Il giovane cambiava i suoi insegnanti in fretta l’uno dopo l’altro. Per volere di un’anima gentile andò a studiare in un seminario, ma fallì miseramente di fronte alle regole della grammatica latina.
In pratica era indolente, ma seppe formulare questo suo modo di essere in maniera elegante: “Ero destinato ad essere escluso da tutte le professioni” Amava non far nulla o al massimo cercare di “annegare in quella spossatezza seducente” per la quale era “nato”. Era finito per strada abbastanza presto e aveva vissuto come vagabondo, lavorando occasionalmente qua e là. La sua fonte di reddito più sicura ( anche in seguito) fu la scrittura e la copiatura di spartiti. La musica lo affascinava, e per qualche tempo fece “vita allegra con gli orchestrali e i coristi” della scuola di canto di una cattedrale. In questo periodo maturò le nozioni fondamentali che gli tornarono utili strada facendo. Gli piaceva portare all’eccesso alcune situazioni. “Senza saper tradurre in note neanche la più semplice canzonaccia”, si definiva così un insegnante di musica, uyna volta diede perfino un concerto, spacciandosi per compositore e direttore d’orchestra, a casa di un noto amante della musica: “L’effetto è stato peggiore di quanto ci si sarebbe mai potuti aspettare. I musicisti soffocavano dalle risate; gli ascoltatori avevano gli occhi sgranati e si sarebbero tappate le orecchie volentieri. Quei carnefici dei miei strumentisti, che volevano divertirsi, hanno fatto un tal baccano da spaccare i timpani a un sordo”. Anche nei comportamenti sessuali mostrò ben presto una certa propensione per le “manovre stravaganti”, come definiva la propria tendenza all’esibizionismo: “Andavo in cerca dell’ombra dei viali alberati, dei recessi nascosti, e da lontano mi mostravo alle persone dell’altro sesso nello stato in cui mi sarei trovato volentieri accanto a loro. Quel che mettevo in mostra di fronte a loro non era l’oggetto osceno, non ci pensavo neppure, ma l’oggetto ridicolo.. Lo sciocco divertimento di esibirlo davanti ai loro occhi era indescrivibile”.
Chi fu l’antesignano di tutte le debolezze umane, che da autore avrebbe messo a nudo senza esitazioni non soltanto il proprio didietro ma anche la propria sensibilità, secondo la sua convinzione pedagogica che “non esiste interiorità umana che, per quanto sia innocente, non celi qualche vizio ripugnante?”
A me sono sempre piaciuti i geni “normali”, anche se è molto diffuso il concetto che il genio “deve” essere strambo, altimenti non è un genio.
Che la genialità si accompagni talvolta, forse spesso, a comportamenti stravaganti, è indubbio: che debba essere una regola ne dubito molto.
Non deve per forza essere strambo, solitamente lo e’. Tutto cio che e’ metodo e’ ripugnante per alcuni caratteri.
Il comportamento della maggior parte delle persone è la somma di tanti luoghi comuni, dell’educazione finto perbenista impartita dal pensiero unico.
A tutti coloro non si pongono mai dei perchè.
Il genio è colui che va oltre, colui che mai farà parte del gregge.
Colui che non conosce barriere mentali.
Sì concordo, questo e non solo questo, ovviamente.
Comunque per rimanere in campo meramente scacchistico quanti e quali sono stati i veri geni del nostro gioco lungo il corso della storia?
Perché presumibilmente Bobby Fischer sì e invece, che so, Paul Keres forse no?!?
Oltre a Fischer io direi solo Morphy e Tal, gli altri (Capablanca, Alekhine, Kasparov, etc… dei grandissimi ma il genio è un precursore dei tempi ed in quel senso includo solo i tre nomi che ho citato…
…io direi solo RjF. Il film “Pawn Sacrifice” (appena sufficiente nel suo complesso ma gli ultimi sedici minuti meritano) termina con questa dichiarazione di Fischer in versione “clochard”…”In realtà non è paradossale.Gli scacchi sono fondamentalmente la ricerca della verità,giusto? Quindi,io sono alla ricerca della verità”…come te nessuno mai caro Bobby.
Quello che dici è in gran parte giusto e condivisibile, ma spesso c’è una vera e propria retorica del genio, che non si riconosce, a parer mio, dalle sue “irregolarità” (che spesso ci sono nei veri geni) e dalla sua “distanza” dal gregge (se intesa in senso comportamentale); per individuare il vero genio è necessario guardare alle sua opera complessiva ed a quanto di importante e veramente innovativo, “rivoluzionario” è da lui creato o scoperto.
Per fare degli esempi, Fischer è stato certamente un genio vero, facilmente “riconoscibile” anche per le sue eccentricità; però io ritengo geni anche Bronstein e Karpov (forse agli antipodi come stile di gioco) che, per quanto ne so io, hanno avuto una vita e un comportamento abbastanza normali, senza troppe “stranezze” che li abbiano resi maggiormente riconoscibili.
Perfettamente d’accordo, Fabrizio! Eccentricità non sempre è sinonimo di genialità…anche se spesso è vero il viceversa. Di scacchi non ho le competenze per parlare ma pensiamo, che so, ai grandi pianisti del ‘900: uno dei più acclamati è sicuramente Glenn Gould: nulla da eccepire, uno dei sommi sicuramente, ma nell’immaginario collettivo del grande pubblico le sue eccentricità nehanno sicuramente aiutato la diffusione dell’immagine, nonché la creazione del mito. Pensiamo di contro a Martha Argerich, per non citare poi Clara Haskil, due “donne normalissime”, eppure due dei più grandi geni del pianoforte che abbiamo avuto…
In quanto ai grandi compositori vorrei ricordare la figura del grande Dmitrij Šostakovič, a detta di tanti la persona più modesta, riservata e schiva del pianeta. Illuminante il ricordo che ne tratteggia Tatjana Nikolaeva
in questo breve filmato:
…a proposito di “eccentricità” vorrei ricordare il “nuovo Bach”, il geniale pianista e compositore ucraino Lubomyr Melnyk inventore della “continuous piano music”,una sorta di flusso ininterrotto di note da ascoltare a occhi chiusi. Nella sua ultima fatica,”Rivers and streams”, Lubomyr esprime la sua straordinaria tecnica,che gli consente di suonare fino a quattordici note al secondo per ogni mano:una cascata di suoni che richiama il rumore della pioggia,i temporali,il silenzio,l’alba,i passi di un uomo.Una vera esperienza mistica.Innovatore e sperimentatore dagli anni ’70,Melnyk è rimasto nell’ombra per lungo tempo,ignorato da tutti. A scoprirlo,oggi che ha quasi 66 anni,è stata una nuova generazione di pubblico internazionale,fatta di ascoltatori giovani e curiosi,con un background legato alla musica elettronica. Melnyk,che per anni ha vissuto ai margini della povertà,nonostante la svolta inaspettata nella sua carriera resta nomade inquieto…”Non ho una dimora stabile”,ammette,”giro per il mondo con la mia musica.E’ lei il mio viaggio.Mi dà la libertà di giocare con lo strumento.Siamo solo io e il mio pianoforteue bambini che camminano mano nella mano su un grande prato”.
Come ebbi a scrivere parecchio tempo fa, la “genialità” è secondo me il risultato di un bagaglio di conoscenze che, ad un certo punto, “esplodono” dando origine ad una linea di pensiero innovativa. Facevo l’esempio di Newton: se la mela fosse caduta in testa ad un bovaro della zona, l’unica cosa che ne avrebbe ricavato l’umanità sarebbe stato un moccolo.
L’eccentricità di alcuni “geni” dà sicuramente origine ad una aneddotica vasta e sicuramente interessante, ma non si può certamente parlare di eccentricità nel caso di Galileo, Copernico, Verdi, eccetera.