Ma lei non le vede le case bianche deboli?

Scritto da:  | 29 Agosto 2015 | 5 Commenti | Categoria: C'era una volta, Italiani, Personaggi

il maestro dei maestri 3La prima volta che mi sono imbattuto nel nome di Giorgio Porreca è stato in una libreria. Avevo imparato a giocare a scacchi dall’enciclopedia universale “Rizzoli Larousse”. Alla voce “scacchi” ho imparato regole e storia di questo gioco.

Si diceva che subito dopo aver imparato i movimenti dei pezzi bisognava padroneggiare le tre fasi di una partita: apertura, centro e finale. Ecco perché mi recai, all’età di 17 anni (molto tardi per pretendere di ottenere buoni risultati in qualsiasi attività sportiva, scacchi compresi) nella storica libreria napoletana “Trevès”, in via Toledo.

il maestro dei maestri 2

Trovai i tre libri che facevano al caso mio: Manuale teorico pratico delle aperture, di Giorgio Porreca; Il centro di Partita, di Romanovsky; Il finale, di Grigoriev. L’introduzione agli ultimi due libri era di Giorgio Porreca.

Bene, ormai era chiaro per me che questo Maestro Internazionale napoletano era la massima autorità scacchistica mondiale. Mi metto all’opera e in pochi mesi imparo a memoria i tre libri.
 Mi presento al primo torneo della mia vita e l’organizzatore mi chiede la categoria. Categoria? Non sapevo di cosa parlasse. Mi viene spiegato che avrei dovuto giocare nel torneo dei giocatori più scarsi, gli “inclassificati”. Io la consideravo una pura perdita di tempo. Ormai conoscevo tutto degli scacchi (apertura centro e finale), ero quindi in grado di battere chiunque, figuriamoci un inclassificato!

Prima partita. Il mio avversario gioca una mossa sbagliata indicata dal manuale di Porreca. Non scherzavo quando dicevo che avevo imparato i libri a memoria. La punizione segue da manuale, come si suol dire. La mia convinzione che si tratti di una fastidiosa pratica da sbrigare (battere gli inclassificati) si rafforza ulteriormente.

il maestro dei maestri 4Seconda partita. Il mio avversario fa una mossa non riportata dal manuale. Penso: “Se il manuale non ne fa menzione deve di sicuro trattarsi di grave errore”. Perdo senza capire perché. Scrivo indignato una vibrante lettera di protesta all’autore di quello stupido manuale. Che mi risponde. Avete capito bene. Giorgio Porreca risponde a una specie di psicotico che aveva perso il contatto con la realtà. Mi spiega che il suo manuale è come un mappamondo, riporta i fiumi e le città principali, ma non può riportare tutto. Non riesce a convincermi del tutto fino a quando non mi capita l’occasione di vederlo in carne e ossa. Cava dei Tirreni, siamo al mio secondo tentativo di scalare la classifica mondiale. Io sono ancora tra gli inclassificati. Giorgio Porreca gioca tra i Grandi Maestri. Lo vedo seduto 10 minuti prima dell’inizio delle partite. Schiena eretta e sguardo dritto davanti a sé.

Sembrava scorgesse mondi inaccessibili agli umani. Seguo la sua partita tra una mossa e l’altra. Segue alla perfezione una delle varianti d’apertura del suo manuale che porta al matto inevitabile. Solo allora capisco che è colpa mia la sconfitta dell’anno precedente. Era evidente che dovevo studiare non solo le città e i fiumi principali, ma anche i paesini, i ruscelli e qualche palude.

Terzo incontro. Accademia Napoletana degli Scacchi, nella prestigiosa piazza Trieste e Trento. Tra il Palazzo Reale e il San Carlo, per capirci. Vedo Giorgio Porreca e gli chiedo di giocare una partita. Acconsente senza esitazioni. Io apro col pedone di re e lui mi risponde con la sua difesa preferita, la francese. Naturalmente vince, mi stende la mano e mi dice: “Grazie per le emozioni che mi ha regalato”. Penso che si riferisse alle emozioni che gli avevo procurato con le mie temibili minacce. Qualche tempo dopo scopro che era una delle frasi per cui andava famoso tra i frequentatori dell’Accademia.

Ho fatto lo scacchista per professione per 20 anni. Ho conosciuto personalmente leggende come Tal, Smyslov, Karpov, Kasparov, Anand, Spassky. Questi sono tutti stati campioni del mondo e ognuno di essi mi ha colpito perché avvertivo che avevano, finanche nello sguardo, qualcosa che li rendeva diversi da tutti gli altri grandi maestri. Eppure non farei fatica a trovare gli elementi in comune tra i campioni summenzionati e gli altri grandi maestri della scacchiera.

il maestro dei maestri 6Giorgio Porreca era un caso a parte. Viveva in un mondo tutto suo, più vicino al regno delle idee di Platone che alla filosofia utilitaristica dei grandi campioni. La sua figura ieratica, il suo portamento aristocratico e al contempo semplice, gli fa occupare un posto speciale nella mia memoria: il primo.

Mi sono infine ricordato di un altro episodio sempre avvenuto alla vecchia Accademia.
Avevo appena finito di vincere una partita contro un giocatore dell’epoca, ricordo ancora il nome: Davide ed ecco le mosse iniziali: 1 e4 e5 2 f4 d5 3 exd5 Dxd5.

Nel celebre manuale questa mossa è indicata come errore, perché ora il bianco guadagnerà parecchi tempi attaccando la Donna nera: 4 Cc3 De6 5 fxe5 Dxe5+ 6 Ae2 Ag4 7 d4 Axe2 8 Cgxe2 Da5 e qui Porreca diceva: con grande vantaggio di sviluppo del Bianco.

Posizione dopo 8...Da5

Posizione dopo 8…Da5

Bene. Vinsi quella partita, ma fin da allora avevo capito che non ero assolutamente stato in grado di capire come sfruttare gli errori dell’avversario. Infatti ero andato addirittura in svantaggio, per poi vincere per errori successivi del mio avversario.

il maestro dei maestri 5Il caso volle che Porreca fosse presente, quindi quale occasione migliore di chiedere a lui? Detto fatto: Maestro, come avrei dovuto dimostrare il vantaggio del Bianco dopo l’ottava mossa del nero? Lei dice nel manuale che il bianco è in grande vantaggio, ma io non solo non ho saputo ottenere nulla in partita, ma nemmeno le analisi post mortem sono servite a chiarirmi le idee. Potreste per favore illuminare la mia oscura comprensione? E lui mi disse questa frase che ancora oggi rimbomba nella mia mente: “Ma lei non le vede le case bianche deboli?”.

Non ebbi il coraggio di dire di no per non fare una brutta figura.
 Ancora oggi – ci crediate o no – io non vedo queste case bianche deboli. Mi sorge il dubbio che forse sia questo il motivo per cui sono solo maestro Fide e non maestro internazionale come lui.
Comunque a distanza di 40 anni mi sono tolto la curiosità di vedere (grazie al mio potente database) se a qualche forte Grande Maestro è capitato di giocare contro un principiante che gli avesse giocato le stesse mosse di Davide. L’ho trovato.
 Si chiama Alexander Alekhine. Non un omonimo. Proprio lui, il leggendario campione del mondo degli anni Venti.
 Il suo avversario era un certo Simon Spilberg, un non classificato. Risultato: Alekhine 0 – Spilberg 1. 
Il principiante aveva vinto. Per la cronaca la partita era stata giocata in simultanea.

La questione delle case bianche resta irrisolta.
 Un altro piccolo aneddoto che vorrei ricordare riguarda una delle rare partite che giocai seriamente con Ernesto in torneo: andò cosi: 1 d4 d5 2 c4 c6 3 Cf3 Cf6 4 Cc3 dxc4 5 a4 Af5 6 e3 e6 7 Axc4 Ab4 8 0-0 Cbd7 9 De2 con l’intenzione di sviluppare (con e4) finalmente l’ultimo pezzo rimasto inattivo, l’alfiere in c1.

Posizione dopo 9.De2

Posizione dopo 9.De2

Qui finiva la mia teoria. Ernesto mi giocò Ag6 e io rimasi completamente interdetto. 
Non riuscivo a capire come preparare la spinta in e4. 10 Ad3 non avrebbe risolto il problema perché dopo Axd3 11 Dxd3 0-0 12 e4 Axc3 il pedone e4 sarebbe caduto. In preda allo sconforto feci la mossa migliore: offrii patta. Che fortunatamente fu accettata. Ernesto mi disse che aveva semplicemente seguito i consigli di Porreca. Rimasi per anni incredibilmente impressionato da quell’episodio.
 Tuttora non è casuale che ancora ne parli. Sebbene avessi giocato tutte le mosse teoriche, il mio avversario aveva finito lo sviluppo, con un tempo in meno visto che giocava col nero, prima del bianco. Purtroppo io non ero allievo di Porreca, ma decisi di diventarlo in maniera indiretta. Abbandonai il mio repertorio di aperture e cominciai a copiare quello di Ernesto. Se il mio amico si appoggiava sulle spalle del gigante io mi sarei appoggiato sulle sue. 
Essendo da sempre stato un autodidatta mi limitavo a scimmiottare lo stile dell’allora campione del mondo Fischer: Difesa Najdorf col Nero e aperture di Re col Bianco. Ernesto giocava invece degli schemi che, quasi magicamente, gli facevano saltare la fase dell’apertura per entrare direttamente nel mediogioco. Questo paradosso si spiega col fatto che Porreca gli faceva giocare delle difese che prevedevano un rapido sviluppo dei pezzi in modo da ridurre al minimo l’importanza del fattore “memoria”. Egli non era costretto a ricordare innumerevoli varianti e sottovarianti. Seguiva i principi, i criteri generali, una specie di bussola infallibile che gli suggeriva la direzione da prendere.

Per chiarire l’assunto vorrei far vedere come anche colui che è considerato il più forte giocatore (da un sondaggio effettuato tra i più importanti Grandi Maestri del Mondo) di tutti i tempi potesse perdere in 13 mosse giocando la difesa preferita da Fischer:

separator4Pubblicato per gentile conessione dell’editore questo emozionante ricordo di Porreca scritto da Giacomo Vallifuoco fa parte del volume “Il Maestro dei Maestri della scacchiera: Giorgio Porreca” in vendita qui al prezzo di 8,08 euro.

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avatar Scritto da: FM Giacomo Vallifuoco (Qui gli altri suoi articoli)


5 Commenti a Ma lei non le vede le case bianche deboli?

  1. avatar
    Jas Fasola 29 Agosto 2015 at 17:54

    Ipotizzo una spiegazione al mistero delle case bianche deboli :mrgreen:

    In questa variante della Francese 1. e4 e6 2. d4 d5 3. Cd2 Cf6 4. e4 Cfd7 5. Ad3 c5 6. c3 b6 7. Ce2 Aa6 8. Axa6 Cxa6 abbiamo una posizione, come nella scandinava della partita, in cui la mancanza dell’alfiere campochiaro del nero permette Cf4 e Dg4!

    Il Maestro deve avere subito visto le analogie, come anche Alekhine, che poteva vincere con 12. Ce6! anzichè 12. Ch5?

    • avatar
      Jas Fasola 29 Agosto 2015 at 18:14

      scandinava o gambetto di re? :mrgreen:

  2. avatar
    Luca Monti 29 Agosto 2015 at 21:38

    Solo dopo la lettura di questo coinvolgente brano,ho sbirciato il sommario del libro in questione.Oltre alle partite vedo che tanto spazio è dedicato ai racconti,alle memorie di quanti ebbero la fortuna e direi l’onore,di frequentare Giorgio Porreca e questo mi piace molto.E’ chiaro nella narrazione di Giacomo Vallifuoco : il segno che l’uomo Porreca impresse in chi lo conobbe,fu indelebile quanto la sua statura di MI e di divulgatore degli scacchi.Davvero un’ottima iniziativa il volume.

  3. avatar
    Martin 30 Agosto 2015 at 10:11

    Toccante ricordo di un “grande” maestro dei tempi che furono… rimane tuttavia il ricordo, così come della mitica libreria Treves di via Toledo…

  4. avatar
    Pasquale Colucci 21 Novembre 2015 at 22:39

    Ho avuto l’onore ed il piacere di collaborare alla stesura del volume, venuto alla luce anche grazie alle mie pressioni nei confronti dell’amico – a dir poco vulcanico – Achille Della Ragione.
    Due i “miei” contributi: la partita con il recente Campione Mondiale per corrispondenza Fabio Finocchiaro ed il documento universitario del giovane Porreca – gentilmente messo a disposizione dall’amico Gregorio Muci – i cui brillanti studi in Letteratura Russa gli consentiranno poi la meritoria opera di traduzione di tanti testi scacchistici della Scuola Russa.
    Il mio grazie agli amici Fabio e Gregorio, a tutti coloro che hanno inviato contributi redazionali, ad Achille, al co-autore Carlo Castrogiovanni ed al Comitato Regionale Campano che ha contribuito finanziariamente alla realizzazione dell’opera.

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