Notting Hill

Scritto da:  | 11 Aprile 2016 | 8 Commenti | Categoria: Racconti
Asta 4Quando entrai nella sala dove si stava svolgendo la vendita all’incanto, una Venezia di Guardi stava per essere aggiudicata ad un arabo che avrebbe dovuto firmare un sostanzioso assegno per potersela portare nei quaranta gradi di casa sua. Un amico mi aveva avvertito della presenza, nel catalogo, di un magnifico gioco di scacchi, datato dai periti della casa d’aste nella seconda metà dell’Ottocento.
Oltre a partecipazioni in numerose aziende di chiara fama e solidità, mio padre mi aveva da poco lasciato alcune residenze sparse per il mondo, un conto corrente a nove cifre (in sterline), un pacchetto di obbligazioni di notevole entità e la sua passione di collezionista di materiale scacchistico.
Ero incuriosito, e verso le cinque del pomeriggio sedetti su una poltroncina della seconda fila, in attesa della comparsa della citata scacchiera, ma devo confessare che, quando un commesso della casa d’arte posò l’articolo sul tavolo ai piedi del banditore al fine di farlo ammirare dal pubblico presente, rimasi senza fiato. La scacchiera, di circa mezzo metro di lato, era contornata da una cornice in palissandro e le case, in marmo bianco e rosa pallido, apparivano perfettamente conservate ed i materiali impiegati non riflettevano la luce. A fianco della scacchiera il commesso depose la scatola, anch’essa in palissandro e foderata di velluto grigio, destinata ad accogliere i pezzi, ognuno nel suo alloggiamento.
Ciò che più stupiva, tuttavia, era lo schieramento dei pezzi, in onice imperiale i bianchi ed in onice nera i neri, modellati secondo i più classici pezzi Staunton, cosa che datava l’opera nella seconda metà dell’Ottocento come dichiarato dai periti della Casa d’Aste.
Dopo un breve battibecco a suon di sterline con un barbuto sudafricano, mi aggiudicai la scacchiera ad un prezzo abbastanza modesto, centoventunomila sterline. Mentre firmavo l’assegno seguii con lo sguardo i commessi che sistemavano il mio acquisto in una cassa da imballaggio con le cure del caso; due giorni dopo avevo la scacchiera in biblioteca, sistemata su un pregevole tavolino in radica irlandese che avevo scovato presso un antiquario di Notting Hill.
Asta 5Una decina di giorni dopo l’acquisto si presentò alla porta della mia residenza londinese un anziano signore, che lasciò al mio butler un biglietto da visita sul quale, oltre al nome, compariva la scritta “Antiques”. Acconsentii a riceverlo in biblioteca e lo feci accomodare su una poltrona mentre io trovavo posto dietro la mia scrivania.
“A cosa devo…?”
La risposta dello sconosciuto giunse immediatamente: “Innanzitutto, mi scuso per il disturbo che le arreco, ma sono venuto a conoscenza del suo recente acquisto” ed indicò il tavolino sul quale troneggiava la scacchiera.
“Ah, capisco, l’ho trovato a Notting Hill da un antiquario…”
Agitò una mano nell’aria per interrompermi: “No, no, il tavolo, anche se si tratta di un oggetto di buon gusto e di notevole valore, non mi interessa. Mi sto riferendo alla scacchiera” spiegò.
“La scacchiera? Sì, bellissima e di pregevole fattura, è stato – come dire – un amore a prima vista”
Mi fissò con uno sguardo penetrante: “Lei conosce le origini di questo capolavoro?”
“Mi fido ciecamente delle perizie della Casa d’Aste e…”
“Certo, certo, in effetti essa risale agli anni Ottanta del diciannovesimo secolo e…”
Fui io ad interromperlo : “Lei pare ben informato in proposito”
Continuando a fissarmi proseguì: “Già, è la verità. Conosco il nome dell’artigiano che l’ha creata e le confesso che in tutti questi anni ho tentato di seguirne il tortuoso viaggio che l’ha portata fino a qui”.
Ero incuriosito e, con un cenno della mano, invitai l’altro a proseguire.
Dopo essersi schiarito la voce il mio ospite iniziò il suo racconto: “Venne realizzata da un artigiano di origine italiana che si era stabilito nelle vicinanze di Aylesbury. Credo che la data precisa di consegna al committente sia il 1884 o forse il 1885”
“Il committente?” domandai.
“Il committente, a quanto risulta dalle mie… ehm, indagini, era un facoltoso commerciante di spezie della zona che ho menzionato, ma l’opera era destinata ad altri”
“Altri? Chi?” Ero sempre più incuriosito.
Si schiarì la voce. “Non si è mai saputo. Il commerciante subì un improvviso tracollo finanziario e la scacchiera finì come tutto il resto all’asta, e venne acquistata per una somma irrisoria da una persona che la relegò in soffitta”. Ebbe una smorfia di disapprovazione: “La vera arte dovrebbe essere posseduta da coloro che – come lei – la sanno apprezzare”.
Con un gesto della mano lo invitai a proseguire. Ero affascinato dal racconto di quello sconosciuto piombato all’improvviso in casa mia.
“Forse lei si sta chiedendo il motivo del mio interesse per quella scacchiera” continuò “Ebbene, ritengo che essa dovrebbe essere restituita all’originale destinatario”
Rimasi di sasso. Quell’ometto pensava forse di convincermi a privarmi di quell’opera? “Ah, sì? Non so se lei sappia che l’ho pagata…”
“… centoventunomila sterline” proseguì lui “ma questo non è un problema. Dispongo di… ehm, notevoli somme di denaro: sterline, anche in oro, dollari, euro. Cosa preferirebbe?” domandò, sporgendosi verso di me.
Mi alzai dalla sedia e mi misi di fronte a lui, che continuava a stare seduto nella poltrona. “A questo punto devo invitarla ad andarsene” ribattei “Non mi interessa il suo denaro e non voglio indagare oltre sui motivi che l’hanno spinta fino a casa mia, ma la prego di andarsene immediatamente” e così dicendo scossi il campanello adibito alla chiamata del butler.
Non accennò ad alzarsi e quando il maggiordomo aprì la porta della biblioteca domandò, rivolto a me: “Posso rubarle ancora un minuto?”
La curiosità prevalse sull’istinto e sull’irritazione; congedai il maggiordomo con un cenno della mano. Quando la porta si richiuse e restammo nuovamente soli l’altro iniziò a parlare: “Comprendo il suo atteggiamento, ma quella scacchiera era destinata, e l’uso dei materiali impiegati non è casuale, ad una partita che avrebbe potuto cambiare il destino di… molte persone. Quella partita DEVE essere ancora giocata e non posso rinunciare…”. Giunto a questo punto ebbe un lieve gesto di stizza: “Posso offrirle il doppio, il triplo di ciò che lei ha pagato, ma devo entrare in possesso di quella scacchiera”.
Tornai dietro la scrivania, sedetti fissandolo dritto negli occhi: “Il suo atteggiamento mi fa pensare che lei sarebbe disposto anche ad uccidere pur di…”
Alzò le mani: “No, no, ciò non mi è… consentito, la violenza non rientra nello schema…”
“Schema? Quale schema?”
Sospirò. “Lo schema delle COSE, dell’ UNIVERSO, Yin e Yang, forse lei non può capire, anzi, lei non capisce…”
“La mia ignoranza non arriva a tal punto” ribattei “ma confesso che lei ha suscitato la mia curiosità, anche se le ripeto che quella scacchiera non si muoverà di qui a nessun prezzo” Feci una pausa: “Ora, se vuole spiegarmi…”
“Certamente, credo di doverle una spiegazione” Fece una pausa e riprese: “Il committente ero io”
“Andiamo, non vorrà dirmi che lei ha più di centocinquant’anni o giù di lì. E’ ridicolo” commentai alzandomi nuovamente dalla sedia.
“Posso dimostrarglielo immediatamente” Estrasse dalla tasca interna della giacca un paio di fogli e me ne porse uno: “Questo è il mio certificato di nascita, che, se vuole, può sottoporre a qualunque controllo”
Asta 6Esaminai il foglio che mi porgeva. Dichiarava che la persona che mi stava di fronte era nata ad Aylesbury il 31 dicembre 1855, e la cosa venne confermata da una fotografia stampata in color seppia che seguì il certificato: il soggetto fotografato era sicuramente, anche se più giovane, la stessa persona.
Mi lasciai cadere sulla sedia, stringendo tra le mani i due documenti. “Comprendo la sua perplessità” commentò l’ometto “ma credo di doverle ulteriori spiegazioni”
“Già, credo anch’io” risposi.
Si accomodò sulla poltrona. “Nello… ehm, schema viene esclusa qualunque forma di violenza per ottenere il risultato voluto. La violenza genera altra violenza, mentre la persuasione, questo è il termine usato dal mio Maestro quando entrai al suo servizio, è l’unica arma che non abbia contromisure: quando uno è convinto delle idee che sono maturate in lui…”
“Maestro? Servizio?” lo interruppi “Che favola mi sta raccontando?”
Sorrise: “Non è una favola, è, che lei ci creda o no, la realtà”
“Riassumendo” dissi “quanto lei mi ha raccontato, la scacchiera venne realizzata da un artigiano italiano in quel di Aylesbury ed era destinata, come prima… tappa ad un commerciante di spezie, che era tuttavia un semplice tramite. La scacchiera era destinata a lei”
“Quello che vorrei farle capire è che anch’io ero un semplice tramite, il destinatario finale era il mio Maestro”
“Già, il suo maestro, la cui identità…”
Mi interruppe: “La sua identità deve rimanere ignota”
“Ah, certo, e questo ignoto maestro dovrebbe giocare su questa scacchiera una partita – una sfida, a quanto pare – con un altro ignoto avversario”
“Ecco, sì, lei ha afferrato il punto”
Emisi un lungo sospiro: “Credo di averle dedicato fin troppo tempo” dichiarai.
Estrasse dal taschino del panciotto un antiquato Roskoff controllando l’ora. Me lo mise davanti agli occhi alzandosi dalla poltrona: le cifre in madreperla splendevano in modo strano, e quella è l’ultima cosa che ricordo di quella strana conversazione.
Quando il butler mi svegliò con un lieve tocco su una spalla era notte fonda. Mi riscossi dal torpore, ricordai il colloquio con lo strano visitatore e lanciai uno sguardo verso il tavolino: la scacchiera era scomparsa, ed al suo posto stavano diverse pile di monete luccicanti.
Mi avvicinai al tavolo, quasi interamente occupato dalle monete, e raccolsi un biglietto. Prima di leggerlo chiesi al maggiordomo: “Da quanto se n’è andato?”
“Non saprei, signore, evidentemente è stato lei ad accompagnarlo alla porta”
“Già, forse. Non ho più bisogno di lei, grazie e buonanotte”
Con un lieve cenno del capo il butler uscì chiudendosi la porta alle spalle, ed iniziai a leggere il biglietto. “Vista la sua ostinazione ed incredulità” esordiva lo scritto “ho dovuto ricorrere ad un mezzo privo di violenza per ritirare quanto è dovuto, da oltre un secolo, al mio Maestro. Come potrà constatare il suo danno economico è stato generosamente coperto dalle monete che Le ho lasciato: si tratta di sterline oro del 1912, Giorgio Quinto, ed il calcolo è stato facile, in quanto la somma da lei versata in sterline cartacee già comportava il numero delle monete. La scacchiera verrà finalmente consegnata al destinatario finale, e la partita programmata avrà luogo. Col massimo rispetto” e seguiva una firma illeggibile.
Iniziai, svogliatamente, a contare le monete, ordinate in pile di venti: erano seicentosessantasei.
Asta 3
avatar Scritto da: Paolo Bagnoli (Qui gli altri suoi articoli)


8 Commenti a Notting Hill

  1. avatar
    Martin 11 Aprile 2016 at 21:37

    E con questo affascinante racconto dell’amico Paolo diamo appuntamento ai nostri affezionati lettori a sabato prossimo …causa trasferta di lavoro del nostro insostituibile grafico 😉

    • avatar
      Mongo 12 Aprile 2016 at 19:08

      Il detective assoldato dal nostro direttore ha scoperto, caro Martin, che le tue trasferte di lavoro sono fatte tutte ai Caraibi e che poi torni a casa sempre più abbronzato!! Ti ha persino fotografato mentre su una bellissima spiaggia giochi a scacchi con una bellezza locale, entrambi in costume adamitico… Attento ai matti affogati. 😉

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        danilo 12 Aprile 2016 at 21:14

        ciao Mongo
        sai dirmi a chi appartiene la frase che avevi scritto in un tuo post
        Ogni miglioramento nasce dal divenire consapevoli di una debolezza e dal possedere mezzi per rimediarvi
        grazie

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          Mongo 12 Aprile 2016 at 23:32

          @danilo: francamente non ricordo, ma non azzarderei troppo nel dirti o Ernesto Guevara o Alekhine. 😎

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            danilo 13 Aprile 2016 at 12:24

            se puo’ aiutarti la foto…
            http://soloscacchi.altervista.org/?p=39809

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              Mongo 16 Aprile 2016 at 12:58

              @danilo: grazie, ora ricordo! Era proprio l’incipit de le ‘Lezioni per il giocatore dilettante‘ (pubblicate circa 20 anni fa su ‘Torre & Cavallo’;) dal quale avevamo tratto il materiale per le nostre lezioni. Non so a questo punto dove l’autore avesse pescato quella frase, magari anche frutto del proprio sacco, ma è molto simile a ciò che aveva scritto il Che nei suoi diari.

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                danilo 16 Aprile 2016 at 14:44

                è già un punto di partenza, continuo a cercare, da chi magari ha collezionato ‘Torre & Cavallo’ o quindi Roberto Messa puo’ aiutarci a trovare di chi è la citazione? la frase esatta era: “Ogni miglioramento nasce dal divenire consapevoli di una debolezza e dal possedere mezzi per rimediarvi”

  2. avatar
    fabrizio 12 Aprile 2016 at 10:02

    Molto bello! Rimane il dubbio sull’esito della partita e sull’apertura utilizzata 😈 😈

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