Sun Tzu, uno studio su L’arte della guerra: figure centrali

Scritto da:  | 22 Aprile 2014 | 4 Commenti | Categoria: Cultura e dintorni

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Entrando più nello specifico nella natura degli individui coinvolti, precedentemente considerati come parte dell’insieme degli uomini, è necessario prendere atto delle reciproche diversità dei ruoli, definiti dalle diverse proprietà, che gli individui posseggono. Sun Tzu individua cinque tipi di persone: il sovrano, il generale, il consigliere, i soldati e le spie. Tutte le figure sono imprescindibili e tutte vanno considerate. Esse sono tratteggiate da Sun Tzu a più riprese, come tutto ciò che di importante è considerato nel trattato. La sua partizione in capitoli è successiva alla nascita del testo (si vedano le note storiche al testo riportate nell’edizione de L’arte della guerra da noi considerata e riportata in bibliografia) e sebbene risulti utile, essa rimane assai parziale, data la natura del testo: esso è molto più vicino ad una serie di nuclei tematici che si dipanano sincronicamente in più momenti, piuttosto che ad una precisa analisi diacronica che segue un andamento lineare. Sun Tzu, così come ci è stato tramandato, riflette la sua ontologia a pluralità temporale, in generale non-lineare, anche a livello di analisi. Ad ogni modo, dal testo emergono in modo preciso alcune figure centrali, centrali per il loro ruolo all’interno dell’arte della guerra, definito da tutto ciò che possono fare e non possono fare. Per questo, in sede didattica, come molto di quello che viene illustrato da Sun Tzu, assume una rilevanza preminente la loro considerazione rispetto ad altre figure che sarebbero genericamente intese come importanti all’interno della guerra, ma non vengono considerate. Ad esempio, Sun Tzu non considera il ruolo della manodopera specializzata, non considera i ruoli specifici degli ufficiali, non li distingue in categorie, non ci dice quasi nulla sulle varie tipologie di armate perché, come cercheremo di mostrare e come già abbiamo avuto modo di osservare, tutto questo è irrilevante per i suoi scopi.

Il sovrano rappresenta la volontà della nazione, colui che prende la decisione di dichiarare guerra. Egli, inoltre, è colui che sceglie il generale. In altre parole, nella dimensione della guerra, il sovrano è l’organo decisionale ad alto livello. Egli stabilisce l’obiettivo e colui che deve eseguire gli ordini. Tuttavia, Sun Tzu non parla a lungo delle proprietà che competono il sovrano perché, da Maestro dell’arte della guerra, non è interessato a discutere la qualità degli obiettivi (che un generale deve assumere senza discutere)1 quanto a definire i limiti della sua azione nei confronti del generale: egli non deve intromettersi nella definizione della strategia e tattica della guerra. Il generale, infatti, una volta scelto, deve godere della massima fiducia e autonomia, così che il ruolo del sovrano, in questo senso, è quello di sapersi scegliere con assoluta precisione colui che deve fare il suo volere, ma, così come il generale deve attenersi agli ordini, il sovrano non deve intromettersi in compiti non suoi, sia perché non ha le competenze specifiche, sia perché egli non deve rischiare di causare confusione tra le fila dei suoi propri soldati. In merito alla scelta del generale da parte del sovrano, Sun Tzu fornisce un preciso algoritmo di decisione, che considereremo più avanti. Ma qui ci basti quest’osservazione: che se sussiste un algoritmo di decisione sì preciso, allora esiste anche un insieme di proprietà definite in modo rigoroso in modo da stabilire se un generale è buono o no. Per questa ragione si può parlare di realismo suntzuiano, realismo che, nella sua deriva contestualista, era già implicito nella trattazione degli elementi ontologici di fondo.

Il generale è senza dubbio la figura centrale del trattato. Si può dire che L’arte della guerra sia un titolo che potrebbe essere riscritto come L’arte di diventare grandi generali o anche Il generale (e non Il principe,che è una figura essenzialmente politica). Il comandante delle truppe rappresenta la ragion pratica, cioè l’individuo preposto alla definizione dei mezzi necessari per giungere alla vittoria, colui che organizza gli elementi umani (soldati, manodopera specializzata, equipaggiamento, retrovie) e che sa vincere (raggiungere lo Shih). Per essere abili generali bisogna essere freddi, calcolatori, capaci di giungere a previsioni accurate, saper utilizzare le spie a proprio vantaggio, saper confondere i piani del nemico e saper leggere i suoi. Ma è ancora più importante saper improvvisare, cioè alterare le proprie idee in modo da essere il più possibile aderenti alle circostanze per sfruttarle al meglio, ed è per questo che Sun Tzu parla di metodi “straordinari” e “ortodossi”, proprio per indicare da un lato la necessità della serialità nell’organizzazione (metodo ortodosso, cioè secondo regola), da un altro l’altrettanto necessaria capacità di adattamento alle circostanze secondo una linea razionale virtuosa (metodo straordinario): in altre parole, il generale deve essere abile ad inventare. Anche in questa sede è impossibile non ripensare alle assonanze plurime che il testo e la riflessione di Sun Tzu consente con Clausewitz, giacché quest’ultimo sottolinea continuamente come la guerra sia il regno della contingenza, irriducibile in ogni modo alle scienze esatte, sia perché il generale deve prendere continuamente decisioni in caso di incertezza, sia perché è impossibile conoscere a priori tutte le conseguenze delle proprie decisioni in sede morale.

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E’ impossibile enumerare tutto ciò che un abile generale deve sapere perché nessuno può indicare con precisione i limiti del sapere coinvolto. Senza dubbio il generale deve tenere conto di tutti i fattori presenti nel momento per trarre il massimo vantaggio, che è definito come “catturare intero e intatto il nemico”. E, allo stesso tempo, non è possibile neppure fornire una caratterizzazione più marcata delle virtù che un generale deve possedere, giacché esistono varie permutazioni di tratti di carattere sufficienti a garantire la sua bontà. D’altra parte, si può pensare alle proprietà sopraenunciate come alle qualità necessarie, e non sufficienti, che un generale deve possedere per essere definito abile.

Il consigliere è un individuo presente ma non definito da Sun Tzu. E’ una figura di ausilio al sovrano, ma le cui qualità non vengono precisate. Si suppone che egli sia una sorta di ‘razionalizzatore’ delle idee del sovrano, sicché egli dovrà essere saggio, temperante e ammonitore allo stesso tempo.

Gli uomini sono divisi in due categorie: coloro che lavorano e coloro che combattono. Entrambe le categorie sono indispensabili e sono entrambe trattate piuttosto superficialmente da Sun Tzu. Egli, infatti, non è interessato a una visione sociologica precisa perché questa fa parte della contingenza e non può essere conosciuta a priori: ogni singola società è diversa, per tanto è compito del sovrano e del generale conoscerla a fondo, senza pregiudizi, per poterla sfruttare e salvaguardare nel modo migliore. Per quanto riguarda il generale, egli dovrà considerare appieno l’aspetto della forza e del morale dei suoi uomini, dovrà preoccuparsi per loro, sebbene senza giungere ad eccesso (che costituirebbe la base di una debolezza duratura). E, d’altra parte, è più importante considerare le forze umane nella loro componente materiale e morale in senso astratto, per conoscere i punti nevralgici che possono interessare, in sede tattica e strategica, le decisioni del generale. Tenendo a mente due principi, e cioè che è meglio catturare intero e intatto il nemico e che un nemico è sempre costretto a difendere i punti vitali, sono da considerare come salienti le grandi concentrazioni di forza umana (eserciti) e dei materiali (magazzini, arsenali, armerie): se si vuole porre una seria minaccia al nemico, bisogna cercare di conquistare questi punti nevralgici, quanto meno per costringerlo a difendersi. Sicché l’analisi delle condizioni morali e materiali è considerata in senso astratto da Sun Tzu ma, come sempre nelle sue considerazioni, per mezzo delle sue descrizioni e qualifiche è possibile una comprensione anche dei fenomeni più specifici e locali.

Le spie rappresentano il centro di informazione del generale, sia nel senso di informazione reperita che rilasciata. Esse svolgono un ruolo fondamentale che è quello di conoscere le intenzioni del nemico, le sue forze, la loro dislocazione e tutte le informazioni necessarie per definire i singoli personaggi coinvolti nello scontro. Allo stesso tempo, esse devono continuamente rilasciare falsi messaggi per confondere le idee del nemico. Esse godono di tale importanza che Sun Tzu dedica un intero capitolo (capitolo 13) al loro studio e definisce come folle il generale che non le tributa né attenzione né laute ricompense. Le spie, dunque, svolgono il doppio ruolo attivo di reperire le informazioni per il proprio generale e di inquinare le informazioni rilasciate al nemico. Infatti, per Sun Tzu, il grande generale sa “rendersi invisibile”, cioè è impossibile prevedere le sue decisioni e le sue pianificazioni, giacché egli provvedere a depistare continuamente il nemico, creando in lui false aspettative, conducendolo a prendere decisioni sbagliate, così da creare debolezze nei suoi schieramenti e poter colpire nel modo più incisivo. Le spie, dunque, sono il mezzo attraverso il quale il generale perviene alla conoscenza del nemico, condizione indispensabile per vincere; ma sono anche il principale strumento di depistaggio, in modo tale che l’avversario non possa conoscere il suo nemico: così che egli non può vincere. Giacché, per vincere, è indispensabile conoscere sé e il nemico e non solo sé o il nemico disgiuntamente.

1 Vedi le osservazioni dello storico Valzania nel testo in bibliografia su Wallenstein.

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(2. continua)

avatar Scritto da: Giangiuseppe Pili (Qui gli altri suoi articoli)


4 Commenti a Sun Tzu, uno studio su L’arte della guerra: figure centrali

  1. avatar
    Giancarlo Castiglioni 22 Aprile 2014 at 21:27

    Non c’entra molto con gli scacchi, ma l’argomento mi interessa, quindi va bene lo stesso.
    In “L’arte della guerra” non ricordo una netta divisione di compiti tra Sovrano politico e Generale militare e se ci fosse sarebbe un errore.
    In teoria il Sovrano deve stabilire gli scopi politici della guerra, deve comunicarli al Generale, deve assicurarsi che questi li condivida e che li giudichi realizzabili dal punto di vista militare.
    Quindi tra Sovrano e Generale deve esserci una stretta correlazione prima dell’inizio della guerra.
    Ma anche dopo credo che la non ingerenza del Sovrano nelle questioni tecniche debba essere molto relativa.
    Il Sovrano deve sempre controllare che le scelte tecniche del Generale non compromettano gli obbiettivi generali della guerra.
    Esempi tipici l’attacco tedesco alla Francia attraverso il Belgio nel 1914 deciso perché previsto dal piano di guerra o il passaggio alla guerra sottomarina senza limitazioni nel 1917.
    In pratica quanto detto all’inizio sulla definizione degli obbiettivi di guerra non succede mai.
    Le guerre vengono iniziate senza obbiettivi precisi, gli obbiettivi cambiano strada facendo e a volte alla fine il vincitore non sa che cosa fare.
    Oppure gli obbiettivi sono sbagliati in partenza, vengono raggiunti, ma hanno effetti secondari imprevisti e il vincitore si trova in situazione peggiore di prima dell’inizio della guerra.
    Per esempio la caduta di Saddam e di Gheddafi.

    • avatar
      Giangiuseppe Pili 22 Aprile 2014 at 22:09

      Caro Giancarlo,

      Innanzi tutto, grazie per il commento. Allora, parlando di Sun Tzu, è abbastanza chiaro che il testo si rivolta principalmente al generale. Il sovrano è colui che stabilisce gli obiettivi politici, mentre il generale è colui che stila i piani strategici tenendo conto di quanto gli vien detto dal politico, ma va oltre nella definizione dei migliori sistemi per raggiungere lo scopo. Le due figure SONO diverse, anche quando ci siano generali/statisti (come Napoleone o Giulio Cesare). Ma i problemi sono diversi. Anche un cuoco può essere un economista (come qualunque uomo può svolgere compiti diversi in base alle esigenze della vita e del momento). Ciò non toglie che un cuoco è un cuoco quando fa il cuoco, mentre diventa un economista quando fa l’economista. Negli scacchi un arbitro può anche essere giocatore: ma quando fa l’arbitro è un arbitro, quando è giocatore fa il giocatore.

      Non bisogna, poi, confondere l’essere con il DOVER essere. Le cose stanno in diversi modi (in base alla situazione storica). Ci sono sovrani che sono anche condottieri. Ma non sempre e non solo. Come le cose DEBBANO stare è una questione diversa. Nel caso di Sun Tzu, egli dice solamente che un sovrano deve dare libera opportunità e capacità al generale. Il compito del sovrano è sapersi scegliere l’uomo giusto e metterlo al posto giusto con i giusti mezzi. Ma poi quest’uomo ha piena autonomia. Tanto che, infatti, il generale può addirittura rifiutarsi di eseguire alcuni ordini del sovrano, qualora stimi che essi siano “svantaggiosi” per la nazione (per questo il generale – e non il sovrano – viene definito “la stella della nazione”;). Ora, l’ultima questione è se Sun Tzu abbia visto giusto. A me pare di si, perché non c’è conflitto con quanto giustamente rilevavi: il sovrano e il generale devono comprendersi e capirsi in base al fatto che gli obiettivi possono cambiare. Ma questo non pone problemi al punto di vista di Sun Tzu.

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        Giancarlo Castiglioni 24 Aprile 2014 at 17:51

        Io sono un tennico, ma come avrai capito sostengo il primato della politica.
        In fondo è sempre così, anche quando i generali vanno al potere; assumono una funzione politica.

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          Giangiuseppe Pili 24 Aprile 2014 at 20:21

          🙂 E lo credo! Quando si scopre che non per tutte le cose servono le baionette, si cambiano i sistemi! Come disse un vecchio rampante sul cavallo bianco: sulle baionette non ci si può sedere.

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