Il torneo internazionale della città asturiana di Gijón del 1944 fu il quintultimo torneo internazionale cui partecipò il grande Alekhine. Forse il ricordo di questa sua impresa non sarebbe stata ricordata con tanta attenzione se non fosse stata per la comparsa fra i partecipanti di un ragazzino dal nome Arturo Pomar.
Arturito – come venne chiamato dopo questa straordinaria impresa – aveva appena tredici anni, conquistò la patta dopo una durissima battaglia di 71(!) mosse contro il grande Gampione del Mondo. Egli addirittura mancò per un pelo la vittoria alla 59a mossa (59… Ta8 o 59… Tf2, per esempio). Ecco la storica partita:
Per favore, non sperate che vostro figlio nasca enfant prodige. La sorte che la vita riserva a questi fenomeni à assai triste. Arturo, assurto agli onori della cronaca scacchistica con ben sette titoli di campione e il titolo di Grande Maestro a trent’anni, venne condannato a diventare il solito fenomeno da baraccone, sfruttato da tutti: dai genitori come fonte di guadagno proveniente da impegni torneistici e di simultanee, dal regime che vedeva in lui una dimostrazione della superiorità della mente spagnola e, infine, da lui stesso che divenne schiavo del mestiere che dava da vivere alla sua famiglia di numerosi figli. Il peso di tante responsabilità non poteva non avere conseguenze sulla sua salute mentale e, quando lo conobbi io, già se ne riscontravano i segnali sotto forma di momenti di smarrimento. Gli scacchi divennero per lui una astrazione dalla realtà, comoda per guardare il mondo senza averne paura, sicuro di non perdere mai la protezione e la solidarietà che tutti gli appassionati scacchisti spagnoli gli tributano fino ad oggi in ricordo delle sue imprese.
Persona di statura piccola, precocemente calvo e gentile nei contatti con il prossimo, silenzioso e di pochissime parole, quando gli rivolgevo la parola mi guardava con lo sguardo di un fanciullo che aspetta solo cose buone. La sua vivacità emergeva durante l’esame della partita, quando si lanciava con entusiasmo nel suo mondo, l’unico che aveva un significato importante. È così che io lo ricordo incontrandolo nella decina di partite giocate.
“Per favore, non sperate che vostro figlio nasca enfant prodige. La sorte che la vita riserva a questi fenomeni à assai triste. etc. etc…” da far leggere a qualche genitore.
anche a qualche figlio 😉
forse sopratutto ai figli visti i tempi, oserei dire. magari sbagliando, penso però che non avrebbero la maturità per capirlo, o meglio l’umiltà.
…. non sperate che vostro figlio nasca enfant prodige.
uhm argomento difficile….e delicato…
se hai un figlio che ha qualità, se e’ enfant prodige…non e’ colpa sua…
ma non puo’ ignorarlo o tirarsi indietro..
e’ come una calamita e ti senti dentro una voce “non posso fare che questo” pur sapendo i rischi di insuccesso, i dubbi di aver buttato via tempo e fatica…
ma non farlo e’ peggio. vivere tutta la vita col rimpianto? “…ci avessi provato…” il rimpianto porta a frustrazioni enormi, no, meglio dire almeno c’ho provato’…anche se avevo tanta paura
🙁
Semplicemente, grazie a Stefano Tatai per il bell’articolo.
I tempi sono cambiati, per fortuna. Non mi sembra che i vari Carlsen, Caruana, Giri e Karjakin se la passino tanto male.