Tempo fa un collega mi manda, per un’eventuale pubblicazione sulla rivista specialistica che dirigo (Méthexis), un articolo dedicato alla memoria di uno studioso che non conoscevo (anche perché i suoi ambiti di ricerca sono piuttosto distanti dai miei). Il suo nome è John Moles: irlandese, professore di Latino all’Università di Newcastle, si è spento all’improvviso mentre lavorava in biblioteca, all’età ormai non più veneranda di 65 anni. Bene, quale non fu la mia sorpresa nel leggere le seguenti righe, in cui parla della
Moles’ extraordinary ability as chess-player (he twice became Ulster Chess Champion, he was Irish Champion in 1966 and 1971, and twice a member of the Olympiad Team),
e del fatto che
his first two books were devoted to theoretical problems of chess-playing, namely The French Defence Main Line Winawer (1975) and French Winawer: Modern and Auxiliary Lines (1979), with K. Wicker.
Insomma, è imperdonabile, mi sono detto: non lo conoscevo né come studioso né come scacchista; e dunque l’ho colpevolmente omesso nella piccola lista, dedicata a “scacchisti e cultura classica”, che ho provato a stilare in un pezzo pubblicato su SoloScacchi un po’ di tempo fa (Fondation Hardt). Qui voglio solo fare ammenda di quella omissione, ricordando che Moles ebbe una carriera abbastanza brillante ma molto breve: verso la metà degli anni ’70 abbandonò definitivamente il gioco, e non lo riprese mai più, nonostante le numerose pressioni ricevute. Ben si capisce dunque perché buona parte delle sue partite che si trovano in rete riguadino la sua attività nei tornei giovanili, a partire dalla metà degli anni ’60 (fu a Groeningen, al campionato europeo under 21, nel 1966, esattamente dieci anni prima di me). Ebbe anche modo, in una di queste occasioni, di battere uno Jan Timman poco più che bambino (15 anni, mentre Moles ne aveva 17) e poi…
…alle Olipiadi di Siegen del 1970, di batter un Enrico Paoli molto più che bambino (62 anni, mentre Moles ne aveva 21).
C’è una foto, sempre in internet, che lo ritrae magro, e forse anche slanciato, con una folta capigliatura rossa, in palese contrasto con la testa calva e il profilo pingue che mostra nelle sue fotografie più recenti: l’una sembra ritrarre, simbolicamente, “lo scacchista”; le altre, lo studioso.
Tutti i resoconti che ho letto dicono che Moles era una persona originale, ma anche molto simpatica e gioviale (pare che abbia speso i diritti dei suoi due libri di scacchi per comprare del buon vino, di cui era un esperto conoscitore), oltre che un insegnante e uno studioso profondamente appassionato del suo lavoro.
R.i.p.
Un sito decisamente ad altissima “densità culturale”: ho sommariamente contato in homepage quattro illustri professori universitari più uno delle superiori, un medico, un GM, tre MI, tre FM, per non parlare di tutti gli altri
Ho studiato la francese Winawer su uno dei libri di Moles. Spiace davvero.
Càpita ogni tanto di avere sorprese di questo tipo, di scoprire che una persona conosciuta casualmente ha un passato scacchistico non trascurabile.
Mi è successo con qualche collega di lavoro e con un mio consuocero che aveva partecipato a qualche torneo sociale in gioventù.
Il caso che mi aveva meravigliato di più era un pittore, professore a Brera, amico di miei amici; la prima volta che andai a casa sua negli anni ’70 vidi subito che aveva una decina di Informatori in bella vista su uno scaffale.
Non doveva essere proprio alle prime armi!
Poi ci sono casi come Moles, giocatori molto forti a livello magistrale ed oltre che ancora molto giovani hanno abbandonato completamente gli scacchi per dedicarsi ad altre cose.
Mi viene il dubbio che sarebbe stato meglio se nel mio piccolo lo avessi fatto anch’io.
Complimenti per l’articolo. Non conoscevo questo scacchista. Grazie di avercelo presentato.
Niente male il livello delle partite di Moles, considerata la sua età e i tempi. Giocare ad un livello magistrale a meno di venti anni non era così frequente come oggi.
Non lo sapevo neanch’io. E quanto mi sarebbe piaciuto saperlo, quando, decenni fa, i suoi due libri sulla Winawer (o Winima, come curiosamente la chiamava Paoli) erano costante oggetto di studio sulla mia scrivania! Grazie, Franco.
There’s a difference between saying good bye and letting go. Saying good bye is “I’ll see you again when I’m ready to hold your hand, and when you’re ready to hold mine.” Letting go is “I’ll miss your hand. But I realized it’s not mine to hold, and I will never hold it again”