Giovanni Francesco Poggio Bracciolini (Terranuova 1380 – Firenze 1459) è stato uno storico ed umanista toscano. Compì i suoi studi e l’apprendistato di notariato a Firenze. Nel 1403 si recò a Roma dove ricoprì l’incarico di segretario apostolico sotto Bonifacio IX ed alcuni suoi successori. A causa delle vicissitudini del Grande Scisma d’Occidente, in corso in quegli anni, si trovò, per la sua posizione, a viaggiare in Germania e in Francia, soprattutto per seguire i lavori del Concilio di Costanza. Per motivi legati ai suoi incarichi in curia, Bracciolini ebbe l’opportunità di effettuare molte ricerche nelle biblioteche dei monasteri della Svizzera e della Savoia: Costanza, San Gallo, Reichenau, Cluny… nei quali “riscoprì” molte opere dell’antichità che in Italia si ritenevano definitivamente perdute. Altre opere ebbe modo di ottenerle servendosi della sua autorità presso gli ecclesiastici che arrivavano a Roma da tutta Europa per suppliche e richieste alla curia. Divennero così noti agli umanisti italiani molte orazioni di Cicerone, Quintiliano, Virgilio, Vitruvio, le Silvae di Papinio Stazio, i Punica di Silio Italico e anche una copia del De rerum natura di Lucrezio Caro. La maggiore scoperta attribuita a Bracciolini fu forse quella del famoso trattato di Vitruvio De architectura che così grande importanza ebbe per l’architettura del Rinascimento e poi fino al XIX secolo (in realtà copie del manoscritto erano state possedute e studiate da Petrarca e da Boccaccio ed altre copie sono documentate in Italia a fine Trecento). Un suo notevole merito fu quello di incentivare la grafia minuscola carolina che era caduta in disuso sostituita dalla meno chiara scrittura gotica. Convinto che si trattasse della grafia usata dai Romani, da essa sviluppò la “minuscola umanistica rotonda”, che promosse nelle sue lettere. Fu una mossa decisiva nel secolo in cui sarebbe nata la stampa: infatti, a fine secolo i “piombi” (caratteri tipografici) furono confezionati in grafia minuscola, da cui derivano anche gli odierni caratteri a stampa. Dopo il concilio di Costanza ritornò in Italia con Martino V, del quale divenne segretario. In questo periodo pubblicò una ricerca, che si potrebbe definire archeologica, sulle rovine di Roma. Nel 1450 tornò alla natia Terranuova per sfuggire ad un’epidemia di peste e scrisse, sempre in latino perché non credeva nell’uso del volgare, un’opera umoristica, le Facetiae. Nel 1453 si trasferì a Firenze, presso i Medici e si dedicò alla scrittura di una storia di questa città. Qui morì il 30 ottobre del 1459.
Nell’antologia «Sonetti dedicati a Lena Fornaia» troviamo la seguente poesia:
Su lo scacchier di questa nostra vita
Fortuna ordinatrice i pezzi pone
Re, Cavalli ed Alfier altri prepone;
Bassa di Fanti a piè turba infinita.
Segue il conflitto, ogni campion s’aita
Qual abbatte e qual muor nell’ampio agone,
Qual è vittorioso e qual prigione,
Ma la guerra in brev’ora ecco finita.
E gli scacchi riposti entro un vasello
Le lor condicion tosto cangiando
Restan confusi i vincitor coi vinti.
Strana mutazion sossopra in quello
Vedi l’infimo addosso al venerando
E le Lene Fornaie à Carli Quinti
Grazie all’autore di questo piacevole scritto. E, riguardo al sonetto riportato, credo che per gli appassionati di scacchi sia sempre un piacere scoprire le innumerevoli metafore che legano il nostro gioco alla vita.
Complimenti all’autore e al sito, davvero unico e inimitabile nel suo genere.
Davvero interessante! Complimenti! Sempre intriganti i suoi articoli.
Complimenti! Gradevole il sonetto e molto interessante la biografia!
Mi scusi, ma non si tratta di Poggio Bracciolini, ma di Francesco Bracciolini, importante poeta pistoiese della fine del ‘500. I due letterati non sono parenti! Il riferimento a Carlo V dovrebbe aver fatto pensare! Poggio era già morto da decenni alla sua nascita: 1500.
Cordiali saluti,