Era comparso in città un paio di anni prima e di tanto in tanto veniva fermato dalle forze dell’ordine per vagabondaggio. Poi, visto che non molestava i passanti ma si limitava a chiedere un bicchiere di vino in ogni osteria della città, divenne quasi invisibile anche per gli uomini in divisa. Senza fissa dimora, dormiva dove gli capitava, rischiando a volte la morte per ipotermia. I gruppi di volontari che si occupavano dei clochard lo avevano trovato su una panchina del parco pubblico, nella sala di attesa della stazione ferroviaria, appoggiato con la schiena al muro esterno del cimitero, e fu proprio in quest’ultimo posto che venne trovato cadavere; accanto, un pedone nero.
Passarono appena due giorni e venne scoperta la sesta vittima, una anziana insegnante di matematica, ormai prossima alla pensione e senza parenti. Il cadavere giaceva sul pavimento della camera da letto in posizione supina ed il pedone nero era stato posato accanto all’orecchio sinistro.
Continuavamo a fare congetture senza avere il supporto della Scientifica, anch’essa impotente. La morte per strangolamento, elemento comune a tutte le nostre vittime, non è “facile” : la vittima scalcia, si agita, graffia e, anche se l’assassino è dotato di muscoli solidi e di corporatura massiccia, deve poter bloccare l’altro per alcuni minuti. Eppure, sotto le unghie dei cadaveri la Scientifica non aveva trovato altro che fibre di cartone (cartone?!) colorate: non un capello, niente di niente.
Avevamo a che fare con un soggetto meticoloso, prudente, attento ad ogni dettaglio. Ne tracciammo un profilo con l’aiuto di alcuni psicologi da noi interpellati: dai trenta ai quarant’anni, robusto, di aspetto gradevole (le case delle vittime numero tre, quattro e sei non presentavano segni di scasso alla porta d’ingresso) tanto da riuscire a farsi aprire la porta con qualche pretesto. Nel corso dei delitti aveva indossato guanti e sicuramente, all’ultimo momento, aveva protetto il viso mediante una banale maschera carnevalesca di cartone; le nostre ricerche in città, estese anche alle città vicine, non sortirono alcun effetto e non riuscimmo ad individuare l’eventuale acquirente di maschere di cartone.
La settima vittima fu nuovamente una prostituta, uccisa nell’appartamento dove riceveva i clienti. Il pedone nero non si trovava vicino al cadavere, ma sulla mensola del bagno, in mezzo a boccette di profumo e cosmetici di ogni genere.
Pedone Nero era ormai divenuto l’incubo della città: le centinaia di segnalazioni provenienti da altrettanti cittadini continuavano a rivelarsi come vicoli ciechi e, mentre continuavamo a dibatterci tra le ipotesi più audaci, giunse l’episodio che ci fece sperare di essere giunti alla conclusione dell’intera vicenda.
Un gruppo di ragazzi che stavano facendo trekking sulle alture si imbattè nei resti di un piccolo falò acceso a pochi metri dal sentiero che i ragazzi stavano percorrendo. Ad un metro circa dal mucchio di ceneri, su una pietra piatta, troneggiava un pedone nero.
La Scientifica analizzò praticamente ogni grammo di cenere, rinvenendo resti di fibre lignee (legna per alimentare il fuoco), di cellulosa (sicuramente quanto restava delle maschere utilizzate), di materiale gommoso (probabilmente gli elastici delle maschere) e di fibre animali (i guanti?), unitamente a grumi di materiale plastico. Nelle immediate vicinanze del mucchio di ceneri e della pietra non venne trovato altro materiale che ci potesse fornire qualche indizio utile a metterci sulle tracce di Pedone Nero.
Le nostre speranze che quel ritrovamento potesse costituire il capitolo finale della vicenda che aveva terrorizzato la città si consolidarono col passare del tempo. Dopo alcuni mesi Pedone Nero era ormai soltanto un brutto ricordo ed il grosso fascicolo che avevo sulla scrivania non era altro che una raccolta infruttuosa di scarni rapporti della Scientifica.
Lasciai il fascicolo in eredità al mio successore quando, circa un anno dopo, andai in pensione.
(continua)
Oh, vediamo come andrà a finire. Messa così potrebbe continuare all’infinito
Calma, Fabio! La prossima puntata sarà l’ultima.
Appassionantissimo, grazie signor Bagnoli.
La curiosità aumenta!
Bellissimi anche i disegni di contorno.
Il solito fantastico Martin!
Un caro saluto al poliedrico e fertile Paolo Bagnoli.
Paolo, siamo tutti impazienti di leggere come va a finire…