Presi in mano un suo libro per cercare di migliorarmi. Fallii. Gettai il libro in un angolo. Ripresi quel libro un anno dopo. Riuscii a fallire ancora meglio. Così gettai il libro ancora più lontano. Ci vollero due anni, finché non lo ripescai, convinto di affrontare a qualunque costo le pagine di Mark Dvoretsky.
Ferite, bernoccoli, graffi, ma entrai per quella porta.
Come fosse scomparso Garcia-Marquez o Saramago, oggi se ne va un premio Nobel degli scacchi, cui un giorno, inchinandomi, avrei voluto sommessamente dire grazie, grazie Mark Dvoretsky.
Il solito Riccardo essenziale, non una parola in più del necessario a creare un momento di commozione. Un grazie anche a lui.
Un grande che se ne va, e prematuramente, fa sempre tristezza. Dvoretsky ha però lasciato una eredità immensa come autore e soprattutto come educatore scacchistico. Grazie.