Dopo il Popov di Jas Fasola l’interrogativo riguarda, questa volta, Smyslov… e non ci stiamo evidentemente riferendo né a Ivan Mikhailovic, letterato e autore di canzoni, né a Boris Vasilievic, colonna dello Spartak prima come giocatore e poi come allenatore, ma, si sa, il cognome Smyslov in terra di Russia è diffuso come le matrioske… anche se per noi Smyslov significa semplicemente Smyslov, il grande scacchista, punto e basta. Eppure l’interrogativo di quest’oggi è legato proprio a Smyslov, o meglio ad uno dei suoi libri di maggior fama, quel Teoria dei finali di Torre, scritto insieme a Levenfish e considerato uno dei migliori manuali sull’argomento, se non il riferimento per antonomasia.
La posizione è la seguente, mossa al Bianco (dopo 3…Tab8?):
L’edizione russa del 1986 riporta la variante 4.Ta6 che porta solo alla patta. L’edizione italiana del medesimo volume riporta la stessa linea, così come anche quella spagnola (Martinez Roca) del 1972, quindi in linea con la prima edizione russa, quella del 1957. Tuttavia le due edizioni inglesi della Batsford, sia quella descrittiva dei primi anni ’70 che quella più recente, in formato algebrico, danno la linea corretta che vince per il Bianco: 4.Td8.
La linea riportata nell’edizione spagnola del volume
La versione italiana, pagina 39, posizione numero 40
L’originale russo del 1986, ovvero l’ultima edizione data alle stampe
La linea corretta come appare nell’edizione inglese del 1971
Quale allora il vero Smyslov? Il mistero si nasconde forse dentro una di queste matrioske, vediamo chi sa svelarlo…
Per quanti desiderano comunque migliorare nell’ambito di questo fondamentale aspetto del gioco, i finali di Torre, ma non solo in questo, un testo che mi sento di consigliare spassionatamente è il recentissimo Understanding Rook Endgames edito quest’anno dalla prestigiosa casa inglese Gambit Publications e scritto da quell’autorevole ed apprezzato esperto di teoria di finali che è Karsten Müller. Il libro contiene tutto ma proprio tutto quello che occorre conoscere per dominare con padronanza questa difficile ed elaborata fase della partita. Gli esempi sono tantissimi, molti dei quali tratti da partite recenti di top-players, ed uno dei pregi maggiori del volume è quello di non ricalcare strade già percorse, spesso erroneamente, da autori precedenti che, vuoi per la fretta, vuoi per difetto di superficialità, vuoi per troppo rispetto hanno spesso attinto pedissequamente da analisi sovente poco nitide o addirittura fuorvianti di manuali più o meno illustri pubblicati in precedenza. Il Grande Maestro tedesco, con precisione scientifica, getta definitiva luce su tutta questa casistica di errori, appoggiandosi alla più recente edizione delle tablebase (con 7 pezzi) appositamente preparata da Yakov Konoval, un giovane e brillante software engineer che ha coadiuvato per l’occasione la pubblicazione di questo eccellente manuale. Il mio consiglio di studio di un volume come questo si basa su una doppia lettura: la prima, relativamente veloce e spedita, a mo’ di presa visione dell’argomento servirà per acquisire gli automatismi necessari per muoversi agilmente in quest’ambito dei finali, per acquisire la mentalità e la predisposizione adatta su come affrontarli con scioltezza. Una volta completata (uno o due mesi al massimo, non di più) suggerisco una rilettura più attenta, soffermandosi con attenzione su ciascun esempio, approcciandolo inizialmente come esercizio da risolvere, senza muovere ovviamente i pezzi sulla scacchiera, meglio ancora se con l’orologio in movimento. Il tutto questa volta, senza fretta, solo per il piacere di cogliere le sfumature più recondite e affascinanti degli esempi proposti. Il beneficio è assicurato!
Ah, dimenticavo… la posizione di cui sopra, pubblicata per la prima volta da Siegbert Tarrasch nel 1906, è correttamente analizzata da Karsten Müller a pagina 13.
Iniziamo da ‘Capire i finali di Torre’ di Ward, edito da Caissa. 😉
Con la torre in a8, mossa al nero, celebre Aronian-Carlsen che continuò con…
1. … Ta7+?? (1. … Rg6!=) 2. Re8 1-0 (Aronian-Carlsen, Mosca 2006) 2. … Rf6 3. e7+-; 2. … Ta8+ 3. Td8 Ta6 4. e7 Ta7 5. Tc8! Rf6 6. Tc6+ +-;
Quindi Carlsen che passa per esser un “mostro” sui finali ogni tanto sbaglia anche lui?
sbagliava, sbagliava, 10 anni fa… 🙂
“Qualsiasi tassista di Mosca gioca i finali meglio di Carlsen” (V. Korchnoj)
Affascinante! La discrepanza dipende probabilmente dai diritti acquistati per tradurre il libro. Non è chiaro se l’errore presente nell’edizione russa sia stato corretto da Smyslov stesso o da qualcuno in Inghilterra (il famoso traduttore dal russo Ken Neat?). Ho trovato l’errore di Smyslov anche nel famoso manuale di Averbach (edizione tedesca), mentre il Manuale dei finali di Dvoretzkij segnala con chiarezza che l’unica mossa che salva il Nero è 3…Rg6.
Grazie, Filologo, per l’apprezzamento e per le interessanti osservazioni.
Dubito tuttavia che l’errore nell’edizione inglese sia stato corretto dallo stesso Smyslov perché altrimenti l’edizione russa del 1986 (la terza ed ultima) non avrebbe perpetuato l’errore come invece è stato.
L’edizione inglese con l’analisi corretta, già dal 1971, è stata tradotta non dal noto Ken Neat (che certo di scacchi qualcosa capiva tanto da aver partecipato a due edizioni del massimo campionato britannico) ma da Philip Booth, per un certo periodo anch’egli traduttore di riferimento della Batsford.
Curioso risulta anche il fatto che già nel 1977, anno di pubblicazione dell’eccellente Endspielpraxis im Schach di Ludek Pachman, la manovra vincente a seguito di 3…Tab8 fosse ben nota come in effetti riporta il volume del GM boemo (4.Td8! e non 4.Ta6?).
In ogni caso il quindicenne Carlsen che perde il finale giocando …Ta8-a7+ è in buona compagnia dato che anche esperti maestri internazionali quali Mark Orr e Rini Kuijf (campione d’Olanda nel 1989) hanno perso nella medesima posizione (entrambi tuttavia giocando 3…Tab8).