Jànos Jakab Löwenthal

Scritto da:  | 2 Agosto 2014 | 14 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri
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La data “convenzionale” di nascita di Jànos Jakab Löwenthal è il 15 luglio 1810, ma alcune fonti, pur fornendo lo stesso mese e lo stesso giorno, la arretrano al 1806. Siamo, qualunque sia la data corretta, in pieno sconquasso napoleonico; troni che crollano per venire affidati dal trionfante Empereur  a fedelissimi (alcuni dei quali in seguito non si riveleranno tali…;) o a parenti di vario genere, con folgoranti vittorie (Austerlitz, Jena) e con la diffusione in tutto il continente delle idee che hanno scatenato, anni prima, la Rivoluzione Francese.
Lowenthal 1La famiglia Löwenthal, che risiede a Pest, è di fede ebraica, ma il ragazzo viene mandato a studiare in una scuola cattolica, altamente considerata nella cattolicissima Ungheria. E’ proprio durante la frequenza a tale istituto che il giovane Jànos (Johann, nella grafìa tedesca generalmente adottata nel vasto impero asburgico) apprende il gioco degli scacchi da parte di un dilettante già esperto, Josef Szén. All’inizio quest’ultimo concede vantaggi all’ “allievo”, ma ben presto tali vantaggi divengono eccessivi, visto che il giovane Johann Jakob Löwenthal si dimostra molto dotato per il gioco, ed i due iniziano a giocare alla pari, con alterni risultati.
Abitualmente entrambi frequentano il Café Europa di Pest, abituale ritrovo degli scacchisti della capitale ungherese, dove Szén è unanimemente considerato come il miglior giocatore della regione, sebbene anche Löwenthal continui a dare dimostrazione di grande abilità, soprattutto nei finali, che gioca con maestria e precisione. Nel 1842, infatti, quando il circolo di Pest riceve una sfida da parte degli scacchisti parigini, è lo stesso Szén che inserisce Löwenthal nella squadra che batterà i francesi in uno dei primi match per corrispondenza della storia degli scacchi (+2 -0).
Nel ’46 Löwemthal è a Vienna e gioca al Neuner Café contro il quotato Carl Hamppe, battendolo, ma soccombendo contro il barone Thassilo Von der Lasa il quale, nei suoi commenti alle informali partite giocate , scrive che le sconfitte dell’ungherese sono dovute alla sua ostinazione nel giocare il Gambetto Evans. Il tour europeo di Löwenthal si conclude alla vigilia del Quarantotto, l’anno in cui i troni europei traballano a causa dei tentativi “democratici” di ottenere dai rispettivi governi ordinamenti più liberali; in Ungheria, in particolare, un personaggio, già noto per i suoi discorsi e scritti “rivoluzionari”, riunisce folle immense nelle piazze. Costui è Jànos Kossuth, oggi considerato eroe nazionale, il quale instaura a Budapest un governo provvisorio che si oppone alla capitale asburgica in nome dell’indipendenza ungherese. Löwenthal, che per cultura e temperamento nutre ideali identici a quelli di Kossuth, accetta un incarico governativo affidatogli da quest’ultimo, ma la faccenda dura poco tempo; nel ’49 la reazione, politica e militare, del governo centrale causa il crollo delle aspirazioni ungheresi e, mentre Kossuth fugge verso il confine dell’Impero Ottomano per poi imbarcarsi verso gli Stati Uniti d’America da Smirne, Löwenthal prende la via del nord, raggiunge Amburgo e si procura un passaggio su di una nave diretta anch’essa verso gli Stati Uniti.
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E’ lontanissima da lui l’intenzione di raggiungere l’altra sponda dell’Atlantico per divenire un professionista scacchistico; egli, al contrario, vorrebbe divenire uno delle decine di migliaia europei che aspirano a colonizzare il West, per poi stabilirvisi e vivere una serena esistenza di agricoltori ed allevatori, ma il destino gli riserva ben altra sorte.
Sbarca a New York con pochissimi quattrini in tasca; è il 29 dicembre del 1849, e per qualche settimana l’ungherese vagabonda per le vie della grande città fino a quando, un giorno, gli càpita tra le mani una copia del quotidiano Albion , sul quale compare una rubrica scacchistica redatta da Henry Charles Stanley. Si reca alla sede del giornale, dove apprende che a New York esiste un circolo scacchistico del quale Stanley è autorevole membro; visita il circolo, conosce Stanley, gioca diverse partite e non manca di stupire i soci grazie alle sue non dimenticate doti di giocatore.
Stanley, messo al corrente delle precarie condizioni economiche dell’ emigré ungherese, organizza immediatamente una colletta per venirgli in aiuto, e gli organizza una tournée presso diversi circoli dell’Unione, con entusiastiche lettere di presentazione. E’ nel corso di tale viaggio che Löwenthal giunge a New Orleans dove si trova a fronteggiare un ragazzino taciturno di nome Paul Charles Morphy, che gli infligge una sconfitta che farà dire all’ungherese che “questo ragazzo avrà un grande avvenire”.
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La tournée nordamericana fu, per l’ungherese, un successo, tanto che gli scacchisti di Cincinnati lo invitarono a restare in città e raccolsero una considerevole somma per consentirgli di aprire un locale – il Cigar Divan – sul modello delle coffee house londinesi. Ciò avveniva nell’estate del 1850, quando di qua e di là dell’Atlantico si stava già spargendo la notizia che l’anno successivo, a Londra, si sarebbe disputato un grande torneo internazionale di scacchi con la formula dell’eliminazione diretta. Agli inizi dell’anno gli appassionati di Cincinnati avevano già raccolto la somma necessaria per inviare Löwenthal a rappresentare gli Stati Uniti nella capitale britannica, ed il Maestro ungherese riattraversò l’oceano per recarsi a Londra, dove, nel gennaio di quell’anno, era rientrato il più famoso esule eiropeo di quegli anni, Giuseppe Mazzini.
La delusione fu grande: al primo turno Löwenthal venne eliminato da Williams, che poi si sarebbe classificato terzo assoluto dopo una semifinale con Staunton che dette adito a critiche per la durata delle partite, e l’ungherese decise di fermarsi in Gran Bretagna: tale decisione era dovuta a due principali motivi: il primo, il totale fallimento della “missione” affidatagli dagli scacchisti di Cinbcinnati, ed il secondo quello di aspirare a misurarsi con i migliori giocatori in attività. Alla fine del torneo, infatti, Löwenthal sfidò Williams in un match alla settima vittoria, battendolo.
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Nonostante l’insuccesso, ci fu chi rimase impressionato sia dallo stile di gioco che dalla personalità di Löwenthal; quel qualcuno era Howard Staunton, il quale gli procurò un incarico di columnist scacchistico sull’ Era, aiutandolo in diverse occasioni anche sul piano finanziario. Nel ’53 Staunton organizzò un match tra Löwenthal e Daniel Harrwitz, in quel periodo considerato il miglior professionista del continente. Harrwitz stava cordialmente antipatico a Staunton, che lo definiva il “little German” (“il tedeschino”;), poichè nella concezione sportiva di Staunton non poteva esistere un professionista scacchistico, in quanto il gentleman appassionato di scacchi non poteva anteporre il gioco “ai doveri della vita”. Si giocava all’undicesima vittoria, draws not counting, e ad un certo punto Löwenthal venne a trovarsi in vantaggio per 9 a 2, ma Harrwitz si rivelò un osso durissimo nelle successive fasi del match che ebbe una durata di circa tre mesi e che si risolse in favore del little German col punteggio di +11 =12 – 10.
Staunton rimase deluso dall’esito dell’incontro, ma ciò non fece raffreddare i cordiali rapporti tra lui e l’ungherese, fino a quando, nel 1856-57 i due si affrontarono in una serie di match informali nei quali entrambi giocavano col supporto di “alleati”. L’errore – se così si può dire – di Löwenthal in quelle occasioni fu di evidenziare che i suoi risultati contro Staunton si risolvevano, in fondo, in proprio favore. Stizzito, Staunton affrontò il suo protetto in pubblico, invitandolo perentoriamente a smentire tale affermazione, e quando Löwenthal replicò sommessamente: “Ma… è vero!” a sua volta l’inglese ribattè: “Sarà vero, ma tu non puoi dirlo!”. La faccenda si risolse in modo assolutamente meschino: Staunton fece di tutto, riuscendovi, per privare il suo ormai ex-protetto di ogni fonte di guadagno, compreso l’incarico di segretario del St. George’s Chess Club, incarico che fruttava a Löwenthal 100 sterline all’anno.
Nel ’57 il circolo di Manchester organizzò un torneo, sempre con la formula dell’eliminazione diretta, e Löwenthal, ormai professionista a causa dei recenti avvenimenti, giunse in finale, dopo aver eliminato Horwitz ed Anderssen, e si trovò di fronte Samuel Boden. La partita si risolse in una patta ma Boden, che doveva rientrare a Londra per inderogabili impegni, dovette abbandonare il campo e l’ungherese potè così intascare il primo premio consistente in un gioco di scacchi di fabbricazione cinese che egli espose orgogliosamente a Londra.
L’anno successivo, al torneo di Birmingham, Löwenthal eliminò in successione Kipping, Staunton, il reverendo Owen e l’austriaco Falkbeer, intascando le 60 ghinee del primo premio (63 sterline). Poco tempo dopo gli venne affidata la segreteria della British Chess Association, incarico che gli assicurava un reddito modesto ma sicuro, e nel ’62 fu membro del comitato organizzativo del torneo internazionale di Londra, torneo del quale, l’anno successivo, pubblicherà una gigantesca rievocazione (oltre 600 pagine). Questa manifestazione, la prima della storia ad essere strutturata come “torneo all’italiana” (round robin), vide l’ungherese come partecipante oltre che come organizzatore: dopo aver battuto Barnes (che Morphy definirà come “il miglior giocatore europeo che io abbia incontrato”), Green e Mongrédien, l’ungherese fu costretto ad abbandonare il torneo a causa del sovraffaticamento psicofisico.
Nel ’58 – primo europeo a farlo nel corso del raid dell’americano nel Vecchio Mondo – aveva sfidato Morphy, da lui affrontato a New Orleans nove anni prima venendo battuto, perdendo un match al termine del quale l’americano, da autentico dilettante, dopo aver intascato le 100 sterline di posta, fece recapitare a Löwenthal un arredamento completo per l’abitazione dell’ungherese, arredamento il cui costo superava abbondantemente il valore della posta in palio. Dichiarando di essere stato battuto “da una forza superiore”, Löwenthal pubblicò nel ’60 una raccolta di partite di Morphy, aiutato da quest’ultimo nella stesura dell’opera.
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Nel 1866, anche grazie alla diffusa simpatia della quale godeva negli ambienti scacchistici britannici ed alle sue maniere compìte, oltre che alla sua fondamentale correttezza ed onestà, Löwenthal ottenne la cittadinanza inglese, mutando il suo nome in John, anche se le cronache dell’epoca continuarono a citarlo come “Johann”. Quello stesso anno organizza la Challenge Cup, oggi riconociuta come il primo campionato ufficiale britannico, vinta da De Vére.
Nel frattempo la sua collaborazione con l’ Era proseguiva, dal ’63 al ’67 curerà la Chess Player’s Magazine, aiutato nel ’64 da un gruppo di amici ed appassionati che erano al corrente delle sue precarie condizioni economiche, ma ammirati dall’impegno pluriennale da lui profuso come organizzatore ed insegnante di scacchi (sarà l’inventore della prima demonstration board).
E’ il 1867 l’anno in cui la sua salute inizia a declinare, estraniandolo dagli scacchi agonistici, ma ciò non lo allontanerà dagli ambienti scacchistici britannici, fino a quando, nel ’72, incontrerà Staunton al congresso di Malvern, riprendendo i rapporti amichevoli interrotti anni prima. Due anni dopo, ormai non in grado di mantenersi, Löwenthal riceverà una somma di 100 sterline grazie ad una colletta organizzata da lord Randolph Churchill, padre del più noto Winston, e riuscirà a ritirarsi a St. Leonard on Sea, nei pressi di Hastings, dove due anni dopo, il 20 luglio, morirà e verrà sepolto.
Lascerà i suoi pochi averi alla British Chess Association, “al fine di promuovere gli interessi degli scacchi inglesi”. A lui verrà dedicata la Löwenthal Cup, di argento massiccio, che sarà, fino al 1922, il trofeo destinato al circolo vincitore del “Torneo delle Contee”.
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avatar Scritto da: Paolo Bagnoli (Qui gli altri suoi articoli)


14 Commenti a Jànos Jakab Löwenthal

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    Alfredo 2 Agosto 2014 at 13:41

    Ho letto sul giocatrore citato allö inizio, Szen , un articolo su altro sito
    sembra avesse un aspetto molto sgradevole .
    a vedere alcune foto sembrava che fosse afftto da ipeetricosi ovvero suno sviluppo abnorme di peli su tutto il corpo

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    Alfredo 2 Agosto 2014 at 14:08

    in attesa dell aereo
    non attiene all articolo ma eccolo robero ” manos de pietras” Panniagua” contro il sciur diretur
    gli davo circa 10 ani di meno credo
    dovrebbe avere quindi 80 anni
    mi piacerebbe sapere qualcosa su di lui
    sembrava una figura un pö folkloristica ma era un forte giocatore e un arbitro di prima fascia .
    un caro saluto a Paolo
    PS : ho scommesso che dopo queste olimpiadi fabiano sara il numero 2 al mondo

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      Marco 26 Agosto 2014 at 19:34

      Chiedo scusa ma non riesco a capire. Dovrebbe esserci allegata una foto? A chi ci si riferisce?

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      Roberto Messa 26 Agosto 2014 at 22:53

      Mi sembra di risentirlo, come se fosse oggi, quando stringeva la mano a qualcuno per la prima volta: “Sono RoVerto Paniagua, campeon del Panama”. Nei tornei di quegli anni ci ho giocato più di una partita, ma perché lo hai menzionato oggi?

      Non so che fine abbia fatto ma ricordo che in quell’epoca RoVerto viveva a Padova, dove riuscì a convincere un piccolo editore veneto a pubblicare alcuni libri di scacchi (autore il giornalista jugoslavo Bielica, il cui merito principale era di aver fatto presentare a Fischer alcune partite alla TV jugoslava, credo nel periodo dell’interzonale di Bled o del match URSS-Resto del Mondo).
      Non ricordo in che anno, forse nel 1988, RoVerto organizzò inoltre una visita di Karpov, credo con simultanea, ad Abano Terme. Qualche anno dopo l’ex campeon del Panama si trasferì in Germania (credo) e non se ne ebbe più notizia.

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        Roberto Messa 26 Agosto 2014 at 23:14

        Ora ricordo: RAPPORTO DA MERANO, di Tal e Bjelica, editore Francisci
        e poi un altro paio di libri su Tal (o di Tal?) dello stesso editore.
        Ovviamente li avevo tutti, ma perché non li vedo più? Li avrò prestati o venduti? Boh…

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        fds 27 Agosto 2014 at 08:37

        Nel 2008 ha giocato un torneo in Calabria dove l’ho conosciuto. Giocavano Buhmann, Gharamian, Okhotnik, Vocaturo, Wirig, tanto per citare nomi noti. Aveva un rating di 2285 e realizzo una performance di 2162, quindi non male.
        Vestiva sempre di bianco.

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          alfredo 27 Agosto 2014 at 09:15

          In realtà non so chi lo abbia citato per prima
          io ho menzionato dei ricordi
          uno quelo di averlo visto arbitro del match Portisch Hubner di Abano 1980.
          Mi ricordo l’emozione di sedere vicino a Hort che era il secondo di Hubner .
          era una presenza costante negli open 80 .
          pensavo fosse sparito poi ho avuto con piacere sue notizie abbastanza recenti .

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    nikola 2 Agosto 2014 at 14:55

    bellissima e interessante questa biografia, une delle mia preferite. direi una vita interessante quella di Löwenthal (che finora avevo visto citare solo in qualche vecchia partita ma che ora posso dire di conoscere). un solo piccolo appunto che da ungherese di adozione mi permetto di fare: il nome di battesimo di Kossuth era Lajos e non Janos, solo per dovere di precisione e perché i magiari ci tengono :)

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    Enrico Cecchelli 2 Agosto 2014 at 17:15

    Caro Paolo un altro magistrale affresco della vita di uno dei grandi protagonisti della storia del nostro gioco. I soliti scontati Complimenti!

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    paolo bagnoli 2 Agosto 2014 at 21:30

    Per Nikola: mi scuso per l’imperdonabile errore, ma forse il mio intorpidito cervello era rimasto al nome “Janos”. In realtà, il nome di Kossuth era quello da te indicato: “Lajos” (Luigi).
    Per coloro che richiedevano qualcosa su Mackenzie pochi giorni fa: SAPEVO di aver scritto qualcosa su di lui, ed in effetti in data 19 ottobre 2012 avevo pubblicato una sua breve biografia col titolo (della Redazione) di “Capitani coraggiosi”.
    Ciao a tutti (ed è in arrivo, come richiesto, Mason).

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    DURRENMATT 3 Agosto 2014 at 11:42

    …giocatore dotato di grande fair play ma il buon Lowenthal manifestava un’altra grande qualità: era rinomato per la scia di “vedove in lacrime” che lasciava al suo passaggio…della serie…”Gens una sumus”.Incommensurabile come sempre, caro Paolo.

  7. avatar
    Fabio Lotti 3 Agosto 2014 at 15:18

    Bella lettura ancora una volta.

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