Sun Tzu, uno studio su L’arte della guerra: analisi descrittiva, normativa e prescrittiva

Scritto da:  | 30 Agosto 2014 | 12 Commenti | Categoria: Cultura e dintorni

Sun Tzu 2

Sun Tzu vuole presentare un saggio su di un’arte, la quale non può prescindere dalla descrizione della realtà e dei suoi principi, per poter essere esaustivo. In molti passi del trattato, Sun Tzu enuncia una serie di semplici descrizioni per mostrare come funzionino gli elementi nelle varie situazioni. Ma la sola descrizione non esaurirebbe lo scopo, anzi, sarebbe solo una conoscenza pura, sostanzialmente contemplativa e, in definitiva, inutile: ogni conoscenza che non possa tradursi in un concreto vantaggio è sostanzialmente priva di senso, per Sun Tzu. Nel paragrafo precedente abbiamo cercato di chiarire i motivi profondi di tale insensatezza che potrebbe altrimenti apparire come una forma di antiintellettualismo di Sun Tzu. Ciò è vero solo per quanto riguarda la pura speculazione: essa è irrilevante ai fini dell’arte della guerra. Ma questo non si traduce in un pessimismo epistemico, in forme più o meno sofisticate di scetticismo. Al contrario. Come abbiamo visto, non solo è lecito considerare Sun Tzu come un realista, cioè colui che difende l’idea che si possa parlare di una reale esistenza di enti ontologici precisamente descritti e che pensa che tali descrizioni siano vere; ma è altrettanto lecito pensare che Sun Tzu difenda il valore della conoscenza rispetto all’ignoranza e ciò, sebbene non sia precisato in modo esplicito, risulta oramai evidente da quanto detto fin qui.

Dal piano descrittivo, Sun Tzu trae le ragioni per indicare precisi piani di valutazione. Quando indica le norme di valutazione delle azioni militari in base alla loro capacità di conquistare intero e intatto il nemico, Sun Tzu è molto preciso nel delineare quelle che sono delle qualità in base a precise ragioni che si sostanziano direttamente sui fatti: i fatti vengono valutati solo dopo che vengono descritti. In base a ciò, la valutazione normativa è fondamentale e senza la quale non è possibile trarre alcun giudizio per definire l’azione militare virtuosa o viziosa. Ma questo è proprio l’oggetto principale del trattato. In primo luogo, perché il sovrano non può scegliere il suo generale, se non in base a quelle leggi di valutazione che il generale stesso deve conoscere e padroneggiare. In secondo luogo, perché lo stesso generale sarebbe altrimenti impossibilitato a prendere delle decisioni e a seguire un metodo virtuoso. Così, le regole per trarre le valutazioni si sostanziano sui fatti, per quanto la descrizione di questi ultimi sia di natura estremamente generale.

Sun Tzu 1

La natura normativa dell’arte della guerra emerge continuamente dall’analisi di Sun Tzu e in due generi distinti. E’ possibile ordinare in modo rigoroso le preferenze sugli obbiettivi strategici: conquistare intero e intatto il nemico è l’obiettivo da perseguire, ed è un obiettivo molto generale, intrinsecamente strategico, perché non connesso alla natura dei fini occorrenti per realizzarlo. Ma, allo stesso tempo, è possibile ordinare le preferenze anche sul piano tattico, vale a dire la razionalità strumentale militare rispetto all’obbiettivo globale, fissato dalla strategia. In sede tattica Sun Tzu parla diffusamente nel capitolo 12, ma, soprattutto, mostra la logica intrinseca, più che sue possibili specifiche applicazioni: conoscere le debolezze dell’avversario e colpirlo dove più è vulnerabile sono le due principali considerazioni che valgono in sede tattica, unita alla terza che ci dice che il nostro avversario tenderà a difendere ciò che più ritiene vitale. Ma vengono esplicitati anche altri principi propriamente tattici, sicché nell’analisi di Sun Tzu non soltanto vige una logica normativa di tipo molto elevato, vincolata alla razionalità globale (strategia), ma vige anche una logica normativa sottodeterminata, ma parzialmente autonoma, che sancisce i principi pratici degli attacchi e delle difese (tattica).

In fine, sulla base delle norme stabilite, si devono trarre i precetti da seguire, che devono semplicemente tradurre in concreto le azioni militari virtuose in astratto. In questo senso, il precetto è l’istruzione che consente di ordinare i mezzi in modo tale da raggiungere il massimo dei risultati, definiti in base alle regole di valutazione espresse in precedenza. Si faccia caso che questa ultima parte è quella che interessa meno Sun Tzu, nonostante le apparenze. Infatti, un precetto è utile praticamente quanto è esattamente ciò che ci serve nella circostanza indicata. Ma Sun Tzu non può fornirci sistemi algoritmici per determinare le azioni virtuose nel concreto, sistema algoritmico che può pensarsi nei termini di un insieme discreto di istruzioni da applicare nella pratica. Questo è impossibile perché Sun Tzu non può fornirci una trattazione di ciò che è intrinsecamente contingente, sicché le istruzioni che fornisce sono, per lo più, solo il sintomo di una norma sovrastante, che è esattamente ciò che un generale deve conoscere.

Sun Tzu 3

(4. continua)

avatar Scritto da: Giangiuseppe Pili (Qui gli altri suoi articoli)


12 Commenti a Sun Tzu, uno studio su L’arte della guerra: analisi descrittiva, normativa e prescrittiva

  1. avatar
    Mongo 6 Settembre 2014 at 15:14

    Peccato che per colpa di Caruana questo pezzo sia passato in silenzio… 🙄

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      Marramaquis 6 Settembre 2014 at 16:10

      Purtroppo hai ragione, caro Mongo. Gli articoli di Pili sono tutti di qualità davvero elevata e SoloScacchi ha la fortuna di ospitarli in esclusiva.
      Tuttavia mi pare che, per fortuna, non ci sia un rapporto costante fra il gradimento dei pezzi e la quantità dei relativi commenti. Altrimenti non si spiegherebbero tutti quei commenti ai miei lavoretti leggeri-leggeri sulle Olimpiadi o su Saint Louis.
      Potrei comunque consigliare agli amici della redazione di tornare alle pubblicazioni non prima di lunedì prossimo e (ai lettori stessi) di dedicare qualche quarto d’ora del fine settimana alla lettura di uno o più articoli di agosto, che sono stati un pochino oscurati prima dalle vacanze e poi dalla prestazione di Fabiano.
      Penso che ne valga la pena. Ciao.

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    Ivano E. Pollini 7 Settembre 2014 at 00:09

    Concordo con Marramaquis in quasi in tutto ❗

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    Giangiuseppe Pili 7 Settembre 2014 at 12:50

    Ringrazio i cari amici di soloscacchi, che so sempre attenti ad ogni stimolo non solo scacchistico. D’altra parte, quando Caruana vince, vince su tutti. Anche sui post soloscacchistici, come è giusto che sia. Mi auguro solo che la visibilità di questo giovane campione possa riuscire a contagiare di entusiasmo i nonsoloscacchistici.

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    Marco 10 Settembre 2014 at 10:19

    Buongiorno a tutti.
    Ho l’impressione che il problema non fosse la concorrenza di Caruana ma proprio il livello (elevatissimo) dell’articolo che richiede nozioni pregresse e la padronanza di un linguaggio specifico (io ad esempio non possiedo nessuno di questi requisiti).
    Avventurarsi a far commenti è quindi impresa non per tutti.
    Aggiungerei però per fortuna!
    Pensate quanto fascino hanno perso gli scacchi ora che con qualsiasi software possiamo svelare gli aspetti reconditi delle posizioni analizzate in pochi secondi.
    L’articolo invece ci porta in un mondo lontano ed interessantissimo mantenendo intatto il suo fascino.
    Quindi complimenti all’autore.

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    Giangiuseppe Pili 10 Settembre 2014 at 12:56

    Caro Marco,

    Tante volte ho composto testi puramente introduttivi a qualche materia scacchisticamente affine e ho cercato di far emergere somiglianze e differenze. Per una volta, ho voluto proporre un lavoro più impegnativo per tutti coloro (magari nessuno) che avessero la voglia di leggerlo. Penso che tu abbia ragione nel dire che non sia un testo agile (anche se, naturalmente, gli autori spesso sono incapaci di capire quanto i propri lavori siano facili per un pubblico). D’altra parte, però, ogni tanto alzare l’asticella dell’analisi può condurre a qualche cosa di interessante. Poi, per il resto, lo studio è stato partizionato e altri articoli precedenti sono già apparsi. Ovviamente non si può pretendere che i lettori se li ricordino… Ma penso che anche preso a pillole, qualche cosa di interessante possa emergere. Soprattutto perché, nonostante tutto, L’arte della guerra di Sun Tzu non è un testo agevole, anche se è scritto in modo apparentemente fruibile.

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      Marco 10 Settembre 2014 at 20:09

      Infatti io l’ho trovato molto interessante.
      Sono voluto intervenire solo perché ritenevo che la concomitanza con la performance di Caruana non fosse la vera causa per la quale non fossero stati postati commenti (almeno nel mio caso non era stato certo per questo motivo).
      Sarebbe ovviamente interessante conoscere altri opinioni “dalla base” in merito ma spero che la mia sia stata d’aiuto nell’analisi della questione.

      Buonasera a tutti

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        Giangiuseppe Pili 11 Settembre 2014 at 00:22

        Caro Marco, non ci sono problemi. Lei fa bene a esprimere la sua opinione, più che ragionevole, io credo. Tutto considerato, comunque, per me, autore, è più importante sapere che c’è qualcuno a cui interessano i lavori, piuttosto che sapere che essi sono sempre commentati. Ma sapere di aver catalizzato la sua attenzione (e quella di altri) è per me ricompensa sufficiente agli sforzi!

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          DURRENMATT 11 Settembre 2014 at 14:40

          …i tuoi lavori, caro Pili,li trovo interessantissimi.Chi scrive è un assiduo frequentatore del tuo blog. Molto “attraente” il tuo insight sull’arte della guerra…buon lavoro.

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    Giancarlo Castiglioni 29 Settembre 2014 at 22:54

    Avevo letto a fatica e senza molta attenzione il pezzo quando era uscito e avevo notato la mancanza di commenti.
    Visto che adesso vi alcuni commenti sono usciti, ho cercato di leggerlo di nuovo.
    Credo che la mancanza di commenti sia dovuta al fatto che pochi sono riusciti a leggerlo per intero, a parte la mancanza di qualsiasi riferimento o connessione con gli scacchi, cosa che personalmente ritengo perfettamente ammissibile.
    Francamente mi sembra una mescolanza di affermazioni ovvie con altre incomprensibili.
    Questo malgrado io sia interessato all’argomento e abbia letto il libro di Sun Tzu senza difficoltà.
    Sarà un mio limite, ma arrivato alla fine della lettura non sono in grado di fare un sunto di quanto letto.
    Qualcuno degli estimatori si sente in grado di farlo?
    Mi spiace di dover essere così critico, ma invito l’autore a mettersi nei panni di chi legge i suoi pezzi.

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      o3bor52 2 Novembre 2014 at 00:34

      Ciao Giancarlo! Personalmente trovo che ci sia una grande connessione fra il gioco degli scacchi ed il libro di Sun-Tzu. Nella filosofia Taoista esistono lo Yin e lo Yang che possono essere complementari l’uno verso l’altro o rivali, mentre risulta relativo il concetto di bene e male legati per lo più alle due forze cosmiche in questione e cioè lo Yin (principio oscuro) e lo Yang (principio luminoso). Secondo me Sun-Tzu vuole dimostrare che lo scopo principale del suo libro è di raggiungere l’equilibrio fra le due forze in opposizione, e questo si può ottenere diplomaticamente se si riesce a far sì che le due forze diventino complementari fra loro, o con la forza, se una delle due forze vuole imporsi sull’ altra. Praticamente la vera vittoria è…. la partita patta…

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