Solomon era rannicchiato in un angolo del vagone e spostava i pezzi sulla sua fedele compagna, la scacchiera tascabile. Il du-dun du-dun del treno aveva un effetto ipnotico, letargico, e di tanto in tanto a Solomon, che era digiuno da quasi quarantotto ore, cadeva il mento sul petto, mentre gli occhi si chiudevano.
La sua vicina, una ragazza di non più di vent’anni, con i capelli biondi che le ricadevano scomposti sulle spalle, aveva gli occhi chiusi e di tanto in tanto mormorava parole incomprensibili. Si era addormentata col naso schiacciato contro la spalla di Solomon e russava sommessamente. Solomon aveva fame; qualche ora prima la ragazza aveva estratto dalla tasca del cappotto un pezzo di pane raffermo e, senza dire una parola, glielo aveva offerto, ma lui aveva rifiutato con un brusco cenno del capo. Lei, dopo il rifiuto, aveva addentato il pane scoprendo denti bianchissimi, poi aveva infilato nella tasca del cappotto quello che era rimasto, non senza averglielo nuovamente offerto.
Solomon tornò a dedicare la propria attenzione alla scacchiera. Stava ricostruendo una partita che aveva memorizzato poco prima dell’irruzione delle SS, una partita giocata da Akiba Rubinstein una trentina d’anni prima. Solomon aveva una memoria notevole, e racchiudeva nella mente decine di partite, che lui considerava autentiche opere d’arte; le riproduceva sulla piccola scacchiera rinnovando, ogni volta, il piacere estetico che gli veniva offerto.
Rubinstein, Janowski, Lowtzky, Bernstein…
“Perchè noi ebrei siamo bravi a giocare a scacchi?”. Frequentava poco la sinagoga, ma sapeva che il rabbino raccomandava il gioco degli scacchi come passatempo lecito, contrariamente ai dadi o alle carte, ed era forse per questo motivo che gli ebrei… Quasi in ogni casa del ghetto di quella città che, dopo due soli giorni di viaggio, gli appariva tanto lontana nello spazio e nel tempo, c’era una scacchiera. Solomon sapeva di essere il più bravo tra i suoi coetanei, era stato battuto soltanto da David Mandelbaum, ma quello aveva diciotto anni, quattro più di Solomon. Scacciò il pensiero con fastidio, ricordando l’errore col quale aveva compromesso la partita.
La ragazza si mosse nel sonno ed una mano di lei gli cadde sulla patta dei pantaloni. Un brivido, la tentazione di scacciare quella mano che gli stava provocando un violenta erezione. Solomon non aveva ancora conosciuto una donna, a quattordici anni le fantasie sono tante, ma ancora non sapeva… Ripose la scacchiera nella tasca della giacca, afferrò con delicatezza la mano della ragazza, mentre l’inguine gli doleva per la forza del desiderio, e lentamente la allontanò, mentre gli sfuggiva un sospiro. “Quando tutto questo sarà finito avrò una ragazza e…”. In fondo al vagone una bambina piangeva chiamando la madre.
“Quando arriveremo? E dove?”. Poche ore prima aveva sentito dire che li stavano portando, come tutti gli altri ebrei, in un campo di lavoro. “Se vogliono farci lavorare dovranno anche darci da mangiare” pensò, mentre i morsi della fame lo riaggredivano. Negli ultimi mesi era dimagrito parecchio a causa della penuria di cibo.
I suoi genitori erano stati spinti in un vagone vicino, e non vedeva l’ora di abbracciarli alla fine di quel viaggio interminabile. Con loro c’erano anche il calzolaio del ghetto, il droghiere al quale avevano spaccato la vetrina col calcio dei fucili, il rabbino…
“Perchè i tedeschi ci odiano? Che male hanno fatto Samuel il falegname, Moshe l’arrotino? Che male ha fatto mio padre?”. Sentiva freddo alle gambe: dal pavimento del vagone salivano spifferi d’aria gelida che filtrava tra le assi sconnesse. Ore prima, con sua grande vergogna, aveva svuotato la vescica non riuscendo più a contenersi, ma pareva che nessuno se ne fosse accorto. “Perchè ci trattano così?”
Il treno stava rallentando; Solomon sentì il vagone scuotersi lateralmente. “Uno scambio”, poi lo stridere dei freni e qualche attimo di silenzio. All’esterno si udivano voci urlare comandi in tedesco, ed improvvisamente il portellone del vagone si aprì. Con le membra indolenzite Solomon aiutò la ragazza ad alzarsi: saltarono giù dal vagone e vennero raggruppati, mentre l’alba rischiarava l’orizzonte.
Faceva freddo. Stringendosi l’uno all’altro vennero avviati lungo i binari. col respiro che formava bianche nuvole di vapore. Cercò con lo sguardo i genitori, ma non riuscì a scorgerli in mezzo a quella moltitudine.
Solomon toccò la piccola scacchiera nella tasca della giacca, mentre lo sguardo gli cadeva su di una scritta che sovrastava il cancello d’ingresso al campo: “Arbeit macht frei”, e subito dopo avvertì il fetore che, unitamente ad un fumo nero, oleoso, usciva da un’ alta ciminiera. Tre ufficiali delle SS, avvolti nei loro lunghi cappotti neri, smistavano, secondo un criterio noto soltanto a loro, adulti e ragazzi, e di tanto in tanto qualche ragazza veniva avviata verso un gruppetto di coetanee che rabbrividivano nel gelo dell’alba.
“Be’, troverò qualche avversario da sfidare” pensò, toccando la piccola scacchiera; si incamminò, con gli altri, verso le baracche. La scacchiera gli avrebbe tenuto compagnia.
Quando giunse davanti ai tre SS uno di questi lo fermò piantandogli un frustino sul torace e si girò verso gli altri due: “Schauer?” domandò. I due squadrarono Solomon da capo a piedi ed uno pronunciò un noncurante “ja” tornando ad osservare la moltitudine che arrancava nel fango.
Solomon parlava tedesco. “Ci fanno fare la doccia” pensò, sollevato all’idea di ripulirsi.
Il soldato che si era fermato accanto a Solomon, in attesa degli ordini degli ufficiali, spinse il ragazzo, usando il calcio del fucile, all’interno di una lunga fila diretta verso un edificio basso con grandi porte metalliche che, in quel momento, erano spalancate come fauci di un mostro in attesa di divorare le vittime.
Ore 15: il parlamento ha deciso, dopo la prima votazione, che il nuovo presidente della repubblica è Paolo Bagnoli!!! 😉
Magari ❗
Sono sicuro che il 90 % degli scrittori italiani ha meno talento di Paolo
Mi piacerebbe veramente che questi suoi racconti possano venire un giorno raccolti in un libro .
Forza Paolo !
E pensare che ancora oggi c’è chi sostiene di non essere sicuro che tutti i tedeschi sapessero (vedi commento di un lettore all’art. “il giorno della memoria”…..
Ho scelto personalmente di non commentare ma forse l’incauto lettore non sa che (giusto per fare un esempio) la propaganda nazista appendeva manifesti sui muri raffiguranti persone disabili con la scritta che costavano troppo allo stato.
L’intendo era quindi diffondere l’idea che era “logico” eliminarli…(!)
Potrei fare altri mille esempi ma ciò che secondo me è importante oggi per non commettere gli stessi orrori del passato è studiare, studiare e studiare.
La cultura è fondamentale perché come si dice…”l’ignoranza uccide”!
PS.
Grande Paolo, come sempre eccellente pezzo.
Atteggiamento meschino, il tuo. Primo, perchè non hai nemmeno il coraggio di scrivere che il commento era il mio (“un lettore”…
Secondo, perchè non hai il coraggio di ammettere che quello che scrivo non è del tutto campato in aria. Se il tuo ragionamento fosse corretto, a Norimberga avrebbero dovuto sentenziare di fucilazione tutti i tedeschi, a parte i rari Oskar Schindler. Invece ci furono anche delle assoluzioni tra i gerarchi (che si presuppone sapessero tutti delle atrocità del regime) o quanto meno condanne più lievi della pena capitale.
Con questo, non sto minimamente assolvendo o revisionando gli orrori nazisti. MA sto cercando di far capire che “non si può fare di tutta l’erba un fascio” e che, logicamente, non tutto il popolo tedesco degli anni 30-40 può essere considerato – come fai tu – “correo” di Hitler.
Non ti rispondo perché non meriti risposta.
Vergognati ignorante.
…quoto “Dark side…”.
Mi avete già risposto. Dimostrando una vostra inesistente propensione al dialogo, ma non entrando nel merito delle mie considerazioni. Forse perchè oltre al “dagli al nazista” non avete molto altro da offrire al dibattito. Mi spiace, perchè evidentemente non volete cercare di capire i punti di vista un po’ più articolati. Detto questo, passo e chiudo, non voglio fomentare ulteriori sterili polemiche.
Artur Kogan è nato a Kiev dove avvenne uno dei più brutali ( se si puo’ stabilire un graduatoria della brutalità) eccidi nazisti
Mi ha raccontato che in pratica tutto i suoi avi furono sterminati durante l’olocausto .
Oggi Art compie 41 anni ed è stato scelto come giocatore del giorno dal sito
http://www.chessgames.com
Tanti auguri caro amico e un ” fuerte abrazo” e un beso al piccolo Rafa
Auguri grande Art!
Che dire se non un altro grazie a Paolo Bagnoli anche per questo breve ed intenso suo scritto ? Mi ha fatto venire in mente il bel romanzo “Scacco perpetuo” di Icchokas Meras pubblicato da La Giuntina nel 2007: se qualcuno non l’ha ancora letto… lo faccia! 😉
Non conosco il romanzo che hai citato, ma posso fornire altri due suggerimenti: a) “Il bambino col pigiama a righe”, film che ho visto in TV due giorni fa; b) il documentario di cui Hitchcock fu coordinatore nell’immediato dopoguerra.
Anche “Mila 18” non è male, anche se un po’ retorico in alcuni punti.
Oggi, su Radio 24, ho ascoltato la trasmissione di Minoli con testimonianze dell’epoca su chi SAPEVA (negli USA, in Gran Bretagna, in Vaticano, ecc.) e, per motivi che oggi sono abbastanza chiari, non volle fare nulla. Se vi càpita, ascoltatela anche voi in “registrata”.
Bellissimo racconto, Paolo. Tutti i tuoi lo sono, questo ancora di più.
Toccante! Grazie
Avanti così, Paolone!