E io pago

Scritto da:  | 15 Novembre 2017 | 3 Commenti | Categoria: Zibaldone

Il bilancio dello sport italiano è negativo e sotto gli occhi di tutti. Il fallimento sportivo della nazionale di calcio contro la Svezia è solo l’esempio più eclatante di uno sport da rifondare a tutti i livelli, società, giocatori, tifosi (sì, anche tifosi, perché quando si sommerge di fischi l’inno nazionale della squadra avversaria si merita solo di rimanere a casa).

Nel 2016 più della metà delle federazioni, 23 su 44, ha chiuso in perdita bruciando cifre superiori ai 10 milioni di euro. E questi sono tutti soldi pubblici, dal momento che il traballante sistema si regge praticamente sui finanziamenti statali.

Siamo campioni sì, ma di debiti.

Alcune federazioni sono tecnicamente in bancarotta: ciclismo, rugby, baseball, sport invernali. e altre Un’azienda avrebbe già portato i libri in tribunale, ma qui i soldi ogni anno ce li mette lo Stato per ripianare i debiti.

Il Coni di Malagò, che ha comunque ereditato una situazione certamente non piacevole, non fa molto, anzi per certi aspetti è perfettamente complementare al sistema. Riceve ogni anno circa 410 milioni di euro che finisce per ridistribuire nelle casse di 44 federazioni. Ma il più delle volte si tratta di voragini. Certe federazioni approvano bilanci in negativo, e il Coni approva.

Il vero problema è che poi a tutti questi debiti non corrispondono risultati sportivi e neppure una crescita del movimento sportivo. Crescono invece i carrozzoni federali. Qualche esempio, pescato qua e là. La Fipsas (pesca sportiva e attività subacquee) conta più di mille (dicasi mille) dirigenti federali e riceve più di un milione e mezzo all’anno per le sue “risorse umane”. La Fib (federazione bocce) ha speso circa un milione per trasferte e soggiorni. La sola convocazione dell’assemblea della Fipe (federazione pesistica) è costata 100 mila euro.

avatar Scritto da: Marco Faggiani (Qui gli altri suoi articoli)


3 Commenti a E io pago

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    Zenone 15 Novembre 2017 at 22:10

    Non mi addentro in commenti e vicende interne ad organismi di cui non so niente.
    Intervengo anche io tra i tanti per dire che amo il calcio e lo sport in generale e quello che è accaduto l’altra sera e che era ampiamente prevedibile, visto i recenti risultati della Nazionale,mi ha amareggiato. È la cartina di tornasole di un calcio italiano che si è completamente chinato alla logica del mercato senza sfruttare le opportunità economiche che lo stesso mercato fornisce e che dovrebbero essere investite nei giovani e nel loro futuro. Ma questa non è, mutando i termini (ma poi non così tanto), la malattia che attanaglia il nostro meraviglioso Paese?
    Non dobbiamo stupirci ma correggere gli errori e lavorare, affinché l’Italia possa uscire realmente da questa crisi che ritengo soprattutto culturale.

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    The dark side of the moon 15 Novembre 2017 at 22:58

    Il Coni di Malagò rispetta perfettamente la politica italiana.
    Una istituzione piena zeppa di gente incapace auto nominatasi da un sistema corrotto.
    Nello specifico il calcio non parteciperà ai prossimi mondiali per una serie di motivi che sono sotto gli occhi di tutti, non certo per “colpa” dei troppi stranieri che giocano nel campionato: lasciamo da parte almeno le stupidaggini dei vari Salvini di turno.
    Sapete, per esempio, che nei settori giovanili i genitori debbono pagare per far convocare i loro figli nelle prime squadre, anche solo per fare panchina?!
    E’ prassi consigliata dagli stessi dirigenti in accordo coi procuratori dei ragazzi per far crescere il prezzo del cartellino del giocatore.
    I procuratori figuri i quali gestiscono fiumi di milioni, personaggi con scarsa cultura ma abbastanza scaltri da lucrare su tutto ciò che riguarda i loro assistiti.
    Il business continuerà a dettare le regole, la cultura sportiva (con tutti i suoi valori) che deve essere la base per formare qualsiasi atleta di qualsiasi disciplina, non esiste più, è roba che non serve per vincere.
    Basta andare a vedere qualche partita dei ragazzini la Domenica mattina per rendersi conto.
    La dignità (che forse non c’è mai stata) di dimettersi dicendo semplicemente “mi dispiace, non sono stato all’altezza” è una utopia.
    Questo sport è figlio dei nostri tempi, non c’è programmazione ma solo interessi da difendere, il Coni chiede soldi che le Federazioni si dividono.
    Meno male che Roma ha rinunciato a candidarsi alle future Olimpiadi!
    Malagò e compagnia stavano già apparecchiandosi il tavolo.
    Questi signori sono il sistema, quel sistema che andrebbe distrutto dalle fondamenta.

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    Calandrino 18 Novembre 2017 at 09:00

    Fior di sociologhi si sono spesi per evidenziare come gli sport più popolari, il calcio in primis, hanno attecchito nei paesi meno civilmente sviluppati. Ci meravigliamo solo ora di tutto questo?!? Oppure, rettifico la questione, ci meravigliamo semplicemente perché la nazionale del paese meno civilmente sviluppato in Europa non si è qualificata per una manifestazione? O ancora: ci stupiamo e rimaniamo sorpresi di fronte al mancato guadagno che da questo enorme commercio stavolta non si è tratto??

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