i misteri di Aristide Gromer

Scritto da:  | 16 Dicembre 2017 | 16 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri

Prima di parlare di Aristide è necessario accennare allo zio, Jacques Grommer. Insegnante, grande appassionato del gioco, pubblicò nel 1906 “La grammaire des échecs”, un manualetto per principianti e non lasciò grande traccia di sè nella storia degli scacchi. Sul rapporto di parentela tra i due mi permetto di nutrire qualche dubbio, innanzitutto perché non esistono spiegazioni plausibili sulla perdita di una delle due “m” del cognome (quando? perché?) ma anche perché, stando a diverse cronache di quegli anni che indicano lo zio come istruttore scacchistico del ragazzo, le date non coincidono; Jacques, infatti, si imbarca per gli USA per non più ritornare negli ultimi giorni del 1911 giungendo ad Ellis Island il 7 gennaio 1912, e non è credibile il fatto che lo “zio” abbia istruito il “nipote” quando quest’ultimo aveva meno di quattro anni.

Aristide Gromer nasce l’11 aprile 1908 a Dunkerque ed il suo nome compare per la prima volta nelle cronache scacchistiche sul numero di gennaio 1922 della rivista La Stratégie, dove si comunica che il non ancora quattordicenne si è classificato secondo ex-aequo in un torneo tematico sul Gambetto di Re nel dicembre del 1921. La notizia a lui dedicata chiarisce inoltre che si tratta del nipote di Jacques Grommer, un tempo frequentatore della Régence.
Nel 1923 il giovane Aristide assurge agli onori delle cronache grazie ad una serie di simultanee (che egli tiene utilizzando un abbigliamento da marinaretto “alla Reshevsky”). La prima di queste sedute, il 4 marzo 1923, offre l’occasione alla stampa nazionale ed internazionale per presentare il ragazzo come un enfant prodige che, oltretutto, è in anticipo di tre anni sul normale corso di studi. I suoi genitori sono un matematico, Isaac, e la figlia di un rabbino, Ida, entrambi nati a Vilnius.
La manifestazione, tenutasi presso il Circolo Scacchistico del Palais-Royal, si conclude con 15 vittorie, quattro patte ed una sola sconfitta di Aristide; tra gli spettatori, stando ad una delle tante cronache, figurano Muffang ed Alekhine. Anche la madre del wunderkind è presente; è lei che ha insegnato il gioco al figlio ed è lei che, chiacchierando con i due Maestri, gli pronostica un radioso futuro.
Quello stesso anno il ragazzo partecipa ad un torneo parigino piazzandosi al quinto posto, mentre nel ’24 la madre partecipa al primo Campionato francese femminile. E’ l’anno in cui Aristide ottiene il diploma di scuola superiore iniziando subito dopo la carriera di giocatore professionista, puntando soprattutto su sedute simultanee, fino a quando nel 1926 figurerà al terzo posto al torneo di Biarritz. Nel 1929 è secondo dopo Chéron a Saint-Cloud e nel 1930 la sua attività è intensissima: secondo a Rouen e nuovamente secondo ex-aequo con Tartakower, dopo il vincitore Znosko-Borovski, a Parigi, per poi essere reclutato dalla Federazione francese per giocare in terza scacchiera all’Olimpiade di Amburgo, dove tuttavia il suo risultato non è entusiasmante (+4 =1 -6). L’anno seguente, a Praga, non gli va molto meglio in seconda scacchiera dove, a fronte di tre vittorie e quattro patte, colleziona ben nove sconfitte.
Nei primi Anni Trenta Aristide figura come laureato in Diritto all’Università di Parigi, come segretario della Federazione nazionale e come dirigente del Circolo parigino Le Palamède (scacchi e bridge), nel 1933 è nono a Parigi nel torneo vinto da Alekhine e quello stesso anno, a Sarreguemines, vince il Campionato nazionale. Forte di questo titolo decide di recarsi in Spagna per disputare una serie di simultanee oltre a qualche torneo; è sesto a Sitges (la Saint-Tropez iberica) nel 1934 nel torneo vinto da Lilienthal, e quello stesso anno è primo a Madrid. Batte in match i noti giocatori spagnoli Sanz e Ortueta ma la sua principale fonte di guadagno sono le simultanee, alcune delle quali alla cieca.
Nel 1935, tuttavia, il numero di ottobre-novembre della rivista El Ajedrez esce con un articolo firmato da Koltanowski nel quale il giocatore belga, anche lui impegnato in una lunga tournée nella penisola iberica, accusa apertamente Gromer di comportamento disonesto nei confronti di alcuni circoli. Eccone un estratto: “… sto pubblicando questi dettagli su richiesta dei dirigenti del circolo di San Sebastian … è abitudine di Gromer comparire improvvisamente in qualche piccolo centro dichiarando di essere senza denaro e pregando il presidente del locale circolo di organizzare una simultanea. La cosa viene organizzata ed egli incassa una notevole somma … qualche giorno più tardi confessa di aver ricevuto da parte di alcuni soci consistenti somme di denaro; venga organizzata un’altra simultanea cosicchè egli possa pagare i debiti e partire! Un’altra manifestazione viene organizzata ma egli rifonde la metà …” e così via, dipingendo il francese come un subdolo e meschino truffatore.
La storia ci ha insegnato che gli aneddoti di Koltanowski sono da prendere con le pinze ed anche Winter, nel riportare un estratto dell’articolo firmato dal belga, dichiara di nutrire qualche dubbio sull’autenticità dei fatti narrati.
Un commentatore francese, inoltre, fa rilevare che la somma di 3 pesetas a scacchiera che sarebbe stata richiesta da Gromer per le simultanee risulterebbe eccessiva, ed attribuisce le affermazioni di Koltanowski a banale gelosia professionale visto che nello stesso periodo il belga stava girando la Spagna tenendo sedute simultanee alla cieca (la sua specialità).
Da rilevare, inoltre, che nelle rubriche di Rey Ardid sul catalano “La Vanguardia” e di Golmayo sul madrileno “ABC” non si fa il minimo cenno di episodi del genere.

Aristide Gromer rientra in Francia e nel 1937, a Tolosa, vince il suo secondo titolo assoluto. Nel ’38 è secondo al torneo parigino de L’Echiquier, poi vince il terzo titolo di Campione di Francia a Nizza, ed in dicembre batte in match il campione belga O’Kelly.

Nel frattempo ha redatto un piccolo manuale, “Les Echecs par la Joie!”, che viene pubblicato nel 1939 dall’editore belga Lancel e viene nuovamente reclutato dalla Federazione per giocare in seconda scacchiera all’Olimpiade di Buenos Aires, dove chiude con +6 =7 -4. Poi i panzer di Hitler invadono la Polonia.

Come è noto molti giocatori di fede ebraica decisero di restare in Argentina e tra di loro vi era anche Aristide Gromer, che prima della fine dell’anno battè in match Iliesco e Villegas, mentre contro il forte Grau non andò più in là della patta. Nel 1940 partecipò al Torneo Mayor condividendo il primo posto con Sulik e Guimard, ma venendo poi battuto da Guimard nello spareggio. Nel 1941 si spostò in Brasile per giocare nel torneo di Aguas de Sao Pedro ma terminò a metà classifica.
Ed ora si arriva ad un altro interrogativo: perchè Aristide Gromer, di origine ebraica, decide di rientrare in Francia nel peggiore momento possibile, cioè nel maggio del 1942? Esattamente al giorno 27 maggio 1942 risale l’ordinanza delle autorità tedesche di occupazione che impone agli ebrei la stella gialla cucita sui vestiti ed un paio di mesi dopo avverrà il tragico massiccio rastrellamento degli ebrei parigini. Perché Gromer rientra in Francia, dove lo attende probabilmente l’arresto e l’invio ad un campo di sterminio ?
Domande senza risposta. Rimane un mistero anche il modo in cui egli abbia potuto attraversare indenne il periodo di occupazione nazista fino al 1947, anno in cui riappare negli ambienti scacchistici. In febbraio perde un match contro Tartakower, in maggio è terzo al Campionato di Parigi ed in settembre è secondo ex-aequo con Gibaud e Rossolimo al Campionato Francese assoluto.

Le sue gesta scacchistiche finiscono qui, alla soglia dei quarant’anni, ma resta da sciogliere l’ultimo mistero della sua vita. Aristide Gromer scompare nel nulla fino a quando un ricercatore francese, nel 1979, indica come luogo della morte di Gromer la clinica psichiatrica Sainte-Anne di Parigi, senza tuttavia indicare una data precisa. Questo indicherebbe gravi problemi psichiatrici, e la cosa verrebbe confermata quando, finalmente, si viene a scoprire la data ed il luogo precisi della sua morte: Aristide Gromer si spegne il 6 luglio 1966 mentre è ricoverato all’Ospedale Psichiatrico della cittadina bretone di Plouguernével.

avatar Scritto da: Paolo Bagnoli (Qui gli altri suoi articoli)


16 Commenti a i misteri di Aristide Gromer

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    Fabio Lotti 16 Dicembre 2017 at 11:47

    Un personaggio davvero interessante e “misterioso”.
    Grazie ancora, Paolo.

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      Juan Sebastián Morgado 12 Settembre 2019 at 23:26

      Hola:
      ¿Está usted seguro que Gromer regresó a Francia en 1942? ¿Hay algún documento que lo pruebe?
      La carta de Gromer a Piazzini del mes de octubre de 1945, desde París, ¿quizás esa carta indicaría que Gromer no salió del Brasil en 1942, sino que se quedó hasta 1945?

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    Enrico Cecchelli 16 Dicembre 2017 at 15:33

    I soliti ma mai scontati complimenti al grande Paolo.

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    Uomo delle valli 16 Dicembre 2017 at 18:38

    Grandissimo come sempre! Un vero piacere leggere queste gemme!

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    Martin 17 Dicembre 2017 at 09:18

    So che qualcuno parlerà presto di miti… uno tra quelli di SoloScacchi è sicuramente il nostro inesauribile Paolo! :D ;)

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      paolo bagnoli 17 Dicembre 2017 at 09:24

      Caro Martin, il mito sei tu con le tue immagini!

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    Taddeo 17 Dicembre 2017 at 18:13

    Un altro profilo sorprendente di un giocatore del passato che non avevo mai sentito nemmeno nominare. Grazie a Paolo per questi lavori meravigliosi.

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    Luca Monti 18 Dicembre 2017 at 09:06

    Un caro saluto a Paolo Bagnoli.

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    Giancarlo Castiglioni 18 Dicembre 2017 at 12:22

    L’imprudente ritorno in Francia di Gromer nel maggio ’42 non è così strano come sembra.
    Lo sterminio degli ebrei era già cominciato in Europa orientale, ma nel Sud America non se ne sapeva nulla.
    Parigi era nella zona non occupata e anche se per gli ebrei c’erano già delle leggi discriminatorie la situazione era ancora tranquilla. L’obbligo della stella gialla fu solo per la zona già occupata e non fu esteso al resto della Francia dopo il novembre ’42.
    Anche la sopravvivenza durante l’occupazione nazista non è così strana.
    In Francia almeno due terzi degli ebrei si salvarono, una delle percentuali più alte nell’Europa occupata.

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    Caligiuri 18 Dicembre 2017 at 22:08

    “In Francia almeno due terzi degli ebrei si salvarono”

    Pur nella disgrazia un paese civilmente più avanti di secoli rispetto a noi.

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      Giancarlo Castiglioni 18 Dicembre 2017 at 23:52

      Perché bisogna pensare automaticamente che l’Italia sia peggio di altri paesi?
      In Italia i morti furono circa 7.500 su 58.000 censiti nel ’38 quindi solo il 13%.
      Anche considerando che circa 6.000 emigrarono prima della guerra e che l’Italia fu occupata dai tedeschi solo in parte, la probabilità di sopravvivenza in Italia fu molto più alta di quella in Francia.

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    alfredo 19 Dicembre 2017 at 20:30

    da ebreo non posso concordare con Giancarlo Castiglioni.
    E non pochi sono gli italiani “giusti di Israele”.
    Da Perlasca a Bartali (ne conoscete la storia?) al mio forse avo don Ferdinando Pasin.
    Al commento di Castiglioni toglierei “solo”.

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      Giancarlo Castiglioni 20 Dicembre 2017 at 09:12

      Sono sorpreso che il mio “solo” abbia potuto offendere la sensibilità di qualcuno.
      Intendevo che la percentuale è molto più bassa di quanto si ritenga generalmente e di quanto io stesso pensavo.
      Nella sostanza intendevo esattamente quello che scrive Alfredo Pasin, che in Italia gli aiuti agli ebrei furono molto diffusi.
      Oltre ai casi singoli, come Perlasca e Bartali, mi sembra giusto ricordare l’azione del Governo italiano che si rifiutò sempre risolutamente di consegnare ai tedeschi, che li chiedevano, gli ebrei nei territori sotto occupazione italiana, in Francia e in Jugoslavia.
      In Francia ci fu un considerevole numero di ebrei che dopo l’occupazione della zona libera nel novembre ’42 si spostò dalla zona tedesca alla zona italiana, dove si sentivano protetti.
      Fu fatto per scelta politica e non per iniziativa dei singoli, fino a quando ce ne fu la possibilità cioè fino al settembre ’43; poi con l’armistizio tutto passò in mano ai tedeschi.

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        Caligiuri 20 Dicembre 2017 at 09:53

        L’approvazione delle leggi razziali rimangono purtroppo una macchia di ignominia indelebile nella storia della monarchia dei Savoia.

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          Giancarlo Castiglioni 20 Dicembre 2017 at 21:20

          Le leggi razziali sono il meno.
          Vittorio Emanuele III è uno dei maggiori responsabili della dichiarazione di guerra nella prima guerra mondiale.
          Ha sulla coscienza 600.000 morti.

          Mi piace 3

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