“In tempi come questi, la fuga è l’unico mezzo che rimane per mantenersi vìvi e continuare a sognare”
Henri Laborit
La lettura in questi giorni di alcuni interessanti ricordi relativi all’affascinante e, per certi versi, controversa figura di Roberto Cosulich mi ha richiamato alla memoria un altro personaggio che considero piuttosto misterioso: il Grande Maestro californiano James (Jim) Tarjan che negli anni ’70 è stato uno dei giocatori d’elite dello scacchismo a stelle e strisce.
Agonisticamente attivo sia nel suo paese che qui da noi in Europa ha scalato piuttosto rapidamente le classifiche internazionali raggiungendo un posto di tutto rilievo, in quegli anni, sulla scena scacchistica collezionando premi e partecipazioni a tornei importanti: primo a Subotica nel 1975, identico risultato a Vancouver l’anno seguente, primo a pari merito a Vršac nel 1983, con Predrag Nikolic e Georgy Agzamov, secondo nel campionato statunitense del 1978 che gli valse la qualificazione per l’interzonale di Riga del 1979. Secondo a Bogotà nello stesso anno dietro solo ad un irresistibile Alexander Beliavsky, queste solo alcune delle sue brillanti affermazioni che ne resero un nome di sicuro richiamo nel panorama scacchistico di quegli anni. A testimonianza del fatto le cinque partecipazioni consecutive nella squadra olimpica USA da Nizza ’74 fino a Lucerna ’82: due medaglie d’oro individuali ed una di bronzo con un impressionante score complessivo del 75,5% per appena 6 sconfitte su 51 incontri!
Classe 1952, a soli 32 anni, nel 1984, il misterioso ritiro dall’agone internazionale per rifugiarsi per sempre dietro la scrivania di una biblioteca in California. Da allora più nessuna notizia, una sorta di mistero…
E col nostro Roberto Cosulich ha incrociato i pezzi, a Venezia nel 1974, riportando una delle sei vittorie su altrettanti incontri nel corso degli anni contro i nostri rappresentanti (le altre vittime dell’elenco sono, in rigoroso ordine sparso: Carlo Micheli, Antonio Rosino, Sergio Mariotti, Enrico Paoli ed Ernesto Iannacone).
Ottimo accostamento. Anch’io mi sono sempre chiesto che fine avesse fatto Tarjan. L’ultima foto è presa durante le Olimpiadi di Malta, 1980, e il match è il classico URSS-USA. Tarjan, in terza scacchiera, sta giocando contro Balashov (patta), mentre alla sua destra siede Shamkovich, che ha di fronte un Kasparov diciassettenne, alla sua prima olimpiade. Kasparov vinse la partita, e l’incontro si chiuse 2.5 a 1.5 per l’URSS (Karpov-Alburt 1-0, Tal-Seirawan 0-1). Lo so, ovviamente, perché c’ero, e ho riconosciuto la sala di gioco. Dai vaghi ricordi che me ne sono rimasti mi sembra che emerga quanto segue. La squadra americana era combinata più o meno così. Facevano comunella fra loro da un lato i due “naturalizzati” (Alburt e Shamkovich), dall’altro i tre giovani Christiansen, Seirawan e De Firmian; mentre il quarto giovane, ossia Tarjan, dava già abbastanza chiaramente l’idea di essere piuttosto solitario e introverso. Comunque il risultato complessivo di quella squadra (quarto posto), sulla carta non irresistibile, fu eccellente.
era veramente un ottimo giocatore Tarjan che anch’io ricordo a Venezia nel 74
il suo cognome fa pensare ad una origine ungherese .
il fratello vinse il premio Turing negli anni 70 .
il premio Turing è il massimo premio al mondo per le scienze informatiche .
certo la squadra USA dava l’impressione comunque di una certa compattezza
erano i tre giovani abbastanza portati al gioco di squadra tanto che costituirono l’ossatura della nazionale per molti anni .
ci sono giocatori eccellenti che quando giocano in squadra perdono il loro smalto.
http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Tarjan
questo è il fratello maggiore di James .
come si vede una famiglia di belle teste .
per la serie il mondo è piccolo ( o per la famosa teoria dei 6 gradi di separazione) so che ha scritto dei lavori con il fratello di un mio amico fisico (purtroppo mancato una decina di anni fa )
sono note le straordinarie capacità matematiche di molti ungheresi e anche Bobby Fischer era figlio di un matematico ungherese
Non penso sia nulla di genetico .
solo buone scuole e tradizione culturale