L’Uomo Ragno

Scritto da:  | 1 Febbraio 2010 | 9 Commenti | Categoria: Stranieri, Zibaldone

Si arrampicava ovunque, se fosse stato un pallanuotista si sarebbe elogiata la sua eccezionale “acquaticità”, ma siccome le vette che raggiunse furono quelle vergini ed innevate in cima al mondo, per George Mallory fu solo il caso di elogiare il suo indiscusso ed ineguagliato talento alpinistico, la sua inarrivabile elasticità da equilibrista dei ghiacci, il suo spirito d’avventura ed il suo coraggio senza uguali in quelli che furono tempi pionieristici per le scalate estreme. Associato al suo nome, ed a quello del suo compagno di cordata Andrew Irvine, rimarrà legato indissolubilmente il mistero su chi sia stato effettivamente il primo uomo a raggiungere la vetta del mondo, gli 8848 metri dell’Everest, a sfiorare quelle nubi vicine a un sogno. Per la storia ufficialmente i primi a riuscire nell’impresa furono Edmund Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay nel 1953, in una storica impresa che tenne il mondo col fiato sospeso due decenni buoni prima dello storico ammarraggio lunare del 1969. E per difficoltà tecniche rimane da disputare se sia stato più improba e difficoltosa l’impresa di raggiungere il satellite terrestre oppure la più alta vetta del nostro pianeta. Quando quest’impresa fu compiuta, in quell’ormai lontano 1953, si gridò al miracolo perché innumerevoli erano stati i tentativi fino ad allora compiuti e, per un motivo o per l’altro, in qualche modo falliti. Ma ancor più sensazionale fu l’impresa compiuta ben ventinove anni prima da quell’altra coppia di eroi quali indubbiamente furono George Mallory ed Andrew Irvine.

Probabilmente non si saprà mai se effettivamente riuscirono a giungere sulla mitica vetta dell’Everest perché l’ultimo “contatto visivo” che si ebbe di loro, alle 12:50 dell’8 giugno 1924, fu quando furono avvistati, a poco più di due centinaia di metri dalla cima, da parte del compagno di scalata Neil Odell, rimasto a sostegno presso ad una quota inferiore. Erano in ritardo sulla tabella di marcia, a quell’ora avrebbe già dovuto esser iniziata la ridiscesa, ma George Mallory non era certo tipo da arrendersi facilmente, la sua tempra fiera e forte non lo avrebbe fermato di fronte a nulla, tanto più trovandosi vicino a quel magico traguardo tanto agognato da tutto il “gotha” dell’alpinismo mondiale. Ma la montagna, come il mare, esige rispetto, e non perdona. Di lì a pochi minuti una tremenda bufera di neve avvolse i due scalatori e di loro non si ebbe mai più notizia. Una spedizione di recupero era impensabile, sarebbe impresa improba ai giorni odierni, ancor più quasi novant’anni addietro. Per sempre rimase il mistero circa la fine dei due intrepidi esploratori e, soprattutto, se effettivamente fossero riusciti o meno nell’impresa di raggiungere la vetta del mondo.

6 giugno 1924, l'ultima fotografia di Mallory e Irvine, in partenza per la fatidica ascesa finale

C’è chi sostiene di sì e chi invece nutre i più plausibili dubbi. In effetti prove certe e inconfutabili non se ne sono mai trovate, così come notizie attendibili di che fine fecero i due impavidi scalatori: inghiottiti dalla montagna, fu per decenni questa l’unica desolante certezza circa l’epilogo di quell’impresa. Fino quando, nel 1975, un membro di una spedizione cinese riferì di aver avvistato, alla quota di 8170 metri, i resti semi-mummificati di un alpinista perito sicuramente molti anni addietro. La notizia finì inspiegabilmente nel dimenticatoio per quasi un quarto di secolo fino a quando, nel 1999, una spedizione di ricerca organizzata dalla BBC, riuscì a localizzare, per un caso più unico che raro, proprio a quota 8150, i resti di quell’alpinista pioniere. Resti estremamente ben conservati e di facile identificazione, si trovarono infatti una lettera, un’etichetta di un maglione e altri reperti che, senza margine alcuno di dubbio, indicarono che quell’alpinista era proprio George Mallory, probabilmente vittima di una valanga. Per quanto estese furono invece le ricerche del suo compagno, Andrew Irvine, nessun reperto di sorta fu mai ritrovato, né fu neppure ritrovata la macchina fotografica di Mallory che portava sempre con se e che avrebbe inequivocabilmente potuto render testimonianza, seppur a distanza di tanti anni, di quell’incredibile impresa. Mallory tuttavia aveva promesso agli amici che nel caso fosse riuscito a raggiunger con successo la vetta dell’Everest vi avrebbe lasciato una fotografia della moglie Ruth che portava sempre con se nel taschino della camicia. Tra tutti i reperti trovati addosso al povero alpinista questa foto invece non fu mai trovata… segno che chissà…

Addio grande Mallory, sei stato il più grande…

I membri della storica spedizione del '24. Irvine e Mallory sono i primi due in piedi da sinistra

George Mallory studente a Cambridge

Con Herford durante una scalata sulle Alpi

Ruth e George Mallory

Il resoconto di Firstbrook della storica spedizione di ricerca del 1999

Uno degli scarponi di Mallory, ancora al suo piede, quando furono ritrovati i poveri resti del grande scalatore

Il celebre Maestro statunitense Fred Reinfeld scrisse una volta che la miglior partita vinta contro Alekhine fu quella ottenuta al Torneo di Carlsbad, nel 1923, da parte del Maestro inglese Frederick Yates. Yates inglese di Leeds, non lontano dal Cheshire ove nacque Mallory, fu anch’egli un pioniere. Pioniere degli scacchi in Gran Bretagna, paese natale di grandi scacchisti e ove la tradizione di questo gioco, come del football e di tanti altri sport, vanta origini nobilissime. Forse Yates non fu mai un giocatore eccelso, gli mancava quella continuità ad alto livello indispensabile per primeggiare nei Tornei internazionali più importanti ma, in quanto a classe e talento, veramente pochi altri gli furono superiori. Ne sanno qualcosa per esempio Max Euwe, Aaron Nimzowitsch, Efim Bogoljubov, Savielly Tartakower, Rudolf Spielmann e Milan Vidmar, tutti “vittime” sulla scacchiera del gioco brillante di questo giocatore inglese dei tempi andati.

e per concludere con un sorriso vediamo se riuscite a riconoscere i giocatori impegnati in questa insolita sfida "ad alta quota". Per esempio il "kibitzer" non vi sembra che assomigli in modo "stranamente sospetto" a Bilguer74?!?

avatar Scritto da: Martin (Qui gli altri suoi articoli)


9 Commenti a L’Uomo Ragno

  1. avatar
    cserica 1 Febbraio 2010 at 14:37

    Un articolo veramente interessante, nonostante abbia visto documentari sugli scalatori italiani e sull’impresa di Hillary, non conoscevo questa commovente storia

  2. avatar
    Bilguer74 1 Febbraio 2010 at 20:49

    Ahahahaha! Grande Martin! Ti assicuro che non sono io lo spettatore! Non so chi possa essere il mio sosia… in passato mi hanno detto, fatte le dovute proporzioni, che somigliavo Godena… Mah! Che sia Michele?

  3. avatar
    diego marchiori 1 Ottobre 2010 at 21:37

    ecco quello che si dice un articolo di grande interesse, il soggetto (Mallory) è straordinario, un mito per gli alpinisti, oltre a ciò sei riuscito a sintetizzare al meglio la sua breve ma intensa vita. Grande Martin!

  4. avatar
    Jazztrain 2 Ottobre 2010 at 07:11

    Un altra bella vittoria di Yates contro Alekhine, la seconda della sua carriera.
    http://www.chessgames.com/perl/chessgame?gid=1012103

  5. avatar
    Marramaquìs 2 Ottobre 2010 at 07:39

    Bene, Diego, così mi hai spinto a rivedere questo affascinante articolo di Martin Eden (complimenti!), che avrebbe tutto per poter concorrere al titolo di “articolo dell’anno”.
    Chissà se mi lascio troppo trasportare dalle mie personali predilezioni ?
    Infatti le emozioni che mi ha sempre saputo dare la montagna sono state almeno pari a quelle che ho avuto dagli scacchi.
    Grazie, Grande Martin ! E grazie a Mallory, Irvine e Yates per quello che ci avete lasciato.

  6. avatar
    diego marchiori 2 Ottobre 2010 at 14:49

    SI, hai ragione Marramaquis, se esistesse una “classifica” per l’articolo più bello del’anno voterei questo di Martin, davvero una sintesi coinvolgente, evidentemente scritta da uno che capisce di montagna e di scacchi.

  7. avatar
    Marramaquìs 2 Ottobre 2010 at 15:05

    Sai, Diego, a me non piace il mare come piace la montagna.
    Ma se dovessi scegliere un solo articolo di “Soloscacchi”,e ce ne sono tanti di affascinanti (ed i miei poco meritano di essere lì), forse opterei per “Carcere ‘e mare”, sempre di Martin Eden, del 18 luglio. Un’emozione unica. L’hai letto? Che ne pensi ?

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    Martin Eden 2 Ottobre 2010 at 16:29

    Ragazzi… dai, non vale! Io sono daltonico e se mi fate arrossire troppo poi va a finire che non mi vedo più da solo… 😉

  9. avatar
    Mongo 11 Gennaio 2011 at 02:09

    Verso nuove vette!!!
    Che gran bel racconto, che gran bella impresa!!
    Commovente e magistrale allo stesso tempo.
    Grande Martin.

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