Il mio primo anno da pensionato fu segnato da due avvenimenti, per me entrambi tragici: l’improvvisa scomparsa di mia moglie ed il trasferimento di mio figlio in Australia per motivi di lavoro. Rimasi solo nel grande appartamento a guardare tristemente ciò che mi circondava, foto, oggetti, mobili. Dopo due anni trascorsi in questo modo una specie di nebbia mi avvolse la mente come un desiderio di oblìo ma, chissà perchè, il ricordo della fallita indagine su Pedone Nero era scolpita nella memoria e mi tormentava continuamente.
Cosa avevo trascurato? Cosa non avevo capito? Nel corso delle mie rare passeggiate passavo, quasi inconsapevolmente, in alcuni dei luoghi di ritrovamento dei cadaveri: là c’era il numero due, là c’era il numero cinque, lì la numero sette…
Risposi ai continui inviti di mio figlio e prenotai un volo per Sidney, via Muscate e Singapore e fu nel corso di un paio d’ore di attesa nella zona “transito” dell’aeroporto di Muscate che incontrai una persona…..
“Ispettore! Come mai…?”
Alzai gli occhi e, nonostante la barba ed i baffi, riconobbi un giornalista che si era interessato al caso di Pedone Nero.
“Ah, il mondo è piccolo” osservai, alzandomi e tendendogli la mano. “Ma mi dica, ha abbandonato la cronaca locale?”
“Da circa sei mesi mi occupo di estero, soprattutto Medio Oriente”
“Be’, ha fatto carriera a quanto pare” commentai.
Restammo in silenzio fissandoci, fino a quando lui sbottò: “Posso rubarle qualche minuto? Ha tempo?”
“S-sì, certo, ho più di un’ora”
Si sedette accanto a me, appoggiando ai suoi piedi una grande borsa da viaggio. Mi girai verso di lui: “Mi dica”
“So che il caso di Pedone Nero è prossimo all’archiviazione” esordì “ma io sono certo che per Lei non c’è nulla da archiviare, non per niente si era meritato il soprannome di Mastino”
Scrollai la testa sorridendo malinconicamente: “Con Pedone Nero il Mastino ha perso i denti, però confesso che di tanto in tanto ripenso alla faccenda e non…”
“Posso illustrarLe una mia teoria? Non vorrei annoiarLa”
Rimasi in silenzio, fissandolo dritto negli occhi.
“La mia idea” proseguì “è che l’indagine sia stata viziata da un errore iniziale, un errore, intendiamoci, nel quale era facilissimo cadere”
“Sentiamo” replicai, agitandomi leggermente sulla sedia.
“Non c’era nessun serial killer” sentenziò lui.
“Ah, quindi avevamo un assassino iniziale seguìto da sei imitatori, secondo quanto Lei pensa”
“No, no, mi sono espresso male, l’assassino è uno solo ma molto, molto astuto, molto prudente e molto lungimirante. Si è mai chiesto, ispettore, il perchè di questa serie di omicidi in pieno periodo invernale?”
“Naturalmente” ribattei “Il serial killer si premurò di lasciare aperte le finestre per rendere più difficile la fissazione dell’ora precisa della morte, accorgimento che non serviva, ovviamente, per le vittime all’aperto”
“Giusto, giustissimo, ma PERCHE’ un serial killer dovrebbe preoccuparsi di questo dettaglio?”
Rimasi interdetto e borbottai: “Già, perchè?”
“Poi c’è la storia delle maschere, dei guanti. Le prime si nascondono facilmente sotto un normale cappotto, mentre una persona che indossa guanti d’inverno è la cosa più naturale del mondo. Ricordo che avevate fatto ricerche in un raggio di parecchi chilometri, ma nessuno aveva acquistato maschere…”
Lo interruppi alzando la mano: “Sì, è tutto vero, e confesso che la Sua osservazione sul PERCHE’ della… ehm… ibernazione mi ha incuriosito, ma ugualmente non riesco a capire”
“Ovviamente l’assassino ha organizzato il tutto con un anticipo di mesi, anche il metodo per farsi passare per un serial killer, i pedoni neri intendo, ed ha studiato fino alla perfezione i TEMPI di esecuzione dei delitti”
“Quindi” osservai “dovrebbe esserci qualche nesso tra le sette vittime, ma anche in questo caso non ne trovai alcuno”
“E’ a questo punto” continuò lui “che viene commesso un secondo e determinante errore, questa volta non indiziario, come la traccia lasciata dai pedoni neri, ma puramente psicologico”
“Cioè?”
Inspirò profondamente. “Senza offesa, ispettore, ma chi uccide SENZA ESSERE un serial killer ma un semplice, freddo, spietato assassino fa di tutto per confondere le idee a chi investiga” Rimase qualche secondo in silenzio e concluse: “La VERA vittima era una sola, fin dall’inizio, e le altre vittime – persone sole, piccoli pedoni sacrificabili – servivano unicamente a confondere le idee ed a provocare il secondo errore: chi mai penserebbe ad un pluriomicida che uccide sei persone semplicemente per, diciamo, giustificare la morte della settima?”
L’altoparlante gracchiò qualcosa in inglese e arabo.
“E’ il mio aereo, ispettore, devo andare”
Lo trattenni per la manica della giacca: “Chi?”
“Qualcuno che, alla morte della vittima designata, avrebbe ottenuto un forte guadagno economico. Alla fine la storia è sempre quella: quattrini”
Si incamminò rapidamente scomparendo in mezzo ad un gruppo di persone diretto verso un cancello d’imbarco. Mezz’ora dopo mi imbarcai anch’io.
Bene, Paolo, siamo proprio sul classico.
Grazie Fabio! Ed ora, col sistema dell’analisi retrograda, sapresti indicarmi l’assassino, visto che io non ci ho capito niente?
Proprio bello, complimenti.
Quando leggo un racconto così avvincente e ben scritto mi chiedo sempre come viene l’ispirazione all’autore…
Sottile e intrigante! Un applauso all’autore
Non so. Forse il nipote dell’imprenditore.
Bravo! Che mente “giallistica”! In effetti, secondo la teoria del giornalista, tutto portava in quella direzione.
Complimenti, mi è piaciuto molto.
É piaciuto anche a me, bravo! Palo quando sarà che riprenderai il filo con i semi-dimenticati?
Spero presto, salute permettendo…
Gran bel racconto!