La mia prima partita

Scritto da:  | 11 Marzo 2015 | 57 Commenti | Categoria: C'era una volta, Circoli, Personaggi

Amatori Scacchi Genova 13

Da alcuni giorni stavo riguardando e risistemando i miei scarsi cimeli scacchistici (libri, appunti, fotografie, formulari di vecchie partite…;) senza uno scopo definito; improvvisamente mi ero ritrovato tra le mani qualcosa che non credevo assolutamente di aver conservato e che suscitò un’ondata di immagini ed emozioni, lontane nel tempo ma sin troppo vive e coinvolgenti.

Guardavo pensieroso la data scritta sul formulario e, in un tentativo di distogliermi dai ricordi, mi ero chiesto: cos’è successo di veramente importante per il mondo il 29 ottobre 1965?

Se si vanno a consultare enciclopedie online di storia si può leggere che quel giorno Ben Barka, oppositore del regime marocchino, scomparve misteriosamente a Parigi, che c’era stata una esplosione atomica sotterranea nelle Isole Aleutine (Alaska), che l’escalation militare degli Stati Uniti in VietNam era in corso.

Di fronte a notizie così importanti è sicuramente molto presuntuoso accostare il piccolo e insignificante episodio che mi riguarda: la mia prima partita in un vero torneo di scacchi, presso il Circolo Amatori Scacchi di Genova.

Ma tant’è! Se consideriamo che anche la Storia con la esse maiuscola, almeno secondo taluni semplicisti, non è altro che una tra le tante possibili sintesi narrative di innumerevoli vicende personali, più o meno significative, mi sento un pochino più giustificato nel raccontare le mie private banalità.

Allo stesso tempo debbo confessare che quanto racconto è per me soprattutto un pretesto per ricordare Genova e quell’ambiente scacchistico, che per primo mi accolse e che mi è sempre rimasto nella memoria.

Chiedo scusa a priori se, a distanza di cinquanta anni, i miei ricordi su qualche dettaglio minore della storia possano essersi deformati e che io li possa avere in qualche modo abbelliti; assicuro però che tutti gli aspetti significativi sono assolutamente veritieri.

Sestri

La vicenda era cominciata con una telefonata fatta dal mio amico Bernardo (collega salernitano del corso TS1t 1964-1966 di specializzazione in telefonia presso il CIFAP di Via Giotto a Sestri Ponente) ad Adriano Chicco, il noto problemista ed erudito storico degli scacchi. Tra l’altro coautore (insieme a Giorgio Porreca) de“Il libro completo degli scacchi”, da me da poco tempo acquistato. Detto libro, certamente conosciuto da tutti gli scacchisti di una certa età, era di piacevolissima lettura ed uno dei pochi allora disponibili in lingua italiana. Per questo era diventato una specie di vangelo scacchistico per tutti i principianti come me e Bernardo.

Amatori Scacchi Genova 22Sestri, inizio di Via Giotto come appariva nel 1965. Bernardo è il ragazzo biondo in piedi sul muretto.

Via Giotto nel 2015Lo stesso identico tratto di strada come invece appare oggi, a distanza di mezzo secolo.

Via ManaraVia Manara, la strada ove aveva sede la gloriosa San Giorgio all’inizio del ‘900. L’edificio della CIFAP è stato costruito al posto di quello col cartello stradalle con le indicazioni per Savona.

Via Manara Giro 1938La stessa strada durante il passaggio del Giro d’Italia del 1938

Sestri casa di Fausto CoppiA Sestri Ponente per alcuni anni, a partire dal 1945, ha vissuto Fausto Coppi, quando si è sposato con la giovane sestrina Bruna Ciampolini.L’appartamento, condiviso con i suoceri, è al terzo piano di questo edificio d’angolo tra Via Donizetti e Via Sestri, a poca distanza dal tratto di Via Travi che, per iniziativa dei ciclisti sestrini, è stato intitolato al campione.

Con il mio amico, infatti, avevo cominciato da qualche mese a giocare sia a bridge che a scacchi nel bar-dopolavoro di via Giotto, per passare le ore libere dagli impegni di studio. Ci illudevamo di aver raggiunto un discreto livello in entrambe i giochi, ma soprattutto in quello scacchistico, visto che cominciavamo ad esser considerati dai nostri colleghi come gli avversari più temibili.

Mi chiedo ancora come il mio amico avesse fatto a rintracciare Chicco, in quei tempi privi di Google e Facebook (ma forse era stato sufficiente il banale elenco telefonico).

Fatto sta che Bernardo, in un qualche bel giorno dell’autunno 1965, mi disse:

“Ho telefonato al Dott. Chicco, che mi ha dato l’indirizzo di un circolo di scacchi. Che ne dici: andiamo a dare un’occhiata?”

La curiosità era forte e cercammo di capire dove si trovasse la sede del circolo.

Vecchia SestriUn’immagine di Sestri in quegli anni…

Per noi, che risiedevamo a Sestri, si trovava dalla parte opposta di Genova, nel quartiere di Albaro, in una traversa di Corso Italia di cui non ricordo il nome (rivedendo oggi, con Street View, si tratta probabilmente di via Quarnaro). E così un giorno di ottobre, quasi certamente un sabato, giornata per noi libera da impegni di studio, ci avventurammo in quella zona a noi poco conosciuta. Infatti le nostre perlustrazioni della città si erano concentrate di solito ad ovest verso l’allora incantevole lungomare di Pegli, ad est nella zona di Sampierdarena, alla ricerca degli storici “caruggi”, con qualche puntata verso piazza De Ferrari, via XX Settembre, la stazione Brignole.

La bella passeggiata con vista mare di Corso Italia fu una piacevole premessa della giornata che ci aspettava.

Arrivati all’indirizzo che ci era stato indicato ci trovammo davanti alla porta, semplicemente accostata, di un locale a piano terra, dal quale proveniva un brusio di fondo prodotto da parecchie voci, mescolate ad una serie ritmata di piccoli scatti metallici. Ci guardammo un momento perplessi, temendo per un momento che ci fosse stato fornito un indirizzo sbagliato, poi aprimmo la porta ed entrammo. All’interno di una grande stanza c’erano forse una ventina di persone, la maggior parte sedute davanti a scacchiere, impegnate a muovere furiosamente i pezzi ed a colpire a turno quello che sembrava un innocente parallelepipedo di legno, con due quadranti e due pulsanti metallici (non ne avevamo visti in precedenza ma, da ragazzi svegli quali eravamo, capimmo subito che erano i famosi orologi da scacchi).

L’ingresso di quei due ragazzi che si guardavano attorno, evidentemente un po’ spaesati e forse increduli che quello fosse un tipico ritrovo di scacchisti, richiamò l’attenzione di un signore premuroso che ci chiese chi eravamo; dalle nostre risposte capì che eravamo potenziali nuove leve e, dopo averci chiarito che eravamo nella sede dell’Amatori Scacchi di Genova, che le persone sedute alle scacchiere erano impegnate in partite “blitz” (lo disse quasi scusandosi, vedendo le nostre facce perplesse), ci indirizzò verso quello che doveva essere uno dei responsabili del circolo.

Amatori Scacchi Genova 19

Raffaello Fatai, questo il nome dell’allora Presidente, ci accolse cordialmente e ci illustrò il Circolo Amatori (che competeva allora con il più antico e glorioso Centurini ed era certamente, in quegli anni, il più frequentato di Genova). Ci disse inoltre che a distanza di pochi giorni sarebbe cominciato un torneo sociale, aperto a tutti, persino ai principianti come noi.

Il torneo si sarebbe svolto con una cadenza settimanale elastica (la partita era da giocare tipicamente nel fine settimana e nei giorni festivi) e la quota di iscrizione, fatto non trascurabile, era modesta ed accessibile anche a due ragazzi studenti fuori sede come noi.

Alla fine della sua esposizione ci chiese, con fare apparentemente noncurante che sembrava presupporre, però, una risposta scontata:

“Allora?… Volete torneare?”

(non è un errore di stampa: disse proprio così!)

Bernardo ed io ci guardammo: un attimo di indecisione, poi Bernardo, senza consultarmi ulteriormente, rispose per entrambi: “Sì!”.

I pochi giorni che ci separavano dall’inizio del torneo li passammo leggendo il libro di Chicco e Porreca e tentando di imparare qualche rudimento sulle aperture. Sembrava però che i tanti dubbi scacchistici che avevamo invece che dissolversi aumentassero di numero: ma ormai era stato deciso e non potevamo fare marcia indietro senza esporci ad una brutta figura, soprattutto con noi stessi. Ormai ci sentivamo pronti a tutto, come si può arguire anche dalla nostra brillante preparazione e condizione atletica.

Amatori Scacchi Genova 09

Giunse alfine quel 29 ottobre fatidico: un venerdì.

Non ricordo esattamente i pensieri che ebbi quando mi sedetti alla scacchiera, con alla mia sinistra l’orologio e alla destra il formulario da riempire, ma certamente ero emozionato e timoroso nel trovarmi per la prima volta di fronte un avversario che, a quanto mi era stato detto, apparteneva alle categorie nazionali. Non è che allora avessi ben chiaro il significato delle categorie scacchistiche, l’unica cosa che pensai era che il mio avversario, il sig. Lertora, era sicuramente pericoloso; e questo non diminuì certo la mia tensione.

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Avevo il bianco e decisi allora di impostare una posizionale partita di donna, per evitare i temuti trabocchetti, mortali per gli inesperti come me, delle partite di re.

Sorreggeva le mie speranze una blanda infarinatura di alcune varianti del gambetto di donna; perciò quando vidi la risposta Cf6 del mio avversario al mio d4, divenni ancora più cauto. Fare una mossa, scriverla, premere l’orologio, era per un novizio come me una serie di operazioni che richiedeva un livello di attenzione notevole; la partita continuò:

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A questo punto, già fuori dalle poche strade a me conosciute, ricordo che pensai a lungo prima di decidere la ricattura del pedone d4; la cosa ovvia era la ricattura col pedone e3, ma qualcosa mi bloccò. Mi sembrò che questa fosse proprio la mossa che il mio avversario si aspettasse: ebbi perciò la brillante idea di volerlo in qualche modo sorprendere!

Non ridete di me! Non è bello ridere delle disgrazie altrui!

Quando, dopo la lunga pensata, presi il cavallo f3 e lo misi in d4 catturando il pedone, vidi la mano di Lertora che portava rapidamente la donna nera in a5, dando scacco al re; dopo la mia parata di donna, vidi la ancor più rapida donna nera giungere in g5, catturando il mio alfiere indifeso.

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Rimasi di sasso! Avevo preventivato una sconfitta, ma speravo che fosse onorevole!

Sapevo vagamente che a scacchi quando si è in netta inferiorità è consuetudine e buona norma abbandonare: ma in quel momento la mia vergogna interiore fu più forte e me lo impedì. Continuai perciò la partita, facendo apparentemente finta di niente. Dopo più di una ventina di ulteriori inutili mosse, finalmente abbandonai.

Per la gioia, improbabile, degli eventuali storici degli scacchi genovesi, ma certamente per quella dei sadici, questo è il formulario completo di quella partita.

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Questa esperienza traumatica e mortificante avrebbe potuto troncare la mia carriera scacchistica di netto. Se ciò non avvenne lo debbo da un lato a me stesso, che reagii forse nella maniera giusta, non avvilendomi eccessivamente; dall’altro debbo ringraziare alcuni spettatori compassionevoli e in particolare il sig Tabò (in seguito lo conobbi come ottima persona ed uno dei migliori giocatori del circolo, tanto da diventare il mio punto di riferimento scacchistico) che mi consolò e mi disse che, a parte il clamoroso errore iniziale, in fondo non avevo giocato male. Volli credere alla pietosa bugia, detta con atteggiamento affettuoso da fratello maggiore; così quella notte, nonostante tutto, riuscii a dormire senza troppi patemi.

Per fortuna potei riabilitarmi pochi giorni dopo, il 1° novembre, quando riuscii a vincere al 2° turno contro il sig. Di Maria una partita lunghissima, ricca di errori da entrambe le parti.

Rinfrancato dalla vittoria, proseguii il torneo con alterne vicende, perdendo alcune partite, ma vincendone altre. Tra quelle che mi diedero più soddisfazione ci fu la vittoria contro il mitico dott. Fontana (uno dei personaggi più divertenti del circolo, con le sue battute fulminanti e sarcastiche ed il suo spirito sempre combattivo) e la sua ancor più mitica Difesa Scandinava (debbo confessare che per affrontare questa apertura a me sconosciuta, seguii i consigli che mi diede Bozzo, un altro dei giocatori più seri, preparati e disponibili del circolo).

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Il Fontana, di certo non intimorito dal ragazzo che aveva di fronte e per non smentire il suo temperamento battagliero, sacrificò precocemente un cavallo per due pedoni e si lanciò in un attacco spericolato; ma, nonostante molti errori, riuscii alla fine a prevalere.

Ma la partita che sicuramente mi diede più soddisfazione fu quella conclusiva del torneo, giocata contro Tabò: riuscire a pattare contro di lui, uno degli scacchisti che, oltre alla simpatia dimostratami, stimavo maggiormente (dopo due mesi, a conferma, avrebbe vinto il torneo sussidiario A di La Spezia) mi fece capire che stavo imparando e migliorando rapidamente in quell’atmosfera così stimolante.

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Giorgio Tabò

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Infatti, frequentando assiduamente il circolo assieme a Bernardo, avevamo ormai preso dimestichezza con l’ambiente, le persone, i meccanismi di gioco e stavamo iniziando a capire qualcosa di più del mondo affascinante nel quale eravamo entrati. Credo che tutti i giocatori di scacchi abbiano passato questa fase: un vero e proprio innamoramento, un forte desiderio che si appaga soltanto stando seduti davanti ad una scacchiera e muovendo quei pezzi di legno.

Nei fine settimana e talvolta in qualche sera intermedia Bernardo ed io eravamo lì, pronti a cimentarci in partite lampo o ad imparare i trucchi del mestiere osservando le partite dei giocatori più esperti del circolo.

All’inizio del 1966, L’Amatori Scacchi cambiò sede e si trasferì, sempre ad Albaro, in Piazza Leonardo da Vinci, presso il Bar Parente; la nuova sistemazione era molto buona: un bel salone al piano rialzato del bar.

Ricordo che qualcuno ebbe da ridire sul trasferimento, ammonendo gli altri con il detto: “I Circoli nascono al pianterreno e muoiono al primo piano!”.

Ma, almeno per il tempo della mia permanenza a Genova (ovvero fino al settembre 1966), la profezia sembrava assolutamente fuori luogo. Credo che difficilmente un circolo di scacchi potesse essere più vivo e frequentato dell’Amatori del bar Parente.

Ho saputo solo molto tempo dopo che, agli inizi degli anni ’70 il Circolo Amatori si sciolse, confluendo e fondendosi nel Centurini.

Ricordo che, nel periodo primavera-estate del 1966, quasi tutti i sabati arrivavo al bar nel primissimo pomeriggio, insieme a tanti altri, e me ne andavo a notte inoltrata, dopo una indigestione di partite lampo e di chiacchiere scacchistiche.

Ebbi così la fortuna di conoscere tante persone interessanti; oltre ai già citati Tabò, Fatai, Bozzo, Lertora, Fontana, ecco i nomi dei frequentatori più assidui e con i quali ho spesso giocato: Trombetta, Bianchi, Neri (va bene: prima che lo chiediate lo dico io. Sono testimone di una partita ufficiale tra i due: il sig. Neri, con i bianchi, contro il sig. Bianchi, con i neri; non ricordo però il risultato), i fratelli Di Liberto, Celesti, Briffa, Solisio, Benso, Benzi, e tanti altri ancora dei quali non ricordo più il nome.

C’era poi il gruppo di personaggi che costituivano, ai miei occhi di giovane alle prime armi, l’elite del Circolo; questo per indubbio superiore livello tecnico, come il maestro Mario Grassi, il giovanissimo Roberto Cosulich (introverso, di poche parole e da poco giunto a Genova), il “vecchio” e orgoglioso candidato Fazzi, Damele, Resaz, Molinari, Santoro e gli stessi Bozzo e Tabò (con i quali ero però, come detto, in una certa rispettosa confidenza).

Infine aleggiavano nel circolo i nomi di personaggi che solo più tardi capii quanto erano stati importanti, per la storia degli scacchi genovesi e non solo: quelli di Massimiliano Romi e di Dario Vanni. Non ricordo di aver mai incontrato di persona Romi, le cui apparizioni dovevano essere già allora molto sporadiche e di cui si favoleggiava la patta contro il grande Capablanca.

Conservo tuttavia un ricordo indelebile di Dario Vanni, a causa di un episodio che sento di dover raccontare.

In uno di quei sabati che descrivevo prima, in una bella e calda serata di inizio estate, si spandevano nell’aria le note di una romantica canzone di Sergio Endrigo, diffuse da qualche juke box nelle vicinanze.

Era tardi e mi accingevo a ritornarmene a Sestri, quando vidi l’ultimo tavolo con scacchiera, dove si era formato un capannello di persone; mi avvicinai e vidi che si stava analizzando, probabilmente una posizione di problema. C’era una discussione animata, ed ognuno commentava e diceva la sua, proponendo mosse risolutive che però venivano continuamente confutate. Si doveva trattare di un problema difficile, perché nessuno si avvicinava alla soluzione. Una delle persone sedute, che ai miei occhi di ventenne sembrava abbastanza anziana, rimirava la scacchiera intensamente: ad un certo punto propose una mossa e si cominciò a verificarne la correttezza.

Sì! Era quella giusta!

Mentre tutti, dopo la verifica, si complimentavano, elogiando l’eleganza della soluzione, sentii Vanni (si trattava proprio di lui) pronunciare, con un atteggiamento rapito, da vero innamorato degli scacchi:

“Che bel gioco! …Che bel gioco!”.

Quelle poche parole, sentite in quella bella serata, mi sono rimaste impresse fino ad oggi e mi hanno fatto capire che il vero appassionato di scacchi resta tale per tutta la vita.

Quei giorni dell’estate 1966 passavano rapidamente e mi resi perciò conto che la mia avventura umana e scacchistica a Genova si stava ormai concludendo.

Vecchia Zena

A settembre, terminato il corso al CIFAP, mi preparavo a tornare a Roma.

Avevo vent’anni e la chiara sensazione che si stava chiudendo un periodo della vita: dovevo prepararmi ad affrontare nuove e sconosciute problematiche, e non solo scacchistiche.

Volli fare un’ultima visita al circolo per salutare almeno qualcuno prima di partire. Ovviamente ci fu chi mi chiese: “E adesso cosa farai a Roma?”

Mentre tentavo di trovare una risposta non troppo banale riguardo i miei progetti per il futuro, o magari dire più semplicemente e correttamente: “Non lo so!”, il juke-box rispose inaspettatamente per me.

Ciao Bernardo!

Ciao Genova!

Addio Amatori Scacchi!

avatar Scritto da: Fabrizio (Qui gli altri suoi articoli)


57 Commenti a La mia prima partita

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    Martin 11 Marzo 2015 at 19:14

    Ti ringrazio tantissimo, Fabrizio, per questo ricordo che mi ha fatto commuovere…

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      fabrizio 11 Marzo 2015 at 22:06

      Grazie a te, caro Martin per le belle immagini della Genova di una volta.

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        Tristano Gargiulo 13 Marzo 2015 at 23:39

        Bellissimo articolo Fabrizio!

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          fabrizio 13 Marzo 2015 at 23:58

          Grazie Tristano; quando ci vediamo? Sarebbe bello tornare da Mario Boschetti!

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            Tristano Gargiulo 14 Marzo 2015 at 00:51

            Inizio di aprile? Fino a fine marzo sono parecchio impegnato con i viaggi a Cagliari

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        fabrizio 19 Marzo 2015 at 14:16

        Martin, ma dove le trovi tutte queste belle foto dei personaggi del ciclismo?

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    paolo bagnoli 11 Marzo 2015 at 20:45

    Splendido, Fabrizio! QUESTI sono gli Scacchi! Prima o poi dovrò anch’io riesumare i ricordi del mio amato e mai dimenticato Circolo Scacchistico Bolognese.

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      fabrizio 11 Marzo 2015 at 22:35

      Grazie Paolo. Aspetto con ansia i tuoi, di ricordi (e non credo di essere il solo!)

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        paolo bagnoli 11 Marzo 2015 at 23:02

        Santo Cielo, quanto siamo vecchi!!

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    Enrico Cecchelli 11 Marzo 2015 at 23:20

    Complimenti per l’articolo , ben scritto e molto toccante

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    Piero 12 Marzo 2015 at 00:04

    e che bella la Sandrelli!!

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    Tamerlano 12 Marzo 2015 at 09:49

    Gran ricordo, leggendo sembra di essere il protagonista. Un bel grazie all’autore.

    Tamerlano

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    Zenone 12 Marzo 2015 at 12:31

    Per uno che ama ricordare queste righe sono ossigeno puro.
    Grazie

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    Ricardo Soares 12 Marzo 2015 at 14:59

    Un gioiello di articolo, una testimonianza di rara efficacia e intensità. Proprio così me lo immaginavo. Complimenti a Fabrizio.

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    Alessio66 12 Marzo 2015 at 15:30

    Bellissimo articolo. Mi ha emozionato leggerlo. Per quelli come noi, nati e cresciuti nei circoli (cosa si perdono i giovani oggi!), rievocare quegli anni è come ripercorrere con la mente e lo spirito quei momenti indimenticabili, vissuti insieme a persone che condividevano la stessa passione. Grazie Fabrizio!

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    Renato Andreoli 12 Marzo 2015 at 16:32

    Tutte le partite di scacchi sono interessanti; basta saperle commentare come ha fatto Fabrizio con la sua partita d’esordio. Complimenti!
    Per curiosità. Negli archivi risultano almeno altre tre partite con lo stesso identico errore del Bianco alla sesta mossa: Montecrette – Rajic (Parigi, open C 1999), Trink – Kocsis (Harkany Tenkes cup 2002) e Said – Maasarani (Arab Cities 2007).
    Trink – un nome che è tutto un programma (tedesco trinken = bere) è stato il solo ad abbandonare subito dopo lo scacco di Donna in a5.

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      fabrizio 12 Marzo 2015 at 17:51

      Ma io posso dire di essere stato il primo! 😀 😀

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        paolo bagnoli 12 Marzo 2015 at 20:58

        Ius primae cappellae…

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    Renato Andreoli 13 Marzo 2015 at 07:30

    Ad un certo punto, perdere un pezzo con lo scacco di Donna in a5 è diventato una moda vera e propria, anche fra i grandi maestri.
    Prendiamo la seguente apertura:
    1 d4 d5
    2 c4 c6
    3 Cf3 dxc4
    4 e3 Ae6 !?
    5 Cg5??
    Questa mossa è stata giocata fra gli altri da I. Farago (2515), A. Lesiège (2521), N. Pogonina (2402), T. Koch (2417), A. Kunte (2536)…

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    Michele Panizzi 13 Marzo 2015 at 17:05

    Per favore ,
    mi dici che mossa e´ la 18 del Nero nella prima partita?
    Mi sembra c5 , ma non e´ possibile .

    Bellissimo, condividere l esperienza di un principiante!
    Complimenti

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      fabrizio 13 Marzo 2015 at 17:35

      18)…; Ce5

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        Michele Panizzi 13 Marzo 2015 at 19:08

        Mi sembrava , ma l avevo esclusa perche´ mi sembra
        che tu avessi giocato 15Qh5 lasciando la Donna in presa .
        Che mossa era in realta´?

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          fabrizio 13 Marzo 2015 at 20:31

          Dh5 la gioca il nero (ovvero Lertora) non io; forse hai scambiato qualche mossa.

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    Michele Panizzi 13 Marzo 2015 at 23:31

    Hai ragione : Donna in h5 e´ fatta dal Nero , che nella posizione dopo
    Ce5 lascia la Donna in presa , no? Il B. ha una Torre in h1 .
    Ho questo dubbio sulla posizione della Donna e della Torre , che mi lascia perplesso .

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      fabrizio 13 Marzo 2015 at 23:52

      Controlla meglio: c’è un pedone nero, in h4 e poi in h3.

  13. avatar
    Michele Panizzi 14 Marzo 2015 at 15:11

    in h3 direi di no , prima hai giocato 16 h4 ,
    poi 17…g5 e 17…g*h , comunque la Donna non e´
    in presa .

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      fabrizio 14 Marzo 2015 at 15:42

      Nel corso della partita, puoi controllare, il pedone nero g5 prende h4 e poi viene spinto in h3. Ti ricordo che io sono il bianco e ho giocato h4, seguita da Rg2, poi da Th1.

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    Michele Panizzi 15 Marzo 2015 at 09:07

    Ok,Fabrizio , torna . Ti ringrazio per la pazienza
    con cui mi hai risposto.

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    Ramon 15 Marzo 2015 at 11:07

    Mi unisco anch’io ai complimenti per il bellissimo pezzo di Fabrizio che manda in redazione, per la gioia degli appassionati di ciclismo, queste due foto inedite scattate in Via Manara in occasione del passaggio della terza tappa del Giro del 1966 poi vinto da Gianni Motta.
    E’ venerdì 20 maggio e si tratta di una tappa che rimarrà nella storia del Giro: tuttora la frazione in linea corsa alla media più alta di sempre, da Diano Marina a Genova, 120 chilometri pedalati a quasi 49 di media, un record che resiste ancora dopo mezzo secolo!

    …nato tutto da una foratura di Gimondi in galleria: Motta e Anquetil si scatenano e il campione di Sedrina sul traguardo di Albaro si porta tutto il ritardo accumulato per colpa di quella sciagurata foratura. Volata a ranghi ridotti vinta da Severino Andreoli su Vittorio Adorni.

    il passaggio del Giro 1966 in Via Manara

    il passaggio del Giro 1966 in Via Manara

    L'articolo de L'Unità su quella tappa

    Scarica qui l’articolo apparso su L’Unità relativo a quella tappa.

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      fabrizio 15 Marzo 2015 at 11:24

      Ahi, ahi! Il ciclismo era un’altra mia passione giovanile. Se continua così rischio di non tornare più ad oggi, ma di rimanere prigioniero di questi bei ricordi. Grazie a tutti

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      fabrizio 15 Marzo 2015 at 17:04

      Per inquadrare meglio quella tappa,3°del Giro, c’è da dire che Gimondi era considerato il grande favorito per la vittoria finale (aveva vinto il Tour de France 1965 e poche settimane prima aveva trionfato da dominatore nella Parigi-Roubaix e nella Parigi-Bruxelles);ma la imprevista alleanza Motta-Anquetil e la sfortuna lo mise in grossa difficoltà. Ad ogni modo Motta meritò la vittoria finale, davanti all’eterno secondo Zilioli ed al vecchio leone Anquetil; Gimondi arrivò solo 5°.

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        Ramon 15 Marzo 2015 at 17:20

        Impresa improba da veri titani sarebbe quella di provare a riconoscere qualcuno dei girini lanciati in discesa giù per Via Manara… 😉

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          fabrizio 15 Marzo 2015 at 23:31

          A distanza di quasi 50 anni non posso esser sicuro, ma mi pare di ricordare che quello fotografato fosse il gruppo inseguitore di Gimondi, che era nelle prime posizioni. La cosa sembra plausibile, visto che il gruppo fuggitivo era molto meno numeroso.

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            alfredo 16 Marzo 2015 at 02:28

            Gianni Motta è stato uno dei piu’ grandi talenti delciclismo italiano , a mio parere superiore a Felice Gimondi
            La sua carriera fu complicata da un problema a una gamba ( sembra di tipo vascolare)
            Smise di correre abbastanza presto , mi sembra nel 73 – 74 per poi fare un fugace ritorno tra i prof nel finire degli anni 70
            Un talento in gran parte inespresso
            Lo ho visto recentemente
            a piu’ di 70′ anni sembra ancora quasi un ragazzino .
            ma quanti bei corridori il ciclismo italiano seppe esprimere tra gli anni 60 e 70
            peccatoci fosse in giro un certo eddy ….

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            Ramon 16 Marzo 2015 at 07:42

            Sicuramente hai ragione, anche perché l’inconfondibile sagoma di Jacques Anquetil non sembra tra quelle… uno di questi giorni mi ci metto e provo a identificare qualcuno la cui maglia magari consente più facilmente di risalire al corridore…

            Invece, scorrendo l’ordine di arrivo, mi son sorpreso di notare oltre a Imerio anche un altro Massignan di cui non conoscevo l’esistenza: Enrico. Immagino fosse il fratello, giusto?

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              fabrizio 16 Marzo 2015 at 09:04

              Sì, era il fratello, ma non mi sembra che abbia lasciato segni nel ciclismo italiano di quell’epoca, pieno di ottimi corridori (oltre ai Gimondi, Motta, Zilioli, non scordiamoci di Adorni,Dancelli, Bitossi,Balmamion, Taccone e i velocisti Basso, Zandegù)

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                alfredo 18 Marzo 2015 at 08:43

                essi’ una genrerazione che venne poi schiacciata da Il cannibale e da altri fuoriclasse come Roger de Vlaeminck ( per lo meno nelle classiche e nei giri brevi)
                Bellissima la foto con Gianni Motta e Edy Merckx
                Eddy e Gianni
                Penso si riferisca al 66 o a 67 , a una delle due prime vittorie di eddy alla Milano Sanremo ( Beh Maglia Peugeot , nel 68 passo’ alla Faema)
                Ho visto recentemente Gianni Motta . a 73 anni ne dimostra 50 !
                Una cosa divertente su Merckx da una trasmissione su Raisport a lui dedicata .
                Nel 69 Eddy ebbe un gravissimo incidente correndo dietro derny . il suo 2 allenatore” mori e lui riporto’ un grave trauma alla schiena . Il commento di eddy , Le parole di Eddy in trasmissione , dopo l’ovvio dispiacere per la morte del suo ” allenatore” che era anche suo amico furono : dopo quella caduta non riuscii piu’ a trovare la giusta posizione in salita . Peccato , altrimenti avrei potuto vincere qualcosa di piu’
                . Vi lascio immaginare le parole di Gimondi e Adorni ( pressenti in studio) e Zilioli ( in collegamento) !!!!

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                  fabrizio 18 Marzo 2015 at 12:23

                  Il bello 🙂 (o il brutto 👿 , per gli avversari) di Merckx era che lui considerava il vincere un dovere, prima che un piacere. Non per caso era “il cannibale”.

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    pablo (paolo silvestri) 15 Marzo 2015 at 22:50

    Mi ha fatto molto piacere leggere questa testimonianza di Fabrizio Antonelli.Prego vivamente qualche responsabile del sito (penso a Martin Eden,anche se,forse,si è un po’ defilato in questi ultimi tempi) di farmi avere la e-mail di Fabrizio perché vorrei omaggiarlo di una copia del libro “Una storia di scacchi lunga cent’anni. Il circolo scacchistico genovese Luigi Centurini (1893-1993)” di Giorgio Di Liberto,Agostino Petrillo,Paolo Silvestri,edito da Coedit nel 2001.Nel libro sono presenti tutti i nomi degli scacchisti ricordati da Fabrizio. Sono certo che Fabrizio gradirebbe…

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      fabrizio 15 Marzo 2015 at 23:33

      Non solo gradirei, sarei onorato! 🙂

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    michele 16 Marzo 2015 at 21:42

    Grande dote il saper ricordare… Bellissimo

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    Alessandro Almonti 17 Marzo 2015 at 12:37

    Complimenti Fabrizio, un bel racconto che decsrive il nostro meraviglioso mondo degli scacchi!!

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      fabrizio 17 Marzo 2015 at 13:48

      grazie Alessandro, ma quando ti fai rivedere a Roma?

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    Ramon 19 Marzo 2015 at 21:31

    Giro 1966
    Oltre a Gianni e Anquetil riconosco Vittorio Adorni con la maglia della Salvarani (stessa squadra di Gimondi in quel magico Giro). Si offuscano i miei ricordi invece per il ciclista che pedala dietro a Motta, quello con la maglia della Sanson, son certo di conoscerlo ma mi sfugge il nome…

    In ogni caso facevo il tifo per Franco Bitossi, un ottimo ciclista e una grande persona, guardate questo video per rendervene conto…

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      fabrizio 19 Marzo 2015 at 22:34

      Forse si tratta di Balmamion ❓ ; c’è poi il corridore in 6° posizione, semicoperto da Motta, che potrebbe essere Gimondi ❓ .

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        Ramon 20 Marzo 2015 at 07:31

        Sì, proprio Balmamion! Grazie Fabrizio… e allora bisogna dedicargli la copertina di oggi, vero? 😉
        Franco Balmamion

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          fabrizio 20 Marzo 2015 at 09:31

          Eh, sì! Balmamion era un assoluto regolarista, privo della “follia” e dell’estro dei Bitossi e Dancelli e non con la classe degli Adorni, Gimondi, Motta; ma non si vincono per caso due giri d’Italia consecutivi. Non era soprattutto un personaggio, tanto che fu definito “il campione silenzioso”.

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            Ramon 20 Marzo 2015 at 21:38

            Cambio di copertina: c’è Felice che riceve la spruzzata di acqua fresca sul collo… e gli altri chi sono?!? 😉

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              fabrizio 21 Marzo 2015 at 09:03

              Quello a destra di Gimondi è senz’altro Motta, mentre non riesco a riconoscere il compagno di squadra di Gimondi in primo piano, con il viso deformato dallo sforzo.

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    Federico 22 Marzo 2015 at 10:20

    Sono di Genova
    Per uno sbalzo di pochissimi anni non ho conosciuto Fabrizio.
    Ma Tabo’ ,Fontana ,Bianchi,Bozzo, Vanni e tanti altri sono indelebili ricordi, che con gioia ho visto qui riapparire.
    Un articolo stupendo!.Grazie Fabrizio.

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      fabrizio 22 Marzo 2015 at 10:33

      Grazie a te e grazie a Genova, che mi ha permesso di avere tanti bei ricordi.

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    Ramon 22 Marzo 2015 at 10:52

    Oltre a Gimondi e Motta, prontamente identificati da Fabrizio, rimane da riconoscere il Bianchi in testa al gruppetto… 😉
    Giro 1973

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      Mongo 22 Marzo 2015 at 18:57

      Vista la maglia che indossa, rosa, potrebbe essere Johan De Muynck.

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        fabrizio 22 Marzo 2015 at 19:55

        Se è una tappa del Giro, come credo, si tratta di quello del 1973 (l’unico di Motta con la Zonca); in questo giro Merckx fu maglia rosa dalla prima all’ultima tappa. I compagni di squadra di Gimondi quell’anno erano Basso, Casalini, Castelletti, Cavalcanti, De faveri, Flamini, Foresti, Gualazzini, Guerra, Lora, Michelotto, Mingardi, Mori, Ritter, Rodriguez, Santambrogio.
        Chi sarà tra questi? ❓ ❓ Forse Ritter? O Santambrogio?

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          Mongo 22 Marzo 2015 at 23:33

          Sono stato ingannato dalla maglia di Gimondi e quella che ho definito rosa, era invece la mitica ‘celeste’ della Bianchi.

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    Alessandro 9 Febbraio 2016 at 12:40

    Buongiorno, mi chiamo Alessandro Fatai e … sono i figlio di Raffaello Fatai, l’allora Presidente del Circolo Scacchistico . Digitando per caso il nome di mio padre, scacchi e Genova ,per far presente la sua passione scacchistica, con amici , mi sono imbattuto nel suo articolo.
    Allora ero bambino , forse ragazzino , sono del 1953, quando lo accompagnavo, a memoria, in un bar nei pressi di Albaro , con dei campi da tennis di fronte alla strada.
    Leggere le sue righe mi ha ricordato quei tempi e mi fa piacere percepire che anche Lei ha un bel ricordo di quegli anni e di quella passione.
    Mio padre nel 1969 si è trasferito nell’aretino dove ha proseguito a giocare a scacchi e ci ha lasciato nel 1992.
    Qualora ritrovassi del materiale scacchistico e/o del periodo genovese glielo potrei inviare.
    Cari saluti Alessandro

    • avatar
      fabrizio 9 Febbraio 2016 at 14:07

      Grazie Alessandro della tua offerta; mi fa molto piacere che tu abbia ritrovato qualcosa di tuo padre nel mio articolo. Non posso certo dire di essere stato suo amico (ero un ragazzo di 20 anni e tuo padre rappresentava allora l'”istituzione scacchistica” per me) ma ricordo ancora con piacere la sua figura affabile (che spero di aver fatto trasparire nell’articolo)che convinse me e Bernardo ad entrare nel mondo degli scacchi (non potrò mai ringraziarlo abbastanza per questo). Senz’altro quel breve periodo genovese è stato uno dei momenti belli della mia vita, che ricordo sempre con piacere. Un caro saluto a te. Fabrizio

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