La Porteuse d’Eau

Scritto da:  | 14 Gennaio 2014 | 16 Commenti | Categoria: Racconti

La Porteuse d'eau 1

Negli ultimi quindici anni ho avuto occasione di soggiornare a Bruxelles molte volte. Pur riconoscendo che non possiede certo il fascino e la storia di molte città europee, nel tempo ho imparato ad apprezzarne la variegata personalità. Nasconde molte sfaccettature, tipiche di una città composita, non omogenea ma costituita da un agglomerato di diversi Comuni, ognuno con la sua impronta. Passeggiando, si può passare facilmente da zone eleganti a quartieri popolari, da aree moderne frequentate da scurovestiti burocrati europei a decadenti strade con variopinti odori e colori africani.

La natura del Belgio, Regno di cerniera tra la cultura francese e quella fiamminga, che sembrano convivere sulla base di una reciproca sopportazione, si riflette probabilmente in una certa mentalità “bipolare” dei suoi abitanti, che oscilla tra grigio conformismo e originalità, tra pragmatismo burocratico e ideali europeisti, tra birre d’abbazia e cioccolato, tra gauffres e Speculoos, tra moules-frites e carbonade, tra façadisme e bruxellisation.

Bruxelles è soprattutto la città per eccellenza del surrealismo e dell’arte fumettistica, dove si può viaggiare in pochi minuti dai murales d’autore ai Musei d’Arte e da Tin Tin a Magritte. Magritte, ah Magritte… un artista tra i miei preferiti e una delle poche personalità belghe (sportivi esclusi) che io sia in grado di ricordare senza particolari sforzi. Era raffinato e popolare allo stesso tempo, e le sue opere sono godibili senza un particolare bisogno di cultura artistica, nonostante contengano invenzioni e modalità espressive profonde. Era, oltretutto, un appassionato scacchista in una nazione che non ha mai espresso grandi nomi. A parte Edgar Colle negli anni ’20, ricordo solamente Koltanowsky e O’Kelly, questi ultimi forse più per le loro attività a latere (promotore-organizzatore di eventi il primo, arbitro internazionale il secondo) che per i risultati agonistici.

Da qualche tempo mi ha cominciato incuriosire molto l’idea di cercare qualche luogo di tradizione scacchistica a Bruxelles, per trovare qualcosa dell’atmosfera del secolo scorso, quando artisti e appassionati incrociavano i pezzi nei locali pubblici.

Una sera, nonostante il classico tempo belga non proprio invitante, sono passato al “Greenwich” in rue des Chartreux. Avevo letto che in questo locale storico degli scacchi nella capitale belga, oltre a Magritte fosse passato addirittura Fischer a giocare qualche partita in libertà. La risposta del cameriere alle mie domande era stata cortese ma non quella che speravo: “No, monsieur, non si gioca più a scacchi qui. Da qualche anno, ormai.” Il locale, ben ristrutturato, era sì molto affascinante, ma senza gli scacchi rimaneva solamente una elegante brasserie in stile Art Nouveau.

In un’altra occasione sono stato al “La Fleur au Papier Doré” in Rue des Alexiens, un delizioso e piccolo locale dove Magritte era solito riunirsi con il suo gruppo di amici, artisti e non.

La Porteuse d'eau 2

L’ambiente era ricco di memorabilia, quadri, iscrizioni (una fra tutte la scritta “Nul ne m’estétranger comme moi-même”) e quant’altro possa rendere felice un appassionato di quel periodo artistico e culturale. C’erano alcune belle foto di gruppo con Magritte, ma di scacchi neanche l’ombra. Non avevano saputo neppure dirmi se Magritte, in quel locale, ci venisse davvero a giocare o solo per parlare con gli amici.

Insomma, scacchisticamente parlando, i risultati delle mie ricerche stavano ancora a zero. Poi, ho conosciuto la Porteuse d’Eau. E questo è il racconto del nostro primo incontro.

Oggi il cielo, come capita di rado a Bruxelles, si è pulito dalle solite nuvole grigie e si è aperto a un celeste squillante. Mi avvio verso gli uffici della Commissione Europea con un buon umore che mi accompagna per tutta la giornata. Rientrando, parlo col mio amico Gary della personale ricerca di storia e atmosfere scacchistiche in città e degli scarsi risultati raggiunti fino ad ora.

Conosco Gary da anni e una delle sue migliori qualità è l’entusiasmo che mette in qualunque cosa faccia. Decide in un istante di affiancarmi in questa avventura e, vivendo da tempo a Bruxelles, prepara velocemente un piano per il tardo pomeriggio e la serata: passeggiata verso Saint-Gilles, birra in un locale che descrive solamente come “Ti piacerà, sono sicuro” e poi cena in un piccolo ristorante a menù fisso e birra artigianale libera.

Usciamo che c’è ancora una bella luce e ci muoviamo da Avenue Louise verso Saint-Gilles. A Bruxelles, mi spiega Gary, è rimasta una forte impronta Art Nouveau e, tra vie grigie e dimesse, si trovano case e particolari decorativi bellissimi. Stiamo andando in una zona dove lavorarono gli architetti Art Nouveau Horta e Hankar e che di recente ha visto qualche bella iniziativa di riqualificazione urbana per valorizzarla e distinguerla dalla brutta area attorno alla Gare de Midi.

Mentre parliamo, costeggiamo una cancellata al cui termine Gary svolta a destra verso il piccolo parco Pierre Paulus, che splende sotto il sole con i suoi alberi e prati nascosti dietro monotoni palazzi grigi e marroni. Un respiro di vitalità che non mi aspettavo, ricco di bambini che giocano (ci sono anche bambini a Bruxelles?) e colorano il parco con le loro voci.

La Porteuse d'eau 3

Gary continua a parlarmi di Saint-Gilles mentre mi guida rapidamente lungo i sentieri verso un’uscita che ci riporterà, immagino, in un’altra strada anonima. Invece, appena svoltato un angolo, arriviamo in una piazza stretta e lunga, illuminata dal sole basso, dove non ci sono auto, ma tavoli all’aperto, fiori e una inaspettata atmosfera di lentezza paesana. “Parvis de Saint Gilles” mi dice Gary. Mi guardo attorno per scegliere il miglior posto dove fermarci a prendere la birra che mi aveva promesso, ma lui mi fa cenno di proseguire e lasciare la piazza sfilando a destra l’omonima chiesa in direzione della Porte da Hal. Dopo poco arriviamo all’ingresso di un locale chiamato “La Porteuse d’Eau”, posto all’angolo di un elegante palazzo in Avenue Jean Volders. E’ un locale il cui nome, mi spiega Gary, si riferisce alla statua che ornava la fontana al centro della piazza dove era posta L’ancienne barrière de Saint-Gilles.

Come immaginavo, il locale è chiaramente in stile Art Nouveau; non opulento come il “Greenwich” né ricco di arredamenti come “La Fleur au Papier Doré”, ma comunque decorato con gusto con pitture murali e dettagli in stile.

La Porteuse d'eau 4Non mi sembra però di vedere nulla di riconducibile agli scacchi. Gary mi fa cenno di seguirlo al piano superiore, salendo per l’imponente ed elegante scalone sovrastato da un lucernario in stile anni ’30 sui toni caldi del verde e del giallo. A metà della scala, vedo finalmente la “Porteuse”: la grande finestra centrale sopra l’ingresso del locale si rivela non un’anonima decorazione, come mi era sembrata entrando, ma una colorata vetrata dove il sole radente fa risplendere una vivace immagine della portatrice d’acqua. Mi fermo un attimo ad assaporare la vista d’assieme, ma Gary mi invita a proseguire e mi fa salire l’ultimo gradino prima di lui con un gesto silenzioso e plateale. Appena arrivo al piano mi guardo intorno e, meraviglia, vedo una decina di tavoli singoli dove, in silenzio e serietà, si gioca a scacchi! Rimango fermo mentre abbraccio la sala con un sorriso interiore che si allarga e, evidentemente, diventa un vero sorriso, vista la gentile pacca sulla spalla che mi dà Gary.

Ci sediamo a un tavolo appartato senza disturbare la concentrazione dei giocatori, che sembrano giocare in souplesse, senza fretta, in un’atmosfera piacevole e rilassata. Mentre stiamo decidendo quale birra prendere (e intimamente provo a valutare la forza dei giocatori che ho attorno), da un tavolo con scacchiera si alza una persona anziana che si avvicina e chiede se può sedersi con noi. Nessun problema, ovviamente, anzi ne approfitto per chiedergli qualcosa sulla “Porteuse” e gli scacchi. Ci racconta brevemente che non è un circolo vero e proprio, ma che periodicamente vi si ritrova un gruppo di appassionati per giocare qualche partita. I gestori sono contenti di “cedere” il piano superiore per qualche ora, in cambio delle normali consumazioni pomeridiane.

Gli racconto delle mie passioni scacchistiche e lui ci rivela, con sussiego, che lui, in gioventù, ha conosciuto personalmente Magritte al “Greenwich”. Mentre anche Gary comincia a interessarsi alla faccenda, chiedo al vecchio Jerome (come ha detto di chiamarsi) di raccontarmi qualcosa di Magritte. Ordiniamo un giro di birre (una Gueuze per il nostro nuovo amico e una Rochefort per me; per Gary una semplice “bier”, ovvero una Maes) e vengo a sapere che Magritte era sì un grande appassionato, ma in realtà come scacchista non valeva molto. Non gli mancavano né la fantasia né la volontà, ma, insomma… era meglio come pittore che come giocatore. Si narra addirittura che uno dei suoi avversari, che lo aveva appena battuto, declinò la proposta di essere pagato con un quadro dell’artista, commentando “Se dipinge come gioca a scacchi, preferisco i suoi soldi!”. Chissà se la storia è vera, e se l’anonimo giocatore avrà avuto modo di rimpiangere quella scelta!

Il sole è ormai sceso e la vetrata con la porteuse è tornata nell’anonimato della sera mentre, durante il secondo giro di birre, le partite si susseguono. Il vecchio ci racconta di Renè e di Georgette Magritte, di Duchamp e di come fosse uno scacchista di ben altro spessore e risultati, come il terzo posto nel torneo di Bruxelles del 1923 battendo Colle. Non che lui lo avesse mai incontrato, ma della cosa ne aveva sentito parlare molto.

Il tempo trascorre fin troppo velocemente ed è ormai il momento per noi di lasciare la compagnia, quando Jerome mi propone di risolvere un problema “surréel”, a suo dire composto da un amico negli anni Sessanta (forse proprio Magritte? Non si ricorda bene). Guardo Gary, che si stringe nelle spalle, confidando che sarà una cosa breve.

Il Bianco muove e matta in una mossa, mon ami

Il Bianco muove e matta in una mossa, mon ami

Appena arriva la sua terza Gueuze, il nostro nuovo amico prende una scacchiera, arraffa incerto un po’ di pezzi qua e là e mi propone la posizione del diagramma, enunciando un confuso “Il Bianco muove e matta in una mossa, mon ami”. Lo guardo con po’ di accondiscendenza e mi accingo a risolvere il problema, cosa che immagino semplice. Guardo, studio, penso e ripenso, ma nulla: non riesco a trovare questo matto in una. Saranno le due trappistes prima di cena, ma sento che sto facendo una figura barbina con Gary e con me stesso. Fortunatamente non con il vecchio, che, dopo aver buttato giù qualche ulteriore sorso di birra, si è quietamente addormentato. Gary mi fa cenno che dobbiamo proprio andare e io, simulando disinteresse per la soluzione, mi avvio con lui giù per lo scalone.

Al momento di pagare, parlo brevemente con il gestore della brasserie sul suo locale e sulle sessioni scacchistiche del primo piano, citando anche l’anziano giocatore che ha conosciuto Magritte. Lui, sorridendo, ci fa “Avete conosciuto Jerome? Ma non è né uno scacchista né ha mai conosciuto Magritte! E’ un contaballe di Ixelles, che viene qua tentando di scroccare qualche birra. Pensate che l’altra sera raccontava di essere stato disegnatore assieme a Hergé, un’altra ancora di aver lavorato con Nougé a una mostra fotografica.” Ridendo, io e Gary ci diciamo che in fondo non importa: una storia ben raccontata vale sicuramente un paio di birre.

Usciamo dalla “Porteuse” verso una serata fresca e ventilata. Stanno nuovamente tornando le nuvole e domani, come sempre, a Bruxelles, città prevedibilmente imprevedibile, potrà sia piovere che splendere il sole, o anche tutt’e due le cose insieme.

PS: Se vi capita di passare a Bruxelles, potete andare al “Cercle Royal des Echecs de Bruxelles” (CREB) ma vi suggerirei piuttosto di fare un salto al “Café des Halles de Saint Géry” o al “Café Le Pantin” a Ixelles dove mi dicono che gli scacchi siano sempre i benvenuti. E se mai incontraste Jerome, mi raccomando offritegli una Lambic in cambio della soluzione al suo surreale matto in una mossa…

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Riferimenti alle immagini (in ordine di impaginazione):

  1. jadacook.com – Surreal, Magritte Museum, Brussels, Belgium
  2. Visitatori Surrealisti del “La Fleur en Papier Doré”, Marzo 1953
  3. Saint-Gilles, La Barrière. Histoire de la Porteuse d’Eau – Brussels, Belgium
  4. Interno de “La Porteuse d’Eau”
avatar Scritto da: delpraub (Qui gli altri suoi articoli)

Ingegnere Nucleare mai praticante causa referendum, è Candidato Maestro (a tavolino) con carriera interrotta da una felice paternità. Ha fondato e gestisce una azienda di informatica e si occupa di progetti di ricerca applicata in ambito europeo.


16 Commenti a La Porteuse d’Eau

  1. avatar
    nikola 13 Gennaio 2014 at 00:42

    non so come ringraziare l’autore di questo sublime contributo. un misto di arte, musica, storia e scacchi, il tutto splendidamente descritto. sul quesito non ho ancora tra le mani la soluzione, sempre che esista, ma voglio solo far notare la presenza di 9 pedoni neri in scacchiera. che ci sia un pizzico di surrealismo anche in questo!?

  2. avatar
    Filologo 13 Gennaio 2014 at 09:14

    Direi che i risultati agonistici di O’ Kelly, campione mondiale per corrispondenza, fossero tutt’altro che disprezzabili. La storia è molto bella e ben raccontata. Conoscevo già la soluzione del surreale problema e perciò mi astengo dal parlarne. Grazie all’autore.

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    lordste 13 Gennaio 2014 at 09:40

    ahem.. vediamo un po’… uno, due tre… NOVE pedoni neri????? 😯
    posizione piuttosto ILLEGALE, direi 👿
    brutta cosa : un problema, anche il più assurdo possibile, deve avere parvenza di legalità…

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      Jas Fasola 13 Gennaio 2014 at 10:24

      Hai ragione. C’è un pedone di troppo. Basta toglierlo 😉

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        nikola 13 Gennaio 2014 at 10:37

        allora tolgo quello in f2, tra l’altro doppiato e il matto è Axe3

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          lordste 13 Gennaio 2014 at 15:20

          No, no… mica puoi togliere un pedone a tua scelta!!!! :mrgreen:
          facciamo che il pedone da togliere lo decido io, ok? e io decido…
          il pedone A. anzi no, il B. anzi, il C. l’E. f2 e f7. il G. l’H!!!!
          :mrgreen:

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    paolo bagnoli 13 Gennaio 2014 at 17:12

    Togli Pa7 = Db6 matto Togli Pb7 = Cc6 matto, Togli Pc5 = Dc4 matto e così via

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    The dark side of the moon 13 Gennaio 2014 at 17:54

    Bel racconto!
    Penso che la “soluzione” consiste nel constatare che essendoci 9 pedoni, 1 deve essere tolto….poi è facile 😛

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    alfredo 13 Gennaio 2014 at 18:06

    davvero bello
    complimenti all’autore
    ricordo che un po’ di tempo fa sul blog si parlò di Magritte.
    oggi a WAZ male Brunello mentre Fabiano sta ” torturando” Karjakin .
    speriamo …

  7. avatar
    delpraub 13 Gennaio 2014 at 20:15

    In effetti la posizione del problema contiene un pedone nero in più rispetto al lecito (benedetto Jerome…;). L’enunciato è corretto, ma bisogna ovviamente togliere un pedone di troppo. Quale? Quello che volete: per ogni pedone che si toglie c’è un matto in una diverso.
    Il problema compare in Kurioses Schach (Karl Fabel, 1960) e l’autore è Hieronymus Fischer (1843-1927)

  8. avatar
    paolo bagnoli 13 Gennaio 2014 at 21:58

    Allora è giusta la mia soluzione! :mrgreen: Di Bruxelles ho un ricordo gastronomico; in una di quelle viuzze che stanno attorno alla favolosa piazza centrale, mi venne servito un gigantesco astice buono, buonissimo, mai più mangiato un astice così! Il resto della città così così …..

  9. avatar
    Marramaquis 14 Gennaio 2014 at 07:44

    Anch’io, Paolo, ho avuto l’impressione che Bruxelles non sia una gran bella città. Però ha un indiscutibile fascino decadente, che risuona d’Europa e che ne rispecchia l’attuale declino (non a caso è sede di alcune tra le principali istituzioni europee).
    Ritrovo riflesso in questo bel racconto di delpraub il respiro stanco della vecchia Europa, e mi complimento pertanto con l’autore (anche per la scelta dell’affascinante brano musicale).
    Confesso, a questo punto, di essere stato l’ultimo ad accorgersi della presenza di nove pedoni neri.

    • avatar
      delpraub 14 Gennaio 2014 at 19:59

      Non sono così sicuro del nesso tra la decadenza dell’Europa ed il fatto che alcune sue istituzioni fondamentali siano fisicamente a Bruxelles.
      Diciamo che senza la Commissione Europea ed il Parlamento Europeo Bruxelles non sarebbe più di una cittadina di provincia, anche meno attraente di Bruges.
      E diciamo anche che la situazione della Comunità Europea non è certo dipendente da dove si trova la sua sede politica…

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        Marramaquis 14 Gennaio 2014 at 22:10

        No, no, delpraub. Mi sono spiegato male. Nessun nesso fra il fatto che Bruxelles sia sede di istituzioni europee e la decadenza dell’Europa.
        Nessun dito minimamente puntato da parte mia contro le istituzioni europee e l’Europa. Ci mancherebbe!
        Intendevo solo dire che la mitteleuropea Bruxelles è stata scelta proprio perché, più di altre capitali, era rappresentativa di un certo concetto di Europa e della storia più recente dell’Europa (e anche per la sua centralità geografica, presumo) e che la rappresenta talmente bene che oggi (almeno, questa è la mia impressione) alcuni aspetti della diffusa decadenza economica del continente possono essere percepiti in Bruxelles prima e meglio di altrove.
        E ciò forse proprio in quanto Bruxelles, essendo esente dai grandi flussi turistici che investono Madrid o Parigi o Roma, mostra se stessa senza finzioni e senza trucco alcuno.

  10. avatar
    The dark side of the moon 14 Gennaio 2014 at 15:14

    A sto punto si capisce anche il perchè si propone il problema con 9 pedoni anzichè 8.
    I nove pedoni costituiscono l’indizio, un piccolo (grande) aiuto.

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      delpraub 14 Gennaio 2014 at 19:54

      Infatti. Quando capita, se non in una situazione surreale, di avere un problema con 9, dico nove, matti diversi, uno per ogni realtà “normale” in cui su ogni scacchiera non ci possono stare più di 8 pedoni neri?

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