ecco, questa è l’inutilità che mi sta a cuore e che voglio difendere: l’inutilità della Divina Commedia.
                  PS
                  Sto centellinando giorno per giorno una pubblicazione di un valore secondo me stratosferico, la Divina Commedia commentata e letta da Vittorio Sermonti in un eVoice book che contiene 75 ore di parlato e tutti i testi. Sono le trasmissioni che Sermonti aveva fatto a Radio3 diversi anni fa e che già allora mi avevano molto colpito. Di fronte a Sermonti, anche il pur grande Benigni impallidisce.
                  Mi permetto di consigliarlo agli amici di Soloscacchi.

                  http://www.lafeltrinelli.it/products/9788809779761/La_Commedia_di_Dante_Raccontata_e_letta_da_Vittorio_Sermonti_DVD-ROM_eVoice_book/Vittorio_Sermonti.html

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                  alfredo 2 Dicembre 2013 at 18:20

                  caro Renato , ricordo bene la frase di Tremonti e apprezzo anch’io l’opera di Sermonti ( rima involontaria)
                  ho avuto il piacere di sentirlo recitare dal Vivo Dante anni fa a Milano a S. Maria delle Grazie .
                  Anche la Divina Commedia è un’opera ” matematica , per quanto la consideri , come molti credo, insuperabile nella forma ma anacronictica nella sostanza .
                  forse questo mio ” distacco” deiva dal fatto che i miei anni di Liceo furono ” funestati” dalla lettura contemporanea della Divina Commedia e dei Promessi Sposi che in pratica fagocitavano tutto il programma .
                  per cui i grandi poeti e scrittori del 900 italiano sono stati una mia personale conquista .
                  vero è che una opera tanto piu’ la si apprezza quanto meno è imposta .
                  a Benigni va comunque dato il merito di aver di nuovo reso ” interessante” l’opera dantesca
                  Ciao Renato . Buona serata

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                  Brunov 3 Dicembre 2013 at 13:12

                  Cosa ci si poteva aspettare da uno, come Tremonti, che ha vissuto sempre in mezzo ai numeri, senza peraltro riuscire coglierne la pitagorica essenza.

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            INSALA' 28 Novembre 2013 at 15:19

            …pensiero ben articolato da parte dell’amico cirillico.Peccato per la chiosa finale del post che rigetto con tutte le mie forze.Come chiunque altro, io non dispongo che di tre mezzi per valutare l’esistenza umana: lo studio di se stessi, è il metodo più difficile, il più insidioso, ma anche il più fecondo;l’osservazione degli uomini, i quali nella maggior parte dei casi s’adoperano per nasconderci i loro segreti o per farci credere di averne; e i libri con i caratteristici errori di prospettiva che sorgono tra le righe.E, poi, gli scacchi nei quali ho trovato la cerniera ove la mia volontà s’articola con il destino; ove la disciplina,anzichè frenarla, asseconda la mia natura.Gli scacchi per me non sono inutili, anzi mi ricordano le parole del grande Adriano, l’imperatore filosofo: “sentirsi responsabili della bellezza del mondo”.

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              Сиби́рь 28 Novembre 2013 at 15:40

              Attenzione, perchè ho l’impressione ci sia stato un fraintendimento !

              Non ho detto che gli scacchi sono un gioco inutile, tutt’altro( l’inutilità del tempo buttato per nulla vale a maggior ragione pure per me,dato che ho sprecato fino ad ora la maggior parte della mia vita e praticamente tutto il mio tempo libero in attività considerate “inutili”;) ma che è questa la PERCEZIONE che noi diamo del nostro mondo agli altri che stanno al di fuori, è diverso .

              Noi vediamo le 64 caselle in un modo, perchè le abbiamo vissute o le viviamo attualmente, abbiamo dedicato del tempo a giocare, ad analizzare, a studiare.

              In poche parole vediamo il nostro gioco ancora in una maniera poetica , oserei dire sentimentale .

              Ma il sentimentalismo se ne è ormai andato da un pezzo.
              Noi vediamo il mondo delle 64 caselle come la persona amata vicino a noi, esattamente come il primo giorno , bella, sorridente e felice , nonostante il peso degli anni si faccia sempre più sentire sempre di più e la sua bellezza sia ormai sfiorita nel tempo .
              Dal di fuori invece una persona estranea la vede per quella che è in realtà è : sfiorita , invecchiata,sovrappeso.

              In poche parole, abbiamo una visione DISTORTA della realtà semplicemente perchè la guardiamo solo dall’interno, e non dall’esterno.

              Se si provasse semplicemente a cambiare angolatura (come ho fatto nel mio post iniziale) ed a guardare in faccia i problemi con gli occhi dell’uomo della strada, sarebbe diverso .
              Esattamente vedere l’erba dalla parte delle radici , come scriveva e diceva il mai troppo compianto Davide Lajolo.

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            Сиби́рь 28 Novembre 2013 at 15:20

            In passato gli scacchi erano considerati contemporaneamente sia uno sport che  arte , questo è stato da sempre uno dei cardini della scuola sovietica che ha prodotto centinaia e centinaia di magnifici giocatori .
            Ma oggi è diverso.

            Provo a fare un altro esempio (attuale) della degenerazione attuale del gioco.
            Le nuove generazioni – ma anche molti degli storici frequentatori di tornei che ancora bazzicano l’ambiente –nella grande maggioranza dei casi non sono per nulla interessate al fattore estetico degli scacchi, ma esclusivamente al risultato finale, da ottenere in qualsiasi modo, corretto o scorretto che sia !

            Non sono interessati alla bellezza del gioco,ma a tirare pugni sull’orologio e nulla più , preferendo in molti casi di provare a vincere solamente andando avanti ed indietro con i pezzi senza fare nulla aspettando la caduta della bandierina (od oggi il fatidico 0.00 dell’orologio digitale, che permette speculazioni sul limite dei centesimi ).
            Un tempo con gli orologi Garde ( o peggio con i BHB con la bandierina piccola) almeno non capivi in certe situazioni quanto era il tempo effettivo che ti mancava ( sapevi solo che era poco ) , e quindi questi giochetti al limite – ed a tuo rischio e pericolo ! – venivano fatti raramente ; ma oggi invece si assiste a partite fra GM – anche di alto livello – dove l’unico fattore che spesso è presente in una posizione è la mera speculazione sul tempo.

            Le speculazioni sullo Zeitnot ovviamente ci sono sempre state ed hanno da sempre fatto parte del gioco , ma non come oggi.
            Ma al di là dell’etica scacchistica – i Maestri di un tempo , non a caso con la M maiuscola – nella stragrande maggioranza di queste situazioni si sarebbero accontentati di un pari piuttosto che muovere a casaccio su e giù i pezzi sulla scacchiera in posizione strapatta .

            In questo modo – e con la diffusione del gioco in rete quest’aspetto si è allargato in modo inesorabile – il gioco è viavia degenerato in un qualche cosa che non si può certo più chiamare né sport (quantomeno non nella accezione più popolare del termine, se si mette in conto l’aspetto puramente agonistico è ben altra cosa e chi ha giocato agonisticamente anche un solo torneo lo sa molto bene) né tantomeno arte, e dove concetti come creatività e fantasia sono andati viavia scemando , anche (ma ovviamente non solo) a causa della crescente forza dei programmi per PC – che come si sa si basano esclusivamente sulla velocità di calcolo delle posizioni , sull’enorme libro di apertura implementato in precedenza e sulla tablabases in finale ha completamente distrutto quest’aspetto fondamentale.

            Per cui il paragone con l’esteta Oscar Wilde – ma anche Godfrey Hardy , o qualunque altro scienziato e matematico – con gli scacchi (moderni)purtroppo non regge proprio , quantomeno nei termini attuali .

            Io e te continueremo a giocarci lo stesso, perchè (vecchi) appassionati delle 64 caselle .
            Ma temo che alla lunga saremo sempre di meno.

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            alfredo 28 Novembre 2013 at 16:17

            beh , il grande Hardy , qualcosa con una ricaduta pratica la ha pure fatto
            la hardy – Weimberg è la legge fondamentale nella geneticadelle popolazione ( discipilina che ha avuto in Italia con il Prodf Cavalli Sforza uno dei piu’ grandi specialisti mondiali
            http://it.wikipedia.org/wiki/Equilibrio_di_Hardy-Weinberg
            comunque Apologia di un matematico è uno dei piu’ bei libri scritti da un matematico
            e poi fu Hardy lo scopritore del genio di Ramunjan ,
            l’analfabeta ( o quasi ) di Madras
            ciao! 🙂

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            alfredo 28 Novembre 2013 at 17:29

            caro Renato
            non è proprio vero che il grande matematematico Hardy non abbia mai fatto
            mulla che avesse una applicazione in qualche modo
            pratica .
            la legge di Hardy Weimberg è fondamentale nella genetica delle
            popolazioni ( materia in cui l’italia ha avuto con Cavalli Sforza
            uno dei piu’ grandi specialisti)
            e se ti riferisci a “apologia di un matematico” non è
            proprio una autobiografia ma un bellissimo atto di amore
            per la matematico.
            è uno dei libri piu’ belli scritti da un matematico .
            ad Hardy dobbiamo anche la scoperta del grande
            matematico indiano Ramunjan
            e proprio su il rapporto tra i due è basato il
            romanzo di Leavitt ” il matematico indiano”
            anche se molte parti penso appartengano più alla biografia
            dell’autore che a quella dei due protagonisti
            ciao!
            Alfredo

          • avatar
            Doroteo Arango 29 Novembre 2013 at 20:27

            Renato, trovo interessante e acuta la tua considerazione ma permettimi di ribadire la mia opinione, personalissima e pertanto opinabilissima: gli scacchi non sono né un’arte né una scienza. E, detto per inciso, me ne dolgo grandemente considerato l’amore che nutro per questo gioco unico e meraviglioso.

            Non sono un’arte (pur racchiudendo degli aspetti estetici di indubbio valore) perché forniscono soddisfazione spirituale esclusivamente per lo scacchista. Esempio: l’uomo della strada, l’ignorante per eccellenza (il sottoscritto se volete) può provar qualcosa, emozione e gioia interiore di fronte ad un grande dipinto, ad una scultura o per un motivo musicale, difficilmente, senza conoscere almeno i rudimenti del gioco, per una grande partita di un Tal o di un Kasparov.

            Non sono una scienza (pur costituendo nella sua essenza un problema di logica) perché la scienza produce beneficio per l’umanità (almeno idealmente). Matematica, fisica, medicina, diritto, filosofia e la scienza tutta è fatta di applicazioni volte a migliorare la vita umana, misurandone il progresso in termini di conquiste tecnologiche che, almeno idealmente, ripeto, purtroppo spesso solo idealmente, ci migliorano la vita, di tutti e non solo di coloro che ne coltivano la disciplina (per il nostro gioco tale presunto ‘progresso’ sarebbe limitato esclusivamente a noi scacchisti).

            Fatte quindi le suddette premesse, gli scacchi sono a mio modestissimo modo di vedere solo e semplicemente un gioco, stupendo, meraviglioso e probabilmente uno dei più belli mai inventati dall’uomo, ma solo un gioco… con tutti i connotati positivi che il concetto di ludus rappresenta per l’uomo: gioia, soddisfazione, svago e aspirazione. Purtroppo non sono né scienza né arte, pur condividendone marginalmente alcuni aspetti.

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              Franco Trabattoni 29 Novembre 2013 at 22:40

              Caro Doroteo, mi permetto di dissentire, almeno in parte, da quello che scrivi. Che gli scacchi non siano arte, sono d’accordo. L’arte, almeno nelle sue accezioni più comuni, è libera e persegue finalità puramente estetiche. Gli scacchi sono vincolati all’obiettivo della vittoria, per cui l’aspetto estetico, se c’è, è accidentale. Trovo invece meno generale l’altro tuo argomento. Sperando che il nostro dottissimo Renato non mi bolli di incompetenza, mi azzardo a dire che per apprezzare certi settori della musica classica occorre un’educazione del gusto non meno lunga e faticosa (e forse anzi di più) di quella che serve per cogliere il lato estetico della “sempreverde”. Poche sere fa mi trovavo con molta altra gente a una serata commemorativa; in cui, fra le altre cose, alcuni giovani studenti mettevano in mostra i loro talenti musicali. A un certo punto uno di loro ha suonato al pianoforte la Fantasia opera 28 di Scriabin. Bene, mentre a qualcuno sono venute le lacrime agli occhi, la maggior parte delle persone presenti, benché tutt’altro che incolte in altri campi (anzi), non vedeva l’ora che finisse. Idem quando durante un grande convegno internazionale di colleghi, tutti “universitari”, gli organizzatori hanno organizzato una serata di musica barocca. Anche a proposito del paragone tra scacchi e scienza la mia opinione è un po’ diversa. Se requisito essenziale della scienza è che essa si occupi di un pezzo di realtà “naturale” (cioè, per intenderci, di qualche cosa che si ritiene esista “là fuori” per suo pieno diritto, indipendentemente dall’azione dell’uomo), allora gli scacchi indubbiamente non sono una scienza: infatti il loro oggetto è del tutto artificiale. Per il resto mi pare invece che il paragone funzioni. Infatti le applicazioni pratiche non fanno parte dei requisiti essenziali di una scienza. Non a caso i vocabolari moderni segnalano con una certa nettezza la differenza tra “scienza” e “tecnica”. Inoltre anche oggi esistono “scienze”, o parti di scienze, che vengono coltivate per pure ambizioni teoriche, e senza che sia prevista, o prevedibile, alcuna ricaduta pratica. Essenziale perché si possa parlare di “scienza” (ripeto qui una cosa che ho già postato una volta, mi pare) è che si dia un campo di ricerca effettivo il cui le nostre conoscenze, con il l’approfondimento delle indagini e con il perfezionamento dei metodi, si accrescano e diventino più precise. Ora, credo che negli scacchi ciò sia del tutto palmare.

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            Jas Fasola 30 Novembre 2013 at 20:24

            “Elogio dell’Inutile”.
            Il post qui sopra andrebbe aggiunto “ad honorem” alla straordinaria serie del nostro Lotti.

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              Jas Fasola 30 Novembre 2013 at 20:28

              Mi riferisco al post di Renato Andreoli delle 14.11 ovviamente.

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      INSALA' 27 Novembre 2013 at 14:59

      …caro Punta Arenas mi accodo al tuo grido di dolore! Come diceva Botvinnik:” la differenza tra uomo e animale è che l’uomo è in grado di stabilire priorità”.

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        Marramaquìs 27 Novembre 2013 at 15:16

        Esatto. Ma stabilire le priorità non basta, quando esse non sono strettamente individuali. Occorre, quando incidono su temi e aspetti pubblici, mettere a fuoco con certezza i problemi prioritari e pertanto cercare di scorporarli dai propri interessi personali.

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        Jas Fasola 27 Novembre 2013 at 15:21

        Gli animali non sarebbero in grado di stabilire priorita’? La priorita’ e’ una scelta e le scelte le fanno anche loro in ogni momento 🙄

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          Renato Andreoli 27 Novembre 2013 at 16:24

          A proposito di animali pensanti, la sapete quella del cane scacchista?
          Un artista lavora in un circo con un cane acrobata. Durante una pausa dell’addestramento,lo vedono che gioca a scacchi proprio con il cane. Meraviglia di chi passa e si ferma ad osservare.
          Un tale gli dice:
          – Scusa un po’, amico, ma perché non sfrutti nello spettacolo questa incredibile abilità dell’animale? Avresti un successo planetario!
          _ Mah – risponde quello – non è detto: abbiamo fatto cinque partite e ne ha perse tre!

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            Jas Fasola 11 Dicembre 2013 at 20:29

            Un signore a teatro guardava un’opera. Accanto a lui anche il suo cane con attenzione guardava cosa succedeva sulla scena. Quando gli attori erano comici, sorrideva, quando erano tragici, piangeva. Ad un certo punto un tizio non resistette e disse al suo proprietario: “ma che cane intelligente lei ha, non ho mai visto niente del genere!”. “Ma quale cane intelligente! Quando giochiamo a scacchi e vede una buona mossa muove sempre la coda!” gli rispose il proprietario del cane.

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          Marramaquìs 27 Novembre 2013 at 17:34

          Rettifico: il mio “esatto” si riferiva all’importanza di riuscire ad individuare delle priorità, e non al fatto che gli animali non sappiano stabilirle. Tutt’altro.

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    Punta Arenas 27 Novembre 2013 at 11:48

    Ah dimenticavo…

    Qui nessuno si è manco sognato di dedicare un solo post al fatto che la più importante rivista scacchistica italiana, l’Italia Scacchistica, dopo 100 anni ha chiuso per sempre. Non mi risulta che ciò sia avvenuto per eccesso di popolarità degli scacchi.

    Altro che effetto-traino del mondiale…

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      Mongo 27 Novembre 2013 at 14:05

      Quando? Sapevamo che ha da circa un anno, forse due, cambiato editore…

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      Marramaquìs 27 Novembre 2013 at 14:20

      Personalmente non lo sapevo, grazie. Sono tristissimo e deluso. Finito il Torneo di Reggio Emilia (o mi sbaglio?), finita l’Italia Scacchistica.
      Ma che sta succedendo? Con gli scacchi stiamo andando indietro o stiamo andando avanti in questo benedetto Paese?
      E se, secondo qualcuno, stiamo andando avanti, mi piacerebbe che ci si spiegasse molto chiaramente “ma avanti verso che cosa??”.
      Allo “effetto traino” del mondiale nemmeno io credo minimamente.
      Torneremo presto sull’argomento, Punta Arenas, non dubitarne, con un articolo dedicato alla popolarità e all’importanza del gioco degli scacchi in Italia, prendendo come spunto anche il Campionato Italiano Assoluto in corso di svolgimento a Roma. Grazie.

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        Valerio Luciani 27 Novembre 2013 at 15:10

        Apprendo da un SMS che si dice che abbia chiuso “L’Italia Scacchistica”. Se Lei è l’abbonato con cui ho parlato al telefono pochi giorni fa, Le ripeto quando dettole:
        1) la rivista non ha mai chiuso, né ho intenzione di essere io a mettervi la pietra tombale sopra. Purtroppo, sì, è ferma da un anno, a causa di una crisi economica mia personale, imprevista e non dipendente dalla mia volontà. Stampare costa e se, improvvisamente, resti a secco (e contemporaneamente le banche non ti fanno più prestiti e il tipografo non ti fa più credito perché anche lui ha gente che non lo paga), non puoi muoverti.
        2) Le ho anche detto che a dicembre vedrà finalmente la ripartenza della stessa e il graduale – ma comunque veloce – recupero dell’arretrato. E che, a garanzia di questo, se non dovesse accadere, di contattarmi per la restituzione della parte di abbonamento mancante. Glielo sto mettendo per iscritto pubblicamente per conferma.
        Capisco che può non esaltare l’idea di vedere recapitarsi le notizie scacchistiche vecchie di un anno o quasi, ma le analisi delle partite sono sempre valide e così gli articoli di contorno, esclusivi e di altissima qualità.
        E anche i progetti già avviati (la ristampa anastatica di tutte le annate e l’organizzazione di tornei sotto il marchio della rivista) continueranno, sempre nel progetto di rilancio della rivista stessa e della sua storia gloriosa. Avverranno con un paio d’anni di ritardo su quanto speravo; non potevo fare diversamente, cercate di capirlo, altrimenti avrei dovuto chiuderla davvero e – al di là del pessimo investimento che avrei fatto – sarebbe stata una cosa che non mi sarei mai perdonato.

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          Mongo 27 Novembre 2013 at 15:21

          Ciao grande Valerio… Aspetto sempre l’uscita di quel libro sul mediogioco. E’ dallo scorso millennio o quasi che mi dici: “per Natale”. 😎
          Scherzi a parte, un grosso in bocca al lupo per il rilancio della rivista e della tua casa editrice (sperando ora che il nostro Direttore non mi licenzi….). 😉
          Chi sono? Forse già lo sai, comunque sono con te nella foto di un tuo successo a Riva del Garda. 🙄

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        Punta Arenas 30 Novembre 2013 at 12:01

        Grazie Marramaquis!

        E grazie anche a Luciani, per le sue spiegazioni sullo “stand by” (che tutti ci auguriamo temporaneo ovviamente!) dell’Italia Scacchistica.
        Piccolo chiarimento: non sono io l’abbonato con cui Valerio aveva parlato qualche giorno fa.
        Cmq, qualche anno fa, nel 2005 (quando la crisi ancora non c’era), già Capece mi diceva quanto fosse sempre più oneroso portare avanti una rivista di scacchi come IS, e suo obiettivo (come poi avvenne!) era di tener duro fino al 2011, fino al centenario, e poi passare la mano.
        Il problema era non solo Internet (o le crisi economiche), perché ancor oggi dozzine di riviste cartacee specializzate (sport, cucina, fotografia, hobby vari, ecc.) vanno avanti ugualmente, pur con un calo di lettori (anche se è ovvio che quando i soldini calano, la gente comincia a tagliare ciò che ritiene “superfluo”, come abbonamenti, cinema, ristoranti, vacanze, ecc.).
        Il problema era spesso il fatto che – per disservizi postali – la rivista non veniva recapitata con regolarità, e quindi poi si perdevano abbonati, e c’erano perdite impreviste, anche gravi.
        Poi considerate che l’IS ha sempre avuto un “target” di lettori diverso dal “tecnico” (leggi giocatore qualificato agonista, che gioca spesso nei tornei). Il lettore medio dell’IS è sempre stato un vero dilettante nel senso più nobile del termine: da chi ha praticato gli scacchi da ragazzo, e poi se ne è staccato, e vuole tenersi aggiornato, al giocatore agonista saltuario, a chi è cultore di altri aspetti “culturali” degli scacchi: cinema, letteratura, pittura, modellismo, ecc., all’anziano che si limita a frequentare il circolo ogni tanto per fare “la partitina” con gli amici, in orari pomeridiani. E però se a questi lettori crei problemi, o difficoltà nel recapito della rivista, poi inevitabilmente la abbandoneranno, sia pure a malincuore.
        A me spiace apparire una sorta di “Cassandra”, che spesso segnala problemi e cose negative, eppure chi ha superato gli “anta” non può fare finta di non vederli, ed inevitabilmente farà confronti con la realtà del passato, e i tempi decisamente migliori.
        Una parola di risposta a Trabattoni.
        Mi sembra che la sua risposta a Doroteo voglia essere una difesa dell’elitarismo scacchistico, là dove scrive: ” Gli scacchi sono vincolati all’obiettivo della vittoria, per cui l’aspetto estetico, se c’è, è accidentale.”

        E chi l’ha detto?

        Semmai gli scacchi dovrebbero, in quanto GIOCO, essere vincolati all’obiettivo del DIVERTIMENTO e delle GRATIFICAZIONI per chi li pratica.

        La gente ama il calcio perché si diverte a vedere una partita in tv (e non è vero che non occorra competenza per capirla: ad esempio è noto che spesso le donne non guardano il calcio perché si disaffezionano già per la regola del fuorigioco, che sembra così complessa), dove ci sono dozzine di regole, su cui spesso anche gli arbitri incespicano.

        E molti italiani non capiscono nulla del baseball, che pure negli USA spopolano, perché le regole non sono così semplici da capire subito.
        Idem per il rugby, ad esempio.

        In realtà per imparare le regole basilari degli scacchi, e il movimento dei pezzi, basta una giornata, ovviamente ben altro è giocarli ad un certo livello.

        Quindi la scusa TIPICA degli scacchi come gioco comprensibile solo alle menti “superiori” non solo non regge (anche perché ci sono menti davvero superiori, che non hanno mai provato attrazione per il gioco), ma non regge neppure la tesi dell’aspetto agonistico, legato alla vittoria, come essenziale.

        E’ essenziale per chi VIVE di scacchi (pochissimi!), non certo per chi vuole divertirsi.

        Ma ancora una volta, è per me incomprensibile che i FATTI non bastino a far cambiare idea a chi – come Trabattoni – gioca a scacchi da oltre 40 anni!

        A cosa è servita tutta questa esasperazione dell’aspetto agonistico, in questi decenni?

        Ha forse portato più giocatori?

        La risposta è NO!

        Poi Trabattoni può anche dirci che lui se ne frega se negli scacchi i praticanti diminuiscono, perché per lui conta solo “l’elite”.

        E allora gli dico che – con questa logica – alla fine anche Carlsen, Anand, Kramnik, Caruana, ecc., giocheranno DA SOLI, senza nessuno che negli scacchi investe un solo dollaro, o euro!

        Perché la sprovvedutezza di tanti “titolati” nelle questioni finanziarie ed economiche, è stata una delle ragioni che hanno impedito loro di capire che qualsiasi sport (visto che Trabattoni enfatizza l’aspetto agonistico) STA IN PIEDI SOLO SE C’E’ UNA BASE CONSISTENTE DI PRATICANTI, altrimenti MUORE!

        Coloro che idolatrano Bobby Fischer come scacchista (e fin qui ci può stare) forse dimenticano che la sua ultra-elitaria visione del mondo (per lui anche il vice-campione del mondo era “nessuno”;) era la prova della sua scarsa intelligenza nonché ignoranza delle cose pratiche al di fuori delle 64 caselle.

        Nel 1972 quel mondiale così osannato, che in effetti cambiò la storia degli scacchi, ebbe luogo SOLO grazie ad una persona, che però TUTTI dimenticano: IL BANCHIERE INGLESE JAMES SLATER!
        Fu lui a mettere di tasca sua 50.000 sterline, quando Fischer non voleva più giocare con Spassky.
        Ma fu un puro atto di generosità sua personale, senza la quale quel mondiale NON si sarebbe disputato, Spassky avrebbe giocato con Petrosian, non ci sarebbero stati nuovi milioni di appassionati, e tutto sarebbe stato diverso.
        Quindi, alla fine la boria, l’eccesso di elitarismo, ecc., non servono a nulla: o gli scacchi vengono propagandati in modo piacevole e non ansiogeno, e con ciò si crea una MASSA di praticanti o comunque di giocatori interessati (ciò che poi attira gli sponsor), oppure non è rendendoli sempre più elitari che si ottiene qualcosa.

        A parte il fatto che, anche Trabattoni, con i criteri ultra-elitari che sostiene si dà la zappa sui piedi: pure lui è un “signor nessuno” per quelli a livello di Fischer e i super GM.

        E siccome a pochi piace praticare uno sport in cui trovi gente che ti snobba e si crede chissà cosa, alla fine è chiaro che l’elitarismo non porta da nessuna parte.

        Anche perché, se prendiamo il calcio, ad esempio, qualsiasi tifoso si ritiene addirittura più importante dei giocatori stessi, perchè è LUI che sostiene la squadra, paga per andare allo stadio, paga la Pay-tv per vedere le partite, e permette gli ingaggi milionari dei suoi beniamini.

        Ma questo ovviamente gli scacchisti “menti superiori” non ci arrivano a capirlo…

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          Franco Trabattoni 30 Novembre 2013 at 15:25

          Caro Punta Arenas, ho l’impressione di essere stato frainteso. La mia non era una valutazione esterna sulle ragioni per cui si praticano gli scacchi (così come altri sport, del resto), ma una allusione alla natura intrinseca degli scacchi (anche qui, non diversa da quella di altri sport). Non contesto il fatto che chi si siede alla scacchiera lo possa fare con spirito non esasperatamente agonistico, ma solo per divertirsi. Anzi, mi sembra una cosa ottima. Volevo solo dire che che non ha senso giocare una partita a scacchi se non si ha l’intenzione di vincerla. E poiché le mosse migliori non sono sempre quelle esteticamente più belle, ne ricavavo che l’aspetto estetico negli scacchi è per natura accidentale. Dove avresti visto in quello che ho scritto i criteri ultra-elitari? Davvero non so. Come se non bastasse l’equivoco, mi pare anche che qualche tua frase sia un po’ sopra le righe. Ne sono davvero stupito

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            Franco Trabattoni 30 Novembre 2013 at 15:57

            Detto in altre parole (e forse in modo più chiaro): una cosa sono le motivazioni per cui uno gioca a scacchi (e qui trovo davvero ottimo che lo si faccia per divertirsi, e non per ragioni prettamente agonistiche); un’altra cosa sono le ragioni per cui un giocatore sceglie determinate mosse anziché altre. Qui l’unica considerazione che conta è che chi le esegue deve ritenere, per un quasiasi motivo (anche psicologico), che queste mosse siano le migliori per realizzare l’obiettivo del gioco (dare matto all’avversario). Se un giocatore muove i pezzi con un obiettivo diverso da questo, non sta giocando a scacchi, esattamente come non sta gioando a calcio il giocatore che davanti alla porta vuota si mette a fare mirabolanti palleggi con il pallone invece di spingere modestamente la palla in rete.

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              Сиби́рь 1 Dicembre 2013 at 11:40

              Che lo scopo finale di una partita a scacchi sia vincere , questo è poco ma sicuro (tranne se ti sei già accordato prima sul risultato, è evidente ) !

              Ma ho come l’impressione che si stia sottovalutando – o quantomeno non considerando – un aspetto , che si accentuato sempre di più con la sempre più crescente diffusione del gioco su internet : la variabile tempo.

              Internet in un certo senso educa tutti i giocatori a considerare prevalente l’aspetto TEMPO rispetto ad ogni altro aspetto ; ma in questo modo il gioco NON ha più quelle peculiarità ( artistiche e/o scientifiche ) che ne hanno fatto per secoli il gioco per eccellenza .

              I primi che negli anni ’90 si sono resi conto di questo problema che avrebbe nel corso degli anni aggravato il problema sono stati Bronstein e Fischer , due giocatori che hanno sempre avuto il massimo RISPETTO per il gioco e che soprattutto hanno sempre visto gli scacchi prima arte e poi sport ( pure lo stesso Fischer , al di là di quello che viene tramandato dalla stampa ! ); ed infatti per poter provare a risolvere questo genere di problemi avevano inventato le cadenze ad incremento ( prima Bronstein e poi Fischer) e la disposizione random dei pezzi in apertura (la 960 o Fischer random) , due tentativi che hanno proprio la finalità di provare a risolvere questo genere di problemi .

              Ma con l’andare del tempo , anziché continuare a cercare di procedere in questa direzione , si è preferito dare la priorità alla lotta al cheating (pur essendo ovviamente importante vista la crescente diffusione di potentissimi mezzi di analisi informatica e di trasmissione) che invece è solo un problema COLLATERALE ( i bari in qualunque ambiente ci sono e ci saranno sempre , soprattutto se educhi i giocatori sin dall’inizio esclusivamente al raggiungimento del risultato con ogni mezzo piuttosto che cercando di vincere sulla scacchiera con il bel gioco) , pensando -almeno inizialmente- di poterlo eliminare tramite l’introduzione di cadenze più veloci in pensata : ormai la prassi dei tornei di alto livello è la 90+30” , ma questa cadenza non ha fatto altro che fare diventare il gioco a tempo normale come un enorme “semilampone” , perchè ancora più di prima finisci in zeitnot in mediogioco (senza contare che la teoria delle aperture si è molto evoluta negli ultimi 15-20 anni) e soprattutto senza il controllo alla 40a ( che precedeva la sospensione della partita- ormai purtroppo non più attuabile – o comunque una continuazione successiva a tempo normale dopo il primo controllo ) ; in questo modo nella stragrande maggioranza dei casi finisci con poco tempo per finire la partita ( molto meno di prima ,basta pensare alla cadenza dei magistrali degli anni ’90 che era 2hx40 + 1h x 20 +QPF di 15 o 30 minuti, per non andare ancora più indietro alle 2h30m x40mosse+sospensione+1h 20 mosse ).
              Ovvio che il fattore tempo sia diventato il più importante anche a tempo lungo.

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          INSALA' 30 Novembre 2013 at 15:34

          …Trovo approssimative le considerazioni fatte da Punta Arenas su Fischer.Due parole a proposito di certa “supponenza” da me percepita in alcuni post. L’elitarismo che emerge da queste cosidette “menti superiori” ha alla radice un’ostilità antropologica verso il metodo e la disciplina:l’ostilità che una tradizione vetero-umanistica (lirica, melodrammatica, nostalgica) nutre verso la scienza percepita-anzichè come una forma di cultura-come una mortificazione della cultura stessa.L’Italia è anche il paese di Galileo, Marconi, della Levi-Montalcini;ma vuole essere solo il paese di Verdi e di ‘O sole mio.Detto ciò, qualunque strada prenderanno gli scacchi non potranno deviare, pena lo snaturamento,dai suoi costituenti filosofici:costruire anzichè distruggere,anticipare anzichè aspettare, proporre anzichè rispondere.Gli scacchi come SPORT e come SPETTACOLO un giorno spariranno perchè travolti da una consunzione storico-antropologica ma il GIOCO degli scacchi, invece, non potrà mai svanire perchè è un’applicazione particolare di uno schema cognitivo, di un atteggiamento, di un’inclinazione naturale anche se in apparenza innaturale.Il principio che li muove può configurarsi nel mondo sub-atomico,nei batteri, negli anticorpi,persino-chissà- nelle dinamiche della porzione di Universo conosciuto:ovunque la materia si organizzi-a qualunque livello-per alimentare la vita delle forme;per dare una forma alla vita.

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            Renato Andreoli 30 Novembre 2013 at 20:13

            E così l’Italia sarebbe il paese di Verdi.
            Su cento persone che io conosco, ce ne sono forse tre che sanno che nel 2013 si celebra il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi (Busseto 10-10-1813); ma lo sanno perché gliel’ho detto io.
            Non so veramente come fai a vedere tutta questa prevalenza della cultura musicale su quella scientifica. Prendiamo le scuole superiori. Vi si insegnano la matematica, la fisica, la chimica, l’informatica ed ogni altra materia scientifica, a seconda dell’indirizzo. Ma le ore di musica sono zero! Perché è proprio la musica a non essere considerata cultura!
            Quanto a Rita Levi-Montalcini. Era una grandissima appassionata di musica. Adorava Bach, e – pensa te – scriveva pure delle canzoni. Era a tal punto appassionata di musica che, all’età di 98(!)anni, prese un volo per gli Emirati Arabi per assistere ad uno spettacolo di musica vetero-melodrammatica, mettendo in grave apprensione parenti, amici e perfino il governo che aveva bisogno del suo voto di fiducia in Senato.
            Vogliamo poi parlare di Galileo, che respirò musica per tutta la vita ed il cui padre era uno dei più eminenti musicisti del suo tempo e le cui composizioni per liuto si eseguono ancora oggi?!
            Ma basta, mi fermo qui, perché questi discorsi li ho già fatti e poi mi sembra di fare la guerra contro i mulini a vento.
            All’amico Franco Trabattoni vorrei invece rivolgere la preghiera di non mettermi in imbarazzo dandomi del dottissimo, perché io non ho nessuna competenza specifica in campo musicale; me ne interesso come ci si interessa di letteratura, di politica, di sport o di cinema.

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              INSALA' 30 Novembre 2013 at 20:43

              …detto in altre parole (e forse in modo più chiaro):il tema è la relazione tra scacchi, elitarismo e “menti superiori”. E, poi, ho fatto cenno alla tradizione VETERO-UMANISTICA…chi ha orecchie per intendere ha inteso tutti i sottintesi.

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              Franco Trabattoni 30 Novembre 2013 at 22:08

              D’accordo, naturalmente, caro Renato. Sarà perchè io di musica sono molto ignorante (prima di qualche sera fa di Scriabin conoscevo solo nome, cognome e professione), ma davveo ho avuto paura di dire una sciocchezza; e ho scritto quello che ho scritto senza un pelo di ironia (forse vale la pena di precisarlo, perché la parola scritta ha il grosso difetto di non concervare l’intonazione).

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          Franco Trabattoni 30 Novembre 2013 at 22:54

          C’è qualcos’altro che vorrei dire a Punta Arenas in merito al post qui sopra. Pur ribadendo (vedi qui sotto) che a mio parere si è trattato di un fraintedimento, conosco le posizioni del nostro amico su quello che lui chiama “elitarismo”, e devo dire che non sono sicuro di condividerle. Per spiegare quello che voglio dire bisognerebbe fare un discorso piuttosto articolato; e magari mi riservo di tornarci sopra in futuro. Per ora vorrei osservare solo un paio di cose: 1) Io non mi sentirei per niente offeso nel sapere che grandi campioni come Kramnik o Carlsen considerino il sottoscritto, scacchisticamente parlando, come il “Signor nessuno”. Poiché in rapporto a loro si tratta di una cosa vera, lo troverei semplicemente normale; 2) Se si decide di praticare uno sport a livello agonistico, si decide implicitamente di accettare i risultati sportivi delle proprie prestazioni, e le conseguenze pratiche che ne derivano. Tra cui, per quello che mi riguarda, c’è per esempio questa: Magnus Carlsen difficilmente prenderà mai un aereo dalla Norvegia per venire a Milano a giocare una partita con me. Se ne deve concludere che mi snobba, che è borioso o che si crede chissà che cosa?

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            Punta Arenas 1 Dicembre 2013 at 10:34

            Caro Franco,

            mi spiace se hai ritenuto “sopra le righe” quanto da me espresso nel post sopra, ma sinceramente non vedo dove.
            Forse c’è un equivoco là dove ho scritto “signor nessuno”.
            Ovviamente era un paradosso, proprio per far notare quanto sia ASSURDA la mentalità elitaria negli scacchi: so bene che sei stato tra i primi giocatori italiani, e conosco bene anche parecchie tue belle partite. Io ho solo fatto notare che giocatori ultra-elitari come Fischer (o coloro che idolatrano la “perfezione” dei computer) finiscono poi per distruggere i fondamenti del gioco, con la loro “filosofia” troppo competitiva: alla fine per queste persone contano solo le vittorie, i Campioni del mondo e i supercomputer, gli altri non sono nessuno, nemmeno i gm.
            Fosse per me, e l’ho scritto più volte, rivaluterei anche il gioco dei 2N, proprio perché una trentina d’anni fa in qualsiasi circolo erano stimati, erano pur sempre giocatori che avevano dimostrato almeno 2 volte di saper giocare a discreti livelli in competizioni agonistiche.
            Non solo, ho anche scritto che le maggiori opere scacchistiche, le più vendute in Italia (da quelle di Bagnoli a quelle di Cillo, Maurensig, ecc.) sono state scritte da giocatori che non erano ai massimi livelli agonistici, e però sapevano scrivere di scacchi molto meglio di tanti gm!
            Infine, ho anche scritto più volte che TUTTI, a qualunque livello (e non solo i gm o i Campioni del mondo) possono giocare (se l’avversario lo permette) combinazioni spettacolari, degne di figurare nelle antologie, come poi avviene, e questo andrebbe propagandato.
            QUINDI BEN LUNGI DA ME L’IDEA DI GIUDICARE I GIOCATORI PER ELO, RISULTATI, VITTORIE, ECC.

            Il problema è che oggi, quando un principiante qualsiasi prende una posizione di qualsiasi giocatore (anche i più forti), e la fa analizzare a Houdini, o Ribka, o Fritz, (senza nemmeno provare a pensarci con la sua testa), e se ne esce con il loro arido giudizio, con quei numeri criptici e irritanti (+ 4.30, -0.25, ecc.) con cui valutano le posizioni, e “sputa” il suo giudizio, con cui aridamente si giudica la fatica, gli sforzi, le mosse ingegnose, anche gli errori (perché no?) di tanti giocatori umani, alla fine che resta?
            Resta poco, anzi non resta nulla, perché l’umano diventa sempre più marginale, ogni anno sempre più “fallibile”.
            E infatti credo non sia un caso se pubblicazioni come l’Informatore (che un tempo era la “bibbia” del giocatore di torneo) stanno per chiudere: sempre meno persone sono interessate alle analisi “umane”, fossero anche quelle dei più forti gm.
            So bene che a questo punto tu penserai che questo è un problema di evoluzione tecnologica, e non di elitarismo.
            No!
            Ho già detto più volte che altri giochi della mente (tra cui la dama) sono stati “risolti” dai computer già da molti decenni, eppure riescono ancora ad appassionare moltissimi giocatori (e non voglio addentrarmi nella stucchevole polemica su quanti sono tesserati alla federazione della dama, o alla fsi), anche solo a livello conviviale, in famiglia, tra amici, prima ancora che nei tornei.

            GLI SCACCHI NO!

            E perché?

            Proprio perché la filosofia della “vittoria prima di tutto”, dell’elo e della categoria come “status symbol”, ecc., hanno finito per renderli ansiogeni, asociali, ostili, in una parola: SGRADEVOLI, alla maggior parte di quanti li hanno giocati.

            E’ inutile che ci giriamo attorno: nessuno può contestare il fatto che uno sport viene praticato o guardato non solo come “strumento di vittoria”, ma soprattutto perché piace, perché proietta un’immagine positiva, gradevole, ecc., attorno a se.

            E questo è il motivo per cui gli scacchi in occidente (in cui ha prevalso il messaggio ansiogeno, alla Fischer, in cui conta solo vincere e non divertirsi) dopo qualche decennio dal 1972 sono CROLLATI.

            Mentre invece, in RUSSIA, dove da oltre 150 anni sono sempre stati giocati e propagandati prima di tutto come GIOCO EDUCATIVO, FORMATIVO, SOCIALIZZANTE, POPOLARE, FAMILIARE, come ARTE E SCIENZA, ci sono MILIONI di appassionati, dai quali poi (per la legge dei grandi numeri!) vengono anche fuori gm e giocatori ai massimi livelli agonistici.

            QUESTO E’ IL PUNTO CHE IN ITALIA NON CAPISCONO!!

            Farò un esempio pratico, per dimostrare la superiorità dell’approccio “educativo” (scacchi = scienza o arte, prima che strumento di vittoria):

            Nel 2010 a Biel ebbi modo di vedere – e apprezzare molto – l’approccio alle partite di giocatrici russe come la KOSINTZEVA (che poi vinse il master, insieme a Riazantzev).

            Ebbene, mi colpì molto il modo assolutamente flemmatico, metodico, calmo e distaccato, con cui giocava: non guardava gli avversari, non si esaltava nelle posizioni favorevoli o vinte, né si innervosiva in quelle complicate o sfavorevoli.

            La Kosintzeva giocava come se stesse risolvendo un problema di MATEMATICA: aveva davanti a sé una serie di posizioni, e ogni volta doveva cercare di trovare le mosse migliori.
            Allo stesso modo con cui uno studente ad un esame di matematica, o fisica, ecc., deve risolvere in qualche ora una serie di quesiti e problemi.

            Si capiva che a lei non importava nulla di chi fosse il suo avversario, allo stesso modo in cui allo studente all’esame non importa nulla di chi sono i suoi colleghi, o i professori che hanno formulato quei problemi.

            E ovviamente a lei non importava nulla di “odiare l’avversario” (come raccomandava il povero Korcnoi), di “stritolare il suo ego” (Fischer) o altre frescate degne di frustrati.

            La sua concezione del gioco era/è molto scientifica, come quella di un Botvinnik, ad esempio.

            Ed è la concezione migliore, perché non soltanto porta a risparmiare energie (importante in un torneo di molte partite), ma anche ad evitare scariche di adrenalina che portano poi a deformare il giudizio delle posizioni e a commettere errori o vere e proprie cappellacce.

            Insomma, non potrei che raccomandare un approccio scientifico al gioco come quello delle scacchiste russe, perché non soltanto è il MIGLIORE, ma è anche il più produttivo ed educativo.

            Ma potrei anche raccomandare un approccio al gioco come quello del grande Tal, per cui gli scacchi erano prima di tutto ARTE: giocare una BELLA partita, indipendentemente dal fatto di vincerla o meno.

            E infatti, non a caso gli scacchi hanno attecchito in Russia, dove sono sempre stati visti come arte, scienza, educazione, e NON certo in Italia, dove sono sempre stati visti come strumento per sfogare delle frustrazioni, o per cercare di vincere ad ogni costo (anche comprando le partite!), pur di ottenere “la categoria”. (siccome in Italia il formalismo, il titolo: dott. ing. avv. ecc., conta più della sostanza)

            Questi sono fatti, non opinioni, i numeri lo dimostrano.

            Poi certo uno può trovare giocatori russi con la mentalità ansiogena e frustrata, vedi Korcnoi.

            Ma Korcnoi è proprio l’esempio PEGGIORE, il più NEGATIVO di quanto sia stupida e distruttiva la mentalità “iper-agonista”:

            Korcnoi ha ROVINATO dozzine delle partite che ha giocato, proprio con una serie di CAPPELLACCE dovute alla sua incapacità di restare calmo, e all’ansia divorante con cui ha sempre cercato di “odiare l’avversario”.

            Cappellacce da principiante: vedi il pezzo perso con Fischer a Curacao nel 1962, o la 17a partita buttata via con Karpov a Baguio nel 1978. O le tante cappelle con Kasparov, o quelle con Spassky (nel 1977 ai Candidati) che per poco lo riprendeva, o i matti con Petrosian.
            Me ne ricordo poi una (a Saint Vincent 2003) con Atalik, che lo distrusse psicologicamente, dopo la partita sembrava un morto che cammina.

            E non credo che ci abbia guadagnato molto anche quanto a salute: ha dovuto smettere nel 2012, perché colpito da ictus.
            Ecco come finisce uno che vuole sempre vincere e gioca per “distruggere l’avversario”.

            Distrugge sé stesso, e rende sgradevole anche il gioco.

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              Franco Trabattoni 1 Dicembre 2013 at 11:05

              Caro Punta Arenas, ora non ho tempo per commentare questo tuo lungo post. Tocchi molti problemi e citi anche molti fatti, ma non sono sicuro che la tua interpretazione sia sempre corretta. Io conoscevo abbastanza bene, ai miei tempi, la ex yugoslavia, che era forse il paese dove la conoscenza “popolare” degli scacchi era più diffusa. Ebbene, questa diffusione andava di pari passo con un agonismo e una competitività veramente accesi, comuni a tutti gli scacchisti di qualunque livello. Ma, come ti dico, il discorso sarebbe ora troppo lungo. Vorrei soltanto che tu sia d’accordo con me, alla luce delle mìe precisazioni, nel constatare che nel mio primo post, da cui si è generata la tua risposta, non c’era proprio nessuna allusione a questo tipo di problemi.

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              INSALA' 1 Dicembre 2013 at 13:38

              …i post di Punta Arenas sono i migliori da me letti su Soloscacchi in questi anni perchè scevri dal narcisismo intelletualoide e dall’autocompiacimento. Trasudano PASSIONE vera e genuina per il gioco e rigettano le artificiose sovrastrutture culturali che affiorano di tanto in tanto qua e là. A questo punto tocca alla Redazione dar loro dignità rendendoli fruibili a tutta la comunità scacchistica affinchè si possa dibattere in maniera franca e cristallina. E, per dirla tutta, mi sarei aspettato maggior perspicacia e tempestività.Tornando agli scacchi, alcuni hanno una visione distorta dell’agonismo; una visione utilitaristica che spesso e volentieri coincide con il cinismo.Soprassiedo nel considerare i danni che una simile visione provocherebbe se inculcata in un individuo in età pediatrica(sino ai 14-15).Punta Arenas ha ben comprovato il suo pensiero ma vi sono esempi degni di menzione nel calcio che, come tutti ben sanno fa del risultato l’unica ragion d’essere.Mi riferisco al Barcellona di Guardiola squadra che è riuscita a realizzare l’impossibile (per molti) ovvero la subordinazione del risultato al gioco. E’ definita giustamente la squadra(in senso lato) migliore di tutti i tempi perchè incarna l’UTOPIA realizzata:la coniugazione di gioco-arte-scienza alludendo alla fusione armonizzata di finezza tecnica e organizzazione tattica, di talento e disciplina ben descritta nel Teambuilding di Rinus Michels (uno dei più densi libri di calcio mai scritti)con la visione di artisti-scienziati come Antoni Gaudì,Dalì, Mirò passando per il remoto imprinting della regione acquitano-cantabrica,l’area della futura Catalogna teatro,tra 18 e 10000 anni fa, di invenzioni tecnologiche(coltelli,bulini,archi)e di emozionanti capolavori di pittura rupestre. Tanto è vero che sino ad un paio di anni fa nei pacchetti turistici artistico-culturali Catalani era prevista anche la visione di una partita del Barca al Camp Nou.Moltissimi esempi potrebbero esser citati per smontare brillantemente il concetto di agonismo visto solo ed esclusivamente come arena per gladiatori. Infine, una discrasia che è passata sottotraccia ai più:un animo capace di turbamenti per Scrjabin come può accettare l’oulomenos dell’agonismo scacchistico senza colpo ferire? E’ forse questo il segno rivelatore dell’elitarismo negli scacchi?

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                Franco Trabattoni 1 Dicembre 2013 at 15:29

                Anche se non sono nominato, le ultime cinque righe del post di insalà si riferiscono evidentemente a me. Per cui ecco i miei commenti. 1) Nel mio post del 29 novembre non si legge da nessuna parte che il soggetto dei “turbamenti per Scrjabin” fosse il sottoscritto; 2) In ogni caso, non vedo, né in traccia né in “sottotraccia”, dove stia il nesso. Non è forse vero che i nazisti si emozionavano per Wagner? 3) Non ho mai scritto che approvo l’agonismo acceso o esasperato; ho solo detto che non mi pare necessariamente incompatibie con la popolarità dello sport in questione; 4) trovo che l’agonismo negli scacchi (così come negli altri sport) sia una cosa del tutto naturale, e inerente al carattere competitivo (nel senso che si tratta di “competizioni”;) di queste attività. Del resto, in un mondo in cui tutto, a proposito e sproposito, viene vissuto come competizione (spesso anche spietata e pericolosa), mi pare ottimo che gli sport offrano delle innocue valvole di sfogo; 5) l’autore lamenta, come pare, il “narcisismo intellettualoide”, l'”autocompiacimento” e le “artificiose sovrastrutture culturali” che talvolta compaiono su SoloScacchi. Lascio naturalmente a ciascuno la libertà di farsi un’idea personale della prosa di Insalà; vorrei però segnalare almeno una cosa. Quanti di noi hanno capito che cosa significa “oulomenos”?

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                  Roberto Messa 1 Dicembre 2013 at 16:37

                  Io non l’ho capito, come non ho compreso molte altre cose che avete scritto ultimamente. Grazie comunque per avermi mosso la curiosità di andare ad ascoltare Scrjabin, a me qualsiasi cosa in cui c’è un pianoforte come minimo mi emoziona…

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                  INSALA' 1 Dicembre 2013 at 20:36

                  …sterili speculazioni ma in buona sostanza si tratta di non-risposte ( tra l’altro non richieste). Scontato e banale,poi, l’assalto con matita rossa e blu in resta. Ma la chicca è: “lascio naturalmente a ciascuno la libertà di farsi un’idea personale…”, ci mancherebbe!!! Infine, patetico il tentativo manipolatorio: SoloScacchi è un sito fantastico che frequento da anni come lettore. Apprezzo i contenuti in alcuni casi ad elevato tasso culturale.Altra cosa sono alcuni commentatori abituali tra i quali spicca il mio interlocutore a digiuno, pare, di greco antico (errore di sopravalutazione il mio!). Quindi i virgolettati vanno attribuiti ai legittimi proprietari! Stop.

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            Punta Arenas 3 Dicembre 2013 at 08:56

            Caro Franco,

            ti rispondo al volo a proposito dell’osservazione sul “signor nessuno”.
            Non credo proprio che sarebbe “normale” che Kramnik (che se non ricordo male prese un matto in una contro il computer nel 2004!) o lo stesso Carlsen giudichino un “signor nessuno” Franco Trabattoni, un MF che è stato anche tra i più forti giocatori italiani negli anni ’70 (quando l’elo non era inflazionato come ora, e quando 2350 valevano sicuramente un centinaio di punti in +, paragonati ad oggi).
            Quindi, la “forbice” tra te ai livelli migliori (non dico adesso che non giochi quasi più, ovviamente), e i “top” vicino ai 2800, obiettivamente non sarebbe arrivata nemmeno ai 400 punti.
            E come ben sai, ci sono CATERVE di partite perse da gm, o TOP GM, anche contro avversari che avevano anche 500 o 600 punti meno di loro!
            Una per tutte: la famosa partita Cardoso – Bronstein del 1958 a Portorose.

            Faccio notare che Bronstein , spocchiosamente, prima dell’inizio dell’Interzonale aveva rilasciato un’intervista in cui diceva che alcuni partecipanti all’Izt non meritavano (per il basso livello) di fare parte del gruppo di sfidanti al titolo mondiale.

            Ebbene, il pallone gonfiato, che si riteneva chissà chi, in quanto vice Campione del mondo, fu sgonfiato e MASSACRATO da Cardoso, il cui valore allora era appunto quello di un buon MF, ben lontano dalle “vette” dei TOP gm, di cui Bronstein faceva parte.
            La famosissima mossa di Cardoso, 42. Cxg5!, con cui mise la parola fine sia alla partita, che a TUTTE le ambizioni mondiali di Bronstein, resterà per sempre scolpita nella memoria di TUTTI gli scacchisti, anche come MONITO ai signori super GM a NON TIRARSELA troppo, perché la cappella (o la brutta partita) è sempre lì in agguato, per chiunque e contro chiunque.
            Ma potrei anche menzionare altre partite, tra cui (sempre un filippino di mezzo!) quella di Fischer contro Naranja, che Fischer pattò in posizione persa per il rotto della cuffia a Palma di Maiorca 1970, quando già era di una spanna sopra tutti.
            Sopra tutti, ma non abbastanza per non rischiare di perdere da un “fanalino di coda”, e pattò anche con l’ultimo in classifica ,Jimenez (un buon maestro locale), che non aveva fatto manco 1/3 dei suoi punti a quel torneo!
            Né il fatto di essere al top e già vice-Campione del mondo, nell’autunno 1971 (dopo aver battuto Petrosian) aveva impedito a Fischer di perdere in simultanea, COL BIANCO, in appena 15 mosse (!) contro un ragazzino argentino: Carlos Garcia Palermo, che aveva appena 15 anni, e sicuramente per quanto già promettente non era certo a livello di un Bobby Fischer formato 1971!

            Ovviamente, per la legge dei grandi numeri, è pur sempre una % marginale di partite, in cui chi ha 400-500 punti in meno batte un grande campione, eppure ogni tanto succede!
            E non hanno ancora inventato il “vaccino” che preservi i top-gm da queste “sorprese”.
            E sul fatto che Carlsen non voglia “prendere l’aereo” per venire a Milano per giocare contro Franco Trabattoni, sinceramente mi meraviglia questa affermazione, perché in realtà potrebbe accadere anche domani!
            Se Carlsen partecipasse ad un open internazionale – come è abitudine anche per top GM – non dico a Milano (che non ne organizza da tempo immemorabile), ma in località che lo avevano già organizzato (vedi Saint Vincent, dove tra l’altro Carlsen aveva già giocato nel 2003, da ragazzino), ebbene al primo turno potrebbe “pescare” proprio giocatori di livello 2350 (al top della “side B” del tabellone), e quindi ci sarebbe una partita tra un 2860 come Carlsen, ed un 2350 o giù di lì.
            Che poi i Campioni del mondo oggi preferiscano non “rischiare” di giocare contro “sconosciuti” nei grandi open, questo è un altro paio di maniche, ma sicuramente un TOP GM a livello 2800 come Caruana gli open li gioca ancora (vedi Reykjavík, ecc.).
            Quindi mi stupisco della tua eccessiva modestia.
            Infine, mi permetto solo di osservare che in realtà anche super campioni assoluti di ogni epoca, come Fischer e Alekhine, studiavano a fondo anche le partite di giocatori da bar o da circolo, perché questo forniva loro nuove idee, che poi perfezionavano.
            Quindi credo che anche questo problema vada attentamente valutato: credo che una grande lezione educativa degli scacchi sia proprio quella che poi il nostro Alessio De Santis ha sintetizzato nelle parole: “tutti possono battere tutti”, per lo meno in una singola partita.
            Insomma, per usare un altro motto: “rispetto di tutti, paura di nessuno!”
            Un saluto.

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              Punta Arenas 3 Dicembre 2013 at 09:12

              Puzzoni (1970)-Miladinovic (2611) (gap = 641 punti)

              A proposito di partite famose, vinte dal giocatore sulla carta “più debole”, ce n’è una molto più recente (2004) che resterà ad imperitura memoria di tutti, eccola:

              1 e4 c5
              2 Cf3 Cc6
              3 b4 cxb4
              4 d4 d5
              5 e5 Ag4
              6 Ae2 e6
              7 a3 Axf3
              8 Axf3 Db6
              9 Ae3 bxa3
              10 0-0 Db2
              11 Cd2 Cxd4
              12 c4! Cxf3
              13 Cxf3 Db4
              14 cxd5 exd5
              15 Tb1 Dc4
              16 e6! fxe6
              17 Ce5 Da6
              18 Dh5+ g6
              19 Df3 Ce7
              20 Df7+ Rd8
              21Tb6!! axb6
              22 Dxe6 Rc7
              23 Txc1+ 1-0

              Così, tanto per ricordare…

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                INSALA' 3 Dicembre 2013 at 15:28

                …fluida ed armoniosa la visione degli scacchi e della vita di Punta Arenas. Seneca affermava “senza un avversario la virtù marcisce”…la profondità di pensiero di Punta Arenas si sposa perfettamentte con queste sagge parole.P.S. il MINIMAX illustrato nelle opere dell’ottimo MI De Sanctis mal si concilia con la cultura del gioco,ovviamente a mio avviso.

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              fds 3 Dicembre 2013 at 09:39

              Senza affatto entrare nel merito della discussione, ritengo che l’affermazione sull’Elo inflazionato non sia da considerare acclarata e dimostrata.

              A fronte di studi che la supportano ve ne sono altri che non lo fanno, anzi.
              Trattasi di questione aperta e in rete si trova materiale per supportare l’una o l’altra tesi.

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                fds 3 Dicembre 2013 at 09:50
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                  Punta Arenas 3 Dicembre 2013 at 18:06

                  Eppure “l’ inflazione dell’elo” è un fatto matematico indiscutibile, e facilmente dimostrabile.
                  Deriva dall’aumento di tornei, partite e giocatori di alto livello, soprattutto a partire dagli anni ’90, quando moltissimi gm dell’Est hanno potuto viaggiare liberamente e giocare contro gli occidentali, favorendo anche la crescita dei loro punteggi.
                  E’ facilmente dimostrabile, semplicemente prendendo i giocatori più forti IN ASCESA verso fine anni ’80, inizio anni ’90 (inutile prendere gli ”anziani”, o quelli in declino: Portisch, Andersson, Korcnoi, Tal, Spassky, ecc.) , e confrontando i loro punteggi più alti di allora, con quelli massimi raggiunti DOPO IL 2000.
                  Lo studio che hai allegato (Regan, Macieja, Haworth) è SBAGLIATO metodologicamente, perché NON ha per nulla analizzato L’IMPATTO INFLATTIVO della APERTURA DELLE FRONTIERE DELL’EST, dopo il 1990, e quindi l’impatto di crescita dei punteggi dei gm dell’est a contatto con gli occidentali e viceversa (anche gli occidentali sono poi cresciuti di punteggio: se prima del 1990 un cm come Puzzoni non poteva giocare con gm da 2600 come Miladinovic, e batterli, poi è potuto accadere), che PRIMA DEL 1990 non era possibile, oltre all’aumento del numero di tornei e partite.
                  E ciò si può vedere solo analizzando quanto ciò è stato importante per molti gm, che prima nemmeno arrivavano a 2600, a volte.
                  E allora, Kasparov aveva in media , dal 1985 al 1990, punteggi attorno a 2750 (“solo” 2735 quando si era già confermato Campione del mondo nel 1986). Una quindicina d’anni dopo raggiunse i 2856!
                  Ivanchuck, nel 1989 (aveva già 20 anni ed era fortissimo!) aveva “solo” 2660, negli ultimi anni ha toccato i 2790, oltre 130 punti in più!
                  Anand, nel 1989 aveva 18 anni ed era a livello di Campione del mondo juniores. Eppure aveva “solo” 2555 di elo, ma poi ha raggiunto i 2820. (+ 265)
                  Oggi gli juniores sopra 2555 sono ben 30
                  http://ratings.fide.com/top.phtml?list=juniors
                  Adams nel 1989 arrivava appena a 2505 (anche lui era attorno ai 18 anni e già fortissimo), poi è arrivato a 2755 nel 2000.
                  Gelfand (classe 1968) nel 1989 a 21 anni non arrivava neppure ai 2600, “solo” 2590.
                  Anche lui negli ultimi anni ha potuto beneficiare dell’inflazione, e quest’anno è arrivato a 2777 (+ 187)
                  Kramnik (classe 1975): nel 1994, a 19 anni aveva un elo di 2679 ed era 9° al mondo, negli anni “post 2000” è salito anche lui, a 2812 = 133 punti guadagnati.
                  E SONO LE STESSE PERSONE DI PRIMA!! Kasparov, Ivanchuk, Anand, Adams, Gelfand, Kramnik, ecc., prima della metà dei ’90 e seguenti non ottenevano i punteggi che hanno ottenuto dopo manco a fare i salti mortali!!
                  Oggi c’è una quantità di giovani gm (alcuni poco conosciuti fuori dai confini nazionali) attorno a 2600 punti, 25 anni fa non c’era quasi nessuno.
                  Ma il conto è presto fatto.
                  Nella lista elo del gennaio 1979, ad esempio, c’era solo un giocatore sopra i 2700: Karpov (2705).
                  E appena 11 giocatori sotto di lui (Korcnoi, Portisch, Spassky, Polugaevsky, Timman, Larsen, Mecking, Tal, Petrosian, Balashov, Hort) erano nella fascia 2600/2699!
                  Oggi nella fascia 2600 – 2699 abbiamo 194 giocatori
                  http://ratings.fide.com/advaction.phtml?idcode=&name=&title=&other_title=&country=%25&sex=&srating=2600&erating=2699&birthday=&radio=name&line=asc
                  quasi 18 VOLTE rispetto allora!
                  Inoltre: nel 1974, quando Mariotti divenne gm, solo un centinaio possedevano il titolo, oggi sono oltre 1300. E’ assolutamente falso e offensivo per i giocatori dei “vecchi tempi” farli passare quasi per “mezzi scemi”, e per “geni” quelli ai massimi livelli attuali.
                  Le cappelle le fanno oggi (vedi Anand con Carlsen nell’ultima partita) come allora, nonostante la risibile affermazione di Regan & C., secondo cui i computer avrebbero alzato chissà quanto il livello. Sicuramente hanno elevato il bagaglio di conoscenze disponibili (finali, aperture, ecc.), ma non certo la qualità di gioco ai massimi livelli!
                  Quindi è innegabile e inevitabile che vi sia stata inflazione nei punteggi e nei titoli, aumentando il numero di giocatori con punteggio alto in circolazione dagli anni ‘90 e di partite giocate da ciascuno di loro, così come è inevitabile che i prezzi aumentino, se immetti nuova moneta (cartacea e/o creditizia) nel sistema economico. La crescita di partite giocate nei tornei di scacchi, anno dopo anno, è l’equivalente della crescita della massa monetaria in un sistema economico. Entrambe generano inflazione (di prezzi e di punteggi).

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          Сиби́рь 1 Dicembre 2013 at 11:44

          Sento spesso dire che la crisi economica e la mancanza di fondi nei tornei distolgano l’interesse di molti potenziali appassionati al gioco.
          Ma ad esempio nella vecchia URSS la stragrande maggioranza degli agonisti (dall’amatore a molti fortissimi giocatori che non hanno mai varcato la cortina di ferro ) non hanno mai realmente guadagnato nulla dal gioco ( tranne i pochissimi di vertice , che comunque in ogni caso avevano ben poche soddisfazioni finanziarie ), se non il prestigio di avere giocato una bella partita e magari di avere sconfitto un giocatore molto più forte di loro (ma in ogni caso rispettato sempre e comunque ).

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            Franco Trabattoni 1 Dicembre 2013 at 21:55

            Questo Insalà è proprio un lettore disattento. La frase Quanti di noi hanno capito che cosa significa “oulomenos?” è una domanda, non un’asserzione di senso negativo. Io ovviamente so che cosa significa “oulomenos”. Ma usare un termine del genere in un blog scacchistico è un indubbio segnale dell’atteggiamento che lo stesso Insalà ha stigmatizzato nelle sue frasi che ho messo tra virgolette. Dunque rimando senz’altro l’accusa al mittente, dal momento che io non mi sono mai premesso di usare in questo sito espressioni così ricercate. In ogni caso, e per chiudere: credo che continuare pubblicamente questa diatriba non interessi a nessuno dei nostri lettori. Ma sono disponibile a proseguire la discussione privatamente, se il mio interlocutore lo desidera. Però con nome e cognome. Il mio idirizzo mail è franco.trabattonichiocciolaunimi.it.

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              alfredo 2 Dicembre 2013 at 19:47

              Penso che chiunque abbia fatto studi classici appena discreti non abbia difficoltà a tradurre “oulomenos”
              non vedo però l’importanza di utilizzare un termine greco al posto dell’ italiano ” dannoso” che rende benissimo l’idea ?
              il parlar difficile non è certo parlar colto .
              un po’ di tempo fa parlai del discorso di commiato che Massimo Cacciari fece all’amico storico e critico dell’architettura Manfredo Tafuri ( che poi l’amico Jas riusci’ anche a scovare )
              io lo sentii ” dal vivo” . era tutto una citazione , un parlare difficile di cui non capii nulla .
              anch’io ho invitato Insalà a un colloquio – dibattito sulle neroscienze , ambito in cui penso di avere una discreta preparazione .
              se lo vuole gli amici di soloscacchi hanno tutti i miei recapiti
              a presto

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                INSALA' 3 Dicembre 2013 at 15:42

                …Caro Alfredo il tuo post va a smentire clamorosamente chi ha sostenuto la “ricercatezza” del mio linguaggio.Non amo i dialoghi privati semplicemente perchè non vi sono segreti da custodire ma conoscenze ed esperienze da condividere.Quindi, contrariamente ad altri amo confrontarmi pubblicamente alla luce del sole.Alla prossima.

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                  alfredo 3 Dicembre 2013 at 16:52

                  Caro Insalà . va bene .
                  ma il dialogo sarebbe molto piu’ interessante se una persona si presentasse con il proprio nome e la propria faccia .
                  credo .
                  il mio post non era nulla di particolare .
                  semplicemente non vedevo la necessità di inserire un termine greco antico quando ce ne sono a disposizioni di italiani.
                  lo stesso vale per molti ” inglesismi che infestano il linguaggio di molti .
                  alla prossima .

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      Jas Fasola 27 Novembre 2013 at 14:57

      Gia’ una quindicina di anni fa (quando arrivo’ TWIC) iniziarono i problemi per l’Italia Scacchistica (e anche per le altre riviste). Poi da qualche anno ed esattamente da quando e’ apparso SoloScacchi gli scacchisti italiani hanno deciso di dedicare il loro tempo a leggere di scacchi su internet e non sulla carta stampata 😉

  16. avatar
    alfredo 27 Novembre 2013 at 16:28

    purtroppo è cosi’
    ma vuoi mettere , cao Jas , il fascino dellabuona vecchia carta stampata ?
    il piacere di rilegare le annate e sfogliarle magari 40 anni dopo ?
    comunque tanti auguri a Luciani!

    • avatar
      Jas Fasola 27 Novembre 2013 at 16:31

      mi associo!! 😀

  17. avatar
    Marramaquìs 27 Novembre 2013 at 20:07

    Per tutti gli Elologi (o Elofagi? o Elomani?): Nakamura batte Kramnik e lo scavalca in Elo (terzo-quarto).

  18. avatar
    depamas 28 Novembre 2013 at 20:51

    A conferma di quanto già scritto sopra dal M.I. Messa, vi posto di seguito i link di alcune partite “giovanili” (tutte miniature!) di Carlsen che a me non sembrano affatto soporifere ! E’ ovvio che quando poi giochi nell’Olimpo dei Super-GM, non puoi più permetterti un gioco così “vacanziero” (beh, vacanziero si fa per dire, considerato pure il consistente ELO degli avversari di Magnus in tali partite :mrgreen: ). Ricordiamoci che anche Kasparov – come Alekhine vs Capablanca – si diede una bella “calmata” negli incontri per il mondiale contro Karpov!

    http://www.chessgames.com/perl/chessgame?gid=1274856

    http://www.chessgames.com/perl/chessgame?gid=1500231

    http://www.chessgames.com/perl/chessgame?gid=1269885

    http://www.chessgames.com/perl/chessgame?gid=1315455

    depamas

  19. avatar
    Renato Andreoli 29 Novembre 2013 at 09:48

    Poco fa nella trasmissione “Pagina3” di Radio3 è stato segnalato il seguente articolo, pubblicato su ilBo, giornale dell’università di Padova, e ne sono stati letti alcuni stralci.
    Qui Antonio Rosino sembra giustificare la propria antipatia nei confronti di Magnus Carlsen dal fatto di prendere sul serio l’intervista scherzosa rilasciata a Janis Nisii.
    http://www.unipd.it/ilbo/content/di-scacchi-cultura-scuola-e-altro-ancora

  20. avatar
    fds 3 Dicembre 2013 at 19:24

    Per Punta Arenas.
    Scrivo qui in basso perché c’è più spazio.

    A dirla tutta, la sensazione è che l’Elo negli anni si è gonfiato. Ciò può essere empiricamente visualizzato sapendo che la distribuzione del rating in funzione del numero di giocatori forma una gaussiana, ai cui estremi vi sono i rating molto bassi e molto alti. Va da se che aumentando il numero di giocatori in lista, fenomeno favorito anche dal costante diminuire della soglia di entrata in lista, la gaussiana si “dilata” come un palloncino, abbracciando valori di rating che 20 anni fa nessuno aveva raggiunto.

    Ma ciò è speculativo. Appunto perché la faccenda Elo/inflazione è un fatto matematico-statistico, da parte degli esperti è (sarebbe) dovuta una dimostrazione inequivocabile, che al momento manca.

    Sonas, che è stato il primo a trattare analiticamente la faccenda, e forse neppure in maniera disinteressata perché propone un altro sistema di valutazione, alternativo all’Elo, in altro lavoro:
    http://en.chessbase.com/post/sonas-overall-review-of-the-fide-rating-system-220813 conclude con “And I also know that I have barely scratched the surface of the very important topic of rating inflation. In the next installments of this series of articles, I will delve deeper into these two questions.”
    Quindi ammette di aver solo scalfitto la superfice, e si riserva di approfondire.

    D’altra parte Regan e Haworth http://www.cse.buffalo.edu/~regan/papers/pdf/ReHa11c.pdf
    rilanciano con “there has been little or no ‘inflation’ in ratings over time — if anything there has been deflation”, addirittura parlano di deflazione!

    • avatar
      Punta Arenas 4 Dicembre 2013 at 08:56

      @fds

      A me sembra che la dimostrazione INEQUIVOCABILE (per citare le tue parole) sia stata appunto quella che TUTTI hanno potuto constatare da inizio-metà anni ’90 in poi e che ho riportato sopra: anche giocatori top e nel pieno della loro forza agonistica come Kasparov, Anand, Gelfand, Adams, Kramnik, Ivanchuk, (per citare solo i più noti), che prima degli anni ’90 NON riuscivano mai a superare l’asticella dei 2700 (Ivanchuk, Kramnik, Gelfand) o addirittura i 2600 (Adams), pur vincendo parecchi tornei, poi hanno raggiunto – dopo il 2000 – vette attorno ai 2750 – 2800!

      E lo stesso Kasparov, dal 1985 al 1993, per ben 8 lunghi anni, pur essendo il PIU’ FORTE in assoluto, nel pieno della maturità agonistica (dai 22 ai 30 anni), e pur vincendo praticamente TUTTI i tornei cui prendeva parte, era sempre ad un livello medio attorno ai 2750 punti (ed era quasi un “abisso” rispetto a tutti, a parte Karpov).

      Ebbene, Kasparov ha incrementato il suo rating di oltre un centinaio di punti, fino ai 2856, SOLO nel 2000, quando l’inflazione di giocatori top con rating altissimi era già notevole, rispetto al 1986, quando era “solo” a 2735.0

      MA ERA SEMPRE LO STESSO GIOCATORE!

      Che poi ci siano “studi” di persone che negano ciò (e che però si guardano bene dall’analizzare l’evoluzione dei rating con criteri più rigorosi), non mi stupisce affatto.
      Ci sono “studi” di persone che vogliono ancora oggi dimostrare che esiste “l’etere cosmico”, o simili.
      Tu poi citi Sonas, ed il fatto che si riserva di approfondire il problema dell’inflazione.
      VERO! Ma ovviamente questo non significa che abbia dubbi sul fatto che l’inflazione da elo esista!
      Ciò che Sonas vorrebbe fare è – come suo tipico approccio di ricerca – calcolare meglio e concretamente QUANTO l’inflazione da elo incida, nelle varie epoche recenti.
      In altre parole, la preoccupazione attuale di Sonas è: “vediamo di quanto i rating di Kasparov, o di Carlsen, o di Ivanchuk, ecc., sono stati influenzati dall’inflazione da elo”.

      Perché poi si tratta anche di stabilire, in concreto, e trovando anche coefficienti matematici (e non è semplice), di quanto il Kasparov che ha giocato a – poniamo – Linares nel 1994 ha beneficiato dell’inflazione da elo rispetto a se stesso quando ha giocato con molti di quegli stessi giocatori 5 anni prima al torneo di Barcellona 1989.

      Ma questo non significa certo che Sonas abbia dubbi sul fatto che l’inflazione da elo esista, anzi!

      Soltanto che ancora non si sono trovati criteri matematici e operativi per stabilire QUANTO incid0a, giocatore per giocatore.

      E peraltro, è un fatto piuttosto deprecabile, ed evidente, che non pochi top players, dei primi 10-15, ormai giochino quasi sempre tra di loro, evitando spesso di affrontare giocatori con rating tra i 2600-2700, o inferiori, che pure potrebbero impensierirli, e “sgonfiare” i loro punteggi.

      Anche questo non va bene, e contribuisce a togliere interesse agli scacchi.
      Mi fa venire in mente il paradosso degli scacchisti carcerati (che mi pare fu davvero verificato).
      Se si prende un gruppo di giocatori (ad esempio 10-12) e li si fa giocare sempre e solo tra di loro, per anni, alla fine è possibile che il più forte di loro – se il divario di forza con gli altri è troppo alto – raggiunga livelli di elo attorno a 3000 oppure oltre!

      Ma avrebbe valore tale rating?

      Ovviamente no! Così come non aveva valore “reale” il famoso 2700 di Ricca di fine anni ’90, anzi Ricca seppe con intelligenza ed ironia dimostrare quanto fosse relativo, imperfetto ed approssimativo il sistema elo.

      Quindi, non solo l’inflazione da elo esiste, ma purtroppo c’è di peggio, ad esempio il fatto che molti straordinari giocatori, quando le categorie NON erano inflazionate, furono privati del titolo di GM pur meritandolo appieno!
      Purtroppo molti di loro (soprattutto occidentali), pur giocando molto, e pur vincendo parecchi tornei, non riuscivano mai ad incontrare un numero sufficiente di GM per fare le norme, malgrado spesso li battessero le rare volte in cui li incontravano.

      Anche questa è un’ingiustizia storica, e una cosa molto triste.

  21. avatar
    Mongo 5 Dicembre 2013 at 18:09

    E si riaccende una speranzina di vedere Caruana al prossimo torneo dei candidati: http://www.livemint.com/Consumer/Nj7qX88ap33S6aEef7fg4H/I-dont-think-Anand-is-favourite-to-become-the-challenger-M.html
    😎

  22. avatar
    alfredo 15 Dicembre 2013 at 17:07

    molto bello …

  23. avatar
    Roberto Messa 8 Gennaio 2014 at 16:37

    Mi segnalano su repubblica.it questo servizio: “quando lo scacchista è da copertina”

    http://www.repubblica.it/sport/2014/01/08/foto/magnus_carlsen_quando_lo_scacchista_da_copertina-75405879/1/?ref=HRESS-4#9

  24. avatar
    alfredo 8 Gennaio 2014 at 17:06

    lo stavo segnalando io !!!
    Giustamente T e C compare tra le riviste piu’ prestigiose al mondo 😉

  25. avatar
    Mongo 8 Gennaio 2014 at 23:30

    Secondo me la copertina con Magnus più bella è quella di’Torre $ Cavallo – Scacco!’ del maggio 2013. 😎

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