Un’avventura a Budapest

Scritto da:  | 25 Marzo 2014 | 17 Commenti | Categoria: Cultura e dintorni

Ferenc Körmendi ha dipinto questa città con parole il cui fascino è senza tempo… io non ho le parole di Körmendi ma non ho dimenticato la mia macchina fotografica…

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avatar Scritto da: Marco Trentini (Qui gli altri suoi articoli)


17 Commenti a Un’avventura a Budapest

  1. avatar
    Ivano E. Pollini 25 Marzo 2014 at 08:21

    Bellissime foto. ❗ ❗ ❗

    Gran bel servizio. 😀

    Grazie Marco Trentini 😛

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    alfredo 25 Marzo 2014 at 08:26

    rivedendo queste foto non puo’ non venire in mente a me ( ma penso anche a Nikola) ” Danubio” di Claudio Magris .

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      Martin Eden 25 Marzo 2014 at 21:08

      Un grazie di cuore a Marco per questo significativo contributo, per aver anche ricordato uno scrittore a me particolarmente caro quale Körmendi, e ad Alfredo per l’accostamento a Magris.
      Desidero menzionare anche il grande Ivo Andrić che forse come nessun altro maestro della penna seppe infondere anima e poesia alle pietre dei ponti, testimoni muti di civiltà, cultura e sofferenza…

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    nikola 25 Marzo 2014 at 09:30

    io queste immagini le vedo ogni giormi, ma purtroppo (per voi) non dispongo di macchina fotografica.

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      Jas Fasola 25 Marzo 2014 at 11:45

      l’importante dalle vostre parti e’ avere forchetta e coltello :mrgreen:

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      fds 25 Marzo 2014 at 12:25

      Conosci Zsuzsa Veroci?

      La conobbi due anni fa alle Olimpiadi. Da quanto mi hanno riferito è un’icona degli scacchi ungheresi, prima come giocatrice e oggi come arbitro e blogger.
      E’ un tipino… 🙂
      Ricordo quando contestò al Capo l’assegnazione del match Russia-Ucraina femminile, che inizialmente non era stato dato a lei come arbitro, unica capace di gestire quelle vipere… a suo dire :mrgreen:
      E quando, seduti davanti a un locale a sorseggiare un the nero, sostenne che quella di Torino dal punto di vista dell’ospitalità (il villaggio olimpico con annessa mensa) è stata l’Olimpiade peggiore di tutte da lei vista (dagli anni ’70). Ci può stare, non ne ho idea, ma me lo disse sibilando come se l’organizzatore dell’evento fossi stato io! 🙁

      PS – Cos’è la storia di forchetta e coltello citata da Jas?

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        Jas Fasola 25 Marzo 2014 at 12:33

        intendevo dire che si mangia proprio bene!
        Noi polacchi per Torino ci siamo un po’ lamentati della colazione troppo frugale e che ci avevano piazzati un po’ lontani dalla sede di gioco, niente di piu’.

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          alfredo 25 Marzo 2014 at 19:29

          A Budapest ricordo una meravigliosa cena al ristorante Gundel , dopo essere stati alle terme li’ vicine .
          Cucina meravigliosa anche se non leggerissima e non proprio indicata per chi ha problemi di colesterolo .
          Le terme Gellert erano invece le preferite da Fischer durante i suoi anni ungheresi ( metà anni 90 ).
          città magnifica e drammatica che ha ispirato molti scrittori , tra cui Giorgio Presburger , esule dall’ Ungheria dopo il 56 e il cui gemello Nicola fu un giocatore bravo e piuttosto conosciuto .
          E mi chiedo cosa abbia fatto di male questo paese per avere anche oggi il piu’ reazionario razzista e oscurantista tra tutti i governi europei .

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        nikola 25 Marzo 2014 at 23:17

        caro fds,
        a Budapest mi ci sono trasferito da poco e non mi ci sono ancora totalmente ambientato, figuriamoci dal punto di vista scacchistico. terró presente il nome che mi hai fatto e se avró l’occasione la avvicineró esordendo con un ‘Jó napot Zsuzsa, ismernek téged Olaszorszagban is’ (‘buongiorno Susanna, ti conoscono anche in Italia’;) :)

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    Mongo 25 Marzo 2014 at 11:04

    Bellissime foto, soprattutto la prima.
    Guardandole meglio… Si, è proprio lui!! Nell’ultima foto. Ti abbiamo ritrovato e mo’ non ci scappi più.
    Quello che flirta con quelle tre ‘ochette’ è proprio il nostro scansafatiche di fiducia, Bagadais XXIV!! 😎

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    Roberto Messa 25 Marzo 2014 at 11:40

    Trovo molto belle in particolare le foto (diurne) dei due ponti, della Liberta e delle Catene, se non erro.

    Su wikipedia poco fa ho trovato quest’altra, molto interessante, del Ponte delle Catene nel 1946.
    Giusto per non dimenticare come all’Europa piaccia farsi del male…
    Ponte delle catene, Budapest, 3 febbraio 1946

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      Mongo 25 Marzo 2014 at 11:55

      Agghiacciante!!!
      Grazie per lo spunto per una sana e consapevole riflessione in merito!! 💡

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      alfredo 17 Febbraio 2015 at 16:22

      La vedo solo ora
      SENZA PAROLE

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    nikola 25 Marzo 2014 at 11:58

    i nomi dei ponti sono corretti. Szabadság híd e Lánchíd (in ungherese). in particolare é bellissimo percorrere a piedi il primo, che da lontano non sembra granché ma da vicino emana un fascino fine ottocentesco difficile da trovare altrove.
    la stessa foto e altre si possono ammirare passeggiando sulla collina di Gellert che domina la cittá e come dice Roberto stride il contrasto tra la bellezza del panomarama e come l’uomo piú volte abbia tentato di rovinarlo.

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    The dark side of the moon 25 Marzo 2014 at 12:30

    Marco, non avrai le parole di Ferenc Körmendi ma le foto che hai scattato sono di una bellezza stordente.

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    INSALA' 25 Marzo 2014 at 15:30

    …Intrigante reportage fotografico. Ci rammenta che l’Europa è una grande speranza che si realizzerà soltanto se terrà conto della storia:un’Europa senza storia sarebbe orfana e miserabile. La foto del Ponte delle Catene del 1946 postata da Messa è un colpo al cuore. E mi ha riportato alla mente un mio viaggio in lungo e il largo per la Croazia nel lontano 1999. Vedere l’antica Ragusa (Dubrovnik), bellissima ed ammaliante, “sfregiata” dalla guerra è stato un duro colpo da sopportare. E’ vero, non dobbiamo dimenticare come all’Europa piaccia farsi del male ma è anche vero che il patchwork multicolore, quella diversità gestita e coltivata è la nostra speranza da coltivare, l’antidoto ai “demoni”.

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    paolo bagnoli 25 Marzo 2014 at 16:39

    Bravo Insalà: la Storia. Uno Stato aggressivo e prepotente afferma di dover tutelare gli interessi di una popolazione che parla la stessa lingua e costringe lo Stato che “ospita” tale popolazione a chinare il capo. Il mondo sbraita, ma lascia fare.
    Ma… cosa state pensando? Sto parlando della Germania, della Cecoslovacchia e dei “Sudeti”, roba di quasi ottant’anni fa, IMPOSSIBILE da ripetersi oggi, o no?

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