in sogno su un praho

Scritto da:  | 2 Maggio 2015 | 3 Commenti | Categoria: Racconti
Dedicato a tutti coloro che, in età adolescenziale, hanno divorato gli scritti di Emilio Salgari. Sognando sul praho 1
Il praho stava doppiando il capo, mentre Sambigliong stava armando il mirim, bocca da fuoco meno potente del lila, pur se più potente delle spingarde allineate sulla fiancata di dritta dell’imbarcazione. Sandokan era intento a studiare la sua prossima mossa, mentre Yanez, fumando l’ennesima sigaretta, osservava lo scacchiere con un sorriso sarcastico sulle labbra. Alcune pinasse dei pescatori del luogo si dondolavano pigramente sulle onde, in quel momento tranquille, del mare malese.
A due miglia di distanza, fino ad allora nascosta dal promontorio alle radici del Kina Balu, montagna che si erge ad oltre quattromila metri sul livello del mare, comparve lo schooner di sir James Brooke, rajah di Sarawak. Potentemente armato, lo schooner disponeva di otto bocche da fuoco su ogni fiancata e, pur avendo la velatura di un brigantino, poteva prendere il vento come un clipper, disponendo in tal modo di una velocità superiore a quella del praho.
“Per la barba del Profeta! A me , tigrotti!” gridò Sandokan scorgendo l’imbarcazione dell’odiato nemico ed abbandonando lo scacchiere. Yanez, a sua volta, si levò in piedi, pronto ad affrontare lo scontro che si preannunciava prossimo, dimenticando il giuoco. Uno sbuffo di vapore si levò dal fianco dello schooner, ma la distanza era ancora troppa, ed il proiettile cadde senza conseguenze nei flutti.
“Ragno di Mare!” chiamò Sandokan a gran voce, ed il fido tigrotto fu davanti a lui con un balzo felino. “Ordina, Tigre!”. Sandokan, con gli occhi annebbiati dall’ira, emise il comando: “Trenta gradi a dritta, innalzate velacci, controvelacci, coltellacci e scopamari, tutta la tela al vento, e puntiamo sulla palude alla nostra destra! A me il timone!”. Aggrappandosi ai paterazzi di tribordo, la Tigre della Malesia prese il comando con una brusca accostata.
Sognando sul praho 5
L’improvvisa manovra sorprese l’equipaggio dello schooner, ed il praho scomparve tra gli altissimi bambù ed i sottili paletuvieri, piante che provocano il vomito prieto, ovverossia la temutissima febbre gialla, nascondendosi in tal modo alla vista del nemico. Alcuni lamantini, detti anche delfini d’acqua dolce e dal muso che richiama vagamente fattezze umane, percorrevano le basse acque della palude, ed una famigliola di tapiri pascolava sulle sponde.
“Gettate l’ancora!” ordinò Sandokan e l’equipaggio rispose prontamente al comando, facendo arrestare l’imbarcazione dove lo scafo nemico non poteva raggiungerla, in considerazione del diverso pescaggio, che venne confermato dal fido Sambigliong; “Meno di due braccia, Tigre!”. Rassicurato dal tigrotto, Sandokan si rivolse a Yanez: “Torniamo allo scacchiere, amico mio, e portiamo a termine la nostra partita”. Yanez, accendendosi l’ennesima sigaretta, sedette sullo sgabello in legno di tek finemente intagliato, e ribattè con assoluta calma: “A te la mossa”.
La Tigre della Malesia, per nulla scosso dai recenti avvenimenti, tornò a dedicare la propria attenzione all’intricata posizione. “Diavolo d’un uomo!” pensò, mentre Yanez fumava l’ennesima sigaretta. La situazione era disperata, l’avversario portoghese minacciava un matto in tre mosse, che gli occhi di falco della Tigre di Mompracem non avevano mancato di notare. Dal boccaporto di prua emerse il fido maharatto Kammamuri; con un repentino cenno della mano Sandokan gli ordinò di avvicinarsi: “Kammamuri, sei noto come il miglior giocatore dell’Assam. Che faresti in codesta situazione?”.
Il maharatto osservò con attenzione lo scacchiere e, con fare pensoso, disse: “Non vedo vie d’uscita. Nemmeno il bramino che mi insegnò il giuoco potrebbe…”. Sandokan frugò nella fascia che gli cingeva i fianchi, estraendone un rubino delle dimensioni di una noce e lo porse a Kammamuri: “E’ tuo se mi salvi!”.
Sognando sul praho 7
Yanez, dalla sua posizione, osservava con un sorriso sardonico tutto quell’agitarsi attorno allo scacchiere. Gettò il mozzicone nelle torbide acque infestate dai caimani, ed accese l’ennesima sigaretta dicendo: “Ho scorto sulle sponde un branco di babirussa. Penso che scenderò a riva a procurare un buon colpo di forchetta per la cena di questa sera”. Afferrò la carabina, cinse la spada temprata nelle acque del Guadalquivir ed imboccò il pontile, addentrandosi nella boscaglia.
Non più osservato dall’avversario, Sandokan interpellò il maharatto: Allora?”. Kammamuri agitò la mano nell’aria, quasi a scacciare un fastisioso buhami, insetto che abbonda nelle paludi del Borneo e del quale i dayachi si nutrono, essendone ghiotti, e con fare incerto osservò: “Forse sacrificando la Dama potresti…” ma si interruppe bruscamente esclamando: “Il greco! Egli mi ha confessato di aver battuto allo scacchiere i migliori giocatori di Smirne!”. Poi, rivolgendosi ad un tigrotto che sedeva sulla murata di dritta, ordinò: “Portate il prigioniero!”.
In un batter d’occhio due marinai trascinarono in coperta un individuo coperto da cenci ed il cui corpo era segnato da innumerevoli ferite. Sandokan e Kammamuri lo fissarono con sguardo gelido per alcuni istanti, e la Tigre della Malesia disse: “Mi dicono che tu sei esperto nel giuoco degli scacchi. Che faresti in codesto frangente?”.
Sognando sul praho 3
Il nuovo arrivato era Teotokris, un greco dell’Arcipelago catturato nei pressi di Pontianak. Con fare incerto di avvicinò allo scacchiere, osservò la posizione dei pezzi e, dopo qualche minuto, pronunciò il proprio verdetto: “All’apparenza per il Nero non esiste salvezza, ma talvolta l’apparenza inganna”, chiudendosi subito in un ostinato mutismo. “Avanti, parla!” ordinò Sandokan.
Teotokris, sorridendo con fare mellifluo, replicò: “Che ne avrei di vantaggio?”. La Tigre, agitandosi sullo sgabello in legno di cedro del Libano, ribattè: “La libertà, ed una tratta di un milione di rupie da incassare presso il banco di Balikpapan, ove godo di credito inesauribile!”.
I greci dell’Arcipelago, noti per la loro astuzia a differenza dei cittadini di Atene o Tessalonica, nulla fanno senza averne qualcosa in cambio, e Teotokris si affrettò a soggiungere: “Potrei, ma…” . “Due milioni allora! Ma non abusare della mia pazienza, o potrei gettarti in pasto ai caimani!”. “Ho la tua parola, Tigre?” “Hai la mia parola, che in tutto il Borneo vale più di qualsivoglia scritto!”.
Il greco si avvicinò alla scacchiera e sentenziò: “Interponi l’Alfiere e, qualora l’avversario lo catturi, potrai a tua volta catturare il pezzo avversario infliggendogli un controscacco che sarà per lui mortale ed avrai in tal modo la salvezza”. Esterrefatti, Sandokan e Kammamuri, che nel frattempo erano stati raggiunti da Tremal-Naik, non poterono che profferire un: “Geniale!”. La Tigre, convocando presso di sè due tigrotti, ordinò: “Approntate una scialuppa ponendovi vettovaglie per due settimane e liberate quest’uomo”. Poi, estraendo dalla fascia che gli cingeva i fianchi penna e calamaio, ricolmo dell’inchiostro delle seppie dei banchi di Celebes, oltre ad un foglio vergine di scrittura, compilò la nota di credito destinata al greco, che nel frattempo stava già calando in acqua la scialuppa. Porse a Teotokris quanto aveva vergato e lo ammonì: “Il tuo aiuto mi è stato prezioso, ma non osare attraversarmi la strada una seconda volta”. L’altro non profferì parola ed iniziò a remare vigorosamente, scomparendo ben presto alla vista.
Sognando sul praho 2
Riapparve in quel momento Yanez, che stava fumando l’ennesima sigaretta, seguito da due marinai che recavano la carcassa del babirussa ucciso dal portoghese, oltre ad alcune pernici che abbondano su quelle rive, e disse: “Allora, Sandokan, amico mio, hai deciso il da farsi?”.
“Per mille colubrine sfondate” rispose Sandokan “tu pensavi, fratellino mio, di avermi battuto, e confesso di aver disperato della mia situazione, tuttavia quel cane d’un greco dell’Arcipelago che tenevamo sotto chiave nella stiva mi ha suggerito una astuta via d’uscita. Ed ora, ecco qui!” concluse, eseguendo la mossa suggerita da Teotokris.
Yanez, accendendosi l’ennesima sigaretta mentre Tremal-Naik iniziava ad arrostire il babirussa, le cui carni vengono considerate un autentico giulebbe da parte dei dayachi, considerò con fare pensoso la nuova posizione, indi, tralasciando il seguito predetto dal greco, inferse uno scacco di Torre che non mancò di lasciare attoniti Sandokan e Kammamuri. Il maharatto, aggrottando le ciglia, borbottò: “Quest’uomo è un demonio” provocando un sorriso di scherno da parte del portoghese che consumava l’ennesima sigaretta. Sandokan, scosso dall’imprevista nuova posizione delle figure, protese con fare incerto una mano verso la mortale Torre, ma venne fermato da Kammamuri: “Attento, Tigre, se catturi la Torre verrai mattato dall’insidioso Cavallo!”.
Seguirono alcuni minuti di sepolcrale silenzio, nel corso dei quali Sandokan, Kammamuri e Tremal-Naik, il quale aveva già messo ad arrostire la carcassa del babirussa su di un focherello di legno approntato con tronchi di konotak, alberi che abbondano sulle costiere del Borneo ed i cui succhi insaporiscono le carni della selvaggina, considerarono la nuova precaria situazione. “Forse…” azzardò Tremail-Naik. “Taci!” replicò imperiosamente la Tigre della Malesia, mentre l’impassibile Yanez accendeva l’ennesima sigaretta. Trascorsero ancora alcuni minuti, fino a quando Sandokan ordinò: “Portatemi quel cane d’un greco dell’Arcipelago! I suoi suggerimenti erano errati!”. Sambigliong e Ragno di Mare si scambiarono uno sguardo imbarazzato ed il primo rispose: “Tigre, come tu hai ordinato lo abbiamo liberato”.
Sognando sul praho 10
Sandokan alzò lo sguardo verso il maharatto, sempre immerso nelle sue considerazioni: “Kammamuri, tu che hai avuto ragione dei bramini dell’Assam, di Calcutta e di tutto il Pungiab, corri in mio soccorso!”. Kammamuri, interpellato con quegli accenti disperati dalla Tigre della Malesia, protese con esitazione una mano verso lo scacchiere, ritirandola immediatamente. “No, codesta è fallace” sentenziò rinchiudendosi nelle sue meditazioni.
Yanez, accendendo l’ennesima sigaretta, osservò: “Arrenditi, fratellino! In ogni modo, l’arrosto di babirussa è pronto e non vedo l’ora di poterlo assaggiare” e ciò dicendo si avvicinò a Tremal-Naik, che stava già affettando la carcassa arrostita a dovere. “Ho sete di sangue!” gridò Sandokan, spazzando lo scacchiere con un violento gesto del braccio. “Dov’è quel cane d’un greco? Lo scuoierò vivo e lo lascerò in pasto ai caimani!”. Poi, borbottando frasi inintelligibili, afferrò un brano dell’arrosto addentandolo con furia.
“Suvvia, fratellino, non ti alterare in codesto modo” commentò Yanez, accendendo l’ennesima sigaretta “In fondo non è il primo partito nel quale vieni da me sconfitto, ed i due milioni da te donati al greco sono un’inezia a confronto delle immense ricchezze che conservi nella nostra Mompracem”.
Le fiamme che ardevano negli occhi della Tigre della Malesia si spensero a quelle parole del fraterno amico, compagno di tante battaglie. “Ebbene, assaggiamo questo arrosto” borbottò, continuando ad inghiottire succulenti bocconi della carne del babirussa ed innaffiandoli con boccali di vino di Sumatra, portato in coperta da alcuni tigrotti che ben conoscevano le abitudini alimentari di Sandokan.
Sognando sul praho 8
Accendendo l’ennesima sigaretta, rivolto a Sandokan, Yanez disse: “Sandokan, non dimenticare di versarmi la posta del partito, quel magnifico smeraldo che intendo appuntare sul bavero della mia giacca”. “Già, è pur vero, sono sconfitto ed è giusto ch’io paghi” dichiarò la Tigre della Malesia frugando nell’ampia fascia che gli cingeva i fianchi estraendone una pietra dai bagliori verdastri che porse all’amico.
In quel preciso istante un colpo di lila esplose in lontananza, seguito dopo qualche secondo da uno spruzzo che si levò dalle acque della laguna, non distante dalle fiancate del praho.
“A me, tigrotti! Alle vele! Tu, Sambigliong, arma le colubrine a mitraglia! Si salpi l’ancora! Andiamo a far visita a sir James Brooke, che Shiva lo maledica!”. Sognando sul praho 6
(Potrei andare avanti all’infinito, ma chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui può facilmente immaginare il seguito, e chi non ha mai letto Salgari non sa quello che si è perso…;)

Sognando sul praho 12

avatar Scritto da: Paolo Bagnoli (Qui gli altri suoi articoli)


3 Commenti a in sogno su un praho

  1. avatar
    Mongo 2 Maggio 2015 at 12:42

    Grazie Paolo, mi hai fatto tornare bambino. 😛
    Sale e scende la marea…

    • avatar
      Cesare 2 Maggio 2015 at 21:51

      Sì, son d’accordo anch’io: Paolo oltre che saper scriver benissimo ha il dono di saper come fare per calarci in atmosfere magiche ed emozionanti.

  2. avatar
    fabrizio 3 Maggio 2015 at 19:19

    Eh, sì! non ricordo quale fu il primo in assoluto (forse ” I misteri della jungla nera”;), ma i libri di Salgari sono stati certamente i compagni fantastici delle mie prime letture infantili. Grazie Paolo per questo divertente tuffo nella memoria! 😛 😛

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


CLICCA QUI PER MOSTRARE LE FACCINE DA INSERIRE NEL COMMENTO Locco.Ro

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

La Palestra dei Finali

Chess Lessons from a Champion Coach

Torre & Cavallo - Scacco!

Strategia di avamposti

I racconti del Grifo

57 Storie di Scacchi
2700chess.com for more details and full list

Ultimi commenti

Problema di oggi